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viernes, 27 de enero de 2012

EXTRA: Teatro > Due Partite - Cristina Comencini (2006)


Teatro Valle di Roma
DUE PARTITE
di Cristina Comencini
con Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Valeria Milillo
Produzione teatrale Robert Schiavoni
Organizzazione Eleonora Becelli
Scene Paola Comencini
Costumi Antonella Berardi
Disegno luci Sergio Rossi
Regia Cristina Comencini
Montaggio Costantino Cestone
Direttore della fotografia Stefano Petruzzi
Regia televisiva Giovanni Ribet
Idioma: Italiano
Subtítulos: No


Due partite di Cristina Comencini

"Forse sono un'idealista, ma penso che a poco a poco tutto questo cambierà... queste cose che ci fanno soffrire così tanto, non esisteranno più."
I testi teatrali sono sempre penalizzati dai lettori. In realtà non è affatto difficile o noioso leggere un copione, ma chissà perché chi lo prende in mano spesso lo scarta, preferendogli un romanzo o una raccolta di racconti.
Non fatelo in questo caso!
Se non avete avuto la fortuna di vedere questo spettacolo rappresentato a teatro nella versione interpretata da un quartetto d'eccezione composto da Isabella Ferrari, Margherita Buy, Valeria Milillo e Marina Massironi (e potete leggere sulle pagine di Wuz la presentazione a quattro, anzi cinque voci - con l'autrice - della commedia) potrete goderlo almeno nelle pagine scritte di un libro denso e intelligente.
Il testo, come lo spettacolo, è nettamente diviso in due, le due partite del titolo, con quattro giocatrici diverse tra la prima e la seconda parte.
All'inizio - siamo negli anni Sessanta - conosciamo le madri, quattro casalinghe quasi "disperate" come quelle di oggi, e sicuramente, come tutte le donne, immerse nei problemi di famiglie e mariti più o meno felici. Il primo tempo si chiude con le doglie di un parto imminente, in un'ottimistica visione generatrice.
Nella seconda parte conosciamo le quattro figlie, ormai donne "liberate" - ma si può davvero dire così? - indipendenti, capaci di scelte autonome, realizzate nel lavoro.
La prime, amiche per passatempo, con molte ore libere a disposizione; le seconde amiche senza tempo, troppo impegnate nella quotidianità travolgente per trovare ore libere e fare due chiacchiere tranquille o una partita a carte.  Il secondo tempo chiude il sipario sull'impossibilità di avere figli, in un'ottica pessimistica di sterilità.
Anche il ruolo degli uomini, che non vediamo mai ma che sono al centro dei discorsi delle protagoniste, cambia sostanzialmente. Nella prima parte sono i "forti" capofamiglia che nel bene e nel male gestiscono l'andamento della coppia. Nella seconda parte il ruolo si inverte e sono le donne a tenere in mano le redini del rapporto.
Cristina Comencini non parteggia, non ha preferenze, semplicemente fotografa la realtà, la trasformazione della condizione della donna, il suo nuovo ruolo nella società. Ritrae, pennella, racconta, conduce lungo il suo percorso, ma non giudica, non fa la morale, non insegna a vivere. Che meraviglia!
Dal 5 marzo 2007 è on-line un sito dedicato interamente a Cristina Comencini, dove troverete interviste, immagini, filmati e video, tra teatro, cinema e libreria: i tre mondi in cui lei naviga.
Ecco cosa scrive nella presentazione: "Con questo sito vorrei unire due momenti del lavoro artistico, quello della solitudine e quello della grande comunicazione. Nella solitudine penso alle cose, cerco di capire cosa siano e come le voglio fare. La comunicazione con gli altri mi è indispensabile per capire se ciò che ho pensato e sentito in solitudine sia qualcosa di condivisibile. Questo è l’obiettivo del sito: non eliminare la solitudine, ma riempirla delle voci degli altri".
http://www.wuz.it/recensione-libro/876/due-partite-cristina-comencini.html

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Quello che le donne (non) dicono
Di Francesco Lucioli

Cristina Comencini esordisce come regista teatrale di una commedia drammatica tutta al femminile
Sarà effetto del dibattito sulle quote rosa. Sarà effetto della serie tv Casalinghe disperate. Sarà più semplicemente voglia di raccontarsi. Dopo il successo del musical Menopause, torna in scena lo spettacolo teatrale, campione di incassi la scorsa stagione, scritto e diretto da una donna e dedicato interamente all’universo femminile. Due partite, la commedia che ha segnato il debutto in teatro di Cristina Comencini, non delude le aspettative e ritrova il favore tanto del pubblico quanto della critica.
Quattro donne, quattro amiche che si ritrovano ogni giovedi pomeriggio intorno ad un tavolo per giocare a carte. Questa è la prima partita. Quattro persone simili eppure diverse, quattro madri che non lavorano, casalinghe per scelta o per caso. Il loro mondo è la casa, la famiglia, le piccole occupazioni domestiche, il gioco. Giocano ad essere donne, madri, figlie, mogli, amanti; giocano come le loro figlie che si fingono già adulte. Ognuna guarda la sua vita, si rispecchia in quella delle altre: ognuna è meglio, o peggio, ognuna apparentemente più felice e profondamente più sofferente. Sono tutte essenzialente madri, madri che ritrovano nella maternità il senso talvolta negato della loro femminilità. Si guardano indietro, rimpiangono il passato, vivono il presente, sperano nel futuro. Si guardano in faccia cercando l’una nelle altre una certezza, una sicurezza, una rassicurazione, le risposte a domande millenarie sul senso della vita. Intorno al tavolo da gioco si ritrovano in quanto amiche, ritrovano una identità talvolta dimenticata. E sperano in un destino diverso per le loro figlie.
Il primo atto si conclude con una nascita. Il secondo inizia con una morte. È un percorso circolare, chiuso, ripetitivo. Quelle che erano madri sono adesso figlie che si ritrovano a giocare la partita della vita. La seconda partita. Sono passati quarant’anni, le bambine che giocavano sono adesso delle donne in carriera, ognuna impegnata col suo lavoro, ognuna alla continua ricerca di nuove risposte. Ma i tempi sono cambiati. Chi può dire se in meglio o in peggio? Le donne di oggi sono indipendenti, lavorano, sono apparentemente felici. Non si fanno più mettere i piedi in testa dagli uomini, sono loro a portare i pantaloni. I ruoli si sono invertiti: le figlie fanno ora ciò che le madri non potevano fare, ciò che le madri sognavano di fare. Ma loro sono solo figlie. Non sono madri, hanno perso il senso dela maternità, forse il senso stesso della loro femminilità. Solo una di loro tenta disperatamente di avere un bambino. Invano. Per ritrovare il senso della parola donna bisogna oggi andare a leggere una poesia. La poesia di un uomo.
Cristina Comencini firma il testo di questa commedia agrodolce, di questo spettacolo che fa ridere e al contempo piangere per quello che le donne (non) dicono. Si aprono le tende di un mondo spesso chiuso, impenetrabile, gli spazi segreti di quattro donne e della loro amicizia.
La forza dello spettacolo è certamente in un cast incredibile che riesce a riempire le maglie di una sceneggiatura talvolta poco incisiva. Margherita Buy è ironica, Isabella Ferrari romantica, Marina Massironi ingenua, Valeria Melillo ostinata; ognuna perfettamente a suo agio nel ruolo, tanto della madre quanto della figlia; ognuna professionale tanto da sola quanto, e soprattutto, in gruppo.
Due partite, uno spettacolo corale sul mondo femminile, una commedia divertente sulla forza e sulla debolezza delle donne, una riflessione toccante sull’identità.
Due partite
Scritto e diretto da Cristina Comencini
Con Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi, Valeria Melillo
Al Teatro Valle di Roma dal 10 aprile al 6 maggio 2007
http://www.cinemavvenire.it/teatro/quello-che-le-donne-non-dicono/due-partite

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"DUE PARTITE" di Cristina Comencini
E’ solo un gioco di carte!
Articolo di Matteo Signa - Pubblicato lunedì 23 aprile 2007

Quattro donne si riuniscono ogni giovedì in una dele loro case e, con la scusa della partita a carte settimanale, si aprono l’una all’altra, si raccontano, ricordano le loro vite, la loro amicizia e i loro amori.
L’universo femminile viene indagato a teatro dalla nota regista romana, Cristina Comencini. In particolare, i rapporti delle protagoniste con la famiglia, il lavoro, gli uomini e la maternità. Il primo atto è ambientato nel 1965 a Roma in un elegante appartamento borghese dove quattro donne, apparentemente prese da un gioco a carte, sfogano il loro vissuto attraverso futili chiacchiere o intense confidenze sulle loro vite, la loro personale idea sull’amore, gli svaghi e gli inevitabili dissidi. Con toni sentimentali e comici, ripercorriamo o viviamo per la prima volta tematiche esistenziali e sociali tipiche degli anni ’60. Tutte e quattro sono donne colte prima della rottura della condizione femminile in un universo un po’ chiuso e repressivo. Nessuna di loro lavora ma ciascuna nasconde un sottile disagio nel non essere ciò che la propria indole suggeriva. Il filo rosso che attraversa le loro vite è la predominanza assoluta del ruolo di moglie e madre su tutti gli altri. La prima parte si concluderà con la nascita di una nuova creatura.
Attraverso un andamento circolare, chiuso, ripetitivo, quelle che erano madri sono adesso figlie. Passati quarant’anni, le bambine che giocavano sono adesso delle donne in carriera. I ruoli sembra si siano invertiti: le figlie fanno ora ciò che le madri non potevano fare, ciò che le madri sognavano di fare. Ma loro sono solo figlie. Non sono madri, hanno perso il senso dela maternità, forse il senso stesso della loro femminilità. Solo una di loro tenta disperatamente di avere un bambino. Invano. Nonostante il lavoro le abbia rese indipendenti sul fronte economico ed emotivo, ognuna è alla continua ricerca di nuove risposte. Certo. Non si fanno più mettere i piedi in testa dagli uomini ma si ha come l’impressione che vogliano sostituirsi alle figure maschili. Le loro estetiche androgine e l’uso di abiti decisamente severi preoccupano più che rappresentare un passo in avanti. Se le loro madri ridevano in modo più spontaneo, ora le figlie lo fanno con un tocco più amaro e leggermente nostalgico.
Margherita Buy e Isabella Ferrari sono state coinvolte da subito. La Comencini ha scritto i ruoli "addosso" a loro, mentre Marina Massironi, brava nella sua comicità svagata, e Valeria Milillo, abile nell’evocare sentimenti difficili come la frustrazione e l’inquietudine, sono arrivate dopo. La regista è brava nel tracciare linee che sfiorano continuamente la complessità dell’identità femminile. Non solo quella fondata sul ruolo sociale ma soprattutto quella soggettiva. Autofondata. Percepiamo facilmente una sensazione di schiacciamento che corre in parallello su entrambi i fronti. Non è forse un caso che le quattro protagoniste per ritrovare il senso della parola "donna" recuperino la poesia di un uomo. Le parole lette sono belle ma nello stesso tempo vuote perché non sentite fino in fondo. "Veramente non capisco come tuo padre abbia potuto scrivere una cosa così meravigliosa sulle donne...e non si sia accorto che quella che gli dormiva accanto non respirava più."

Testo tratto dalla rivista online NonSoloCinema anno III n. 14 - © 2007
web site: http://www.nonsolocinema.com/

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