TITULO ORIGINAL Come inguaiammo il cinema italiano - La vera storia di Franco e Ciccio
AÑO 2004
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 98 min.
DIRECCION Franco Maresco, Daniele Ciprì
GUION Daniele Ciprì, Franco Maresco, Claudia Uzzo, Tatti Sanguineti
REPARTO Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Lando Buzzanca, Pino Caruso, Tony Bruno, Antonietta Scalisi Bonetti, Gregorio Napoli, Tatti Sanguineti, Giuseppe Cipri', Francesco Puma, Lino Banfi, Pippo Baudo, Bernardo Bertolucci, Alberto Castellano, Nino D'Angelo, Mario Monicelli
FOTOGRAFIA Daniele Ciprì
MONTAJE Claudia Uzzo, Daniele Ciprì, Franco Maresco
MUSICA Salvatore Bonafede
PRODUCCION Giuseppe Bisso, Andrea Occhipinti para Lucky Red, Cinico Cinema, Istituto Luce con la colaboración de Rai Cinema
GENERO Documental
SINOPSIS Film documentario, con immagini d'epoca e numerose testimonianze, sulla carriera del celebre duo comico nato per le strade di Palermo all'inizio del dopoguerra e cresciuto tra gag, spettacoli musicali e macchiette indimenticabili del cinema e della tv degli anni '70 e '80. (ComingSoon)
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Come inguaiammo il cinema italiano
Viaggio organizzato nel cinema comico italiano
Come inguaiammo il cinema italiano è stato presentato fuori concorso a Venezia 2004. Pare proprio che Il ritorno di Cagliostro, presentato nella sezione Controcorrente di Venezia 2003, abbia finalmente sdoganato la cinematografia della coppia terribile del cinema italiano (ci riferiamo alle roventi polemiche del 1995 causate dall’esclusione dal concorso della Mostra di Venezia del loro esordio nel lungometraggio Lo zio di Brooklyn, o alle successive disavventure produttive e censorie di Totò che visse due volte), tra i cineasti più appariscenti e esplosivi per originalità e fantasia della mise en scène.
Al centro della narrazione del docu-drama, Franco e Ciccio, ultimi grandi comici della tradizione popolare, inquadrati in capitoli diacronici, alternativamente in bianco e nero o a colori (tale alternanza viene utilizzata per separare il film in due parti: da un lato le interviste ai sopravvissuti e ai critici che ci raccontano del cinema popolare d’epoca – a colori – e dall’altro i flashback con cui torniamo indietro nel tempo – in bianco e nero), dall’inizio alla fine della loro carriera, durante i quali la fiction e il documentario si danno continuamente il cambio.
L’appeal del film-documentario sta nel presentarsi anche come "imbroglio" cinematografico, peculiarità che già avevamo trovato in Il ritorno di Cagliostro, ma soprattutto contrassegno del divertente Enzo, domani a Palermo!, presentato a Venezia nel 1999, in cui alcuni critici avevano parlato del completo cambio di ritmo, trasandato, da reportage televisivo, anticipazione del cinema venturo del duo. A ben vedere le marche stilistiche della coppia si (ri)propongono, paradigmi di uno stile coerente: Come inguaiammo il cinema italiano non nasconde, come larga parte dell’attività in video dei due registi, il proprio carattere di work in progress. Anche qui gran parte del materiale del film proviene, smontato e rimontato, da immagini d’epoca e materiali d’archivio, interviste (Pippo Baudo, Lino Banfi, i critici cinematografici Goffredo Fofi e Tullio Kezich, ecc.) e testimonianze e memorie di alcuni personaggi che hanno lavorato con Franco e Ciccio (gli attori Pino Caruso e Lando Buzzanca, il regista Lucio Fulci, ecc.), per omaggiare vita, comicità e arte di due grandi clown siciliani che forse non "inguaiarono" come dice Daniele Ciprì in un’intervista, ma segnarono il cinema italiano anche perché portarono molti soldi ai botteghini di quegli anni. Una storia vera costruita con la precisione di una drammaturgia elaborata, oppure un "inganno" cinematografico?
La leggenda dice che fu Modugno a scoprire i due comici a Palermo, ma la verità è un’altra: o almeno questo dicono Ciprì e Maresco… È l’organizzatore Buzzanca a fare conoscere Franco e Ciccio a Modugno... Non importa conoscere la verità, fin da Méliès, sappiamo che il "falso" è connaturato al cinema. Il film è soprattutto un atto d’amore a due personalità di spicco della comicità popolare, una rivincita della comicità: è il lavoro più comico dei due registi. Franco e Ciccio, rappresentanti della diversificazione fisionomica dell’iconografia delle coppie comiche del cinema, fissato nell’immaginario popolare già dai palcoscenici del burlesque; due personaggi opposti e complementari: l’allampanato Ciccio, la spalla sempre sconfitta, dal momento che accetta di rivestire una funzione rappresentativa delle regole del mondo; e il più furbo e clownesco Franco, con la sua capacità di inventare battute e disarticolare il corpo a ogni evenienza... Entrambi sono i materiali su cui si concentra in un gioco di scatole cinesi Come inguaiammo il cinema italiano (titolo ispirato a uno dei più celebri film della coppia, Come inguaiammo l’esercito di Lucio Fulci; quest’ultimo fu il regista che contribuì alla notorietà della coppia comica, dirigendoli nel loro esordio da protagonisti nel 1962 in I due della legione straniera, e l’anno seguente in Gli imbroglioni; più avanti assegnò al duo dei canovacci più consoni alle rispettive tipologie caratteriali, costruendo così un modello di coppia comica che determinerà la loro fortuna artistica), film in cui Lumière (il documentario) e Méliès (la fiction) si strizzano continuamente l’occhio. La narrazione si muove in questo doppio binario oscillando continuamente dall’uno all’altro polo.
Il recupero dell’oscura tradizione cinematografica palermitana sembra essere il filo rosso che raccorda una poetica avviata dagli autori fin dai tempi di Cinico TV. Tutto il film – come del resto le altre loro opere – può leggersi come una sorta di paradossale controstoria del cinema italiano, quella delle pratiche "basse", un processo estetico contrastante e alternativo al cinema ufficiale, che irrideva i film impegnati della metà dei ’60. Una strana storia di cinema sul cinema, raccontata questa volta senza "cinismo" dai due cinici. Il film-documento viene raccontato come se fosse una specie di inchiesta, facendo il verso al documentario televisivo. La pellicola si inceppa continuamente, facendosi beffe del lavoro del critico cinematografico. Il duo con la collaborazione del narratore, all’inizio Gregorio Napoli (nella veste di se stesso: critico cinematografico), poi sostituito da Francesco Puma (si dice che sia il più giovane critico cinematografico), ci svelano gli errori dei dizionari di cinema. Una voce off (quella di Franco Maresco) incalza e sollecita i critici/narratori (abbandonando i loro personaggi-interpreti, Giordano, Tirone, Paviglianiti, ecc.), che rispondono a domande indagatrici e a volte ottuse. La parodia di una finta opera d’arte, è meglio dell’opera d’arte? "Ultimo tango a Zagarol è meglio di Ultimo tango a Parigi?", si interroga Fofi. Lo stesso Bernardo Bertolucci dice con autoironia, in un’intervista citata nel film: non ho mai visto il film di Cicero, perchè temevo il confronto... Questi materiali permettono a Ciprì e Maresco da un lato di giocare con il linguaggio cinematografico – il concetto di comunicazione e di espressione – dall’altro la possibilità di omaggiare un tipo di cinema ormai perduto, perché la comicità di oggi non possiede più né la passione né la tecnica di allora, ma solo una trivialità gratuita e banale.
Arianna Molinari
http://www.cinemavvenire.it/venezia/viaggio-organizzato-nel-cinema-comico-italiano/come-inguaiammo-il-cinema-italiano
Al centro della narrazione del docu-drama, Franco e Ciccio, ultimi grandi comici della tradizione popolare, inquadrati in capitoli diacronici, alternativamente in bianco e nero o a colori (tale alternanza viene utilizzata per separare il film in due parti: da un lato le interviste ai sopravvissuti e ai critici che ci raccontano del cinema popolare d’epoca – a colori – e dall’altro i flashback con cui torniamo indietro nel tempo – in bianco e nero), dall’inizio alla fine della loro carriera, durante i quali la fiction e il documentario si danno continuamente il cambio.
L’appeal del film-documentario sta nel presentarsi anche come "imbroglio" cinematografico, peculiarità che già avevamo trovato in Il ritorno di Cagliostro, ma soprattutto contrassegno del divertente Enzo, domani a Palermo!, presentato a Venezia nel 1999, in cui alcuni critici avevano parlato del completo cambio di ritmo, trasandato, da reportage televisivo, anticipazione del cinema venturo del duo. A ben vedere le marche stilistiche della coppia si (ri)propongono, paradigmi di uno stile coerente: Come inguaiammo il cinema italiano non nasconde, come larga parte dell’attività in video dei due registi, il proprio carattere di work in progress. Anche qui gran parte del materiale del film proviene, smontato e rimontato, da immagini d’epoca e materiali d’archivio, interviste (Pippo Baudo, Lino Banfi, i critici cinematografici Goffredo Fofi e Tullio Kezich, ecc.) e testimonianze e memorie di alcuni personaggi che hanno lavorato con Franco e Ciccio (gli attori Pino Caruso e Lando Buzzanca, il regista Lucio Fulci, ecc.), per omaggiare vita, comicità e arte di due grandi clown siciliani che forse non "inguaiarono" come dice Daniele Ciprì in un’intervista, ma segnarono il cinema italiano anche perché portarono molti soldi ai botteghini di quegli anni. Una storia vera costruita con la precisione di una drammaturgia elaborata, oppure un "inganno" cinematografico?
La leggenda dice che fu Modugno a scoprire i due comici a Palermo, ma la verità è un’altra: o almeno questo dicono Ciprì e Maresco… È l’organizzatore Buzzanca a fare conoscere Franco e Ciccio a Modugno... Non importa conoscere la verità, fin da Méliès, sappiamo che il "falso" è connaturato al cinema. Il film è soprattutto un atto d’amore a due personalità di spicco della comicità popolare, una rivincita della comicità: è il lavoro più comico dei due registi. Franco e Ciccio, rappresentanti della diversificazione fisionomica dell’iconografia delle coppie comiche del cinema, fissato nell’immaginario popolare già dai palcoscenici del burlesque; due personaggi opposti e complementari: l’allampanato Ciccio, la spalla sempre sconfitta, dal momento che accetta di rivestire una funzione rappresentativa delle regole del mondo; e il più furbo e clownesco Franco, con la sua capacità di inventare battute e disarticolare il corpo a ogni evenienza... Entrambi sono i materiali su cui si concentra in un gioco di scatole cinesi Come inguaiammo il cinema italiano (titolo ispirato a uno dei più celebri film della coppia, Come inguaiammo l’esercito di Lucio Fulci; quest’ultimo fu il regista che contribuì alla notorietà della coppia comica, dirigendoli nel loro esordio da protagonisti nel 1962 in I due della legione straniera, e l’anno seguente in Gli imbroglioni; più avanti assegnò al duo dei canovacci più consoni alle rispettive tipologie caratteriali, costruendo così un modello di coppia comica che determinerà la loro fortuna artistica), film in cui Lumière (il documentario) e Méliès (la fiction) si strizzano continuamente l’occhio. La narrazione si muove in questo doppio binario oscillando continuamente dall’uno all’altro polo.
Il recupero dell’oscura tradizione cinematografica palermitana sembra essere il filo rosso che raccorda una poetica avviata dagli autori fin dai tempi di Cinico TV. Tutto il film – come del resto le altre loro opere – può leggersi come una sorta di paradossale controstoria del cinema italiano, quella delle pratiche "basse", un processo estetico contrastante e alternativo al cinema ufficiale, che irrideva i film impegnati della metà dei ’60. Una strana storia di cinema sul cinema, raccontata questa volta senza "cinismo" dai due cinici. Il film-documento viene raccontato come se fosse una specie di inchiesta, facendo il verso al documentario televisivo. La pellicola si inceppa continuamente, facendosi beffe del lavoro del critico cinematografico. Il duo con la collaborazione del narratore, all’inizio Gregorio Napoli (nella veste di se stesso: critico cinematografico), poi sostituito da Francesco Puma (si dice che sia il più giovane critico cinematografico), ci svelano gli errori dei dizionari di cinema. Una voce off (quella di Franco Maresco) incalza e sollecita i critici/narratori (abbandonando i loro personaggi-interpreti, Giordano, Tirone, Paviglianiti, ecc.), che rispondono a domande indagatrici e a volte ottuse. La parodia di una finta opera d’arte, è meglio dell’opera d’arte? "Ultimo tango a Zagarol è meglio di Ultimo tango a Parigi?", si interroga Fofi. Lo stesso Bernardo Bertolucci dice con autoironia, in un’intervista citata nel film: non ho mai visto il film di Cicero, perchè temevo il confronto... Questi materiali permettono a Ciprì e Maresco da un lato di giocare con il linguaggio cinematografico – il concetto di comunicazione e di espressione – dall’altro la possibilità di omaggiare un tipo di cinema ormai perduto, perché la comicità di oggi non possiede più né la passione né la tecnica di allora, ma solo una trivialità gratuita e banale.
Arianna Molinari
http://www.cinemavvenire.it/venezia/viaggio-organizzato-nel-cinema-comico-italiano/come-inguaiammo-il-cinema-italiano
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Un documentario come atto d'amore verso la mitica coppia di comici palermitani
Ciprì e Maresco tornano a Venezia con un documetario stracult: la storia di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Questa volta i paladini della trasgressione, i fustigatori della morale comune e dei ben-pensanti, piuttosto che ad un ennesimo lavoro di demolizione si dedicano ad un recupero cinefilo, allo sdoganamento artistico della coppia più strapopolare e inossidabile del cinema italiano. Testimonianze di ieri e di oggi e tantissime immagini d'epoca per un documentario sulla carriera del celebre duo comico nato per le strade di Palermo all'inizio del dopoguerra e cresciuto tra gag, spettacoli musicali e macchiette indimenticabili del cinema e della tv degli anni '70 e '80.
La critica
"Ciprì e Maresco vogliono anche annettersi Franco e Ciccio, farne dei compagni di strada se non dei precursori (entrambi apprezzavano 'Cinico Tv', e Ingrassia doveva fare 'Cagliostro'), in parte riscrivere la storia del nostro cinema. Basta con la dittatura di titoli e generi ufficiali, sembrano dire gli autori (e alcuni degli intervistati). C'era più vita, più storia, più inventiva nei filmetti di Franco e Ciccio che nelle opere di tanti autori consacrati. Così di Pasolini, che li amava moltissimo e li usò in 'Che cosa sono le nuvole', si parla solo attraverso Ninetto Davoli; al 'Pinocchio' di Comencini sono dedicati pochi secondi, etc.; in compenso Bernardo Bertolucci ammette, ironicamente, di non aver mai visto il celebre 'Ultimo tango a Zagarolo' di Ciccio Ingrassia, nel timore di scoprire che era superiore al suo, e via così tra il serio e il faceto. Magari 95 minuti son pochi, la storia di Franco e Ciccio, anche in una chiave d'autore come quella scelta da Ciprì e Maresco, andrebbe raccontata in tv, a puntate. Speriamo in un'edizione aumentata. Anche se questi, oggi, sono solo sogni."
(Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 9 settembre 2004)
(Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 9 settembre 2004)
"Fuori concorso si aspettavano le provocazioni di Daniele Ciprì e Franco Maresco, gli inventori di 'Cinico tv' dedicatisi alla doverosa riesumazione della carriera anti-autoriale di Franco e Ciccio. 'Come inguaiammo il cinema italiano' è sembrato invece un documentario non troppo appassionato dell'argomento, un risarcimento diligente, lineare e vagamente compunto che s'impenna solo qua e là, grazie ai materiali inediti e alle amichevoli testimonianze."
(Valerio Caprara, 'Il Mattino', 9 settembre 2004)
(Valerio Caprara, 'Il Mattino', 9 settembre 2004)
"Forse Franco e Ciccio erano troppo amati dal popolo per non essere disprezzati da un ceto intellettuale snob, così servile verso le classi dominanti. È quello che fanno capire gli interventi di alcuni illustri colleghi, da Kezich a Fofi, intervistati da Franco Maresco e Daniele Ciprì in questo omaggio non documentaristico e non solo biografico, fatto di cento spezzoni e di cento incontri con parenti, conoscenti e cineasti (anche Bernardo Bertolucci che, per scaramanzia, non ha mai visto 'Ultimo tango a Zagarolo', temendo una parodia ancora più geniale del suo capolavoro). 'Come inguaiammo il cinema italiano', dura 100 minuti, uscirà nelle sale (Rai + Lucky Red) e ha il solo difetto di cercare di far ridere di più il pubblico quando in scena non ci sono i due nostri due eroi indimenticabili."
(Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 9 settembre 2004)
(Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 9 settembre 2004)
"Documentario con tutti i crismi ma personalizzato dalla vivace impronta di stile dei due ragazzacci dell'estetica del mostruoso, il film non manca della filologia necessaria: l'attenzione al regista che più ha valorizzato Franchi e Ingrassia, Lucio Fulci, le note sugli incontri 'alti' e la sottolineatura del divaricarsi tra il desiderio selettivo di Ciccio e l'onnivora generosità di Franco. Né manca l'ombra di contiguità mafiosa che avvelenò gli ultimi anni di vita di Franco. Ma il tocco più delizioso lo danno i figli, presenti al Lido, dalle cui parole emerge cristallino il senso di dignità e di rispetto e anche di amore per il proprio lavoro lasciato loro in preziosa eredità dai padri."
(Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 9 settembre 2004)
(Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 9 settembre 2004)
Note
- Presentato Fuori Concorso alla 61ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia (2004)
- Le sequenze sono tratte dai seguenti film: "Appuntamento a Ischia"; "L'onorata Società"; "Giudizio Universale"; "I due della legione"; "I due mafiosi"; "L'amore primitivo"; "I due evasi di Sing Sing"; "Sedotti e bidonati"; "I due pericoli pubblici"; "Due mafiosi contro Goldginger"; "002 Operazione Luna"; "Due marines e un generale"; "Come svaligiammo la Banca d'Italia"; "Le spie vengono dal semifreddo"; "Come rubammo la bomba atomica"; "Capriccio all'italiana" (Episodio: Che cosa sono le nuvole); "I Zanzaroni" (episodio: Quelli che restano); "Ma chi t'ha dato la patente?"; "I due maghi del pallone"; "La violenza: Quinto Potere"; "Amarcord"; "Ultimo tango a Zagarolo"; "Todo Modo"; "Crema, cioccolata e... paprika"; "Kaos" (episodio: La giara).
http://www.guidasicilia.it/ita/main/news/speciali.jsp?IDNews=13141
http://www.guidasicilia.it/ita/main/news/speciali.jsp?IDNews=13141
Ciprì e Maresco in questo eccellente documentario non si ripropongono tanto di rivalutare la comicità di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, quanto di ricordare il modo di ridere di un tempo che rispecchia la giovinezza di alcune generazioni. Le immagini scorrono tra spezzoni di film con Franco e Ciccio, vecchi critici che parlano malissimo dei loro lavori, nuovi commentatori che apprezzano la comicità da avanspettacolo, parenti che narrano la vita, amici e colleghi che ricordano aneddoti, testimonianze di una carriera lunga e ricca di successi. Tra tutti sarebbero da malmenare (a puro scopo correttivo, senza troppa violenza) gente come Goffredo Fofi, Tullio Kezich e Bernardo Bertolucci. Basterebbe andarsi a rileggere cosa scrivevano e dicevano di Franco e Ciccio quando erano in vita.
Franco e Ciccio sono stati due attori geniali, la presenza in scena bastava a scatenare l’ilarità del pubblico, i loro giochi di parole e la comicità gestuale e clownesca sono proverbiali (Soprassediamo!), così come è rimasta negli annali la stupidità della nostra critica colta che stroncava per partito preso ogni loro lavoro.
Franco e Ciccio debuttano come coppia comica nel 1954, al Cinema Teatro Capitol di Castelvetrano. Ciccio Ingrassia nasce a Palermo nel 1922 (certi testi indicano date e luoghi di nascita errati, ma voi fidatevi ché questi sono giusti), ultimo di cinque figli, da padre muratore e madre casalinga. Come primo lavoro è intagliatore di tomaie (in pratica fa le scarpe), ma frequenta l’avanspettacolo insieme al grande amico Enzo Andronico, che diventerà presenza fissa e spalla comica al cinema.
Ciccio Ingrassia fa parte del Trio Sgambetta, insieme a Ciampo e Andronico, ma i tre comici non riscuotono successo, al punto che non riescono neppure a pagare i debiti. Franco Franchi - che si chiama Francesco Benenato - nasce a Palermo, nel quartiere popolare della Vucciria, in una situazione di totale indigenza. Padre muratore, madre impiegata in una manifattura di tabacchi, non abbiamo certezze sul numero dei fratelli, visto che spesso lui ha parlato di 18 e a volte si è corretto dicendo che erano sopravvissuti solo 9.
Franco a vent’anni fa il comico di strada, conosce Ciccio al Bar degli Artisti a Palermo, i due si piacciono e decidono di fare qualcosa insieme a teatro. Core ingrato è il loro primo numero che replicheranno all’infinito, al cinema e in televisione. Negli anni Cinquanta molti teatri ospitano le loro gag, ma il primo film importante sarà I due della legione (1962) di Lucio Fulci. Ciccio Ingrassia sposa Rosaria Calì nel 1960, dopo averla conosciuta a Milano. Da lei avrà solo un figlio: Giampiero. Irene Gallina, invece, è la moglie di Franco, che gli darà due figli. Nel 1959 la coppia comica incontra a Catania Domenico Modugno che li scrittura e li fa debuttare in Appuntamento a Ischia (1961) di Mario Mattoli, dove una loro breve apparizione contribuisce ad aumentarne la popolarità. L’onorata società di Riccardo Pazzaglia è un altro lavoro del 1961, che insieme a tanto teatro e commedie musicali (Rinaldo in campo) fa compiere passi in avanti al duo comico.
“Pazzaglia era troppo intellettuale per noi”, dirà Ciccio Ingrassia, anche se alcuni anni dopo interpreteranno il suo Farfallon (1974). Domenico Modugno comincia a essere geloso di Franco e Ciccio, non vorrebbe lasciarli andare per la loro strada, ma Franchi taglia il rapporto. “Tu ti sei fatto la villa? Bene, noi no. Vorremmo farcela”, dice. Nel 1962 - 63 la coppia comica siciliana interpreta ben 12 film. Logico che non siano capolavori, spesso esiste solo una abbozzo di sceneggiatura, si scrive “Adesso entrano Franco e Ciccio” e si lasciano liberi di impostare gag da avanspettacolo. Tra le cose migliori citiamo Il giudizio universale (1961) di Vittorio De Sica e tutti i film diretti da Lucio Fulci che è il primo a intuire che l’aggressivo deve essere Ciccio Ingrassia, mentre il ruolo di mamo spetta a Franco Franchi. Nel periodo 1962 - 67 escono 13 film di Fulci interpretati da Franco e Ciccio, tutti molto curati, pur se girati ognuno in non più di quattro settimane.
Nel 1964 debutta con loro il vecchio amico pugliese Pasquale Zagaria (in arte Lino Banfi), ancora con i capelli, ne I due evasi di Sing Sing e successivamente ne I due parà (1965), dove Fulci si permette di ironizzare prima di Woody Allen sulla figura mitica di Fidel Castro. Franco e Ciccio fanno tanto cinema, ma anche radio, televisione e non si scordano del teatro che frequentano con Eduardo De Filippo. I film che li vedono protagonisti sono girati in fretta, peccano di ingenuità, sono dedicati a un pubblico popolare, ma funzionano. Il cinema di serie A non sopporta Franco e Ciccio, ma loro incassano molto, hanno un pubblico composto di ragazzini e dal proletariato di un’Italia ormai scomparsa. I due comici ricordano la farsa di Plauto, mai sboccata, sempre dentro le righe, surreale, irrazionale, ma non volgare. Ricordiamo cose divertenti come I due mafiosi di Giorgio Simonelli e Due marines e un generale (1965) con Buster Keaton. Cominciano i primi contrasti all’interno della coppia, perché Ciccio vorrebbe fare cose più alte e sperimentare strade diverse, mentre Franco accetta tutte le proposte.
In questa situazione vediamo la coppia comica nel cast di Che cosa sono le nuvole (1967), un grande film di Pier Paolo Pasolini, dove recitano niente meno che con il mitico Totò. Franco Franchi e Ciccio Ingrassia portano nei loro film alcuni amici con i quali lavorano dagli esordi: Enzo Andronico, Umberto D’Orsi, Lino Banfi, Ignazio Leone, Nino Terzo e Tano Cimarosa. Quando comincia il periodo della commedia sexy entrambi si trovano a disagio, perché la loro comicità è per tutti, mai volgare, dedicata ai ragazzi e ai bambini. Mariano Laurenti continua a fidarsi dei comici siciliani e li vuole come interpreti de I due maghi del pallone (1970), ma in questo periodo giunge anche la chiamata di Luigi Comencini per vestire i panni de il gatto e la volpe nel Pinocchio televisivo.
I due attori cominciano a litigare e lavorano separati, si sentono troppo legati e vogliono essere liberi di fare il loro gioco. Per Ciccio si aprono le porte del cinema drammatico con un piccolo ruolo ne La violenza: quinto potere di Florestano Vancini, con la grande interpretazione dello zio matto in Amarcord (1973) di Federico Fellini e con il complesso prete di Todo modo (1976) di Elio Petri. Franco Franchi interpreta Ultimo tango a Zagarol (1973) di Nando Cicero, geniale parodia di Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci. Si sentirà sempre a disagio per questo lavoro, perché la pellicola esce con un divieto ai minori di anni quattordici mentre lui è sempre stato un attore per bambini. Franchi vive il film come un tradimento nei confronti del suo pubblico.
I due comici tornano insieme per Farfallon di Riccardo Pazzaglia, ma anche per due film dove Franco Franchi è attore e Ciccio Ingrassia regista: Paolo il freddo e L’esorciccio. La casa di produzione di Ciccio finisce male per malintesi e soprattutto a causa di soldi trafugati da un collaboratore, così l’esperienza alla regia finisce ed è un peccato perché i due lavori girati erano buoni. In questo periodo assistiamo a un susseguirsi di rotture e di riappacificazioni, anche se i due comici resteranno amici per tutta la vita, pure tra numerosi litigi a causa di caratteri diversi. Negli anni Ottanta fanno molta televisione e le loro cose peggiori vengono proprio da questo media che vede proliferare canali privati ed emittenti commerciali. Tra le cose belle ricordiamo Kaos dei Fratelli Taviani, la messa in scena cinematografica de La giara di Pirandello.
Crema, cioccolata e… paprika di Michele Massimo Tarantini è il peggior film in assoluto che interpretano con un ruolo marginale. Protagonisti di questa tarda commedia sexy sono Barbara Bouchet e Massimo Montagnani, ma il problema è la presenza del figlio del boss mafioso Michele Greco, che porta guai giudiziari a Franco Franchi. Nel 1989 Franchi e Merola vengono accusati di mafia da un pentito e vengono fuori frequentazioni sospette con la famiglia dei Greco. Il procedimento penale viene archiviato, ma la vicenda distrugge moralmente e fisicamente Franchi che si ammala in maniera grave e muore l’11 dicembre del 1992, dopo aver partecipato all’ultima puntata di Avanspettacolo, strappando a tutti un applauso commosso. Ciccio Ingrassia, privato del più caro amico, del collega che considerava un fratello, gli sopravive per oltre vent’anni, ma lo vediamo solo in poche dimenticabili partecipazioni. Muore nel 2003, stanco e malato.
Grazie Ciprì e Maresco di averci ricordato due campioni della risata, due uomini che hanno segnato la nostra infanzia, l’adolescenza e la prima sofferta maturità. È merito anche vostro e di questo emozionante documentario se non riusciremo mai a dimenticarli.
http://cinetecadicaino.blogspot.com.ar/2011/08/come-inguaiammo-il-cinema-italiano-2004.html
Franco e Ciccio sono stati due attori geniali, la presenza in scena bastava a scatenare l’ilarità del pubblico, i loro giochi di parole e la comicità gestuale e clownesca sono proverbiali (Soprassediamo!), così come è rimasta negli annali la stupidità della nostra critica colta che stroncava per partito preso ogni loro lavoro.
Franco e Ciccio debuttano come coppia comica nel 1954, al Cinema Teatro Capitol di Castelvetrano. Ciccio Ingrassia nasce a Palermo nel 1922 (certi testi indicano date e luoghi di nascita errati, ma voi fidatevi ché questi sono giusti), ultimo di cinque figli, da padre muratore e madre casalinga. Come primo lavoro è intagliatore di tomaie (in pratica fa le scarpe), ma frequenta l’avanspettacolo insieme al grande amico Enzo Andronico, che diventerà presenza fissa e spalla comica al cinema.
Ciccio Ingrassia fa parte del Trio Sgambetta, insieme a Ciampo e Andronico, ma i tre comici non riscuotono successo, al punto che non riescono neppure a pagare i debiti. Franco Franchi - che si chiama Francesco Benenato - nasce a Palermo, nel quartiere popolare della Vucciria, in una situazione di totale indigenza. Padre muratore, madre impiegata in una manifattura di tabacchi, non abbiamo certezze sul numero dei fratelli, visto che spesso lui ha parlato di 18 e a volte si è corretto dicendo che erano sopravvissuti solo 9.
Franco a vent’anni fa il comico di strada, conosce Ciccio al Bar degli Artisti a Palermo, i due si piacciono e decidono di fare qualcosa insieme a teatro. Core ingrato è il loro primo numero che replicheranno all’infinito, al cinema e in televisione. Negli anni Cinquanta molti teatri ospitano le loro gag, ma il primo film importante sarà I due della legione (1962) di Lucio Fulci. Ciccio Ingrassia sposa Rosaria Calì nel 1960, dopo averla conosciuta a Milano. Da lei avrà solo un figlio: Giampiero. Irene Gallina, invece, è la moglie di Franco, che gli darà due figli. Nel 1959 la coppia comica incontra a Catania Domenico Modugno che li scrittura e li fa debuttare in Appuntamento a Ischia (1961) di Mario Mattoli, dove una loro breve apparizione contribuisce ad aumentarne la popolarità. L’onorata società di Riccardo Pazzaglia è un altro lavoro del 1961, che insieme a tanto teatro e commedie musicali (Rinaldo in campo) fa compiere passi in avanti al duo comico.
“Pazzaglia era troppo intellettuale per noi”, dirà Ciccio Ingrassia, anche se alcuni anni dopo interpreteranno il suo Farfallon (1974). Domenico Modugno comincia a essere geloso di Franco e Ciccio, non vorrebbe lasciarli andare per la loro strada, ma Franchi taglia il rapporto. “Tu ti sei fatto la villa? Bene, noi no. Vorremmo farcela”, dice. Nel 1962 - 63 la coppia comica siciliana interpreta ben 12 film. Logico che non siano capolavori, spesso esiste solo una abbozzo di sceneggiatura, si scrive “Adesso entrano Franco e Ciccio” e si lasciano liberi di impostare gag da avanspettacolo. Tra le cose migliori citiamo Il giudizio universale (1961) di Vittorio De Sica e tutti i film diretti da Lucio Fulci che è il primo a intuire che l’aggressivo deve essere Ciccio Ingrassia, mentre il ruolo di mamo spetta a Franco Franchi. Nel periodo 1962 - 67 escono 13 film di Fulci interpretati da Franco e Ciccio, tutti molto curati, pur se girati ognuno in non più di quattro settimane.
Nel 1964 debutta con loro il vecchio amico pugliese Pasquale Zagaria (in arte Lino Banfi), ancora con i capelli, ne I due evasi di Sing Sing e successivamente ne I due parà (1965), dove Fulci si permette di ironizzare prima di Woody Allen sulla figura mitica di Fidel Castro. Franco e Ciccio fanno tanto cinema, ma anche radio, televisione e non si scordano del teatro che frequentano con Eduardo De Filippo. I film che li vedono protagonisti sono girati in fretta, peccano di ingenuità, sono dedicati a un pubblico popolare, ma funzionano. Il cinema di serie A non sopporta Franco e Ciccio, ma loro incassano molto, hanno un pubblico composto di ragazzini e dal proletariato di un’Italia ormai scomparsa. I due comici ricordano la farsa di Plauto, mai sboccata, sempre dentro le righe, surreale, irrazionale, ma non volgare. Ricordiamo cose divertenti come I due mafiosi di Giorgio Simonelli e Due marines e un generale (1965) con Buster Keaton. Cominciano i primi contrasti all’interno della coppia, perché Ciccio vorrebbe fare cose più alte e sperimentare strade diverse, mentre Franco accetta tutte le proposte.
In questa situazione vediamo la coppia comica nel cast di Che cosa sono le nuvole (1967), un grande film di Pier Paolo Pasolini, dove recitano niente meno che con il mitico Totò. Franco Franchi e Ciccio Ingrassia portano nei loro film alcuni amici con i quali lavorano dagli esordi: Enzo Andronico, Umberto D’Orsi, Lino Banfi, Ignazio Leone, Nino Terzo e Tano Cimarosa. Quando comincia il periodo della commedia sexy entrambi si trovano a disagio, perché la loro comicità è per tutti, mai volgare, dedicata ai ragazzi e ai bambini. Mariano Laurenti continua a fidarsi dei comici siciliani e li vuole come interpreti de I due maghi del pallone (1970), ma in questo periodo giunge anche la chiamata di Luigi Comencini per vestire i panni de il gatto e la volpe nel Pinocchio televisivo.
I due attori cominciano a litigare e lavorano separati, si sentono troppo legati e vogliono essere liberi di fare il loro gioco. Per Ciccio si aprono le porte del cinema drammatico con un piccolo ruolo ne La violenza: quinto potere di Florestano Vancini, con la grande interpretazione dello zio matto in Amarcord (1973) di Federico Fellini e con il complesso prete di Todo modo (1976) di Elio Petri. Franco Franchi interpreta Ultimo tango a Zagarol (1973) di Nando Cicero, geniale parodia di Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci. Si sentirà sempre a disagio per questo lavoro, perché la pellicola esce con un divieto ai minori di anni quattordici mentre lui è sempre stato un attore per bambini. Franchi vive il film come un tradimento nei confronti del suo pubblico.
I due comici tornano insieme per Farfallon di Riccardo Pazzaglia, ma anche per due film dove Franco Franchi è attore e Ciccio Ingrassia regista: Paolo il freddo e L’esorciccio. La casa di produzione di Ciccio finisce male per malintesi e soprattutto a causa di soldi trafugati da un collaboratore, così l’esperienza alla regia finisce ed è un peccato perché i due lavori girati erano buoni. In questo periodo assistiamo a un susseguirsi di rotture e di riappacificazioni, anche se i due comici resteranno amici per tutta la vita, pure tra numerosi litigi a causa di caratteri diversi. Negli anni Ottanta fanno molta televisione e le loro cose peggiori vengono proprio da questo media che vede proliferare canali privati ed emittenti commerciali. Tra le cose belle ricordiamo Kaos dei Fratelli Taviani, la messa in scena cinematografica de La giara di Pirandello.
Crema, cioccolata e… paprika di Michele Massimo Tarantini è il peggior film in assoluto che interpretano con un ruolo marginale. Protagonisti di questa tarda commedia sexy sono Barbara Bouchet e Massimo Montagnani, ma il problema è la presenza del figlio del boss mafioso Michele Greco, che porta guai giudiziari a Franco Franchi. Nel 1989 Franchi e Merola vengono accusati di mafia da un pentito e vengono fuori frequentazioni sospette con la famiglia dei Greco. Il procedimento penale viene archiviato, ma la vicenda distrugge moralmente e fisicamente Franchi che si ammala in maniera grave e muore l’11 dicembre del 1992, dopo aver partecipato all’ultima puntata di Avanspettacolo, strappando a tutti un applauso commosso. Ciccio Ingrassia, privato del più caro amico, del collega che considerava un fratello, gli sopravive per oltre vent’anni, ma lo vediamo solo in poche dimenticabili partecipazioni. Muore nel 2003, stanco e malato.
Grazie Ciprì e Maresco di averci ricordato due campioni della risata, due uomini che hanno segnato la nostra infanzia, l’adolescenza e la prima sofferta maturità. È merito anche vostro e di questo emozionante documentario se non riusciremo mai a dimenticarli.
http://cinetecadicaino.blogspot.com.ar/2011/08/come-inguaiammo-il-cinema-italiano-2004.html
Ciao Amarcord!
ResponderEliminarCredo che sia da segnalare un errore nella critica citata di Fabio Ferzetti...
Ultimo Tango a Zagarolo non è un film di Ciccio Ingrassia ma un film di Nando Cicero con Franco Franchi (solo)...
Tra l'altro, sarebbe bello trovarlo da scaricare, io avevo una video-cassetta, registrata da TV, ma non la trovo più...