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lunes, 25 de julio de 2011

Porzus - Renzo Martinelli (1997)


TITULO Porzûs
AÑO 1997
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 121 min
DIRECCION Renzo Martinelli
GUION Renzo Martinelli, Furio Scarpelli
FOTOGRAFIA Giuliano Giustini
MONTAJE Osvaldo Bargero
MUSICA Flavio Colusso
PRODUCCION Video Maura en colaboración con Progetto Immagine e Martinelli Film Co.
GENERO Drama
REPARTO Lorenzo Crespi, Lorenzo Flaherty, Gastone Moschin, Gabriele Ferzetti, Bruno Bilotta, Massimo Bonetti, Giulia Boschi, Salvatore Calacutra, Lino Capolicchio, Gianni Cavina, Victor Cavallo

SINOPSIS Friuli, 1945: due gruppi partigiani si dividono la zona. Il primo, guidato da Geko, è composto da comunisti che operano in pianura, rischiando la pelle ogni giorno. Ma sullo stesso fronte c'è anche la cattolica brigata Osoppo, guidata da Galvano, un ex ufficiale di carriera monarchico che da tempo denuncia le mire espansionistiche dei rossi. Alla vigilia dell'arrivo degli Alleati, un ordine invita tutti i partigiani a varcare l'Isonzo e mettersi sotto il comando delle brigate di Tito....

Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)
http://www11.zippyshare.com/v/87119548/file.html

Il film ricorda l'Eccidio di Porzûs, tragico avvenimento della Resistenza Italiana. Nel febbraio del 1945 un intero reparto della Brigata Osoppo, capeggiato da Francesco De Gregori detto "Bolla" (zio dell'omonimo cantautore) venne massacrato da un centinaio di "gappisti" comunisti comandati da Mario Toffanin. Nell'eccidio persero la vita 22 partigiani, tra cui Guido Pasolini, fratello minore di Pier Paolo.

Trama
Uno dei sopravvissuti della strage, Storno, si reca in Slovenia a visitare Geko, che non vede più dalla fine della guerra. I due rievocano tutte le vicende che li hanno visti protagonisti tra la fine del 1944 e febbraio del 1945. Al termine della visita Storno immagina di compiere la sua vendetta uccidendo Geko a colpi di pistola.

Distribuzione
Il film i cui diritti sono stati acquistati nel 1997 dalla RAI non è mai stato però mandato in onda sulle TV pubbliche, il regista Martinelli ha quindi accusato la RAI di voler effettuare una censura di carattere politico nei confronti del suo film.
http://it.wikipedia.org/wiki/Porz%C3%BBs_(film)



La Rai oscura l’altra Storia. Le foibe non andranno in tv
Renzo Martinelli
Qualche anno fa ho girato un film che si intitolava “Porzus”. Raccontava una brutta storia, la peggiore fra quelle della resistenza italiana. Un gruppo di partigiani comunisti, su ordine della federazione del Partito comunista di Udine e su pressione del Nono korpus sloveno, quindi dei soldati di Ti-to, uccise ventidue partigiani di formazione cattolica della brigata Osoppo. Il film, di cui la Rai detiene i diritti, non è mai andato in onda e non è mai stato diffuso come home video, n motivo è che la Storia la scrive chi vince e siccome in Italia culturalmente hanno prevalso i comunisti, certi fatti non si possono raccontare. Sono diventati tabù. Per questo motivo, la richiesta del presidente della commissione parlamentare di vigilanza Mario Landolfi al presidente Rai Claudio Petruccioli di ricordare sulla tv di stato la tragedia delle foibe per la giornata della memoria del 10 febbraio è fatica sprecata.
È tabù raccontare agli italiani che in realtà di resistenze se ne sono combattute due e non una. Da una parte c’erano i partigiani di formazione cattolica, monarchica e azionista, che combattevano per costruire una democrazia di matrice occidentale o di ispirazione inglese. Dall’altra c’erano quelli, comunisti, che combattevano il nazisfascismo per costruire in ltalia una dittatura del proletariato sul modello jugoslavo. Il nemico quindi era comune, ma le finalità erano diametralmente opposte. Non a caso, da molti dei comunisti più duri e intransigenti la resistenza venne indicata come la rivoluzione tradita. Mai come nell’inverno del ‘45 i comunisti italiani sono stati vicini ad attuare ciò che Lenin teorizzava: una rivoluzione armata di popolo. Le condizioni erano ideali. Un governo inesistente, un popolo stremato e migliaia di comunisti armati fino ai capelli. Era l’occasione più propizia per conquistare il Paese. Per nostra fortuna, a Jalta decisero diversamente. Però i tabù sulla resistenza sono rimasti.
Riguardo alle foibe, la fiction tv “D cuore nel pozzo” è stata un’occasione mancata. Si racconta la storia senza mai nominare i comunisti. Limitandosi a chiamare genericamente gli slavi “aggressori” o “titini”, come se fossero dei canarini. Quando invece stavano compiendo un genocidio comandato. Inoltre, il protagonista della fiction è uno slavo a cui viene sottratto il figlio e che per vendetta attua una strage. In questo modo, si tende a giustificare questo personaggio. Dimenticando che quello delle foibe fu un genocidio sistematico programmato dalla Jugoslavia nei confronti delle popolazioni di confine.
Anche la strage di Porzus avvenne al confine con la Jugoslavia di Tito. Quella zona d’Italia ha pagato la vicinanza ad essa, ritrovandosi un partito comunista foltissimo, che coprì chi aveva compiuto l’eccidio. Tutti gli autori della strage furono condannati all’ergastolo in contumacia, perché prima del processo Togliatti li aveva fatti scappare in Jugoslavia. Non ci fu un giorno di galera per nessuno.
Viviamo in un tempo in cui quando si parla di memoria si pensa solo all’Olocausto nazista. Purtroppo, ci sono stati anche altri massacri, come i dieci e passa milioni di morti fatti da Stalin o il genocidio degli armeni per mano dei musulmani turchi. Parlarne non significa fare la conta dei morti, ma ricordare il motivo e il modo per cui sono stati uccisi, equivalenti a quello con cui sono stati sterminati gli ebrei. Escludo che la tv di stato dia spazio al ricordo delle foibe. Perché significherebbe dire agli italiani che fu stipulato un patto scellerato fra Tito e Togliatti, in base al quale i comunisti iugoslavi avrebbero aiutato il Pci a sconfiggere il fascismo e a installare una dittatura. In cambio, il Pci avrebbe ceduto parte del territorio italiano alla Jugoslavia. Si sarebbe chiamata Penecia Slovenska. Certo è curioso che in un’epoca mediatica in cui in tv passa di tutto, solo Porzus non venga trasmesso. L’unico a parlarne è stato Giampaolo Pansa in un capitolo del suo libro. Spero che un giorno nasca uno storico di formazione non comunista che sia in grado di riscrivere queste pagine.
http://www.lefoibe.it/rassegna/rai-martinelli.htm

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Tullio Kezich commenta così il film Porzûs (dal "Corriere della Sera" dell'1 settembre 1997)

Quando nell'aprile '45 il IX Corpus dell'esercito jugoslavo liberò Trieste dai nazisti ci fu chi espose alla finestra il tricolore. La risposta fu una scarica di mitra. Nei giorni successivi centinaia di persone sparirono e vennero massacrate senza processo. Alcuni erano fascisti, altri no: unico comune denominatore fu che le vittime erano tutte italiane. E quando non mise mano nei misfatti, il Partito comunista finse di non vedere. Questo fu il genocidio di cui le fucilazioni dei partigiani della Osoppo a Porzûs erano state il sanguinoso "prossimamente". 
Un episodio che ha le sue radici in una lunga serie di soprusi e violenze, senza paragoni su altri confini, con cui il fascismo aveva perseguitato sloveni e croati: e va letto come espressione di uno spirito di vendetta intinto di quella barbarie razzista riaffiorata recentemente in Bosnia. 
Al semplice annuncio del film Porzûs molti si sono fregati le mani tutti contenti di smascherare la "faccia sporca della Resistenza", che Forattini nella rubrica Mascalzonate di "Panorama" effigia in veste di Morte sdentata con falce e martello. 
La verità è che la strage della malga friulana anziché finire sul conto dei contrasti nel movimento di liberazione va iscritta nella storia dell'imperialismo balcanico, anche se i sicari furono italiani che avevano subito il lavaggio del cervello titoista. Presentato a Venezia, il film riaprendo la piaga ha avviato una proficua discussione: tuttavia i suoi meriti si fermano qui.  Credo si possa dire che nella sceneggiatura scritta dal regista Renzo Martinelli con Furio Scarpelli, nonostante le libertà dell'affabulazione, la ricostruzione degli eventi risulta corretta.
La scintilla scoppia con il sopravvissuto Gabriele Ferzetti che mezzo secolo dopo va a snidare nel suo rifugio sloveno Gastone Moschin, capoccia degli assassini. C'era da aspettarsi ben altro dal confronto di due attori di tale autorevolezza, ma il regista li spinge sopra le righe e tra cachinni e sbocchi di sangue ne ricava una recitazione un po' da grand Guignol e un po' da favola radiofonica. Per di più i due "doppi" giovani dei contendenti non gli assomigliano affatto e il tentativo di raccontarne l'invecchiamento con un trucco da dottor Jekyll è uno degli spunti costernanti del film. 
Nel nutrito contorno l'unico che fa simpatia è Gianni Cavina: ma come credere al buon comunista che all'ultimo momento per non farsi assassino si lascia assassinare? Questo è puro senno di poi; e per farlo accettare ci voleva almeno la regia di un Costa-Gavras. E invece Martinelli, imbevuto di stilemi pubblicitari, si scatena in effettacci, botti, lampi, zumate e stacchi musicali. Quando non si affida fiducioso a citazioni di musica classica.  Insomma se la mostra ha appena finito di celebrare Rossellini, questo è l'anti-Rossellini: ve lo immaginate Paisà commentato da un trio di Schubert?

Il resoconto dell'inviata del "Corriere della Sera",
Porzûs, la parola al film. Dopo attese, polemiche, accuse, minacce, ieri è stata la volta della pellicola di Renzo Martinelli, accolta in modo contrastante: con applausi a una proiezione, con gelo a un'altra. Ma comunque sia andata, i riflettori sono stati tutti per loro, per il regista e per gli interpreti di quella pagina "oscura" della Resistenza di cui, come ha ricordato Martinelli, "non c è traccia nei libri di storia". "Era tempo che se ne parlasse", ha proseguito il quarantottenne regista milanese. "Se gli americani hanno fatto decine di film critici sul Vietnam, perché non accettare Porzûs?" 
Ma che fare in casi come questi, dove la verità è pirandelliana, ognuno ha la sua? "Gli unici due sopravvissuti a quei fatti, Mario Toffanin, che guidò l'eccidio, ci ha intentato una causa; Aldo Bricco, il solo scampato, sta a Pinerolo e non vuol parlare. Così ho scelto di attenermi agli atti dei processi". Ben sapendo che, in ogni caso, avrebbe scatenato tempeste. "Proteste e insulti non sono mancati, ma ciò che più mi pesa è la disapprovazione dei miei genitori, entrambi partigiani comunisti. Mio padre mi ha quasi tolto il saluto. Così organizzerò una proiezione speciale a Cesano Maderno, dove i miei vivono, per i partigiani del paese. E mio padre e mia madre avranno la sorpresa di trovare il film dedicato a loro". Infine una stoccata a Laudadio. "Non ha voluto mettere Porzûs in gara, una scelta sbagliata. Vuol dire che quando farò io un festival ricambierò il favore". 
Di giudizi non ha voglia Gastone Moschin, che presta il volto duro e fiero a Geko (alias Giacca, alias Toffanin). "A quei tempi avevo sedici anni, ma ricordo amici di poco maggiori costretti a scegliere una parte o l'altra. Non si poteva star neutrali, l'odio degli ultimi tempi fu feroce. La guerra stravolge gli uomini, li rende belve. Quanto a Giacca, lo ritengo un estremista del pensiero. Un fanatico".
Aggiunge Gabriele Ferzetti, nel film Storno (alias Centina, alias Bricco): "Io ho partecipato alle brigate partigiane, ma ignoravo queste atrocità. Nella Resistenza accadde quello che, meno tragicamente, si ripeté negli anni Settanta tra i vari gruppi del 'Movimento', tutti erano di sinistra ma si odiavano". 
E intanto, dal buio delle sale spunta a sorpresa un altro Porzûs. "Io quella storia la girai quattordici anni fa e nessuno la volle distribuire", svela Enrico Mengotti, filmaker veneziano. "Ne avevo fatto due versioni: un video che raccoglieva le testimonianze di storici e politici dentro a quella storia (oggi quasi tutti scomparsi) e un film che ne ricapitolava gli eventi. Ma nell'83 i tempi però non erano ancora maturi per osare tanto. Entrambe le opere furono rifiutate. Oggi vedendo questo nuovo Porzûs non ho potuto fare a meno di provare irritazione, anche perché l'ho trovato pieno di inesattezze. La più grave l'aver dipinto la Turchetti come una spia dei nazisti mentre è provato che non fu così. Inoltre è pieno di ingenuità... Insomma, con tutta l'antipatia per l'uomo, non posso dare torto a Toffanin che ne ha chiesto il ritiro. Le sue ragioni sono certo altre, ma che
il film falsi molti fatti è indubitabile".
Giuseppina Manin (1 settembre 1997)

Dalle "lettere a Panorama" (n. 35 del 4 settembre 1997) sono riportate le seguenti testimonianze:

Il regista Martinelli dice di avere ricostruito i fatti del suo film Porzûs sulla base degli atti dei vari processi, soprattutto su quello di Lucca del 1951-52. Quel processo si svolse negli anni Cinquanta in piena guerra fredda, in un clima ferocemente anticomunista. Fin dall'inizio delle indagini è stato fatto ampio uso della carcerazione preventiva, con ricatti quotidiani ad alcuni degli imputati che rimasero in prigione parecchi anni prima di essere processati. E che dire dei testimoni addomesticati, dei documenti accusatori confezionati ad hoc? Con la storia non si scherza. Non si inventano i nomi, non si inventano i personaggi, non si inventano situazioni e motivazioni, non si istiga alla vendetta personale, come capita invece nel film di Martinelli. 
Qualche esempio. Storno non fu l'unico superstite. Si salvarono altri due che passarono nelle file dei gap rimanendo al Bosco Romagno per tutto il periodo delle esecuzioni dei loro compagni. Uno dei due, Leo Patussi, nonostante avesse tradito i suoi compagni, nel dopoguerra divenne generale dell'esercito. Nessuno può affermare che l'esercito italiano sia un luogo in cui gappisti o comunisti hanno fatto carriera. Evidentemente Patussi venne premiato per qualche altro servigio reso in quell'occasione. Sulle sue testimonianze e non su quelle di Storno si basò gran parte della ricostruzione processuale. Geko-Giacca non ha mai fatto parte della Divisione Garibaldi Natisone, né ha partecipato al passaggio oltre Isonzo del '44, né è stato ferito in quell'occasione, né nessuno ha mai sostenuto che l'agguato tedesco sull'Isonzo fosse dovuto a una spiata osoviana, né la ragazza uccisa alle malghe fu mai accusata di questo. Tutto il film di Martinelli si basa su quest'invenzione per addossare la responsabilità dei fatti ai comandanti della Garibaldi Natisone. 
Eppure anche solo basandosi sulle testimonianze processuali il regista avrebbe potuto trovare delle interessanti e drammaticamente efficaci, ma soprattutto vere, motivazioni alla rabbia di Geko: per esempio gli accordi dei comandanti osoviani con tedeschi, repubblichini e Decima Mas di Junio Valerio Borghese. E avrebbe potuto verificare che Elda Turchetti era stata indicata più volte come spia dalla radio alleata, proprio su segnalazione del centro informazioni della Osoppo e per non rischiare di essere uccisa dai partigiani andava in giro circondata da guardie del corpo tedesche.
Infine: nel film si dice che dei responsabili dell'eccidio nessuno fece mai un giorno di prigione.
Nella realtà decine di partigiani furono a lungo incarcerati, perché con Porzûs si processò e si represse tutta la Resistenza garibaldina friulana.
Alessandra Kersevan, Udine

Sono Giovanni Padoan, "Vanni", già commissario politico della Divisione d'assalto Garibaldi-Natisone. Assolto per insufficienza di prove nel processo che si svolse a Lucca dall'ottobre '51 all'aprile '52, condannato a trent'anni al processo d'assise d'appello a Firenze dal primo marzo al 30 aprile '54 e poi amnistiato l'11 luglio '59. 
Il regista Martinelli dice di aver girato in lungo e in largo per il Friuli ma non ha trovato il tempo e il modo di venire a Cormons a parlare con me che volente o nolente sono ritenuto il mandante della strage dalla Corte d'assise d'appello di Firenze. Si è consultato Giacca che è stato il puro e semplice esecutore della strage, esecutore ottuso e feroce ma sempre solo tale. 
Dieci anni prima della pubblicazione di Porzûs: due volti della Resistenza di Marco Cesselli, io avevo già pubblicato, nel febbraio del '66 Abbiamo lottato insieme presso l'editore Del Bianco di Udine, nel quale respingevo la tesi della responsabilità di Giacca e affermavo invece la responsabilità di Franco (Ostelio Modesti) e di Ultra (Alfio Tambosso, allora dirigenti della federazione del Pci di Udine). Fui messo al bando dal Pci per molto tempo e si arrivò al limite dell'espulsione. Nell'ottobre dell'84 davo alle stampe Un'epopea partigiana alla frontiera tra due mondi, sempre presso l'editore Del Bianco. Dimostrai che la Divisione Garibaldi-Natisone non era mai stata coinvolta nel barbaro eccidio e che il mandante principale era il comando sloveno, probabilmente attraverso la lunga mano dell'Ozna (il servizio segreto di controspionaggio),
ribadendo anche la responsabilità di Franco e di Ultra che avevano dato via libera a Giacca. 
Ho sempre detto e affermato che fu un grave errore dare a Giacca un simile compito: Giacca aveva già in tasca l'ordine dell'Ozna, era come mandarlo a nozze. Difatti fucilò sul posto Bolla (Francesco De Gregori), Enea (Gastone Valente) e la giovane Elda Turchetti, presunta spia denunciata da Radio Londra. Dunque Giacca fu il macellaio, l'esecutore ottuso e feroce, ma proprio per questo non avrebbe mai potuto essere il mandante. 
Vorrei aggiungere che non sono d'accordo con lo storico Giovanni De Luna quando afferma: "Ma la sinistra non ha mai nascosto quei fatti". Purtroppo la sinistra e il Pci in modo particolare si ostinarono a mantenere la tesi insostenibile della responsabilità di Giacca. Il Pci invece di darsi alla ricerca seria della verità sulla strage di Porzûs favorì l'accumularsi delle incomprensioni.
Giovanni Padoan, "Vanni", Cormons
http://www.pasolini.net/approfondimenti_porzus.htm

4 comentarios:

  1. ¿Sería posible cargar de nuevo los enlaces de esta película?
    Un gran saludo y felicitaciones para un blog de cine tan interesante.
    maskbauta

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  2. muchísimas gracias por la rapida respuesta.
    Maskbauta

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