TÍTULO ORIGINAL La carbonara
AÑO 2000
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACIÓN 100 min.
DIRECTOR Luigi Magni
GUIÓN Luigi Magni
MÚSICA Nicola Piovani
FOTOGRAFÍA Danilo Desideri
REPARTO Lucrezia Lante Della Rovere, Valerio Mastandrea, Nino Manfredi, Claudio Amendola, Pierfrancesco Favino, Fabrizio Gifuni, Giacomo Gonnella, Fernando Cerulli, Duccio Giordano, Alessandro Lombardo, Marina Lorenzi
PRODUCTORA Blu Film / Rai Cinemafiction
PREMIOS 1999: Premios David di Donatello: Nominada Mejor vestuario
GÉNERO Comedia | Siglo XIX
SINOPSIS Título de triple sentido: a) los carbonarios, una sociedad política secreta, fundada en Nápoles a principios del siglo XIX y luego se extendió por toda Italia: contra el absolutismo y la liberación del país de la dominación extranjera, b) de las especialidades de pasta; c) el nombre de una posada cerca de Roma, la capital de los Estados Pontificios, a cargo de un vibrante e independiente ex-casadomuy cortejado. Comedia de crítica anti-clericalismo, de polémica contra los poderes fácticos.(FILMAFFINITY)
Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)
http://www52.zippyshare.com/v/93722552/file.html
http://www52.zippyshare.com/v/60838345/file.html
http://www52.zippyshare.com/v/57228536/file.html
http://www52.zippyshare.com/v/66597568/file.html
http://www52.zippyshare.com/v/83486204/file.html
http://www52.zippyshare.com/v/71072487/file.html
http://www52.zippyshare.com/v/93722552/file.html
http://www52.zippyshare.com/v/60838345/file.html
http://www52.zippyshare.com/v/57228536/file.html
http://www52.zippyshare.com/v/66597568/file.html
http://www52.zippyshare.com/v/83486204/file.html
http://www52.zippyshare.com/v/71072487/file.html
TRAMA
Nel 1825 nelle campagne non molto distanti da Roma c'è la locanda chiamata "La Carbonara" con annesse osteria, stazione di posta, cambio di cavalli. 'Carbonara' è chiamata anche Cecilia, la bella proprietaria. Mentre nelle zone intorno briganti e gendarmi mantengono l'ordine e l'equilibrio spartendosi il territorio, quattro carbonari diretti a Roma si rifugiano nell'osteria. Tra questi Zaccaria, un vecchio amore della Carbonara. Arriva anche un frate: si tratta di Fabrizio, ex marito della Carbonara che lo credeva morto. I quattro hanno intenzione di sequestrare un cardinale di passaggio per chiedere in cambio la scarcerazione di alcuni compagni condannati a morte. Il sequestro fallisce, tre muoiono e l'ultimo, Fabrizio, viene arrestato in attesa dell'esecuzione. Quando ha capito l'identità dei due uomini, Cecilia cerca di ottenere presso il cardinale Rivarola la grazia per Zaccaria. Ma è Fabrizio, con uno stratagemma, a fare in modo che l'esecuzione fallisca. Zaccaria viene liberato, il cardinale riparte e, nei boschi, riceve l'omaggio di Lupone, il capo dei briganti. L'equilibrio, faticosamente costruito, forse può tornare a regnare. Intanto Cecilia vede arrivare alla locanda il principe azzurro a lungo sognato, e parte sul suo cavallo. Lupone li guarda e dice: "Dove andate?".
CRITICA
"Nell'anno del Signore e del Giubileo, Luigi Magni strizza l'occhio al presente con uno dei suoi film storico-pop: qualche accenno di azione picaresca, uomorismo laico condito con slang romanesco, taverna del libero scambio alla Feydau, melodramma lacrime e pecorino. Cast rischioso con Lucrezia Lante della Rovere, locandiera che sentenzia qua e là un 'che me ne frega' finto cinico, Valerio Mastandrea, frate rugantino, Claudio Amendola, fuorilegge con collier di peperoncini e Nino Manfredi guest star della Roma papalina".
Fabio Bo, Il Messaggero (2/11/2000)
Fabio Bo, Il Messaggero (2/11/2000)
Il cinema di Luigi Magni, recita la piccola scheda biofilmografica che accompagna il suo nuovo film, è "un continuo ondeggiare tra commedia e tragedia, tra farsa e melodramma". Pur mettendo in scena conflitti politici, carbonari, banditi, condanne a morte, interventi della Madonna (be', in un certo senso), La Carbonara invece non finge neanche per un attimo di calcare i territori della tragedia e ci si apre davanti fin dalla prima sequenza come un teatrino, un po' melodramma storico, un po' Feydeau ante litteram. Siamo nel 1825. Il Papa combatte con ogni mezzo i fermenti carbonari. Ma la "carbonara" del titolo è semplicemente una trafficata stazione di posta ai confini nord dello stato pontificio, dove si cucinano i celebri spaghetti. La bella proprietaria, Cecilia, detta la Carbonara (Lucrezia Lante dalla Rovere) è una sorta di Mirandolina in salsa romanesca, corteggiata da tutti, molto indipendente e con qualche rimpianto, per aver visto sparire in rapida successione dalla sua vita il primo amore e il marito. (…) Fedele alla sua formula, Magni mescola al melodramma, da cui prende le distanze con tipica ironia, una rilettura della storia che è anche un filtro per parlare dell'oggi - o del passato prossimo. Il suo continua a essere un cinema tradizionale, doc, fatto per un pubblico poco avventuroso, felice di ritrovare lo stesso humour, la stessa satira antiautoritaria, lo stesso amabile teatrino romanesco fatto d'invettive belliane e di scenette alla Pinelli - qualche volta eccessivamente inamidate. Ma La Carbonara si vede volentieri, grazie alla bonomia del tono, alla genuina simpatia del progetto, e soprattutto a Cecilia, che Lucrezia Lante della Rovere interpreta con un perfetto dosaggio di allure aristocratica e di calore popolaresco.
Irene Bignardi, La Repubblica (2/13/2000)
Irene Bignardi, La Repubblica (2/13/2000)
«Siete carbonara d'opinione?». «No, so' carbonara de spaghetti». Trattandosi di un film di Gigi Magni, quinte doc e appassionato studioso della romanità ottocentesca, La Carbofiara non poteva che giocare sull'equivoco politico-gastronomico. Il regista di Nell'anno del Signore torna ai suoi temi preferiti, nella comprensibile speranza di riagganciare l'antico pubblico: così, forse, si spiega anche il corredo pubblicitario, incluso quel manifesto old fashion - coi personaggi raccolti attorno a due piatti fumanti di pasta - che sembra uscire dagli anni Settanta. L'età ha reso più sentimentale il regista, il quale pur tuttavia non rinuncia a evocare alla sua maniera le crudeltà dei Papi contro i «giacobini» cospiratori. Quattro dei quali approdano sotto falso nome - siamo nel 1825 - in una sperduta stazione di posta al confine settentrionale dello Stato pontificio, ai piedi di un borgo, dove «regna» una bella donna dai capelli rossi che lì ha impiantato la sua gettonata locanda, appunto «La Carbonara». L'idea è di sequestrare un cardinale di passaggio che a Ravenna fece tagliare alcune «capocce» liberali, ma il gruppo, maldestro anzichenò, viene decimato: si salva solo Zaccaria, pronto a salire sul patibolo dopo essersi goduto l'ultima carbonara (spaghetti e signora). Rispetto a Nell'anno del Signore, più fosco e pessimista sulle virtù del popolino, La Carbonara sfodera un animo romantico intonato alla giovane età degli interpreti: al posto di Tognazzi, Sordi, Salerno e Cardinale ci sono ora Valerio Mastandrea (l'ex amante della locandiera tornato travestito da frate), Claudio Amendola (il brigante Lupone), Fabrizio Gifuni (il cospiratore beccato) e Lucrezia Lante della Rovere (la Carbonara), mentre Nino Manfredi, che fu un memorabile Pasquiuo, si diverte trent'anni dopo a incarnare il cardinale forcaiolo disposto a elargire qualche grazia perché "con più miracoli e meno giustizia il mondo andrebbe meglio". L'Italia agreste e colorita cantata da Stendhal viene restituita con qualche bonaria attualizzazione ironica da Magni, qui regista, sceneggiatore e pure occasionale doppiatore: dà la voce all'improvvisato boia e si ritaglia qualche battuta fuori campo, del tipo: «Nun basta solo vedé, bisogna pure capì», Purtroppo il contesto dialettale risulta meno fresco di un tempo (solo Mastandrea sfodera un romanesco spontaneo) e il clima un po' da commedia musicale del Sistina (bella la colonna sonora di Nicola Piovani) dona al film un sapore nostalgico poco in linea con i gusti attuali. Ma chi ama il genere si accomodi, e magari subito dopo averlo visto si regali al ristorante una carbonara fumante.
Michele Anselmi, L'Unità (2/13/2000)
Michele Anselmi, L'Unità (2/13/2000)
Nella vecchia locanda " La carbonara" si mangiano i piatti forti e gustosi della tradizione romana, si canta (troppo e male), si fa politica, si ama, si guarda la Storia (siamo nel 1825, sul confine settentrionale degli Stati della Chiesa ) e si tenta di cambiarne il corso degli eventi. Ci sono i carbonari veri e sprovveduti, l'ex carbonaro pentito e diventato frate, i briganti capeggiati da Lupone con un'irresistibile collana di peperoncini, il cardinale e i preti, gli spaghetti alla carbonara e la bella proprietaria della locanda, Cecilia, che tutti desiderano e chiamano, con fremente fantasia, come il suo piatto simbolo. Sapori, personaggi, figuranti, umori, inflessioni dialettali, equivoci e colpi di scena sono quelli ai quali Magni ci ha abituato da almeno trenta anni. Sono tre decenni lunghissimi e faticosi per tutti. Soprattutto per un cinema che non riesce a ripensare se stesso e a trasformarsi e che si deve accontentare di modesti attori, escluso Manfredi, come Valerio Mastandrea che ripropone la sua espressività, l'unica di cui sia capace, da Costanzo Show e Lucrezia Lante della Rovere, inadeguata al ruolo di popolana. Perché i bravi registi italiani sciupano il grande passato che è alle loro spalle?
Enrico Magrelli, Film TV (2/22/2000)
Enrico Magrelli, Film TV (2/22/2000)
Sicuramente va riconosciuta a Luigi Magni la coerenza. Sono trent'anni, infatti, che il regista romano dirige film storici e in costume (pensiamo, ad esempio, al riuscitissimo Scipione detto anche l'Africano, del '70), con una predilezione per la Roma papalina dell'800. E sicuramente tutti rammentiamo Nell'anno del Signore, il suo film più noto e, in questo senso, più riuscito (in qualche modo inaugurò un "genere"). In seguito Magni ha tentato più volte di ripetere l'operazione, ma con alterne fortune (al cinema come al teatro, basti pensare al "suo" Rugantino). La carbonara, sua ultima fatica, benché esibisca un nutrito e affiatato cast d'attori (Nino Manfredi, Valerio Mastandrea, Claudio Amendola, Fabrizio Gifuni, Lucrezia Lante Della Rovere) però non convince. La vicenda non brilla per originalità, la sceneggiatura è infarcita di troppi dialoghi e poca azione, e il film arriva al suo epilogo con qualche lentezza di troppo.
Pietro Calderoni, Ciak (3/1/2000)
Pietro Calderoni, Ciak (3/1/2000)
Luigi Magni ha il merito d'aver raccontato nei suoi film quella storia italiana che conosciamo meno delle rivoluzioni francese o americana. Storia anche recente («Nemici d'infanzia» è collocato nel 1944) ma soprattutto la storia di Roma tra il 1815 e il 1870, tra il ricostituirsi post-napoleonico dello Stato Pontificio e l'entrata in città dei militari piemontesi, con l'azione e mobilitazione dei patrioti laici e con le politiche di Pio IX («Nell'anno del Signore», «In nome del Papa Re», «Arrivano i bersaglieri», «In nome del popolo sovrano»). Con «La Carbonara» il regista torna dopo una lunga assenza ai suoi temi prediletti: e anche se il film é antiquato e schematico, anche se sono troppo ripetuti per non diventare stucchevoli i giochi di parole fra i Carbonari rivoltosi, gli spaghetti alla carbonara («vanno cotti e mangiati»), l'osteria La Carbonara e la sua ostessa che «attira gli uomini come una calamita», la narrazione non è spiacevole e allinea molte allusioni ai compromessi e al trasformismo della politica italiana contemporanea. Nel 1825 l'ostessa Lucrezia Lante Della Rovere è protetta dal bandito Lupone (Claudio Amendola), è amata dal Carbonaro Fabrizio Gifuni, è moglie del ribelle Valerio Mastandrea che lei crede morto ma che si è soltanto trasformato in frate, è raggirata dal furbo cardinale Nino Manfredi. Naturalmente Lucrezia Lante non è adatta al personaggio, né fisicamente né come stile d'interpretazione, il suo modo di mostrarsi donna indipendente ed energica consiste essenzialmente nell'alzare la voce: ma è così bella che le si perdonerebbe tutto.
Lietta Tornabuoni, La Stampa (3/14/2000)
Lietta Tornabuoni, La Stampa (3/14/2000)
A parte una solitaria "personale" agli Incontri di Assisi un paio d'anni fa, Luigi Magni, drammaturgo e cineasta, è un autore del quale non s'è riconosciuta abbastanza l'originalità; e La Carbonara è una piacevole occasione per prendere o riprender contatto con il suo mondo. Che è quello della Roma ottocentesca, con il lessico pittoresco non ancora inquinato dalla trasformazione in metropoli moderna, le inquietudini libertarie ed antipapiste, gli amoretti e le tragedie. Nel proporre questa sua tipica chiave evocativa, Magni ha avuto un ruolo non secondario anche nell'edificazione del musical Rugantino di Giovannini & Garinei, musiche di Armando Trovajoli, monumento perenne della romanescheria, ed è a lui che dobbiamo di aver ricordato in In nome del Papa Re , fra la meraviglia di molti, che assai poco cristianamente a Piazza del Popolo Pio IX fece funzionare la ghigliottina sino al 1868. Con La Carbonara ("De opinione o de spaghetti?" è la battuta ricorrente) l'autore scherza sull'equivoco tra l'affiliazione alla segreta setta patriottica ed il celebrato piatto, mettendo in campo un nutrito gruppo di personaggi. Intorno ad un'ostessa del contado presa nella ragna di vari impicci amorosi (Lucrezia Lante della Rovere, bella e ardita, legittimamente promossa protagonista) si muovono un ex amante divenuto carbonaro (Fabrizio Gifuni), un ex marito fattosi frate (Valerio Mastandrea, l'ultimo "Rugantino" nella dinastia del Sistina), un brigante anche lui amante saltuario (il brusco ed incisivo Claudio Amendola) e un cardinale deus ex machina affidato a un virtuoso della mezza tinta ironica quale si conferma il grande Nino Manfredi in un'interpretazione che vale da sola il prezzo del biglietto. Ben scenografata e messa in costume da Lucia Mirisola e musicata a puntino da Nicola Piovani, la commedia scorre divertente, amarognola ed inquietante, con quel tanto di tradizionale che ne aumenta il prestigio a confronto con i copioni invertebrati d'oggidì. E perfino quelli che non amano i film in costume dovranno riconoscere che in questa Roma ritagliata da una stampa di Bartolomeo Pinelli affiorano maliziosamente temi e umori molto vicini alla Roma d'oggi.
Tullio Kezich, Corriere della Sera (7/15/2000)
http://www.iann.it/film/Critiche.asp?IdFilm=2149
Tullio Kezich, Corriere della Sera (7/15/2000)
http://www.iann.it/film/Critiche.asp?IdFilm=2149
--
Nostalgico tentativo fuori dal tempo per Luigi Magni
Una bella locandiera serve succulenti spaghetti in un clima rivoluzionario.
Titolo di triplice significato: a) la carboneria, società politica segreta, sorta a Napoli all'inizio dell'800 e poi diffusa in tutta Italia: contro l'assolutismo e per la liberazione del paese dal dominio straniero; b) specialità di pastasciutta; c) nome di una locanda nei pressi di Roma, capitale dello Stato Pontificio, gestita da una vivace e autonoma ex maritata, molto corteggiata, che incontra un patriota carbonaro, sua vecchia fiamma. Commedia simpaticamente inattuale in cui il romano e coerente L. Magni ribadisce una trentennale fedeltà ai suoi temi: allegro anticlericalismo critico; scanzonata polemica contro i poteri costituiti; passione risorgimentale; ambivalente atteggiamento di attrazione/repulsione verso il popolo ereditato dal grande modello dei Sonetti di G.G. Belli. I limiti della commedia sono una certa stanchezza creativa, la verbosità, il maniersimo nel disegno dei personaggi che indulge troppo al macchiettismo.
http://cinema-tv.corriere.it/film/la-carbonara/03_38_20.shtml
Titolo di triplice significato: a) la carboneria, società politica segreta, sorta a Napoli all'inizio dell'800 e poi diffusa in tutta Italia: contro l'assolutismo e per la liberazione del paese dal dominio straniero; b) specialità di pastasciutta; c) nome di una locanda nei pressi di Roma, capitale dello Stato Pontificio, gestita da una vivace e autonoma ex maritata, molto corteggiata, che incontra un patriota carbonaro, sua vecchia fiamma. Commedia simpaticamente inattuale in cui il romano e coerente L. Magni ribadisce una trentennale fedeltà ai suoi temi: allegro anticlericalismo critico; scanzonata polemica contro i poteri costituiti; passione risorgimentale; ambivalente atteggiamento di attrazione/repulsione verso il popolo ereditato dal grande modello dei Sonetti di G.G. Belli. I limiti della commedia sono una certa stanchezza creativa, la verbosità, il maniersimo nel disegno dei personaggi che indulge troppo al macchiettismo.
http://cinema-tv.corriere.it/film/la-carbonara/03_38_20.shtml
Siamo ai tempi del Gran Tour e della Patria dei Sogni (nel 1825) sui confini settentrionali dello Stato Pontificio. Qui c'è una stazione di posta con cambio di cavalli ai piedi di un antico borgo arroccato intorno a un castello baronale; annessa alla stazione c'è l'osteria "La Carbonara" di cui è proprietaria la bella Cecilia (Lucrezia Lante delle Rovere, "Il cielo è sempre più blu", "Le donne non vogliono più") che si è fatta conoscere con gli omonimi spaghetti. La campagna circostante è controllata da briganti, tra cui spicca Lupone (Claudio Amendola, di recente in "Mare largo") e gendarmi, che si spartiscono il territorio e garantiscono l'ordine costituito, mentre più in là le sovversive idee libertarie della Carboneria danno adito a speranze e paure.
Un giorno arrivano sul posto quattro rivoluzionari intenzionati a rapire un cardinale (Nino Manfredi, recentemente visto in "Grazie di tutto")che dovrebbe passare da quelle parti. In più giunge all'osteria, travestito da frate, anche il vecchio amore della donna (Valerio Mastandrea, "Asini", "Viola bacia tutti") creduto morto e ora cospiratore pentito.
A realizzare un film ambientato nel Risorgimento italiano non poteva che essere Luigi Magni che nel suo curriculum ha successi storici come "Nell'anno del Signore", "La tosca" e "In nome del Papa Re" e che anche in questo caso non smentisce la sua fama. Girato con un budget di otto miliardi, l'azione si svolge totalmente nella campagna romana; in particolare la locanda è stata costruita a Vicarello, sul lago di Bracciano.
Leonardo
http://filmup.leonardo.it/carbonara.htm
Un giorno arrivano sul posto quattro rivoluzionari intenzionati a rapire un cardinale (Nino Manfredi, recentemente visto in "Grazie di tutto")che dovrebbe passare da quelle parti. In più giunge all'osteria, travestito da frate, anche il vecchio amore della donna (Valerio Mastandrea, "Asini", "Viola bacia tutti") creduto morto e ora cospiratore pentito.
A realizzare un film ambientato nel Risorgimento italiano non poteva che essere Luigi Magni che nel suo curriculum ha successi storici come "Nell'anno del Signore", "La tosca" e "In nome del Papa Re" e che anche in questo caso non smentisce la sua fama. Girato con un budget di otto miliardi, l'azione si svolge totalmente nella campagna romana; in particolare la locanda è stata costruita a Vicarello, sul lago di Bracciano.
Leonardo
http://filmup.leonardo.it/carbonara.htm
---
Luigi Magni, laurea in Carbonara honoris causa
Classe 1928, ben noto sceneggiatore e regista (La Tosca, Nell'anno del Signore, Quelle strane occasioni, In nome del Papa re, Arrivano i bersaglieri, In nome del popolo sovrano...), Luigi Magni viene giustamente considerato come il miglior interprete dell'anima romana, della cultura e delle tradizioni legate alla romanità. E non a caso non poteva essere che lui a firmare una commedia come La Carbonara, girata nel 1999, diventata un esempio di mirabile sintesi tra commedia e gastronomia, cinema e arte della tavola.
Proprio per questo, nella ricorrenza del decennale del film, noi del Carbonara Club abbiamo voluto avvicinare il Maestro - accompagnato dalla moglie, la scenografa e costumista Lucia Mirisola (con lui nella foto) - per consegnargli una copia della Guida ai Ristoranti di Roma selezionati dal Carbonara Club e conferirgli un attestato che lo consacra Membro onorario del Carbonara Club.
Attestato che Magni ha ricevuto con grande piacere, ricordando anche le polemiche scaturite all'uscita del film: "sono stato molto criticato - ci ha detto - perché c'è chi crede che la carbonara l'abbiano inventata i soldati americani arrivati in Italia nel 1944. Io sono sicuro invece che agli inizi dell'800 a Roma già si mangiava questo piatto, come ho raccontato nel mio film..."
Complimenti dunque al neo-socio Luigi Magni, che speriamo di avere presto con noi per un bel Carbonara Day!
http://www.carbonaraclub.it/index.php/carbonara-sul-grande-schermo/la-carbonara-di-luigi-magni.html?notizia=84
Proprio per questo, nella ricorrenza del decennale del film, noi del Carbonara Club abbiamo voluto avvicinare il Maestro - accompagnato dalla moglie, la scenografa e costumista Lucia Mirisola (con lui nella foto) - per consegnargli una copia della Guida ai Ristoranti di Roma selezionati dal Carbonara Club e conferirgli un attestato che lo consacra Membro onorario del Carbonara Club.
Attestato che Magni ha ricevuto con grande piacere, ricordando anche le polemiche scaturite all'uscita del film: "sono stato molto criticato - ci ha detto - perché c'è chi crede che la carbonara l'abbiano inventata i soldati americani arrivati in Italia nel 1944. Io sono sicuro invece che agli inizi dell'800 a Roma già si mangiava questo piatto, come ho raccontato nel mio film..."
Complimenti dunque al neo-socio Luigi Magni, che speriamo di avere presto con noi per un bel Carbonara Day!
http://www.carbonaraclub.it/index.php/carbonara-sul-grande-schermo/la-carbonara-di-luigi-magni.html?notizia=84
No hay comentarios:
Publicar un comentario