TITULO ORIGINAL Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggiere
AÑO 1954
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español e Inglés (Separados)
DURACION 10 min
DIRECCION Ermanno Olmi
GUION Ermanno Olmi dallÕomonima "Operetta morale" di Giacomo Leopardi
MONTAJE Giampiero Viola
FOTOGRAFIA Adriano Bernacchi, Carlo Pozzi
MUSICA Pier Emilio Bassi
PRODUCCION RCT
REPARTO Enzo Tarascio, Paolo Pampurini
SINOPSIS Assieme al documentario Piccoli calabresi a Suna sul Lago Maggiore, l'esordio assoluto del giovane Ermanno Olmi è con questa riduzione cinematografica di una delle più celebri Operette morali di Giacomo Leopardi. Allo stato seminale, sono presenti molti elementi che ritorneranno nel suo primo cinema: l'arrivo in città dalla campagna, Milano e le sue contraddizioni sociali, la speranza e la disillusione, il rapporto tra generazioni diverse. Lo si guarda piacevolmente, con un po' di tenerezza.
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I primi film di Olmi con gli operai della Edison
A vent'anni il grande regista era un impiegato dell'azienda elettrica. Un dirigente gli donò una macchina da presa con cui realizzò sette piccoli capolavori che la Feltrinelli ha oggi riunito nel dvd "Ermanno Olmi. Gli anni Edison" e dei quali Repubblica Milano propone alcuni filmati: documenti industriali che diventeranno il manifesto poetico del suo cinema.
Ci sono le montagne che si innalzano possenti contro il cielo e c´è la fatica dell´uomo, fatta di sudore, di volti segnati e di mani forti. C´è la natura, indomabile per definizione, e c´è la sfida di piegarla con la volontà, la tenacia, il coraggio. C´è l´orgoglio tecnologico in un´epoca in cui la fiducia nel progresso non era né ingenua né incosciente. Soprattutto c´è l´amore e il rispetto per il lavoro. Visto dalla parte degli umili che lottano per guadagnarsi il pane.
Molti anni prima dell´Albero degli Zoccoli, un giovanissimo Ermanno Olmi prendeva posizione, trasformando dei documentari industriali su commissione in un manifesto poetico di quel che poi sarebbe stato il suo cinema. Tutto questo grazie alla Edison, la grande industria che è stata la casa famiglia di Olmi. Ma facciamo un passo indietro. Alle officine Edison della Bovisa lavorava il padre di Olmi, morto sotto le bombe della seconda guerra mondiale. Secondo la logica protettiva di un´azienda che si faceva carico delle famiglie dei dipendenti, venne assunta la madre, quindi il giovanissimo Ermanno, che si mette in luce come instancabile animatore della filodrammatica del dopolavoro. Come premio per il suo impegno la direzione della Edison gli mette a disposizione una macchina da presa, una Arriflex 35 mm.
Olmi - lo racconterà in seguito - non ha la minima idea di come funzioni: per capirlo la smonta e la rimonta in tutte le sue parti. Il suo è un apprendistato da autodidatta. Così entusiasta e motivato da fondare la Sezione Cinema della Edison, alla quale, tra il 1954 e il 1958, verranno commissionati una serie di documentari industriali per illustrare imprese e grandi opere dell´azienda, dalle dighe alle centrali idroelettriche.
Di questo periodo poco noto della biografia artistica del più schivo e spirituale dei nostri registi dà ora conto il prezioso cofanetto Ermanno Olmi. Gli anni della Edison, uscito per Feltrinelli Real Cinema: un dvd con sette di quei documentari e un volume a cura di Benedetta Tobagi con interventi di Morandini, Kezich, Toffetti, David Bruni, oltre un´intervista allo stesso Olmi e un racconto di Testori, Far la serva a Milano. E vale davvero la pena di vederli, questi sette piccoli gioielli di cinema industriale a colori e in bianco e nero che, rielaborando la grande lezione di Robert Flaherty, si fanno visione di un mondo ancora in equilibrio tra civiltà contadina e civiltà industriale, appena prima di quel «mutamento antropologico» irreversibile di cui parlerà Pasolini, che non a caso è lo sceneggiatore di uno dei documentari contenuti nel dvd, Manon finestra 2, che racconta l´epica impresa di un gruppo di minatori impegnati nello scavo di gallerie per la realizzazione di un impianto idroelettrico.
Ha invece il sapore di un western di montagna La pattuglia del passo San Giacomo: un storia di tutti i giorni con eroi di tutti giorni, ovvero una squadra di soccorso chiamata per riattivare un cavo dell´alta tensione. E altrettanto eroici sono gli anonimi lavoratori immortalati in La diga del ghiacciaio, che documenta la costruzione di una diga sull´Adamello. E se irresistibile è la figura dell´ex operaio raccontata in Il pensionato, è tutta da godere la storia di Michelino 1° B, su sceneggiatura di Goffredo Parise, che segue un ragazzino che lascia il paese di origine ed entra in una scuola di formazione. A completare la galleria, la rivisitazione della leopardiana Operetta morale Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggiere, girata a Milano per provare una nuova macchina da presa, una Eclair 300: la stessa che Olmi utilizzerà per il suo primo lungometraggio, Il tempo si è fermato.
Sara Chiappori
http://milano.repubblica.it/dettaglio/I-primi-film-del-maestro-con-gli-operai-della-Edison/1528971
Molti anni prima dell´Albero degli Zoccoli, un giovanissimo Ermanno Olmi prendeva posizione, trasformando dei documentari industriali su commissione in un manifesto poetico di quel che poi sarebbe stato il suo cinema. Tutto questo grazie alla Edison, la grande industria che è stata la casa famiglia di Olmi. Ma facciamo un passo indietro. Alle officine Edison della Bovisa lavorava il padre di Olmi, morto sotto le bombe della seconda guerra mondiale. Secondo la logica protettiva di un´azienda che si faceva carico delle famiglie dei dipendenti, venne assunta la madre, quindi il giovanissimo Ermanno, che si mette in luce come instancabile animatore della filodrammatica del dopolavoro. Come premio per il suo impegno la direzione della Edison gli mette a disposizione una macchina da presa, una Arriflex 35 mm.
Olmi - lo racconterà in seguito - non ha la minima idea di come funzioni: per capirlo la smonta e la rimonta in tutte le sue parti. Il suo è un apprendistato da autodidatta. Così entusiasta e motivato da fondare la Sezione Cinema della Edison, alla quale, tra il 1954 e il 1958, verranno commissionati una serie di documentari industriali per illustrare imprese e grandi opere dell´azienda, dalle dighe alle centrali idroelettriche.
Di questo periodo poco noto della biografia artistica del più schivo e spirituale dei nostri registi dà ora conto il prezioso cofanetto Ermanno Olmi. Gli anni della Edison, uscito per Feltrinelli Real Cinema: un dvd con sette di quei documentari e un volume a cura di Benedetta Tobagi con interventi di Morandini, Kezich, Toffetti, David Bruni, oltre un´intervista allo stesso Olmi e un racconto di Testori, Far la serva a Milano. E vale davvero la pena di vederli, questi sette piccoli gioielli di cinema industriale a colori e in bianco e nero che, rielaborando la grande lezione di Robert Flaherty, si fanno visione di un mondo ancora in equilibrio tra civiltà contadina e civiltà industriale, appena prima di quel «mutamento antropologico» irreversibile di cui parlerà Pasolini, che non a caso è lo sceneggiatore di uno dei documentari contenuti nel dvd, Manon finestra 2, che racconta l´epica impresa di un gruppo di minatori impegnati nello scavo di gallerie per la realizzazione di un impianto idroelettrico.
Ha invece il sapore di un western di montagna La pattuglia del passo San Giacomo: un storia di tutti i giorni con eroi di tutti giorni, ovvero una squadra di soccorso chiamata per riattivare un cavo dell´alta tensione. E altrettanto eroici sono gli anonimi lavoratori immortalati in La diga del ghiacciaio, che documenta la costruzione di una diga sull´Adamello. E se irresistibile è la figura dell´ex operaio raccontata in Il pensionato, è tutta da godere la storia di Michelino 1° B, su sceneggiatura di Goffredo Parise, che segue un ragazzino che lascia il paese di origine ed entra in una scuola di formazione. A completare la galleria, la rivisitazione della leopardiana Operetta morale Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggiere, girata a Milano per provare una nuova macchina da presa, una Eclair 300: la stessa che Olmi utilizzerà per il suo primo lungometraggio, Il tempo si è fermato.
Sara Chiappori
http://milano.repubblica.it/dettaglio/I-primi-film-del-maestro-con-gli-operai-della-Edison/1528971
DIALOGO DI UN VENDITORE D'ALMANACCHI E DI UN PASSEGGERE
GIACOMO LEOPARDI DALLE "OPERETTE MORALI"
In questa pagina propongo uno scritto di uno dei più grandi poeti dell'Ottocento italiano, Giacomo Leopardi (1798-1837), fa parte di un libro intitolato Operette morali, pubblicato definitivamente nel 1845. Nel brano dialogano due personaggi, un venditore di calendari (almanacchi) e un passeggere, cioè un occasionale passante.
I calendari dell'anno nuovo venivano venduti per strada, con gli auspici di rito di buona fortuna per l'anno venturo. Questo fatto serve da pretesto a Leopardi per immaginare una conversazione che ha per oggetto il tema della speranza nella felicità, una delle costanti illusioni ottimistiche degli uomini, facilmente portati a credere che il futuro riserverà loro momenti migliori di quelli passati. Anche il venditore non ha dubbi: l'anno che viene sarà migliore di quelli precedenti; eppure non vi è nel passato un solo anno a cui egli possa fare riferimento come periodo certo di felicità. L'esperienza mostra che la felicità non è mai esistita, non vi è stata che l'illusoria perenne attesa di essa. Nessuno tornerebbe a vivere daccapo la propria vita, con tutti i suoi accadimenti, però ciascuno tornerebbe a vivere una nuova vita, senza sapere ciò che essa riserba, accettandone i rischi e le speranze. L'uomo, insomma, preferisce sperare piuttosto che usare la ragione: il bello della vita consiste proprio nell'illusione, nell'attesa (vana) della felicità.
Questi argomenti pessimistici, di alto contenuto (in quanto meditazioni sull'uomo e sulla sua natura), sono svolti nella forma letteraria del dialogo filosofico. I personaggi hanno due diverse funzioni: da una parte c'è il venditore, cioè l'individuo comune (L) che ignora la reale sostanza delle cose; dall'altra il passeggere, cioè il filosofo (S), il quale, con severo uso della ragione, guida l'uomo comune nel ragionamento e lo porta alle conclusioni che ho esposto. L'illusione, comunque, non viene estirpata: nella parte finale del dialogo il passeggere rivolge ironiche parole di speranza al venditore (parole in cui non crede affatto), ed acquista l'almanacco più bello, quasi a farsi gioco della fiducia nel destino.
Insomma, le illusioni non devono morire e non possono morire, perché di esse è fatta la vita; è necessario stare (almeno per finta) alle regole del gioco. È meglio continuare a credere che il tempo futuro possa essere (cosa incredibile) migliore del passato. Gli uomini sono, per necessità, molto ingenui.
La forma dialogata in cui è scritto il brano non tragga in inganno, perchè, nonostante le apparenze, infatti, non si tratta per null'affatto di un testo drammatico: ciò dimostra come non basta che un testo sia dialogato per diventare teatro. La sua presenza in questa sezione teatrale la giustifico con lo scopo di dare un esempio di ciò che sembra scritto per il teatro, ma in realtà teatro non è. Affinché un testo abbia davvero una destinazione scenica, infatti, è necessario che l'autore lo abbia pensato per la recitazione, abbia posto indicazioni atte alla rappresentazione, lo abbia insomma costruito per degli attori. Ma il dialogo tra personaggi può essere impiegato anche, come in questo caso, in opere non destinate alla recitazione, bensì alla lettura solitaria, personale e silenziosa. Questa forma è stata usata spesso in opere filosofiche, dove, anziché svolgere un argomento in forma di trattato, si ricorre al dialogo per evidenziare alcune tesi e per farle entrare in un contraddittorio simulato con altre, come in una discussione.
Il dialogo filosofico (genere molto antico) ha il pregio di risultare più vivace della semplice argomentazione espositiva, avvalendosi di una contro-tesi (nel nostro caso, l'ottimismo del venditore di almanacchi); la quale, proprio perché risulta perdente, serve a far meglio emergere la verità di quanto l'autore vuole sostenere.
I calendari dell'anno nuovo venivano venduti per strada, con gli auspici di rito di buona fortuna per l'anno venturo. Questo fatto serve da pretesto a Leopardi per immaginare una conversazione che ha per oggetto il tema della speranza nella felicità, una delle costanti illusioni ottimistiche degli uomini, facilmente portati a credere che il futuro riserverà loro momenti migliori di quelli passati. Anche il venditore non ha dubbi: l'anno che viene sarà migliore di quelli precedenti; eppure non vi è nel passato un solo anno a cui egli possa fare riferimento come periodo certo di felicità. L'esperienza mostra che la felicità non è mai esistita, non vi è stata che l'illusoria perenne attesa di essa. Nessuno tornerebbe a vivere daccapo la propria vita, con tutti i suoi accadimenti, però ciascuno tornerebbe a vivere una nuova vita, senza sapere ciò che essa riserba, accettandone i rischi e le speranze. L'uomo, insomma, preferisce sperare piuttosto che usare la ragione: il bello della vita consiste proprio nell'illusione, nell'attesa (vana) della felicità.
Questi argomenti pessimistici, di alto contenuto (in quanto meditazioni sull'uomo e sulla sua natura), sono svolti nella forma letteraria del dialogo filosofico. I personaggi hanno due diverse funzioni: da una parte c'è il venditore, cioè l'individuo comune (L) che ignora la reale sostanza delle cose; dall'altra il passeggere, cioè il filosofo (S), il quale, con severo uso della ragione, guida l'uomo comune nel ragionamento e lo porta alle conclusioni che ho esposto. L'illusione, comunque, non viene estirpata: nella parte finale del dialogo il passeggere rivolge ironiche parole di speranza al venditore (parole in cui non crede affatto), ed acquista l'almanacco più bello, quasi a farsi gioco della fiducia nel destino.
Insomma, le illusioni non devono morire e non possono morire, perché di esse è fatta la vita; è necessario stare (almeno per finta) alle regole del gioco. È meglio continuare a credere che il tempo futuro possa essere (cosa incredibile) migliore del passato. Gli uomini sono, per necessità, molto ingenui.
La forma dialogata in cui è scritto il brano non tragga in inganno, perchè, nonostante le apparenze, infatti, non si tratta per null'affatto di un testo drammatico: ciò dimostra come non basta che un testo sia dialogato per diventare teatro. La sua presenza in questa sezione teatrale la giustifico con lo scopo di dare un esempio di ciò che sembra scritto per il teatro, ma in realtà teatro non è. Affinché un testo abbia davvero una destinazione scenica, infatti, è necessario che l'autore lo abbia pensato per la recitazione, abbia posto indicazioni atte alla rappresentazione, lo abbia insomma costruito per degli attori. Ma il dialogo tra personaggi può essere impiegato anche, come in questo caso, in opere non destinate alla recitazione, bensì alla lettura solitaria, personale e silenziosa. Questa forma è stata usata spesso in opere filosofiche, dove, anziché svolgere un argomento in forma di trattato, si ricorre al dialogo per evidenziare alcune tesi e per farle entrare in un contraddittorio simulato con altre, come in una discussione.
Il dialogo filosofico (genere molto antico) ha il pregio di risultare più vivace della semplice argomentazione espositiva, avvalendosi di una contro-tesi (nel nostro caso, l'ottimismo del venditore di almanacchi); la quale, proprio perché risulta perdente, serve a far meglio emergere la verità di quanto l'autore vuole sostenere.
DIALOGO DI UN VENDITORE D'ALMANACCHI E DI UN PASSEGGERE
Venditore - Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere - Almanacchi per l'anno nuovo?
Venditore - Si signore.
Passeggere - Credete che sarà felice quest'anno nuovo?
Venditore - Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere - Come quest'anno passato?
Venditore - Più più assai.
Passeggere - Come quello di là?
Venditore - Più più, illustrissimo.
Passeggere - Ma come qual altro? Non vi piacerebb'egli che l'anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore - Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere - Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore - Saranno vent'anni, illustrissimo.
Passeggere - A quale di cotesti vent'anni vorreste che somigliasse l'anno venturo?
Venditore - Io? non saprei.
Passeggere - Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore - No in verità, illustrissimo.
Passeggere - E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore - Cotesto si sa.
Passeggere - Non tornereste voi a vivere cotesti vent'anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore - Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere - Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore - Cotesto non vorrei.
Passeggere - Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch'ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l'appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore - Lo credo cotesto.
Passeggere - Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore - Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere - Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore - Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz'altri patti.
Passeggere - Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell'anno nuovo?
Venditore - Appunto.
Passeggere - Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore - Speriamo.
Passeggere - Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete.
Venditore - Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere - Ecco trenta soldi.
Venditore - Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.
Qué excelente hallazgo, Amarcord!
ResponderEliminar¿Sería pedir demasiado que La Leyenda del Santo Bebedor, de Joseph Roth y Ermanno Olmi, que no te dejaron reponer en MF, la repusieras con este nuevo server?
Grazie mille!
Trataré
EliminarGracias
EliminarCumplimentado.
EliminarTodo lo que pueda postearse de Ermanno Olmi será bienvenido, y más estas rarezas difíciles de encontrar. La palabra gracias se queda corta, Amarcord.
ResponderEliminarAmarcord, ante todo aprovecho para darte la enhorabuena por decidir seguir aquí... tienes cientos... yo diría que miles de seguidores... estamos aquí, bajándonos estas joyas y viendo cine que, de otro modo, no podríamos tener acceso a él. La labor que estás realizando es maravillosa.
ResponderEliminarMira, me descargo estos dos archivos pero luego no se pegan... no sé si es que dan problema... solo aparecen los primeros cuatro minutos...
logré unirlos, van bien. disculpa mi impaciencia... :D
ResponderEliminarBuen dia Amarcord, ya no funciona , arreglalo por favor
ResponderEliminarCambiados los enlaces.
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