TÍTULO ORIGINAL A ciascuno il suo
AÑO 1967
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACIÓN 99 min.
DIRECTOR Elio Petri
GUIÓN Elio Petri, Ugo Pirro (Novela: Leonardo Sciascia)
MÚSICA Luis Bacalov
FOTOGRAFÍA Luigi Kuveiller
REPARTO Gian Maria Volonté, Irene Papas, Gabriele Ferzetti, Salvo Randone, Luigi Pistilli, Laura Nucci, Mario Scaccia, Luciana Scalise, Leopoldo Trieste
PRODUCTORA Cemo Film
PREMIOS 1967: Festical de Cannes: Mejor guión (ex-aequo)
GÉNERO Drama | Crimen. Mafia
SINOPSIS Crímenes y ajustes de cuentas en torno a la mafia siciliana. (FILMAFFINITY)
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Subtítulos (Español)
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TRAMA
In un paese della Sicilia vengono uccisi due uomini: il farmacista Manno e il dottor Roscio. Le indagini della polizia concludono che gli assassini hanno agito per motivi di onore nei confronti di Manno e che Roscio è stato ucciso in quanto aveva assistito all'omicidio. Paolo Laurana, un professore di liceo, giunge invece alla conclusione che le persone incriminate sono estranee al fatto e che la vera vittima da colpire era Roscio e non Manno. Confida pertanto le sue deduzioni all'avv. Rosello, cugino della moglie di Roscio, ed a Luisa, la vedova del dottore. Laurana, coadiuvato da Luisa, prosegue nelle indagini e scopre un diario di Roscio nel quale si legge, tra l'altro, che questi voleva denunciare Rosello per alcune attività illegali. A queste rivelazioni Laurana comprende di aver confidato i suoi sospetti proprio al mandante dell'omicidio, ma non immagina che Luisa, innamorata di Rosello sin da bambina, sia complice nel delitto. Egli decide di denunciare Rosello, ma Luisa, apparentemente d'accordo con lui, lo tradisce e lo abbandona in un luogo solitario dove alcuni sicari lo raggiungono e lo uccidono. Finalmente al sicuro, Rosello e Luisa si sposano con grande fasto nella chiesa del paese.
CRITICA
"Sfruttando abilmente un particolare ambiente il regista è riuscito a creare, con questo suo lavoro, un giallo di costume suggestivo, avvincente, stringato, dal ritmo sempre sostenuto e dai personaggi ben delineati. Anche se l'intreccio risulta a volte un po' macchinoso, a scapito della comprensibilità della vicenda, il film si impone all'attenzione dei suoi notevoli valori figurativi, per l'ottima interpretazione e per l'appropriato commento musicale."
('Segnalazioni cinematografiche', vol. 63, 1968)
('Segnalazioni cinematografiche', vol. 63, 1968)
NOTE
- VALENTINO MACCHI CITATO NEI TITOLI DI TESTA, NON PARTECIPO' AL FILM.- NASTRO D'ARGENTO 1968: MIGLIOR REGIA (ELIO PETRI), MIGLIORE ATTORE PROTAGONISTA (GIAN MARIA VOLONTE') E NON PROTAGONISTA (GABRIELE FERZETTI).
fonte "RdC - Cinematografo.it"
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=6933&film=A-ciascuno-il-suo
fonte "RdC - Cinematografo.it"
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=6933&film=A-ciascuno-il-suo
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Omertà
Con questa singola parola si potrebbe descrivere l'intera trama e lo spaccato di quella Sicilia degli anni '60 in preda al boom economico (si fa per dire) e a politici, prelati e speculatori.
Petri con il suo film sociale, intinto di colore giallo, ci mostra la storia di un uomo semplice, un uomo al di fuori delle abitudini del paese dove vive perché a questo preferisce i libri, un uomo che ha il coraggio di affrontare a viso aperto, forse ingenuamente, quella Cosa innominabile e di buttare in faccia alla gente il marciume della società. Un marciume alimentato dai loro stessi silenzi e dal loro far finta di niente... ma chissà, forse "era solo un cretino!"
A ciascuno il suo è un film potente e importante, schietto, deciso e volutamente provocatorio. Impressionante il lavoro di sceneggiatura apportato da Pirro, Curtelin e lo stesso Petri, i quali ben ripropongono le atmosfere intricate e contorte dell'omonimo libro di Sciascia. Immenso poi la prova di Gian Maria Volontè con l'incredibile sfaccettatura data al personaggio di apparire represso, noioso, debole e al tempo stesso pieno di coraggio, testardo e passionale.
Bello.
http://frank-manila.blogspot.com.ar/2012/05/ciascuno-il-suo-elio-petri.html
Con questa singola parola si potrebbe descrivere l'intera trama e lo spaccato di quella Sicilia degli anni '60 in preda al boom economico (si fa per dire) e a politici, prelati e speculatori.
Petri con il suo film sociale, intinto di colore giallo, ci mostra la storia di un uomo semplice, un uomo al di fuori delle abitudini del paese dove vive perché a questo preferisce i libri, un uomo che ha il coraggio di affrontare a viso aperto, forse ingenuamente, quella Cosa innominabile e di buttare in faccia alla gente il marciume della società. Un marciume alimentato dai loro stessi silenzi e dal loro far finta di niente... ma chissà, forse "era solo un cretino!"
A ciascuno il suo è un film potente e importante, schietto, deciso e volutamente provocatorio. Impressionante il lavoro di sceneggiatura apportato da Pirro, Curtelin e lo stesso Petri, i quali ben ripropongono le atmosfere intricate e contorte dell'omonimo libro di Sciascia. Immenso poi la prova di Gian Maria Volontè con l'incredibile sfaccettatura data al personaggio di apparire represso, noioso, debole e al tempo stesso pieno di coraggio, testardo e passionale.
Bello.
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Elio Petri con La decima vittima aveva voluto darci un film fantascientifico e disimpegnato, formalmente allineato sul gusto “pop” e neofigurativo; con questo A ciascuno il suo sembra aver voluto girare un film sociale e impegnato, ispirato al più rigoroso neorealismo. La Sicilia, la mafia, il delitto d’onore, la società siciliana, l’intellettuale di sinistra... tutti questi elementi, non vi possono essere dubbi, appartengono non già ad un mondo inventato e metaforico bensì ad una realtà contemporanea e storica, come appunto avveniva ai bei tempi del neorealismo, vent’anni fa. Insomma, vedendo il film di Petri non dovrebbe esservi un solo spettatore in Italia che non senta che la vicenda lo riguarda immediatamente, come cittadino. Appunto quel cittadino al quale faceva appello il cinema neorealista nella sua continua e sincera denunzia dei mali dell’Italia. Ma poi è proprio questo l’effetto al quale mira A ciascuno il suo? Diremmo di no. Provocare il sentimento piuttosto misterioso e per niente ovvio dell’angoscia civica non pare infatti essere stato lo scopo del film. Vent’anni non sono passati invano, e il neorealismo per così dire “rivisitato” di Elio Petri è cosa molto diversa da quello originario di Rossellini, di De Sica e di Visconti. Questo era, tutto sommato, “impegnato”, quello di Petri, invece, pare partecipare della generale aura di disimpegno che ormai da alcuni anni si è diffusa nel cinema e fuori del cinema. Il disimpegno di Elio Petri non è d’altra parte quello della maniera neorealista che a partire da Due soldi di speranza subentra al neorealismo vero e proprio. Petri non è affatto manierato; si limita a servirsi della formula neorealista come di una tecnica particolare e precisa, una delle tante, come la più adatta all’argomento. In altri termini Elio Petri rinnova un poco l’operazione mandata a effetto da Rosi con Salvatore Giuliano: film bellissimo ma non impegnato nel quale la Sicilia era soprattutto un oggetto da contemplare e da rappresentare. La spia a questa nuova accezione del neorealismo la fa soprattutto il personaggio del protagonista. In un film di denunzia egli sarebbe stato caratterizzato in maniera eloquente ed esemplare. La sua condotta avrebbe avuto, sia pure con variazioni ambientali, un fine sociale esplicito e consapevole. Sarebbe stato uno sfortunato e un temerario sì, ma pur sempre la vittima di una società malsana. Ora invece questo Paolo Laurana pare agire in proprio per motivazioni psicologiche tutte sue; e piuttosto che vittima della società, sembra essere vittima di se stesso. Così, in ultima analisi, pur concedendo che il donchisciottismo del protagonista ispira simpatia e compassione, A ciascuno il suo risulta non tanto la descrizione di una società ingiusta quanto la storia un poco gialla di una fatale e oscura imprudenza. La figura di Paolo è troppo tenuta a distanza, troppo studiata da Petri per diventare esemplare di una condizione generale. Ma è anche vero che da questa attenzione di specie critica e disimpegnata derivano al film qualità di finezza e di ambiguità che il vecchio neorealismo non conosceva. L’interpretazione di Gian Maria Volonté è senz’altro ottima, in una grande varietà di espressioni che vanno dall’ingenuità alla paura. Irene Papas ha disegnato una figura di donna cupamente infida. Gabriele Ferzetti è un malvagio misurato ed efficace.
Da Al cinema, Bompiani, Milano, 1975
http://forum.tntvillage.scambioetico.org/?showtopic=165060
Da Al cinema, Bompiani, Milano, 1975
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