TITULO ORIGINAL Il caricatore
AÑO 1996
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 92 min.
DIRECCION Fabio Nunziata, Massimo Gaudioso, Eugenio Cappuccio
GUION Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso, Fabio Nunziata
REPARTO Gianluca Arcopinto, Eugenio Cappuccio, Francesco Codacci, Massimo Gaudioso, Silvia Mariotti, Vincenzo Marinese, Fabio Nunziata, Antonio Pascucci, Daniele Pascucci, Antonio Ricossa, Ondina Quadri
FOTOGRAFIA Vincenzo Marinese
MONTAJE Fabio Nunziata
MUSICA Moni Ovadia, Daniele Sepe, Maria Paris
PRODUCCION Axelotil Film
GENERO Comedia
SINOPSIS C'era una volta un cortometraggio che raccontava in sintesi le peripezie a cui deve prepararsi chiunque voglia cercare di fare cinema indipendente in Italia. Il caricatore non era quello di un'arma ma quello della cinepresa. Il corto vinse numerosi premi in giro per Festival e consentì ai suoi realizzatori di farlo "allungare". A volte in queste operazioni lo spirito iniziale si annacqua in lungaggini e digressioni. Non è stato così. (My Movies.it)
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Trama
La casa di produzione Boccia Film è in grave crisi: ha un solo caricatore di pellicola e Fabio, il titolare, vuole a tutti i costi realizzare un film. Nell'impresa coinvolge gli amici Massimo - patito di realismo - ed Eugenio, che invece adora il cinema americano. Dopo alterne vicende il terzetto finisce in una piccola stazione dei Carabinieri dove, senza volerlo, l'appuntato fornisce loro lo spunto decisivo per il film.
Critica
"Tre giovani davanti e dietro la cinepresa per un super-8 gonfiato in 35 mm. Facciamo subito il nome degli ardimentosi: Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata. Non si sa se, in futuro, resteranno uniti oppure ognuno di loro prenderà la propria strada. I 'collettivi' da noi, si sciolgono in fretta. Ma, intanto, Nunziata Gaudioso e Cappuccio hanno portato a termine un'impresa impossibile: un film eterodosso che pur frutto di tre cervelli, sei mani e tre visi ha una sua unità stilistica. E, per l'estrosità di alcune trovate e la scorrevolezza del ritmo, spicca nel panorama abbastanza incerto dell'ultimo cinema italiano. (...) Cappuccio, Gaudioso e Nunziata sono riusciti a mettere insieme 'Il caricatore'. Sembra un film venuto bene per caso. Tutto vi pare improvvisato. Tutto si direbbe frutto di sortite estemporanee, come per i graffiti metropolitani. E ai graffiti fanno pensare le immagini del film che, quasi a cogliere la precarietà delle avventure vissute dal trio, è in bianco e nero: contrastato, spuntinato, incostante e bellissimo. Ma i 'segni' incisi sulla pellicola sono, tutti, predisposti al millimetro, previsti da una sceneggiatura che, una volta tanto, può definirsi 'di ferro' ".(Francesco Bolzoni, 'Avvenire', 26 aprile 1997).
"Ennesimo caso di film che racconta come girare un film, 'Il caricatore' si affida a battute da sorriso tirato e a situazioni strampalate ma in fondo normali. I critici si sono subito dedicati a elencarne gli archetipi, prendendolo sul serio più di quanto sia giusto: perfino quando gli autori restano giudiziosamente distaccati dal loro prodotto, c'è sempre qualcuno a surrogarne a mancata enfasi. Cappuccio, Gaudioso e Nunziata volevano divertirsi, farsi un nome e aprirsi una carriera. Ci sono riusciti. Bravi. E anche se presto 'Il caricatore' si confonderà nel ricordo con altre opere d'esordio, il finale resterà in qualche memoria, con il maresciallo del carabinieri che spiega ai tre autori, appena derubati del sudato frutto del loro ingegno: "Siete giovani, i problemi della vita non sono questi..." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 30 aprile 1997).
"Cinema e vita. Cinema fai da te. Film nel film. Commedia all'italiana, stra-riveduta e corretta, eccentrica, stravolta. Sarebbe un errore di valutazione e una leggerezza imperdonabile, scambiare 'Il caricatore' per un prodotto d'intrattenimento, per un divertito gioco sul (e con il) cinema. La vicenda dei tre protagonisti, tre dropouts del mondo della celluloide, tre sognatori precari del sottobosco cinematografico romano che cercano disperatamente di girare il loro primo film e si sottopongono ad ogni sorta di umiliazione e compromessi non è solo una sgangherata serie di sketches, né una caricatura. Ma anzi un film che, via via, va impregnandosi di uno spleen più intenso, di un sotto-testo quasi cupo, di un discorso sul tempo che passa, si deteriora, si estingue. Popolato di zie, parenti e amici, intercalato dalle musiche indovinatissime di Daniele Sepe, ambientato tra una Roma off e periferica e una Foce Verde tristissima, il film ha tutte le carte in regola per diventare un piccolo cult un Clerks tutto italiano". (Fabio Bo, 'Il Messaggero', 16 aprile 1997).
"È l’evento cinematografico della stagione; com’era stato a suo tempo Io sono un autarchico di Nanni Moretti. Anche questo, un film “povero”, non solo perché realizzato con pochi mezzi ma perché nasce addirittura da un cortometraggio con titolo eguale che i suoi tre registi, anche sceneggiatori e interpreti – Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso, Fabio Nunziata –, si erano visti premiare l’altr’anno al Festiva di Locarno nella sezione dei “Pardi di domani”. Un premio che, dando nuova linfa e coraggio agli autori e al loro produttore Gianluca Arcopinto, li ha indotti ad approfondire e ad ampliare il loro racconto fino alle dimensioni odierne. [...]".(Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 10 aprile 1997)
"Din don clan, ma quanto mi sono divertito, eh? Ma quante risatine mi sono fatto, eh? Trallalli, trallallà, ma che pomeriggio fortunello che ho passato, solo so|letto a godermela mentre fuori la città infuriava di traffico e lavoracci, seduto come un pascià al Nuovo Olimpia, un cinema che per milioni, ma che dico milioni, miliardi! di romani è stato fonte battesimale della cultura, l’asilo nido della bellezza, la prima scuoletta del sapere, e che ora riapre più bello che pria, poltroncine rosse, schermo e suono perfetti, doppia saletta e doppio piacere. [...]".(Marco Lodoli, 'Diario', 1999)
Note
REVISIONE MINISTERO MARZO 1997.TRA GLI INTERPRETI DEL FILM: AMICI, ZII, CUGINI E CONOSCENTI DEGLI AUTORI.SUONO: ANTONIO RICOSSA.
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=34635&film=IL-CARICATORE
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Partendo da un minuto di girato per un cortometraggio intitolato Veronica – su un’amica che si spoglia in una piazza: ma la pellicola finisce sul più bello... – tre aspiranti registi vorrebbero fare il grande salto del lungometraggio. Divisi sulla stessa concezione di film e di storie da raccontare (il neorealismo più sfrenato? Il cinema all’americana? Lo sperimentalismo?), troveranno l’uomo della provvidenza in un produttore (proprio il produttore del film, Gianluca Arcopinto, che fa se stesso), più interessato però a ingaggiare uno dei tre per le partitelle calcistiche tra produttori e giovani di belle speranze, che al soggetto della loro sofferta opera prima.
Potrebbe sembrare un’operazione fin troppo autoreferenziale quella realizzata da Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata, all’epoca neoregisti con discrete esperienze di vario genere nei diversi campi del mondo del cinema che lasciavano sperare in un buon futuro di questo terzetto. La storia, estensione di un cortometraggio premiato in rassegne specializzate, è infatti più autobiografica che mai: tre amici vogliono fare un film; entusiasmo (iniziale) tanto, mezzi zero, idee confuse. Tranne quest’ultimo aspetto – l’opera, mai banale, racchiude alcune idee di cinema geniali: come l’intervallo tra primo e secondo tempo – è l’esatta fotografia di un film fatto con pochissimi soldi alla maniera di certi film stranieri. Ma i paragoni con Clerks – per il bianco e nero, la goliardia, l’utilizzo di attori-amici e mezzi di fortuna – o con film nel film come Si gira a Manhattan rendono solo in parte l’idea.
Abbondano i momenti esilaranti (le crisi creative, gli amici che dissuadono, lo scettico del gruppo che proclama che «il cinema è un’altra cosa...», i personaggi bislacchi, le partitelle di calcio coatte), apprezzabili soprattutto da chi condivide la stessa passione ossessiva per il cinema e magari lo stesso sogno nel cassetto. Parodia affettuosa di tanti luoghi comuni e anche delle esaltazioni di chi si muove con goffo amore per la settima arte, Il caricatore non esclude un sacrosanto seppur implicito monito: lasciate perdere finanziamenti e problemi pratici, fondamentale è il “sacro fuoco”. Se manca quello, manca tutto. È questo, forse l’aspetto più prezioso di una pellicola che, senza bandire una naturale dose di malinconia (quanta tenerezza suscita la zia che chiede al nipote di vedere un suo film prima di morire), rivendica il predominio della passione – vera, non programmatica – sulla tecnica. Senza escludere il talento, ovviamente, che non mancava al simpatico terzetto. Ma il loro successivo, più costoso La vita è una sòla, non fu all’altezza dell’esordio; e il tentativo di proseguire con regie “a sei mani” si interruppe. In seguito il solo Cappuccio ha proseguito come regista, con discreti esiti (Volevo solo dormirle addosso, Uno su due, Se sei così ti dico sì), ma Massimo Gaudioso è un apprezzato sceneggiatore (Gomorra, Benvenuti al Sud) e Fabio Nunziata un ottimo montatore (Uno su due, diretto dallo stesso Cappuccio, il doc Napoli Napoli Napoli di Abel Ferrara). Facevano già parte del mondo del cinema, ne sono diventati protagonisti.
Antonio Autieri
http://www.sentieridelcinema.it/recensione.asp?id=1530
Potrebbe sembrare un’operazione fin troppo autoreferenziale quella realizzata da Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata, all’epoca neoregisti con discrete esperienze di vario genere nei diversi campi del mondo del cinema che lasciavano sperare in un buon futuro di questo terzetto. La storia, estensione di un cortometraggio premiato in rassegne specializzate, è infatti più autobiografica che mai: tre amici vogliono fare un film; entusiasmo (iniziale) tanto, mezzi zero, idee confuse. Tranne quest’ultimo aspetto – l’opera, mai banale, racchiude alcune idee di cinema geniali: come l’intervallo tra primo e secondo tempo – è l’esatta fotografia di un film fatto con pochissimi soldi alla maniera di certi film stranieri. Ma i paragoni con Clerks – per il bianco e nero, la goliardia, l’utilizzo di attori-amici e mezzi di fortuna – o con film nel film come Si gira a Manhattan rendono solo in parte l’idea.
Abbondano i momenti esilaranti (le crisi creative, gli amici che dissuadono, lo scettico del gruppo che proclama che «il cinema è un’altra cosa...», i personaggi bislacchi, le partitelle di calcio coatte), apprezzabili soprattutto da chi condivide la stessa passione ossessiva per il cinema e magari lo stesso sogno nel cassetto. Parodia affettuosa di tanti luoghi comuni e anche delle esaltazioni di chi si muove con goffo amore per la settima arte, Il caricatore non esclude un sacrosanto seppur implicito monito: lasciate perdere finanziamenti e problemi pratici, fondamentale è il “sacro fuoco”. Se manca quello, manca tutto. È questo, forse l’aspetto più prezioso di una pellicola che, senza bandire una naturale dose di malinconia (quanta tenerezza suscita la zia che chiede al nipote di vedere un suo film prima di morire), rivendica il predominio della passione – vera, non programmatica – sulla tecnica. Senza escludere il talento, ovviamente, che non mancava al simpatico terzetto. Ma il loro successivo, più costoso La vita è una sòla, non fu all’altezza dell’esordio; e il tentativo di proseguire con regie “a sei mani” si interruppe. In seguito il solo Cappuccio ha proseguito come regista, con discreti esiti (Volevo solo dormirle addosso, Uno su due, Se sei così ti dico sì), ma Massimo Gaudioso è un apprezzato sceneggiatore (Gomorra, Benvenuti al Sud) e Fabio Nunziata un ottimo montatore (Uno su due, diretto dallo stesso Cappuccio, il doc Napoli Napoli Napoli di Abel Ferrara). Facevano già parte del mondo del cinema, ne sono diventati protagonisti.
Antonio Autieri
http://www.sentieridelcinema.it/recensione.asp?id=1530
Quante cose entrano in un caricatore di pellicola?
L'opera prima di tre giovani autori ambientata nel mondo degli aspiranti "cinematografari"
Quella di fare un film sul mondo del cinema è, probabilmente, una delle maggiori tentazioni per un regista. Il tentativo (riuscito) di fare un film su un gruppo di giovani che vogliono fare un film sul cinema si intitola "Il caricatore" e in questi giorni sta iniziando a circolare nei cinema delle maggiori città italiane.
Realizzato come se fosse un documentario, con una troupe ridotta al minimo indispensabile, è un vero e proprio lungometraggio, con una storia che funziona e diverte. Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata hanno scritto, diretto e interpretato questo film particolarissimo, che va controcorrente ed è destinato a divenire senz'altro un vero e proprio cult-movie per tutti quei giovani che sperano di realizzare il loro sogno: diventare registi o autori cinematografici.
I tre del "Caricatore" ci raccontano in prima persona come hanno fatto, disegnandosi addosso una commedia rigorosamente in bianco e nero che, grazie al particolare effetto ottenuto "gonfiando" in 35 mm la pellicola usata per le riprese, diventa al tempo stesso una testimonianza viva e coinvolgente.
Cappuccio, Gaudioso e Nunziata ci raccontano loro stessi, coinvolgendo nel loro tentativo parenti ed amici, girano nelle loro vere case, sui veri luoghi di lavoro, assieme a gente e artisti di strada sullo sfondo di una Roma assolutamente non convenzionale, con il degrado della periferia piccolo-borghese a circondare tutta la storia. Abbondano le trovate divertenti, le citazioni (da "Via col vento" a "Fantozzi") e i veri e propri lampi di genio, come il cartello di "fine primo tempo" che diventa reale grazie al carrello indietro che ci svela un cinema deserto, dove i nostri eroi stanno vedendo un altro film, pensando al loro e chiedono all'omino con la cassetta dei gelati una scatola di "bomboniere" che costa un prezzo esorbitante.
Giorno dopo giorno, assistiamo alle fasi di lavorazione del film che stiamo vedendo, perché la storia che i tre ci raccontano è andata all'incirca così come appare sullo schermo. L'impiego di un primo caricatore di pellicola per realizzare un cortometraggio da presentare a un Festival, il rocambolesco incontro con un produttore (Gianluca Arcopinto, che anche lui nel film interpreta se stesso), i momenti di esaltazione e di depressione: tutto vero, o quasi.
Una delle scene meglio riuscite del film, quella della partita di calcio che si svolge in notturna su uno spelacchiato campetto del Tiburtino, ci fa proprio pensare: fino a che punto si può arrivare, pur di realizzare le proprie speranze!
Le due squadre che si affrontano, capeggiate dal produttore Arcopinto e dal regista Procacci, sono composte da giovani alla disperata ricerca di un'occasione di lavoro: sceneggiatori, registi, tecnici. Anche l'arbitro è un attore e sullo schermo compare in sovraimpressione una scritta con il nome e il numero di telefono (non si sa mai...).
Dopo tanta sofferenza Eugenio (che ha deciso di licenziarsi dal network dove lavorava, e questo è successo anche nella realtà), Fabio e Massimo si ritirano in una casa al mare per stendere definitivamente la sceneggiatura. Ancora alti e bassi, depressione ed esaltazione: Fabio e Massimo propongono di fare morire Eugenio a un certo punto del film, ma a quest'ultimo la cosa non piace neanche un po'. Discussioni, liti, tutto sembra naufragare ma, mentre il computer che doveva servire per scrivere il film viene usato dai tre per un videogioco, arriva Arcopinto con il contratto: è riuscito a vendere il film alla Televisione e bisogna lavorare davvero. La sceneggiatura viene ultimata a tempo di record e con una velocità da comiche del cinema muto: ci avviciniamo all'imprevedibile (o forse no?) finale...
Sarà una deformazione professionale, ma Cappuccio, Nunziata e Gaudioso hanno pensato anche ai titoli di coda. Chi lavora in questo settore, al cinema o in televisione, li guarda con la stessa attenzione che riserva al film appena finito; naturale, quindi, che i nostri amici abbiano pensato bene di inserire, con tempismo perfetto, formazioni e risultato della partita di calcio!
Anche in questo caso, la speranza è che distribuzione e gestori delle sale consentano ai livornesi di vedere questa pellicola che, sicuramente, è una delle produzioni più interessanti della stagione cinematografica. Se così non fosse, mettete in conto una trasferta a Firenze o a Pisa: ne vale la pena!
Marco Sisi
http://www.reocities.com/hollywood/studio/6232/lns2.html
Realizzato come se fosse un documentario, con una troupe ridotta al minimo indispensabile, è un vero e proprio lungometraggio, con una storia che funziona e diverte. Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata hanno scritto, diretto e interpretato questo film particolarissimo, che va controcorrente ed è destinato a divenire senz'altro un vero e proprio cult-movie per tutti quei giovani che sperano di realizzare il loro sogno: diventare registi o autori cinematografici.
I tre del "Caricatore" ci raccontano in prima persona come hanno fatto, disegnandosi addosso una commedia rigorosamente in bianco e nero che, grazie al particolare effetto ottenuto "gonfiando" in 35 mm la pellicola usata per le riprese, diventa al tempo stesso una testimonianza viva e coinvolgente.
Cappuccio, Gaudioso e Nunziata ci raccontano loro stessi, coinvolgendo nel loro tentativo parenti ed amici, girano nelle loro vere case, sui veri luoghi di lavoro, assieme a gente e artisti di strada sullo sfondo di una Roma assolutamente non convenzionale, con il degrado della periferia piccolo-borghese a circondare tutta la storia. Abbondano le trovate divertenti, le citazioni (da "Via col vento" a "Fantozzi") e i veri e propri lampi di genio, come il cartello di "fine primo tempo" che diventa reale grazie al carrello indietro che ci svela un cinema deserto, dove i nostri eroi stanno vedendo un altro film, pensando al loro e chiedono all'omino con la cassetta dei gelati una scatola di "bomboniere" che costa un prezzo esorbitante.
Giorno dopo giorno, assistiamo alle fasi di lavorazione del film che stiamo vedendo, perché la storia che i tre ci raccontano è andata all'incirca così come appare sullo schermo. L'impiego di un primo caricatore di pellicola per realizzare un cortometraggio da presentare a un Festival, il rocambolesco incontro con un produttore (Gianluca Arcopinto, che anche lui nel film interpreta se stesso), i momenti di esaltazione e di depressione: tutto vero, o quasi.
Una delle scene meglio riuscite del film, quella della partita di calcio che si svolge in notturna su uno spelacchiato campetto del Tiburtino, ci fa proprio pensare: fino a che punto si può arrivare, pur di realizzare le proprie speranze!
Le due squadre che si affrontano, capeggiate dal produttore Arcopinto e dal regista Procacci, sono composte da giovani alla disperata ricerca di un'occasione di lavoro: sceneggiatori, registi, tecnici. Anche l'arbitro è un attore e sullo schermo compare in sovraimpressione una scritta con il nome e il numero di telefono (non si sa mai...).
Dopo tanta sofferenza Eugenio (che ha deciso di licenziarsi dal network dove lavorava, e questo è successo anche nella realtà), Fabio e Massimo si ritirano in una casa al mare per stendere definitivamente la sceneggiatura. Ancora alti e bassi, depressione ed esaltazione: Fabio e Massimo propongono di fare morire Eugenio a un certo punto del film, ma a quest'ultimo la cosa non piace neanche un po'. Discussioni, liti, tutto sembra naufragare ma, mentre il computer che doveva servire per scrivere il film viene usato dai tre per un videogioco, arriva Arcopinto con il contratto: è riuscito a vendere il film alla Televisione e bisogna lavorare davvero. La sceneggiatura viene ultimata a tempo di record e con una velocità da comiche del cinema muto: ci avviciniamo all'imprevedibile (o forse no?) finale...
Sarà una deformazione professionale, ma Cappuccio, Nunziata e Gaudioso hanno pensato anche ai titoli di coda. Chi lavora in questo settore, al cinema o in televisione, li guarda con la stessa attenzione che riserva al film appena finito; naturale, quindi, che i nostri amici abbiano pensato bene di inserire, con tempismo perfetto, formazioni e risultato della partita di calcio!
Anche in questo caso, la speranza è che distribuzione e gestori delle sale consentano ai livornesi di vedere questa pellicola che, sicuramente, è una delle produzioni più interessanti della stagione cinematografica. Se così non fosse, mettete in conto una trasferta a Firenze o a Pisa: ne vale la pena!
Marco Sisi
http://www.reocities.com/hollywood/studio/6232/lns2.html
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Fabio e Massimo sognano il cinema e quando gli capita in mano un caricatore di pellicola, decidono di girare un cortometraggio. I due coinvolgono l'amico Eugenio, regista di televisione (quattro milioni al mese), e girano il corto, che vince un concorso con in palio altri caricatori di pellicola. Il sogno si trasforma e dal corto vorrebbero passare ad un lungometraggio ma la strada per trovare un produttore non è facile. Incontrano allora Gianluca Arcopinto che decide di produrgli il lungometraggio, ma il problema è che ora devono anche scriverlo.
Nel 1995, Fabio Nunziata, Massimo Gaudioso ed Eugenio Cappuccio girano un cortometraggio dal titolo Il caricatore, che racconta la storia di tre amici che decidono di girare un cortometraggio con un solo caricatore di pellicola. Il cortometraggio viene presentato al Festival di Locarno, dove il produttore Gianluca Arcopinto lo nota e decide di farne un lugometraggio, trasformatosi ne "Il caricatore", una delle migliori commedie italiane degli anni '90, purtroppo rimasta sconosciuta ai più.
Girato in un bianco e nero fresco e ruvido (pellicola in 35 mm con inserti del girato originale in 16 mm) e in una Roma anti-turistica, quasi spettrale, "Il caricatore" è un film autoreferenziale ma non egocentrico, cinefilo nella maniera più pura, mai fine a sé stessa. E' un'efficace satira sul fare cinema in Italia, giocata con grande maestria sui toni del grottesco (la partita a calcio tra Arcopinto e Procacci, la passione spropositata per il cinema commerciale di Eugenio) e della commedia all'italiana (il rapporto tra i tre amici, l'incontro con i carabinieri), trovando però una via del tutto personale con una malinconia sotterranea nascosta dall'umorismo, ma che emerge chiaramente in almeno due sequenze, quella dell'incontro di Eugenio con la zia («Quand'è che fai un film?») e quella del viaggio verso il litorale romano, con una struggente Arrivederci Roma che li accompagna sulla strada.
Ma oggi, quei tre ragazzi col sogno del cinema che fine hanno fatto? Fabio Nunziata è diventato un montatore ("Il ritorno di Cagliostro", "Go go tales"), Massimo Gaudioso ha collaborato più volte con Matteo Garrone per le sceneggiature di "Gomorra", "L'imbalsamatore" e "Primo amore" (ma ha anche sceneggiato il grande successo "Benvenuti al sud"), mentre Eugenio Cappuccio fa il regista ("Volevo solo dormirle addosso"). I tre si sono riuniti nel 2006 per "Uno su due", diretto da Cappuccio, sceneggiato da Gaudioso e montato da Nunziata. Gianluca Arcopinto continua invece a fare il produttore, a giocare a calcio e a credere che in Italia un cinema diverso sia ancora possibile.
http://www.pellicolascaduta.it/wordpress/?p=2366
Nel 1995, Fabio Nunziata, Massimo Gaudioso ed Eugenio Cappuccio girano un cortometraggio dal titolo Il caricatore, che racconta la storia di tre amici che decidono di girare un cortometraggio con un solo caricatore di pellicola. Il cortometraggio viene presentato al Festival di Locarno, dove il produttore Gianluca Arcopinto lo nota e decide di farne un lugometraggio, trasformatosi ne "Il caricatore", una delle migliori commedie italiane degli anni '90, purtroppo rimasta sconosciuta ai più.
Girato in un bianco e nero fresco e ruvido (pellicola in 35 mm con inserti del girato originale in 16 mm) e in una Roma anti-turistica, quasi spettrale, "Il caricatore" è un film autoreferenziale ma non egocentrico, cinefilo nella maniera più pura, mai fine a sé stessa. E' un'efficace satira sul fare cinema in Italia, giocata con grande maestria sui toni del grottesco (la partita a calcio tra Arcopinto e Procacci, la passione spropositata per il cinema commerciale di Eugenio) e della commedia all'italiana (il rapporto tra i tre amici, l'incontro con i carabinieri), trovando però una via del tutto personale con una malinconia sotterranea nascosta dall'umorismo, ma che emerge chiaramente in almeno due sequenze, quella dell'incontro di Eugenio con la zia («Quand'è che fai un film?») e quella del viaggio verso il litorale romano, con una struggente Arrivederci Roma che li accompagna sulla strada.
Ma oggi, quei tre ragazzi col sogno del cinema che fine hanno fatto? Fabio Nunziata è diventato un montatore ("Il ritorno di Cagliostro", "Go go tales"), Massimo Gaudioso ha collaborato più volte con Matteo Garrone per le sceneggiature di "Gomorra", "L'imbalsamatore" e "Primo amore" (ma ha anche sceneggiato il grande successo "Benvenuti al sud"), mentre Eugenio Cappuccio fa il regista ("Volevo solo dormirle addosso"). I tre si sono riuniti nel 2006 per "Uno su due", diretto da Cappuccio, sceneggiato da Gaudioso e montato da Nunziata. Gianluca Arcopinto continua invece a fare il produttore, a giocare a calcio e a credere che in Italia un cinema diverso sia ancora possibile.
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