TITULO ORIGINAL Penne nere
AÑO 1952
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 95 min.
DIRECCION Oreste Biancoli
GUION Oreste Biancoli, Alberto Albani Barbieri, Giuseppe Berto, Paola Ojetti, Giuseppe Driussi
REPARTO Vera Carmi, Guido Celano, Giuseppe Chiarandini, Cipriano Colle, Camillo Pilotto, Enzo Staiola, Ljuba Soukhandowa, Ines Taddio, Hélène Vallier, Marina Vlady, Marcello Mastroianni
FOTOGRAFIA Fernando Risi
MUSICA Francesco Mander
PRODUCCION: Mander Film - Sirio Film
GENERO Bélico
AÑO 1952
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 95 min.
DIRECCION Oreste Biancoli
GUION Oreste Biancoli, Alberto Albani Barbieri, Giuseppe Berto, Paola Ojetti, Giuseppe Driussi
REPARTO Vera Carmi, Guido Celano, Giuseppe Chiarandini, Cipriano Colle, Camillo Pilotto, Enzo Staiola, Ljuba Soukhandowa, Ines Taddio, Hélène Vallier, Marina Vlady, Marcello Mastroianni
FOTOGRAFIA Fernando Risi
MUSICA Francesco Mander
PRODUCCION: Mander Film - Sirio Film
GENERO Bélico
SINOPSIS In Carnia fiorisce l'amore tra Pieri e Gemma. Scoppia la 2ª guerra mondiale, Pieri e suo fratello sono reclutati, l'8 settembre 1943 li coglie in Albania. Tornano a baita, s'oppongono ai tedeschi. Nozze. Mastroianni interpretò nel '52 ben 7 film. Penne nere è tra i più dimenticabili. Ma vederlo col cappello alpino e la sua faccia di bravo ragazzo, capace di eroismi, fa una certa impressione. Giuseppe Berto tra gli sceneggiatori. (Il Morandini)
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TRAMA:
Nel borgo alpestre di Stella, a ridosso di una grande diga, sul confine carnico, fiorisce, alternando tenerezze e contrasti, l'idillio di Pieri e della giovanissima Gemma. La seconda guerra mondiale priva il paese degli uomini, che vengono richiamati alle armi: viene l'ora del richiamo anche per Pieri e per il di lui fratello Olinto, che deve lasciare la moglie e il figlioletto. Un bombardamento uccide il padre di Gemma: i genitori di Pieri accolgono nella loro casa la fanciulla, rimasta sola al mondo. Pieri ed Olinto sono sorpresi dall'armistizio in Albania: decisi a non arrendersi, a rientrare in Patria, intraprendono con un manipolo d'audaci una lunga marcia attraverso la Iugoslavia. Dopo molti stenti, il gruppo, assottigliato per la morte d'alcuni compagni, tra i quali Olinto, raggiunge infine l'agognata meta. Abbracciati i genitori e Gemma, Pieri si rifugia con i superstiti d'Albania e con nuovi compagni, sul Guia, dove attendono l'ora della riscossa e della liberazione. Quando i tedeschi in fuga decidono di far saltare la diga, che sovrasta il paese, Pieri e i suoi, con un audacissimo attacco, riescono ad impedirlo. Gemma è ferita gravemente da un cosacco: un matrimonio in extremis verrà a suggellare l'amore, che la unisce a Pieri. Contro ogni previsione, Gemma sopravvive miracolosamente: un lieto e pacifico avvenire sorride ormai agli sposi.
CRITICA:
"(...) diretto con commosso slancio da Oreste Biancoli (...) riposa su motivi paesani e su capitoli patriottici, non trascurando dall'altra parte il settore sentimentale (...)". (Vice, "Il Lavoro Nuovo", del 8/5/1953).
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=25120&film=PENNE-NERE
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Carlo Gaberscek su PENNE NERE (Oreste Biancoli, IT 1952)
Penne nere: Mastroianni alpino della Carnia
Penne nere (1952) è il primo film di fiction girato in Friuli. A soli sette anni dalla fine della guerra viene fatta rivivere sullo schermo la particolare situazione che questa parte d’Italia aveva vissuto: l’occupazione della Carnia da parte dei cosacchi tra l’autunno del 1944 e i primi di maggio del 1945. La realizzazione di Penne nere, girato in Carnia, diretto da Oreste Biancoli e interpretato da Marcello Mastroianni, Marina Vlady, Camillo Pilotto, Enzo Stajola, rappresenta la prima “trasferta” di Cinecittà in Friuli. Nei mesi di luglio e agosto del 1952 i quotidiani locali seguono con interesse la lavorazione del film, a cui partecipano molti friulani, non solo in qualità di comparse, ma anche in ruoli più importanti. A Chino Ermacora va riconosciuto il merito di aver suggerito alla produzione il paese di Sauris come set per il film, che racconta la vicenda di un gruppo di giovani di un piccolo paese carnico che, richiamati alle armi nel corpo degli alpini nel 1940, sorpresi dall’8 settembre in Albania, riescono fortunosamente a ritornare al loro paese, che trovano però occupato da tedeschi e cosacchi. Rifugiatisi sui monti, negli ultimi giorni di guerra, quando i tedeschi, prima di ritirarsi, decidono di far saltare la diga che sovrasta il paese, gli alpini riescono a sventare il piano del nemico.
Pur assumendo un ruolo centrale nella fiction cinematografica, in realtà la diga di La Maina o del Lumiei non era stata ancora completamente realizzata nel periodo della guerra. Costruita in sette anni di lavoro (1941-1947) per conto della Società Adriatica di Elettricità di Venezia, su progetto dell’ingegner Uberto Capra, alta 136 metri e considerata una delle più eleganti dighe ad arco, fu inaugurata il 19 giugno 1949. Oltre alla diga, la fotografia in bianco e nero di Fernando Risi valorizza in maniera eccellente l’architettura di Sauris di Sotto: le case in legno costruite con la tecnica a blockau, con ballatoi, balaustre, stanghe per l’essicazione del fieno, timpani con croce traforata, tetti ricoperti di scandole e comignoli di legno a tronco di piramide; le alte case ottocentesche in pietra; le viuzze strette, tortuose, acciottolate; i fienili. Tutti elementi che si inseriscono perfettamente nell’ambiente e diventano paesaggio. Sono riprese cinematografiche che hanno uno straordinario valore di documentazione di un autentico stile saurano, di tipologie ed aspetti architettonici che hanno subito modificazioni negli ultimi decenni.
Tra gli edifici più riconoscibili: il Palatc; la chiesa di S.Osvaldo su un piccolo rilievo; casa Petris e, a pochi metri di distanza, la casa rustica scelta come set per rappresentare l’abitazione della famiglia del protagonista. Come interessante particolare documentario della vita di sessant’anni fa a Sauris, in una scena si vede anche una teleferica in attività sopra i tetti delle case del paese. La fotografia sa cogliere la morfologia “dolce” del paesaggio circostante, con i prati e i boschi alle pendici del Pieltinis, gli stavoli, i crocifissi lignei con il tettuccio a capanna, e, verso sud, il monte Bivera e altre cime dolomitiche.
Ma del paesaggio di Sauris vengono anche colti aspetti drammatici e orridi, come le cavità naturali a strapiombo sulle forre del Lumiei per rappresentare una delle tappe della lunga marcia degli alpini in territorio balcanico per raggiungere la patria. Una parte di Penne nere è girata anche nel territorio del Comune di Villa Santina. La scena della partenza dei giovani per la guerra è filmata nella stazione di Villa Santina, il capolinea della ferrovia carnica, inaugurata nel 1910, gestita dalla Società Veneta Ferrovie e in attività fino all’inizio degli anni ’60. Altre scene sono realizzate sulle ripide e nude pareti del monte Cretis e nelle alture circostanti. In tutte le scene girate nel territorio di Villa Santina domina la sagoma piramidale, isolata e poderosa, del monte Amariana che contrassegna fortemente il paesaggio di questa parte della Carnia. Lo spettatore può domandarsi in che parte della Carnia si trovino quelle montagne innevate che rappresentano le montagne della Jugoslavia attraversate dagli alpini. Non si tratta di una location nostrana, ma di riprese effettuate sull’Appennino per esigenze organizzative, come nel caso della scena del fiume, in cui finge di scivolare la giovanissima Gemma (Marina Vlady) per attirare l’attenzione di Pieri (Marcello Mastroianni), girata nei pressi di Roma.
A parte tali eccezioni, Penne nere è un film realistico sul piano geografico-ambientale, ma pure su quello storico; infatti, come ha scritto Mario Toller, anche a Sauris arrivarono i cosacchi o “russi”, come venivano chiamati, e quella magnifica conca alpina, fino ad allora oasi di pace, fu teatro di scontri tra tedeschi e partigiani. Va anche segnalata la scena, in realtà realizzata in maniera rapida e piuttosto confusa, di uno scontro a fuoco tra gli alpini e alcuni partigiani che, dall’abbigliamento, paiono jugoslavi (siamo nella valle del Tagliamento): è solo un accenno, peraltro passato sempre inosservato, ad un altro aspetto della complessa storia di questo confine orientale. Evidentemente la sceneggiatura di Penne nere non voleva mettere troppa carne sul fuoco, dato che già il piano “Kosakenland in Nord Italien” era un fatto storico sconosciuto al pubblico italiano; ma l’inserimento di quella scena è un dato interessante in relazione al periodo storico. Siamo nel 1952, in piena guerra fredda e in difficili rapporti con la Jugoslavia. Altre pellicole dell’epoca contengono elementi analoghi, come per esempio Ritratto di un paese, un documentario su Maniago del 1949.
Articolo pubblicato sul Messaggero Veneto del 17.3.2010 il giorno prima della proiezione del film al Cinema Teatro Sociale di Gemona.
http://www.cinetecadelfriuli.org/cdf/home/spazio_Gaberscek/Penne_nere.html
Pur assumendo un ruolo centrale nella fiction cinematografica, in realtà la diga di La Maina o del Lumiei non era stata ancora completamente realizzata nel periodo della guerra. Costruita in sette anni di lavoro (1941-1947) per conto della Società Adriatica di Elettricità di Venezia, su progetto dell’ingegner Uberto Capra, alta 136 metri e considerata una delle più eleganti dighe ad arco, fu inaugurata il 19 giugno 1949. Oltre alla diga, la fotografia in bianco e nero di Fernando Risi valorizza in maniera eccellente l’architettura di Sauris di Sotto: le case in legno costruite con la tecnica a blockau, con ballatoi, balaustre, stanghe per l’essicazione del fieno, timpani con croce traforata, tetti ricoperti di scandole e comignoli di legno a tronco di piramide; le alte case ottocentesche in pietra; le viuzze strette, tortuose, acciottolate; i fienili. Tutti elementi che si inseriscono perfettamente nell’ambiente e diventano paesaggio. Sono riprese cinematografiche che hanno uno straordinario valore di documentazione di un autentico stile saurano, di tipologie ed aspetti architettonici che hanno subito modificazioni negli ultimi decenni.
Tra gli edifici più riconoscibili: il Palatc; la chiesa di S.Osvaldo su un piccolo rilievo; casa Petris e, a pochi metri di distanza, la casa rustica scelta come set per rappresentare l’abitazione della famiglia del protagonista. Come interessante particolare documentario della vita di sessant’anni fa a Sauris, in una scena si vede anche una teleferica in attività sopra i tetti delle case del paese. La fotografia sa cogliere la morfologia “dolce” del paesaggio circostante, con i prati e i boschi alle pendici del Pieltinis, gli stavoli, i crocifissi lignei con il tettuccio a capanna, e, verso sud, il monte Bivera e altre cime dolomitiche.
Ma del paesaggio di Sauris vengono anche colti aspetti drammatici e orridi, come le cavità naturali a strapiombo sulle forre del Lumiei per rappresentare una delle tappe della lunga marcia degli alpini in territorio balcanico per raggiungere la patria. Una parte di Penne nere è girata anche nel territorio del Comune di Villa Santina. La scena della partenza dei giovani per la guerra è filmata nella stazione di Villa Santina, il capolinea della ferrovia carnica, inaugurata nel 1910, gestita dalla Società Veneta Ferrovie e in attività fino all’inizio degli anni ’60. Altre scene sono realizzate sulle ripide e nude pareti del monte Cretis e nelle alture circostanti. In tutte le scene girate nel territorio di Villa Santina domina la sagoma piramidale, isolata e poderosa, del monte Amariana che contrassegna fortemente il paesaggio di questa parte della Carnia. Lo spettatore può domandarsi in che parte della Carnia si trovino quelle montagne innevate che rappresentano le montagne della Jugoslavia attraversate dagli alpini. Non si tratta di una location nostrana, ma di riprese effettuate sull’Appennino per esigenze organizzative, come nel caso della scena del fiume, in cui finge di scivolare la giovanissima Gemma (Marina Vlady) per attirare l’attenzione di Pieri (Marcello Mastroianni), girata nei pressi di Roma.
A parte tali eccezioni, Penne nere è un film realistico sul piano geografico-ambientale, ma pure su quello storico; infatti, come ha scritto Mario Toller, anche a Sauris arrivarono i cosacchi o “russi”, come venivano chiamati, e quella magnifica conca alpina, fino ad allora oasi di pace, fu teatro di scontri tra tedeschi e partigiani. Va anche segnalata la scena, in realtà realizzata in maniera rapida e piuttosto confusa, di uno scontro a fuoco tra gli alpini e alcuni partigiani che, dall’abbigliamento, paiono jugoslavi (siamo nella valle del Tagliamento): è solo un accenno, peraltro passato sempre inosservato, ad un altro aspetto della complessa storia di questo confine orientale. Evidentemente la sceneggiatura di Penne nere non voleva mettere troppa carne sul fuoco, dato che già il piano “Kosakenland in Nord Italien” era un fatto storico sconosciuto al pubblico italiano; ma l’inserimento di quella scena è un dato interessante in relazione al periodo storico. Siamo nel 1952, in piena guerra fredda e in difficili rapporti con la Jugoslavia. Altre pellicole dell’epoca contengono elementi analoghi, come per esempio Ritratto di un paese, un documentario su Maniago del 1949.
Articolo pubblicato sul Messaggero Veneto del 17.3.2010 il giorno prima della proiezione del film al Cinema Teatro Sociale di Gemona.
http://www.cinetecadelfriuli.org/cdf/home/spazio_Gaberscek/Penne_nere.html
Muchas gracias.
ResponderEliminarsamuel