TITULO ORIGINAL Il mnemonista
AÑO 2000
IDIOMA Italiano
SUBTITULO No
DURACION 90 min.
DIRECCION Paolo Rosa
GUION Paolo Rosa, Lara Fremder, Giuliano Corti
REPARTO Sandro Lombardi, Roberto Herlitzka, Sonia Bergamasco, Pietro Lombardi, Cristina Proserpio, Sergio Bini
FOTOGRAFIA Fabio Cirifino
MONTAJE Jacopo Quadri
MUSICA Luca Francesconi
PRODUCCION Daniele Maggioni y Gianfilippo Pedote para Studio Azzurro
GENERO Psicològico
SINOPSIS E la storia di S., primo violino di un'orchestra dotato di una memoria prodigiosa. Poiché tale dote è ossessiva e gli impedisce di lavorare, S. decide di andare in analisi. Ma non serve a nulla. Pensa così di diventare "il mnemonista" e di esibirsi nelle piazze. Ma si sente esplodere. E cercherà in tutti i modi di annullare tutto ciò che lo circonda e che la sua mente non esita a "fotografare". Film di grande effetto, tratto da una storia vera. (My Movies)
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TRAMA
Primo violino in una importante orchestra di una grande città, S. è dotato di una memoria straordinaria che lo porta a ricordare ogni minimo dettaglio di ciò che cade sotto la sua attenzione. Decide di rivolgersi ad uno psicologo di fama internazionale quando non riesce più a leggere gli spartiti perché le note vi esplodono in mobilissimi e colorati punti. Confuso dalla crescente consapevolezza della sua eccentricità, S. abbandona l'analisi e la musica e decide di diventare un 'fenomeno' nella vita reale diventando un 'Mnemonista', figura caratteristica degli spettacoli popolari d'epoca, che si esibisce come attrazione nei teatri e nei cabaret.TRAMA LUNGAUn uomo, di nome S, musicista, parla rivolto alla m.d.p. e dice di non riuscire più a suonare: la forza incredibile della sua memoria gli impedisce di dedicarsi agli strumenti musicali, ogni segnale con cui entra in contatto diventa immagine che si deposita dentro la mente, creando un affollamento insopportabile di ricordi. Un illustre psicologo, L, lo segue e cerca di studiare i sintomi di quella patologia. S, ricorda la casa dove è nato, poi i momenti in cui con l'immaginazione riesce a farsi diventare la mano fredda o calda. Non riuscendo a concentrarsi sulla musica, S. fa vari lavori in giro, poi viene scritturato per fare spettacoli imperniati sulla memoria. Ma anche il contatto con il palcoscenico non serve a migliorare la situazione. S. conclude, dicendo: "Sono arrivato ad un punto di saturazione. Devo pulirmi la testa, bruciare i quaderni pieni di cose inutili. Cancellare ciò che non serve".
CRITICA
"Senza indugiare nella ricostruzione naturalistica della storia di Z., 'Il Mnemonista' di Rosa, firmato per la fotografia da Fabio Cirifino e per il complesso montaggio delle attrazioni da Jacopo Quadri, si addentra, come in una lunga soggettiva, nell'universo di ricordi e percezioni alterate, a tre passi dal delirio, del protagonista". (Nico Garrone, 'la Repubblica', 23 agosto 2000)
"Curioso e singolare esperimento, questo di Paolo Rosa, che combina la fiction con il saggio, il racconto con la ricerca scientifica, passando attraverso temi cari alla fantascienza e alla letteratura di anticipazione. D'altra parte, se si pensa ai multiformi interessi di Paolo Rosa si comprende anche perché nel 'Mnemonista' confluiscano tali e tante componenti. Amalgamate in uno stile che combina la sperimentazione di tipo teatrale con la ricerca tipica del settore delle arti visive. (Enzo Natta, 'Famiglia Cristiana', settembre 2000)
NOTE
REGIA E RIPRESE DI "MNEMO DIARIO": GIUSEPPE BARESI.
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=44854&film=IL-MNEMONISTA
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=44854&film=IL-MNEMONISTA
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Ne Il mnemonista non accade praticamente nulla in ossequio a una struttura da teatro da camera in cui è la tessitura sottile dei dialoghi e dei pensieri a creare il supporto drammaturgico. Nell’apnea del non-spazio/tempo, un uomo si confessa con il suo medico, gli confessa un’incredibile facoltà mnemonica che diviene registrazione maniacale e perfetta di ogni dettaglio, ogni gesto, ogni iperbole della mente, del suono, del tatto, dell’occhio. L’uomo chiede aiuto, ma è anche un muro roccioso ritto contro il positivismo della scienza che pretende di comprendere tutto e tutto risolvere. Nelle brecce della confessione prendono vita fantasmi, emozioni, amori, sconfitte. Ma alla fine resta sospeso un mistero che il mnemonista porta con sé, inscalfibile e indelebile, proprio come la sua memoria. (...) In un’altra società cinematografica, Il mnemonista avrebbe avuto una nicchia di assoluto privilegio, sarebbe inseguito dagli spettatori colti, creerebbe evento culturale e sarebbe inseguito dai festival stranieri. Nella congiuntura attuale del nostro cinema rischia invece di passare quasi inosservato e di essere preso, dagli “altri” come un Greenaway imperfetto, come una grottesca parodia seriosa del Mister Memory creato da Hitchcock nel suo secondo periodo inglese (vedi I 39 scalini). Non che il film sia esente da critiche ragionate: il paradosso dell’assunto prende talvolta la mano, la ricercata teatralità degli interpreti (soprattutto Roberto Herlitzka) non si armonizza sempre con l’elegante avanguardia del gesto filmico, la linea narrativa risulta a volte troppo interrotta e forse perfino inconcludente verso il finale.
Se però si possono dire queste cose – a rischio di smentita da un autore che è tra i migliori critici della sua stessa opera – è perché si sta di fronte a un segno alto della nostra cultura, alla prima, autentica riflessione sulla memoria per un tempo e una società che ne vanno facendo, con lucida volontà suicida, il valore più disatteso, cancellato, dimenticato.
Giorgio Gosetti, Cinema zip 20/9/2000
Il lavoro compiuto in quasi vent’anni di attività da Studio Azzurro (fondato a Milano nel 1982), rappresenta uno dei percorsi più affascinanti e riconosciuti nel campo della ricerca audiovisiva. Una bella mostra tenutasi al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1999, che riuniva per la prima volta tutte le installazioni interattive dello Studio insieme a disegni e progetti, testimoniava il frutto di una sperimentazione mai compiaciuta ma sempre proiettata verso nuovi traguardi espressivi, che tengono conto della mutazione dei mezzi e delle loro possibilità (dal 1995, con l’entrata nello Studio di Stefano Roveda, la ricerca del gruppo si e orientata decisamente verso l’interattività). La natura del loro lavoro ha portato Fabio Cirifino (fotografia), Paolo Rosa (arti visive e cinema), Leonardo Sangiorgi (grafica e animazione) e Stefano Roveda ad operare soprattutto in ambito espositivo, con videoinstallazioni e mostre. Frequenti anche le collusioni con il teatro (memorabili le collaborazioni con Giorgio Barberio Corsetti); più sporadiche quelle con il cinema, legate soprattutto all’attività parallela di filmmaker di Paolo Rosa. Il mnemonista, diretto da quest’ultimo e prodotto da Studio Azzurro con l’apporto creativo di tutti i suoi componenti, rappresenta dunque un piccolo avvenimento per tutti coloro che seguono ed ammirano il lavoro degli artisti milanesi.
Alla base del film un libro, o meglio un trattato, Un piccolo libro una grande memoria del neuropsicologo Aleksandr R. Lurija, pubblicato nel 1972. (...)
La vicenda raccontata, realmente accaduta, e quella di un uomo dalle capacita mnemoniche eccezionali, riconducibili a complessi processi mentali che accostano parole ad immagini, poi scolpite per sempre nella memoria. Tormentato dalla quantità imponente di informazioni visive in suo possesso, il protagonista S. vorrebbe liberarsene e a tal scopo si sottopone all’analisi di L., un luminare della psichiatria. Gli incontri tra i due sono tra i momenti più felici del film, grazie anche alla bravura dei due interpreti, Sandro Lombardi (nome tutelare della sperimentazione teatrale italiana) nel ruolo di S. e Roberto Herlitzka nel ruolo dello psichiatra.
Scartando ovviamente la possibilità di una narrazione tradizionale, visto il tema trattato, Paolo Rosa ricostruisce l’originale vicenda di S. con sequenze disomogenee, inseguendo la possibilità di rappresentare per immagini la fenomenologia mentale del protagonista. Ne risulta un film ostico ma affascinante, sicuramente adatto ad un pubblico disposto a farsi parte attiva della visione, fortemente cinematografico a dispetto di tutte le contaminazioni che propone, poiché perfettamente integrate nel tessuto visivo. Un film, Il mnemonista, che esalta la libertà del cinema, forzandone le barriere espressive in cui e sempre più costretto e concedendosi il gusto (o il lusso, se si vuole) della ricerca, sempre più rara nella produzione italiana attuale.
Alberto M. Castagna, KWcinema
http://www.municipio.re.it/manifestazioni/ufficio_cinema/Archivio_schede/schede_tutte/Mnemonista.htm
Se però si possono dire queste cose – a rischio di smentita da un autore che è tra i migliori critici della sua stessa opera – è perché si sta di fronte a un segno alto della nostra cultura, alla prima, autentica riflessione sulla memoria per un tempo e una società che ne vanno facendo, con lucida volontà suicida, il valore più disatteso, cancellato, dimenticato.
Giorgio Gosetti, Cinema zip 20/9/2000
Il lavoro compiuto in quasi vent’anni di attività da Studio Azzurro (fondato a Milano nel 1982), rappresenta uno dei percorsi più affascinanti e riconosciuti nel campo della ricerca audiovisiva. Una bella mostra tenutasi al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1999, che riuniva per la prima volta tutte le installazioni interattive dello Studio insieme a disegni e progetti, testimoniava il frutto di una sperimentazione mai compiaciuta ma sempre proiettata verso nuovi traguardi espressivi, che tengono conto della mutazione dei mezzi e delle loro possibilità (dal 1995, con l’entrata nello Studio di Stefano Roveda, la ricerca del gruppo si e orientata decisamente verso l’interattività). La natura del loro lavoro ha portato Fabio Cirifino (fotografia), Paolo Rosa (arti visive e cinema), Leonardo Sangiorgi (grafica e animazione) e Stefano Roveda ad operare soprattutto in ambito espositivo, con videoinstallazioni e mostre. Frequenti anche le collusioni con il teatro (memorabili le collaborazioni con Giorgio Barberio Corsetti); più sporadiche quelle con il cinema, legate soprattutto all’attività parallela di filmmaker di Paolo Rosa. Il mnemonista, diretto da quest’ultimo e prodotto da Studio Azzurro con l’apporto creativo di tutti i suoi componenti, rappresenta dunque un piccolo avvenimento per tutti coloro che seguono ed ammirano il lavoro degli artisti milanesi.
Alla base del film un libro, o meglio un trattato, Un piccolo libro una grande memoria del neuropsicologo Aleksandr R. Lurija, pubblicato nel 1972. (...)
La vicenda raccontata, realmente accaduta, e quella di un uomo dalle capacita mnemoniche eccezionali, riconducibili a complessi processi mentali che accostano parole ad immagini, poi scolpite per sempre nella memoria. Tormentato dalla quantità imponente di informazioni visive in suo possesso, il protagonista S. vorrebbe liberarsene e a tal scopo si sottopone all’analisi di L., un luminare della psichiatria. Gli incontri tra i due sono tra i momenti più felici del film, grazie anche alla bravura dei due interpreti, Sandro Lombardi (nome tutelare della sperimentazione teatrale italiana) nel ruolo di S. e Roberto Herlitzka nel ruolo dello psichiatra.
Scartando ovviamente la possibilità di una narrazione tradizionale, visto il tema trattato, Paolo Rosa ricostruisce l’originale vicenda di S. con sequenze disomogenee, inseguendo la possibilità di rappresentare per immagini la fenomenologia mentale del protagonista. Ne risulta un film ostico ma affascinante, sicuramente adatto ad un pubblico disposto a farsi parte attiva della visione, fortemente cinematografico a dispetto di tutte le contaminazioni che propone, poiché perfettamente integrate nel tessuto visivo. Un film, Il mnemonista, che esalta la libertà del cinema, forzandone le barriere espressive in cui e sempre più costretto e concedendosi il gusto (o il lusso, se si vuole) della ricerca, sempre più rara nella produzione italiana attuale.
Alberto M. Castagna, KWcinema
http://www.municipio.re.it/manifestazioni/ufficio_cinema/Archivio_schede/schede_tutte/Mnemonista.htm
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"Come faceva a vivere con quella mente così affollata, senza un angolo vuoto, in quelle strade piene di ricordi. Qualche volta, visitando le caverne incalcolabili della memoria rischiò di perdersi negli antri della follia."
Aleksandr R. Lurija
Aleksandr R. Lurija
Inizia con questa citazione il film che avrei voluto vedere nel 1992-93, periodo in cui più volte ho letto "Un piccolo libro una grande memoria", piccolo effettivamente quanto denso, di Lurija al quale il film s'ispira. Ne ho saputo dell'esistenza ieri, nel 2000 ero distratto. Certo non ha ricevuto grande eco, prova anche che non si trova nel web il jpeg di una locandina di belle dimensioni...
L'argomento è chiaro: la storia di un mnemonista. Una persona che ricorda tutto in modo totale quanto involontario. Non è una storia spettacolare, di quelle che si fa "oohhhh" per lo stupore dei prodigi dei quali S. (è anonimo anche nel libro) è capace. E' una storia di non facilmente comprensibile sofferenza umana. Tutti chi più chi meno, io sempre!, ci lamentiamo della nostra memoria, che ha sempre la falla giusta al momento giusto. Questo può far nascere persino invidia verso un uomo con tali proprietà. Invece siamo di fronte ad un dramma.
S. non è in grado di vivere nessuna esperienza senza che tutti i suoi sensi vengano coinvolti. Per esperienza dobbiamo scendere ad un livello molto basso: è sufficiente per lui sentire una parola ed il suo cervello parte in una serie di collegamenti pressoché infinita. Più passa il tempo, gli anni, più i collegamenti aumentano. Non ha la facoltà di dimenticare: un fatto anche banalissimo avvenuto anni e anni addietro nella sua mente è sempre vivo. Ricorda persino il momento della nascita, quando è stato espulso dal ventre di sua madre.
Quella di S. è una Memoria Sinestetica, una fortuna di cui molti sono dotati in forma tollerabile. In S. raggiunge l'apogeo ed è patologica. Nulla delle sue percezioni è esente dall'attivazione sinestetica. Ogni singola parola ha un odore, peso, sapore, colore, immagine. Una formula diventa un racconto.
Le sue sofferenze cominciano a rendergli la vita invivibile, al punto da chiedere aiuto psichiatrico, quando non riesce più ad esercitare la sua professione di musicista. Una nota, il Re-diesis, gli attiva delle immagini insopportabili di colori che lo bloccano. Dovrà smettere di suonare...
Il resto della storia, incredibile e vera, ve la lascio godere.
Il film è molto bello, fatto con stile sobrio e rigoroso ma con attenzione a tenere il fulcro sempre su S., spesso in primo piano. Ci mostra la sua mente più che la realtà che lo circonda, quindi la Sua realtà, che era Diversa. La sua sarà anche una vita particolarmente avventurosa, la sua memoria gli permetterà di eccellere in molte cose anche se non potrà più suonare. Il finale è estremamente catartico.
Quello che il film non dice, se non indirettamente, è quanto sia stato un grandissimo uomo Lurija, conosciuto quasi esclusivamente da professionisti del settore. Consiglio lettura della pagina wiki linkata all'inizio sul suo nome. Io l'ho conosciuto con questa sequenza: guardando il film Risvegli, scoprendo che era tratto da omonimo libro di Oliver Sacks, che Sacks aveva scritto altri splendidi libri tra cui il famosissimo "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello" che subito ho letto, che Sacks pioniere in patria del metodo clinico in neuropsichiatria era amico, e da esso ispirato, di un neuropsichiatra russo che stava portando un nuovo approccio alla materia, fino ad allora legata al riduzionismo, alla chimica del cervello, e non alla "architettura" delle sue funzioni. Quel grande scienzato russo era proprio Lurija. Allora cosa fai? Compri il libro, consigliato dallo stesso Sacks, e scopri che è facilissimo da leggere, coinvolgente, illuminante! E poi? Cos'altro ha scritto Lurija? Tanto, ma soprattutto un altro caso clinico, diametralmente opposto: la storia di un uomo che per una lobotomia non era in grado di ricordare nulla. Ogni giorno doveva ricominciare ad imparare. Spero faranno un film anche su questo, o magari l'hanno già fatto e non lo so.
Ho letto solo questi 2 libri di Lurija, 2 piccole bibbie che con le loro situazioni estreme ogni tanto devo riprendere in mano per mantenere a cielo aperto il mio di cervello. Il secondo si intitola "Un mondo perduto e ritrovato" ed è una storia d'epica gladiatoria: si lotta col cervello.
L'argomento è chiaro: la storia di un mnemonista. Una persona che ricorda tutto in modo totale quanto involontario. Non è una storia spettacolare, di quelle che si fa "oohhhh" per lo stupore dei prodigi dei quali S. (è anonimo anche nel libro) è capace. E' una storia di non facilmente comprensibile sofferenza umana. Tutti chi più chi meno, io sempre!, ci lamentiamo della nostra memoria, che ha sempre la falla giusta al momento giusto. Questo può far nascere persino invidia verso un uomo con tali proprietà. Invece siamo di fronte ad un dramma.
S. non è in grado di vivere nessuna esperienza senza che tutti i suoi sensi vengano coinvolti. Per esperienza dobbiamo scendere ad un livello molto basso: è sufficiente per lui sentire una parola ed il suo cervello parte in una serie di collegamenti pressoché infinita. Più passa il tempo, gli anni, più i collegamenti aumentano. Non ha la facoltà di dimenticare: un fatto anche banalissimo avvenuto anni e anni addietro nella sua mente è sempre vivo. Ricorda persino il momento della nascita, quando è stato espulso dal ventre di sua madre.
Quella di S. è una Memoria Sinestetica, una fortuna di cui molti sono dotati in forma tollerabile. In S. raggiunge l'apogeo ed è patologica. Nulla delle sue percezioni è esente dall'attivazione sinestetica. Ogni singola parola ha un odore, peso, sapore, colore, immagine. Una formula diventa un racconto.
Le sue sofferenze cominciano a rendergli la vita invivibile, al punto da chiedere aiuto psichiatrico, quando non riesce più ad esercitare la sua professione di musicista. Una nota, il Re-diesis, gli attiva delle immagini insopportabili di colori che lo bloccano. Dovrà smettere di suonare...
Il resto della storia, incredibile e vera, ve la lascio godere.
Il film è molto bello, fatto con stile sobrio e rigoroso ma con attenzione a tenere il fulcro sempre su S., spesso in primo piano. Ci mostra la sua mente più che la realtà che lo circonda, quindi la Sua realtà, che era Diversa. La sua sarà anche una vita particolarmente avventurosa, la sua memoria gli permetterà di eccellere in molte cose anche se non potrà più suonare. Il finale è estremamente catartico.
Quello che il film non dice, se non indirettamente, è quanto sia stato un grandissimo uomo Lurija, conosciuto quasi esclusivamente da professionisti del settore. Consiglio lettura della pagina wiki linkata all'inizio sul suo nome. Io l'ho conosciuto con questa sequenza: guardando il film Risvegli, scoprendo che era tratto da omonimo libro di Oliver Sacks, che Sacks aveva scritto altri splendidi libri tra cui il famosissimo "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello" che subito ho letto, che Sacks pioniere in patria del metodo clinico in neuropsichiatria era amico, e da esso ispirato, di un neuropsichiatra russo che stava portando un nuovo approccio alla materia, fino ad allora legata al riduzionismo, alla chimica del cervello, e non alla "architettura" delle sue funzioni. Quel grande scienzato russo era proprio Lurija. Allora cosa fai? Compri il libro, consigliato dallo stesso Sacks, e scopri che è facilissimo da leggere, coinvolgente, illuminante! E poi? Cos'altro ha scritto Lurija? Tanto, ma soprattutto un altro caso clinico, diametralmente opposto: la storia di un uomo che per una lobotomia non era in grado di ricordare nulla. Ogni giorno doveva ricominciare ad imparare. Spero faranno un film anche su questo, o magari l'hanno già fatto e non lo so.
Ho letto solo questi 2 libri di Lurija, 2 piccole bibbie che con le loro situazioni estreme ogni tanto devo riprendere in mano per mantenere a cielo aperto il mio di cervello. Il secondo si intitola "Un mondo perduto e ritrovato" ed è una storia d'epica gladiatoria: si lotta col cervello.
Film decisamente da vedere, prima o dopo o senza leggere il libro, ha valore assoluto.
Curiosità: nei titoli di coda si nominano 3 aiuti-regista ed una di essi è Alina Marazzi. La mia ammirazione per lei continua a crescere...
http://robydickfilms.blogspot.com.ar/2010/04/il-mnemonista.html#more
Curiosità: nei titoli di coda si nominano 3 aiuti-regista ed una di essi è Alina Marazzi. La mia ammirazione per lei continua a crescere...
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Il Mnemonista
Il Sig. Serasevskij e la psicoanalisi *
Il Sig. Serasevskij e la psicoanalisi *
Nel bellissimo lavoro di Aleksandr Romanovic Lurija, dedicato al caso del mnemonista Serasevskij, il piccolo paragrafo di commiato (Uno sguardo al futuro) contiene alcune affermazioni che mi hanno colpito “... (La psicologia) non è ancora giunta...al punto di poter descrivere la natura della personalità, in modo tale che ogni funzione possa essere vista nella sua relazione con la struttura totale, e le leggi della sua formazione divengano altrettanto nette e precise quanto quelle della sintesi dei corpi chimici composti”. 1
Nella Prefazione all’opera, Alberto Oliverio, mette in risalto come, nel saggio-romanzo di Lurija, le conoscenze neuropsicologiche siano ferme agli anni sessanta e riflettano l’isolamento della psicologia sovietica rispetto a quella occidentale. E come, aggiungo io, non vi si trovi traccia alcuna delle feconde scoperte di Freud sui processi psichici inconsci: come sappiamo la psicoanalisi fu messa al bando dallo stato sovietico nell’anno 1936, sorte inevitabile per qualsiasi attività umana che abbia come fine la ricerca della verità, al di là del delirio sociale delle proiezioni e delle illusioni; in questo i due totalitarismi di opposto segno raggiunsero una perfetta concordanza di intenti. Lurija era entrato, addirittura, nel 1921, a far parte del ristretto gruppo dei sostenitori della psicoanalisi in Russia ma, sotto il feroce controllo delle strutture sovietiche, abiurò completamente la sua fede scientifica, facendo in pratica tabula rasa dei principi psicoanalitici.
Lurija invoca la precisione delle leggi che regolano i processi chimici. Spesso mi sono trovato a riflettere in seduta che la scienza che pratico (non uso il termine a caso) sia vicina all’algebra, tanto inconfutabili siano le risultanti di un lavoro che, neutralizzando le incognite, addiviene ad un risultato verificabile con più metodiche.
E’ ovvio che non posso pensare che la psicoanalisi permetta la dissoluzione di qualsiasi dubbio, ma trovo incomprensibile, se non come risposta aggressiva angosciosa coatta del corpo sociale, la continua opera di diniego che incessantemente la scienza di Freud abbia subito fin dai suoi albori.
Nella Prefazione all’opera, Alberto Oliverio, mette in risalto come, nel saggio-romanzo di Lurija, le conoscenze neuropsicologiche siano ferme agli anni sessanta e riflettano l’isolamento della psicologia sovietica rispetto a quella occidentale. E come, aggiungo io, non vi si trovi traccia alcuna delle feconde scoperte di Freud sui processi psichici inconsci: come sappiamo la psicoanalisi fu messa al bando dallo stato sovietico nell’anno 1936, sorte inevitabile per qualsiasi attività umana che abbia come fine la ricerca della verità, al di là del delirio sociale delle proiezioni e delle illusioni; in questo i due totalitarismi di opposto segno raggiunsero una perfetta concordanza di intenti. Lurija era entrato, addirittura, nel 1921, a far parte del ristretto gruppo dei sostenitori della psicoanalisi in Russia ma, sotto il feroce controllo delle strutture sovietiche, abiurò completamente la sua fede scientifica, facendo in pratica tabula rasa dei principi psicoanalitici.
Lurija invoca la precisione delle leggi che regolano i processi chimici. Spesso mi sono trovato a riflettere in seduta che la scienza che pratico (non uso il termine a caso) sia vicina all’algebra, tanto inconfutabili siano le risultanti di un lavoro che, neutralizzando le incognite, addiviene ad un risultato verificabile con più metodiche.
E’ ovvio che non posso pensare che la psicoanalisi permetta la dissoluzione di qualsiasi dubbio, ma trovo incomprensibile, se non come risposta aggressiva angosciosa coatta del corpo sociale, la continua opera di diniego che incessantemente la scienza di Freud abbia subito fin dai suoi albori.
Uno psicoanalista avrebbe potuto aggiungere qualcosa all’inarrivabile chiarezza analitica della fenomenologia psicologica mostrata da Lurija? Credo di si.
Intanto possiamo partire da una riflessione che può sembrare banale: non esiste psicoanalisi o micropsicoanalisi nella quale l’analizzato non affermi con preoccupazione: “Ma dottore, io parlo ormai da centinaia di ore e lei non prende che pochissimi appunti: come farà a ricordare le mie cose?” Oppure, sull’altro versante, esprima le lodi del suo terapeuta: ”Mi rendo conto che non le sfugge niente, anche quando riprendo qualche dettaglio affrontato anni fa, capisco dal contenuto dei suoi interventi che lei ricorda esattamente quello che era stato detto”. Chiunque svolga questo lavoro con la dovuta perizia sa che le cose stanno esattamente in questo modo. Gli psicoanalisti sono tutti mnemonisti? Evidentemente no.
Nella vita di tutti i giorni ritengo di avere una memoria normale. Il fatto è che l’analista, si conforma al rispetto della Regola analitica fondamentale che, mentre per l’analizzato consiste nel verbalizzare qualsiasi cosa arrivi alla sua mente, senza operare alcun processo di discriminazione logica, per l’analista consiste nell’ascolto neutro delle libere associazioni del suo paziente in uno stato di attenzione cosiddetta fluttuante. In altri termini analista ed analizzato cercano di conformarsi, quanto più possibile, alle leggi dell’inconscio regolate dal processo primario.
Mi sembra che ogni analizzato faccia quotidianamente l’esatto percorso opposto a quello del mnemonista. L’analizzato ignora cosa deve trovare, o meglio sa che nella rete estesissima della sua mente, nel compartimento inconscio, esistono delle memorie che deve raggiungere. Per conseguire questo scopo, non senza grandi resistenze, accetta di verbalizzare una massa apparentemente inutile di dettagli, connessi da legami associativi, più o meno espliciti, che pian piano lo condurranno al ricordo perduto. Non sfuggirà al lettore che il Sig. Serasevskij compisse il cammino opposto: da un dato certo (la nozione da ricordare) creasse delle storie figurate, spesso assolutamente prive di senso logico, che servivano da cammino associativo per recuperare la nozione proposta. Chiunque conosca la concezione psicoanalitica del sogno può rendersi conto che il Mnemonista costruisse dei sogni ad occhi aperti.
I sogni sono in effetti delle sofisticate e ridondanti apparecchiature di memorizzazione. Seguendo il pensiero di S. Fanti, di N. Peluffo, di M. Jouvet sono assolutamente convinto che i sogni siano lo strumento di memorizzazione cibernetica delle esperienze ancestrali dei nostri avi. In uno strato più profondo, rispetto a quello che quotidianamente lavoriamo, corrispondente all’elaborazione del conflitto attuale, durante il periplo onirico, si realizza incessantemente una sistematica opera di riprogrammazione cibernetica che realizza la continuità formale del tentativo umano.
Il grande studioso di psicosomatica U. Piscicelli arriva ad affermare: “l’ambiente in cui il feto costruisce le proprie esperienze ontogenetiche viene confrontato tramite il lavoro REM con l’intera generazione delle esperienze filogenetiche ereditata dai genitori” 2 . Questo quanto alla capacità rimemorativa onirica.
Nella vita di tutti i giorni ritengo di avere una memoria normale. Il fatto è che l’analista, si conforma al rispetto della Regola analitica fondamentale che, mentre per l’analizzato consiste nel verbalizzare qualsiasi cosa arrivi alla sua mente, senza operare alcun processo di discriminazione logica, per l’analista consiste nell’ascolto neutro delle libere associazioni del suo paziente in uno stato di attenzione cosiddetta fluttuante. In altri termini analista ed analizzato cercano di conformarsi, quanto più possibile, alle leggi dell’inconscio regolate dal processo primario.
Mi sembra che ogni analizzato faccia quotidianamente l’esatto percorso opposto a quello del mnemonista. L’analizzato ignora cosa deve trovare, o meglio sa che nella rete estesissima della sua mente, nel compartimento inconscio, esistono delle memorie che deve raggiungere. Per conseguire questo scopo, non senza grandi resistenze, accetta di verbalizzare una massa apparentemente inutile di dettagli, connessi da legami associativi, più o meno espliciti, che pian piano lo condurranno al ricordo perduto. Non sfuggirà al lettore che il Sig. Serasevskij compisse il cammino opposto: da un dato certo (la nozione da ricordare) creasse delle storie figurate, spesso assolutamente prive di senso logico, che servivano da cammino associativo per recuperare la nozione proposta. Chiunque conosca la concezione psicoanalitica del sogno può rendersi conto che il Mnemonista costruisse dei sogni ad occhi aperti.
I sogni sono in effetti delle sofisticate e ridondanti apparecchiature di memorizzazione. Seguendo il pensiero di S. Fanti, di N. Peluffo, di M. Jouvet sono assolutamente convinto che i sogni siano lo strumento di memorizzazione cibernetica delle esperienze ancestrali dei nostri avi. In uno strato più profondo, rispetto a quello che quotidianamente lavoriamo, corrispondente all’elaborazione del conflitto attuale, durante il periplo onirico, si realizza incessantemente una sistematica opera di riprogrammazione cibernetica che realizza la continuità formale del tentativo umano.
Il grande studioso di psicosomatica U. Piscicelli arriva ad affermare: “l’ambiente in cui il feto costruisce le proprie esperienze ontogenetiche viene confrontato tramite il lavoro REM con l’intera generazione delle esperienze filogenetiche ereditata dai genitori” 2 . Questo quanto alla capacità rimemorativa onirica.
Cos’altro ha da dirci la psicoanalisi sulla struttura del pensiero del Mnemonista? Un dato coerente con il precedente: il Sig. Serasevskij vede cose, non parole.
Esprimendoci con i concetti dell’epistemologia genetica di Piaget, diremo che la sua mente, o per essere più precisi, i processi mentali di cui il Mnemonista si serve per ritenere le sue memorie, si arrestano sulla soglia della seconda fase dell’infanzia propriamente detta, allo stadio dell’intelligenza intuitiva. Come è noto Piaget ha studiato in modo sperimentale la rappresentazione mentale che i bambini si fanno della realtà costruendo una psicologia per stadi (genetica) in cui si passa dal concreto all’astratto (ipotetico-deduttivo) dando una conferma sperimentale all’ipotesi freudiana de “In principio tutto era l’es” che sottintende uno sviluppo per differenziazione, specializzazione e perdita di totipotenza, analogamente a quanto succede per il soma (le cellule progenitrici sono totipotenti, cioè posseggono le memorie per produrre qualsiasi cellula di qualsiasi distretto dell’organismo).
Fin verso i sette anni il bambino resta un essere prelogico, e supplisce alla logica attraverso il meccanismo di intuizione, semplice interiorizzazione delle percezioni e dei movimenti sotto forma di immagini rappresentative e di esperienze mentali che prolungano i precedenti schemi sensomotori senza alcuna coordinazione razionale e senza possibilità di astrazione. 3
Freud avrebbe detto che il pensiero del Mnemonista era prevalentemente fissato alla “rappresentazione di cosa”. Nei suoi scritti metapsicologici, il Maestro, ha distinto due tipi di “rappresentazioni”, quella, essenzialmente visiva che deriva dalla cosa e quella essenzialmente acustica, che deriva dalla parola. Per Freud, mentre il sistema preconscio-conscio è caratterizzato dal legame tra la rappresentazione di cosa e la rappresentazione di parola corrispondente, fattore che determina la possibilità di realizzare il processo di astrazione e di simbolizzazione, il sistema inconscio comprenderebbe soltanto rappresentazioni di cosa.
Jung in questo senso usa il termine “concretismo” nel suo Dizionario di psicologia analitica, porgendoci un notevole contributo sul versante clinico: “Per concretismo intendo una determinata peculiarità del pensare e del sentire che rappresenta l'opposto dell'astrazione...Non è un concetto differenziato, ma è ancora materiale d'intuizione fornito dai sensi. Il pensare concretistico si muove fra concetti e concezioni esclusivamente concreti ed è sempre in rapporto con le impressioni fornite dai sensi. Così anche il sentimento concretistico non è mai disgiunto da un riferimento sensoriale. “ 4
Vedendo la splendida rappresentazione filmica che il regista Paolo Rosa ne ha fatto, si scopre della straordinaria capacità sinestetica del protagonista. Lurija ricorda che le sinestesie del mnemonista si potevano reperire in lui fin dalla più tenera infanzia: “Allorché (avrò avuto due o tre anni) cominciarono a insegnarmi le parole di una preghiera in ebraico antico, io non le capivo, e quelle parole venivano a depositarmisi dentro in forma di globi di vapore o di spruzzi...” 5
Una modalità di pensiero che richiama quella del primitivo, che rimane aderente all'apparenza materiale. Il pensare e il sentire del primitivo si basano sulla sensazione e se ne distinguono assai poco. Il concretismo, sottolinea Jung, è perciò un arcaismo. Questa confusione impedisce una differenziazione del pensare e del sentire e mantiene entrambe le funzioni nella sfera della sensazione, cioè del riferimento sensoriale; in tal modo pensare e sentire non possono mai evolversi a funzioni pure, ma rimangono permanentemente dipendenti dalla sensazione.
Così si determina un legame sensoriale fra le varie funzioni psicologiche, legame che impedisce l'autonomia psichica dell'individuo a favore dei dati di fatto sensibili.
Un individuo incompiuto, uno dei motivi di massima sofferenza del Sig. Serasevskij.
Esprimendoci con i concetti dell’epistemologia genetica di Piaget, diremo che la sua mente, o per essere più precisi, i processi mentali di cui il Mnemonista si serve per ritenere le sue memorie, si arrestano sulla soglia della seconda fase dell’infanzia propriamente detta, allo stadio dell’intelligenza intuitiva. Come è noto Piaget ha studiato in modo sperimentale la rappresentazione mentale che i bambini si fanno della realtà costruendo una psicologia per stadi (genetica) in cui si passa dal concreto all’astratto (ipotetico-deduttivo) dando una conferma sperimentale all’ipotesi freudiana de “In principio tutto era l’es” che sottintende uno sviluppo per differenziazione, specializzazione e perdita di totipotenza, analogamente a quanto succede per il soma (le cellule progenitrici sono totipotenti, cioè posseggono le memorie per produrre qualsiasi cellula di qualsiasi distretto dell’organismo).
Fin verso i sette anni il bambino resta un essere prelogico, e supplisce alla logica attraverso il meccanismo di intuizione, semplice interiorizzazione delle percezioni e dei movimenti sotto forma di immagini rappresentative e di esperienze mentali che prolungano i precedenti schemi sensomotori senza alcuna coordinazione razionale e senza possibilità di astrazione. 3
Freud avrebbe detto che il pensiero del Mnemonista era prevalentemente fissato alla “rappresentazione di cosa”. Nei suoi scritti metapsicologici, il Maestro, ha distinto due tipi di “rappresentazioni”, quella, essenzialmente visiva che deriva dalla cosa e quella essenzialmente acustica, che deriva dalla parola. Per Freud, mentre il sistema preconscio-conscio è caratterizzato dal legame tra la rappresentazione di cosa e la rappresentazione di parola corrispondente, fattore che determina la possibilità di realizzare il processo di astrazione e di simbolizzazione, il sistema inconscio comprenderebbe soltanto rappresentazioni di cosa.
Jung in questo senso usa il termine “concretismo” nel suo Dizionario di psicologia analitica, porgendoci un notevole contributo sul versante clinico: “Per concretismo intendo una determinata peculiarità del pensare e del sentire che rappresenta l'opposto dell'astrazione...Non è un concetto differenziato, ma è ancora materiale d'intuizione fornito dai sensi. Il pensare concretistico si muove fra concetti e concezioni esclusivamente concreti ed è sempre in rapporto con le impressioni fornite dai sensi. Così anche il sentimento concretistico non è mai disgiunto da un riferimento sensoriale. “ 4
Vedendo la splendida rappresentazione filmica che il regista Paolo Rosa ne ha fatto, si scopre della straordinaria capacità sinestetica del protagonista. Lurija ricorda che le sinestesie del mnemonista si potevano reperire in lui fin dalla più tenera infanzia: “Allorché (avrò avuto due o tre anni) cominciarono a insegnarmi le parole di una preghiera in ebraico antico, io non le capivo, e quelle parole venivano a depositarmisi dentro in forma di globi di vapore o di spruzzi...” 5
Una modalità di pensiero che richiama quella del primitivo, che rimane aderente all'apparenza materiale. Il pensare e il sentire del primitivo si basano sulla sensazione e se ne distinguono assai poco. Il concretismo, sottolinea Jung, è perciò un arcaismo. Questa confusione impedisce una differenziazione del pensare e del sentire e mantiene entrambe le funzioni nella sfera della sensazione, cioè del riferimento sensoriale; in tal modo pensare e sentire non possono mai evolversi a funzioni pure, ma rimangono permanentemente dipendenti dalla sensazione.
Così si determina un legame sensoriale fra le varie funzioni psicologiche, legame che impedisce l'autonomia psichica dell'individuo a favore dei dati di fatto sensibili.
Un individuo incompiuto, uno dei motivi di massima sofferenza del Sig. Serasevskij.
Ci siamo fatti finora l’idea di una persona ferma al modo di organizzazione del processo primario: sarebbe uno psicotico, ma Lurija ci rassicura dicendo che a suo parere non si tratterebbe di “un caso di scissione della personalità, di cui tanto si interessano gli psichiatri”.
Come è noto in psicoanalisi si formula l’ipotesi che traumi particolarmente violenti, sulla base di un terreno filogeneticamente predisposto, possano provocare l’inibizione di particolari funzioni, anche nella loro totalità (paralisi motorie, afasie, turbe del linguaggio più o meno estese). Dunque uno psicoanalista avrebbe ricercato nel materiale esposto dal soggetto le vestigia del trauma. Mi sembra una prova di grande sensibilità la scelta del regista di iniziare e concludere il film con quello che a buon ragione può essere considerato un sintomo, mi riferisco alla illusione dello scarabeo.
Vediamo come lo descrive il paziente stesso:
Come è noto in psicoanalisi si formula l’ipotesi che traumi particolarmente violenti, sulla base di un terreno filogeneticamente predisposto, possano provocare l’inibizione di particolari funzioni, anche nella loro totalità (paralisi motorie, afasie, turbe del linguaggio più o meno estese). Dunque uno psicoanalista avrebbe ricercato nel materiale esposto dal soggetto le vestigia del trauma. Mi sembra una prova di grande sensibilità la scelta del regista di iniziare e concludere il film con quello che a buon ragione può essere considerato un sintomo, mi riferisco alla illusione dello scarabeo.
Vediamo come lo descrive il paziente stesso:
“ "Lo scarabeo": è una scrostatura del vasetto da notte... Queste scrostature sono di color nero... Di sera, col comparire dei lumi, compare anche "lo scarabeo"... Infatti, non tutto è ben illuminato, la luce della lampada cade soltanto su un piccolo angolo, intorno è buio. ed ecco "lo scarabeo"... I nei pelosi, anche quelli sono "lo scarabeo"... Ecco che io vengo posto dinanzi allo specchio: c'è rumore... ridono... Ed ecco, là nello specchio, i miei occhi, scuri: è, ancora una volta, "lo scarabeo"... Ora sto coricato nella culla; poi nasce un gridio, un fracasso, minacce... Stanno bollendo qualche cosa nella teiera smaltata... è la nonna, sta facendo il caffè, Essa lascia cadere qualcosa di rosso e lo tira fuori... "lo scarabeo!" Il carbone, anche quello è "lo scarabeo"...” 6
Questa breve sequenza potrebbe entrare di buon grado, come esempio regio, in qualsiasi manuale di psicoanalisi, come materiale relativo alla cosiddetta “scena primaria”, Come è noto la scena primaria (o originaria) corrisponde alla scena del rapporto sessuale tra genitori, direttamente osservata, o supposta in base ad alcuni indizi, anche confusi o frutto di incomprensione, ed elaborata fantasmaticamente dal bambino. In generale, la scena primaria, è interpretata come un atto di violenza, con esiti traumatici, da parte del padre.
Il nero, come è noto, è il colore del pube (di notte anche altri colori più chiari si appiattiscono sul nero) ed è di frequente repere nell’osservazione clinica il percepire la zona genitale come un ragno, o altro insetto, minaccioso.
E’ spesso lo specchio lo sfondo nel quale si colloca la scena (a volte i genitori hanno la premura di appartarsi in una zona del letto difficilmente raggiungibile dallo sguardo diretto del bambino e non tengono conto dei fenomeni diabolici di rifrazione!).
Il Sig. racconta:
“Ecco che io vengo posto dinanzi allo specchio: c'è rumore... ridono... Ed ecco, là nello specchio, i miei occhi, scuri: è, ancora una volta, "lo scarabeo"... Ora sto coricato nella culla; poi nasce un gridio, un fracasso, minacce”
Il repentino passaggio dal ridere, al grido ed alle minacce corrisponde al fraintendimento delle eventuali grida di piacere dei partners ed alla perdita di controllo che accompagna un coito riuscito.
La risultante di questo stimolo traumatico nella mente del bambino è spesso lo strutturarsi di un vissuto misto di angosciosa attesa e di confusione: il bambino “non capisce” cosa sia effettivamente accaduto.
Nel passo immediatamente successivo il Mnemonista richiama ancora dei dettagli genitali: “qualcosa di rosso” ed il nero dello scarabeo. Particolare di non poco conto è che questa sequenza contenga il riferimento alla nonna che prepara il té, un’operazione che produce inevitabilmente nuvole e sbuffi di vapore, il sintomo disturbante, che sopravveniva quando il soggetto non capiva il senso delle cose.
Uno psicoanalista potrebbe continuare di buon grado la sua indagine ed avere l’eventuale conforto del parere dell’analizzato: mi piace immaginare cosa sarebbe successo se il Terrore poliziesco non avesse privato il Prof. Lurija degli strumenti della scienza di Freud.
E’ ovvio che non si può ridurre l’eccezionale potenza mnemonica del Sig. Serasevskij alle sole vicende psicodinamiche della sua esistenza. E’ certo che la mente del Mnemonista avrebbe notevolmente interessato gli attuali esperti di cibernetica, soprattutto gli scienziati che al giorno d’oggi dedicano le loro energie alla realizzazione dei cosiddetti computer quantistici.
Si ritiene, infatti, che le impressionanti differenze di performances tra mente umana ed elaboratore siano dovute al fatto che i computers sono attualmente inchiodati alla logica deterministica binaria: vero-falso. Mentre la mente umana tiene conto di concetti sfumati o approssimati che permettono un numero pressoché infinito di soluzioni.
Quello che rende la mente umana incomparabile è quella che potremmo definire la sua possibilità di ragionamento quantistico: la coesistenza di stati deterministicamente in opposizione, di tempi diversi, la possibilità di non tener conto del principio di contraddizione, etc. cioè le modalità di funzionamento proprie del processo primario così come furono descritte da Freud e che ravvediamo, nei meccanismi utilizzati nella costruzione delle “storie” del Mnemonista.
Per cercare di avvicinare le prestazioni degli elaboratori a quelli della mente umana gli scienziati stanno lavorando da anni a quelli che sono stati definiti computer quantistici. La caratteristica fondamentale di questi elaboratori, tuttora in una fase di elaborazione teorica, risiede nel fatto che essi consentirebbero forme molto complicate e molto potenti di parallelismo. La possibilità di procedure di calcolo parallele è fondato su un'idea centrale della meccanica quantistica, che è l'idea di sovrapposizione di stati quantistici.
Nell'applicazione ai computer e ai calcoli, gli elementi di una sovrapposizione quantistica di stati danno luogo a rami paralleli di calcolo, per cui ogni ramo rappresenta l'elemento di una sovrapposizione quantistica. Naturalmente, per ottenere, poi, un risultato definito tutti questi rami diversi devono precipitare su un unico risultato, deve avvenire quel processo che in meccanica quantistica si chiama “collasso della funzione d'onda”.
A far collassare la funzione d'onda è, secondo la fisica quantistica, l'interferenza di un altro sistema. Per esempio, se cerco di misurare una quantità di un sistema (la sua velocità, per esempio), faccio collassare la funzione d'onda del sistema, e pertanto leggo un valore per quella quantità che prima era semplicemente una delle tante possibilità. E’ il mio atto di osservare a causare la "scelta" di quel particolare valore della velocità fra tutti quelli possibili.
Una dinamica del tutto simile a quella di collasso della funzione d’onda si può osservare in psicoanalisi ed in micropsicoanalisi nella produzione delle cosiddette “idee improvvise”, quelle idee, immagini, parole, talvolta suoni o odori, che improvvisamente compaiono al livello della coscienza, al di fuori del contesto associativo.
Sembrerebbe che il Mnemonista avesse la possibilità di utilizzare a piacere quelle che nei soggetti normali sono evenienze casuali: produzioni di immagini o altri dettagli psichici che, grazie ai fenomeni di spostamento e di condensazione contengono, come un attrattore frattale, una gran massa di informazioni in un solo nodo della struttura.
La sua mente, era a più stretto contatto con il Vuoto costitutivo dell'essere umano, che, come il film ci mostra nel suo epilogo, divenne una delle sue ossessioni: "Sta cercando il nulla: lui l'ha visto ed ha bisogno di raggiungerlo". Il Vuoto creatore ed annichilatore è uno dei concetti chiave della micropsicoanalisi: rimando il lettore interessato all'argomento, alla lettura del mio lavoro "La vita: involucro vuoto" 7 in cui ho tentato una descrizione dettagliata di questo concetto metapsicologico servendomi dell'illustrazione di numerosi casi clinici.
Qui mi limiterò a ricordare che il Vuoto è il supporto energetico di tutto ciò che esiste. La microfisica si è incaricata di dimostrare che in esso sono iscritte informazioni che sussistono anche in assenza di supporto materiale.
Il grande pensatore ungherese Ervin Laszlo scrive: ”Non vi è più un motivo valido per considerare la materia come primaria e lo spazio come secondario. È allo spazio - o meglio al ‘mare di Dirac’ del vuoto che pervade il cosmo che dovremmo riconoscere realtà primaria...(Lo spazio-tempo) è un ‘plenum’ (...) che può creare forme ed onde. La luce e il suono sono onde in movimento in questo campo energetico continuo”. 8
Esponendo la sua concezione della vita Laszlo afferma: ”Sembra che le interazioni con il vuoto quantistico non siano limitate alle particelle elementari, ma possano interessare anche entità macroscopiche come i sistemi viventi...fantasmi di torsione, metastabili, generati dalle interazioni di torsione di spin, possono persistere anche in assenza degli oggetti che li hanno generati” 9
E ancora: “L’esistenza di questi fantasmi nel caso di tessuti viventi è stata confermata dagli esperimenti di Vladimir Poponin e del suo gruppo dell’Istituto di Fisica Biochimica dell’Accademia russa delle Scienze. Poponin, che ha successivamente ripetuto l’esperimento presso l’Heartmath Institute degli Stati Uniti, ha posto un campione di DNA in una camera a temperatura controllata e lo ha sottoposto ad un raggio laser. Ha constatato che il campo elettromagnetico circostante la camera mostra una struttura specifica, pressappoco come atteso. Ma ha constatato che questa struttura persiste a lungo dopo che il DNA in questione è stato rimosso dalla camera irradiata dal laser. L’impronta del DNA nel campo continua ad essere presente quando il DNA non c’è più”. 10
Il premio Nobel Carlo Rubbia è ancor più esplicito: "Lungi dall’essere la vacuità assoluta, come un tempo si credeva, il vuoto moderno è un mezzo molto complesso nel quale hanno luogo, oltre a fenomeni come l’emissione o l’assorbimento di quanti virtuali, anche la comparsa e la scomparsa di particelle di materia e antimateria...Quarks pesanti o instabili e le corrispondenti antiparticelle possono avere il diritto all’esistenza nel vuoto, anche solo per pochi effimeri istanti. Ma restano particelle virtuali, ancora impossibili da catturare....se alimentiamo il vuoto con l’energia, possiamo trasformare “stati virtuali” di eccitazione in particelle “reali” e “osservabili” 11
Il Vuoto, dunque, come supporto di informazioni metastabili.
il Vuoto, che il mnemonista aveva "visto" e tentava di raggiungere, forse la sorgente misteriosa e tormentosa di quel fiume di immagini che strutturava ricordi immarcescibili.
Quirino Zangrilli
Il nero, come è noto, è il colore del pube (di notte anche altri colori più chiari si appiattiscono sul nero) ed è di frequente repere nell’osservazione clinica il percepire la zona genitale come un ragno, o altro insetto, minaccioso.
E’ spesso lo specchio lo sfondo nel quale si colloca la scena (a volte i genitori hanno la premura di appartarsi in una zona del letto difficilmente raggiungibile dallo sguardo diretto del bambino e non tengono conto dei fenomeni diabolici di rifrazione!).
Il Sig. racconta:
“Ecco che io vengo posto dinanzi allo specchio: c'è rumore... ridono... Ed ecco, là nello specchio, i miei occhi, scuri: è, ancora una volta, "lo scarabeo"... Ora sto coricato nella culla; poi nasce un gridio, un fracasso, minacce”
Il repentino passaggio dal ridere, al grido ed alle minacce corrisponde al fraintendimento delle eventuali grida di piacere dei partners ed alla perdita di controllo che accompagna un coito riuscito.
La risultante di questo stimolo traumatico nella mente del bambino è spesso lo strutturarsi di un vissuto misto di angosciosa attesa e di confusione: il bambino “non capisce” cosa sia effettivamente accaduto.
Nel passo immediatamente successivo il Mnemonista richiama ancora dei dettagli genitali: “qualcosa di rosso” ed il nero dello scarabeo. Particolare di non poco conto è che questa sequenza contenga il riferimento alla nonna che prepara il té, un’operazione che produce inevitabilmente nuvole e sbuffi di vapore, il sintomo disturbante, che sopravveniva quando il soggetto non capiva il senso delle cose.
Uno psicoanalista potrebbe continuare di buon grado la sua indagine ed avere l’eventuale conforto del parere dell’analizzato: mi piace immaginare cosa sarebbe successo se il Terrore poliziesco non avesse privato il Prof. Lurija degli strumenti della scienza di Freud.
E’ ovvio che non si può ridurre l’eccezionale potenza mnemonica del Sig. Serasevskij alle sole vicende psicodinamiche della sua esistenza. E’ certo che la mente del Mnemonista avrebbe notevolmente interessato gli attuali esperti di cibernetica, soprattutto gli scienziati che al giorno d’oggi dedicano le loro energie alla realizzazione dei cosiddetti computer quantistici.
Si ritiene, infatti, che le impressionanti differenze di performances tra mente umana ed elaboratore siano dovute al fatto che i computers sono attualmente inchiodati alla logica deterministica binaria: vero-falso. Mentre la mente umana tiene conto di concetti sfumati o approssimati che permettono un numero pressoché infinito di soluzioni.
Quello che rende la mente umana incomparabile è quella che potremmo definire la sua possibilità di ragionamento quantistico: la coesistenza di stati deterministicamente in opposizione, di tempi diversi, la possibilità di non tener conto del principio di contraddizione, etc. cioè le modalità di funzionamento proprie del processo primario così come furono descritte da Freud e che ravvediamo, nei meccanismi utilizzati nella costruzione delle “storie” del Mnemonista.
Per cercare di avvicinare le prestazioni degli elaboratori a quelli della mente umana gli scienziati stanno lavorando da anni a quelli che sono stati definiti computer quantistici. La caratteristica fondamentale di questi elaboratori, tuttora in una fase di elaborazione teorica, risiede nel fatto che essi consentirebbero forme molto complicate e molto potenti di parallelismo. La possibilità di procedure di calcolo parallele è fondato su un'idea centrale della meccanica quantistica, che è l'idea di sovrapposizione di stati quantistici.
Nell'applicazione ai computer e ai calcoli, gli elementi di una sovrapposizione quantistica di stati danno luogo a rami paralleli di calcolo, per cui ogni ramo rappresenta l'elemento di una sovrapposizione quantistica. Naturalmente, per ottenere, poi, un risultato definito tutti questi rami diversi devono precipitare su un unico risultato, deve avvenire quel processo che in meccanica quantistica si chiama “collasso della funzione d'onda”.
A far collassare la funzione d'onda è, secondo la fisica quantistica, l'interferenza di un altro sistema. Per esempio, se cerco di misurare una quantità di un sistema (la sua velocità, per esempio), faccio collassare la funzione d'onda del sistema, e pertanto leggo un valore per quella quantità che prima era semplicemente una delle tante possibilità. E’ il mio atto di osservare a causare la "scelta" di quel particolare valore della velocità fra tutti quelli possibili.
Una dinamica del tutto simile a quella di collasso della funzione d’onda si può osservare in psicoanalisi ed in micropsicoanalisi nella produzione delle cosiddette “idee improvvise”, quelle idee, immagini, parole, talvolta suoni o odori, che improvvisamente compaiono al livello della coscienza, al di fuori del contesto associativo.
Sembrerebbe che il Mnemonista avesse la possibilità di utilizzare a piacere quelle che nei soggetti normali sono evenienze casuali: produzioni di immagini o altri dettagli psichici che, grazie ai fenomeni di spostamento e di condensazione contengono, come un attrattore frattale, una gran massa di informazioni in un solo nodo della struttura.
La sua mente, era a più stretto contatto con il Vuoto costitutivo dell'essere umano, che, come il film ci mostra nel suo epilogo, divenne una delle sue ossessioni: "Sta cercando il nulla: lui l'ha visto ed ha bisogno di raggiungerlo". Il Vuoto creatore ed annichilatore è uno dei concetti chiave della micropsicoanalisi: rimando il lettore interessato all'argomento, alla lettura del mio lavoro "La vita: involucro vuoto" 7 in cui ho tentato una descrizione dettagliata di questo concetto metapsicologico servendomi dell'illustrazione di numerosi casi clinici.
Qui mi limiterò a ricordare che il Vuoto è il supporto energetico di tutto ciò che esiste. La microfisica si è incaricata di dimostrare che in esso sono iscritte informazioni che sussistono anche in assenza di supporto materiale.
Il grande pensatore ungherese Ervin Laszlo scrive: ”Non vi è più un motivo valido per considerare la materia come primaria e lo spazio come secondario. È allo spazio - o meglio al ‘mare di Dirac’ del vuoto che pervade il cosmo che dovremmo riconoscere realtà primaria...(Lo spazio-tempo) è un ‘plenum’ (...) che può creare forme ed onde. La luce e il suono sono onde in movimento in questo campo energetico continuo”. 8
Esponendo la sua concezione della vita Laszlo afferma: ”Sembra che le interazioni con il vuoto quantistico non siano limitate alle particelle elementari, ma possano interessare anche entità macroscopiche come i sistemi viventi...fantasmi di torsione, metastabili, generati dalle interazioni di torsione di spin, possono persistere anche in assenza degli oggetti che li hanno generati” 9
E ancora: “L’esistenza di questi fantasmi nel caso di tessuti viventi è stata confermata dagli esperimenti di Vladimir Poponin e del suo gruppo dell’Istituto di Fisica Biochimica dell’Accademia russa delle Scienze. Poponin, che ha successivamente ripetuto l’esperimento presso l’Heartmath Institute degli Stati Uniti, ha posto un campione di DNA in una camera a temperatura controllata e lo ha sottoposto ad un raggio laser. Ha constatato che il campo elettromagnetico circostante la camera mostra una struttura specifica, pressappoco come atteso. Ma ha constatato che questa struttura persiste a lungo dopo che il DNA in questione è stato rimosso dalla camera irradiata dal laser. L’impronta del DNA nel campo continua ad essere presente quando il DNA non c’è più”. 10
Il premio Nobel Carlo Rubbia è ancor più esplicito: "Lungi dall’essere la vacuità assoluta, come un tempo si credeva, il vuoto moderno è un mezzo molto complesso nel quale hanno luogo, oltre a fenomeni come l’emissione o l’assorbimento di quanti virtuali, anche la comparsa e la scomparsa di particelle di materia e antimateria...Quarks pesanti o instabili e le corrispondenti antiparticelle possono avere il diritto all’esistenza nel vuoto, anche solo per pochi effimeri istanti. Ma restano particelle virtuali, ancora impossibili da catturare....se alimentiamo il vuoto con l’energia, possiamo trasformare “stati virtuali” di eccitazione in particelle “reali” e “osservabili” 11
Il Vuoto, dunque, come supporto di informazioni metastabili.
il Vuoto, che il mnemonista aveva "visto" e tentava di raggiungere, forse la sorgente misteriosa e tormentosa di quel fiume di immagini che strutturava ricordi immarcescibili.
Quirino Zangrilli
Note:
1 A. R. Lurija, Una memoria prodigiosa (The Mind of a Mnemonist, 1968), 2002, Mondadori, Milano.
2 Umberto Piscicelli, Introduzione alla psicosomatica, Astrolabio, Roma, 1985.
3 Vedi: J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi, Torino,1980.
4 C. G. Jung, Dizionario di Psicologia analitica, Boringhieri, 1969, Torino.
5 A. R. Lurija, op. cit.
6 A. R. Lurija, op. cit.
7 Q. Zangrilli, La vita: involucro vuoto, Borla, Roma, 1993.
8 Ervin Laszlo, Nuovi concetti di materia, vita e mente, Pluriuniverso, anno I, n° 5 dicembre 1996.
Consulta anche: http://pconf.terminal.cz/participants/laszlo.html.
9 Ervin Laszlo, op. cit.
10 - Gariaev P.P., > Chudin V.I., Komissarov G.G., Berezin A.A., Vasiliev A.A., 1991, Holographic > Associative Memory of Biological Systems, Proceedings SPIE - The International > Society for Optical Engineering. Optical Memory and Neural Networks. v. 1621, > p.280- 291. USA.
- Gariaev P.P., "Wave based genome", Ed. Obsh. > In Russian (1994)
- P.P. Gariaev, K.V. Grigor'ev, A.A. Vasil'ev, V.P. Poponin and V.A. Shcheglov. Investigation of the Fluctuation Dynamics of DNA Solutions by Laser Correlation Spectroscopy. Bulletin of the Lebedev Physics Institute, n. 11-12, p. 23-30 (1992).
- P.P. Gariaev and V.P. Poponin. Vacuum DNA phantom effect in vitro and its possible rational explanation. Nanobiology 1995 (in press).
11 Carlo Rubbia , Il Vuoto è veramente vuoto?, Bollettino dell'Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, n° 10, 1992.
http://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/psicosomatica/articoli/psoma9.htm
2 Umberto Piscicelli, Introduzione alla psicosomatica, Astrolabio, Roma, 1985.
3 Vedi: J. Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi, Torino,1980.
4 C. G. Jung, Dizionario di Psicologia analitica, Boringhieri, 1969, Torino.
5 A. R. Lurija, op. cit.
6 A. R. Lurija, op. cit.
7 Q. Zangrilli, La vita: involucro vuoto, Borla, Roma, 1993.
8 Ervin Laszlo, Nuovi concetti di materia, vita e mente, Pluriuniverso, anno I, n° 5 dicembre 1996.
Consulta anche: http://pconf.terminal.cz/participants/laszlo.html.
9 Ervin Laszlo, op. cit.
10 - Gariaev P.P., > Chudin V.I., Komissarov G.G., Berezin A.A., Vasiliev A.A., 1991, Holographic > Associative Memory of Biological Systems, Proceedings SPIE - The International > Society for Optical Engineering. Optical Memory and Neural Networks. v. 1621, > p.280- 291. USA.
- Gariaev P.P., "Wave based genome", Ed. Obsh. > In Russian (1994)
- P.P. Gariaev, K.V. Grigor'ev, A.A. Vasil'ev, V.P. Poponin and V.A. Shcheglov. Investigation of the Fluctuation Dynamics of DNA Solutions by Laser Correlation Spectroscopy. Bulletin of the Lebedev Physics Institute, n. 11-12, p. 23-30 (1992).
- P.P. Gariaev and V.P. Poponin. Vacuum DNA phantom effect in vitro and its possible rational explanation. Nanobiology 1995 (in press).
11 Carlo Rubbia , Il Vuoto è veramente vuoto?, Bollettino dell'Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, n° 10, 1992.
http://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/psicosomatica/articoli/psoma9.htm
Parece una excelente pelicula, por favor que alguien avise si se encuentran subtítulos en cualquier idioma para traducirlos
ResponderEliminarlugo