TÍTULO ORIGINAL Il nascondiglio
AÑO 2007
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español e Italiano (Separados)
DURACIÓN 100 min.
DIRECTOR Pupi Avati
GUIÓN Pupi Avati, Francesco Marcucci
MÚSICA Riz Ortolani
FOTOGRAFÍA Cesare Bastelli
REPARTO Laura Morante, Rita Tushingham, Treat Williams, Burt Young, Yvonne Sciò, Peter Soderberg
PRODUCTORA Coproducción Italia-EEUU; Duea Film / Rai Cinema / Motion Pictures Midwest
GÉNERO Thriller. Intriga
SINOPSIS La película abre con un largo flashback sobre unos sucesos que ocurren en un asilo de la ciudad de Davenport en Iowa regentado por monjas. Allí son brutalmente asesinadas la madre superiora y dos mujeres y dos novicias desaparecen y nunca se vuelve a saber de ellas. En la actualidad, Lei (Laura Morante) es una mujer de origen italiano que ha pasado 15 años recuperándose en un sanatorio mental tras el suicido de su marido. Lee llega a Davenport donde prepara abrir un restaurante de comida italiana en la vieja mansión de Snakes Hall, el viejo asilo, que ahora está abandonado. Cuando entran en él, comienzan a pasar cosas extrañas… (FILMAFFINITY)
Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)
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Subtìtulos (Español)
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Subtítulos (Italiano)
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Dopo “La casa dalle finestre che ridono” (1976) Pupi Avati, per sua stessa ammissione, vuol provare se è ancora in grado di tenere fra le mani una macchina da presa e produrre spavento come trent’anni fa: nasce “Il nascondiglio”.
In effetti, essendo un po’ cattivi, questo film si potrebbe anche chiamare “La casa dalle finestre che ridono 2”, poiché gli elementi che portarono al grande successo il film del 1976 ci risono tutti: una casa spettrale e misteriosa, una protagonista sola ed insicura, una comunità omertosa e chiusa, ed una realtà sepolta dal tempo da svelare.
Inizia il film ed abbiamo una piccola introduzione di quello che successe nella “Snakes Hall” cinquant’anni prima che la (stupefacente) Laura Morante arrivasse…il mistero, di fatto, inizia subito. Quello che vediamo nel film è una ripetizione della trama de “La casa dalle finestre che ridono” con forse più personaggi secondari a cui la Morante si rivolge per sciogliere il mistero. Ci sono due persone che diventano amiche della protagonista e la aiutano a svelare il mistero (come Gianni Cavina) finendo male, una che sembra voler aiutare ma invece non lo fa (il prete, uguale al sindaco nel primo film), e così via. La Morante è differente però da Capolicchio perché ha in se lo spettro della pazzia ed un triste e macabro passato alle spalle, due cose che sicuramente aggiungono pepe al suo personaggio, rendendolo più saporito.
Non ci sono risate, non ci sono momenti leggeri, non c’è nessuna sequenza che smorzi l’attenzione e la tensione; “Il nascondiglio” è un film da vedere tutto d’un fiato. Certo i primi 15 o 20 minuti sono utili ad Avati per “settare” l’ambientazione, e questo rende quei minuti un poco noiosi; ma la noia verrà ripagata con tutto il resto del film che sarà coinvolgente ed intrigante arrivando ad un finale veramente ben studiato.
Passiamo al punto di vista tecnico. Il cast artistico è di buona fattura: Laura Morante, non abituata a recitare in film di questo genere, da un’ottima prova pur rimanendo ancorata al suo personaggio tipico (insicura ed isterica ma allo stesso tempo passionale); il resto del cast è solido, costituito da attori non famosissimi ma bravi (come Burt Young nel ruolo dell’agente immobiliare un po’ viscido, ed Yvonne Sciò, una delle due persone che aiuteranno Lei).
La regia di Avati è precisa, intrigante, e ci regala momenti che fanno sobbalzare dal seggiolino del cinema con trucchi tanto semplici quanto efficaci. Questo è il vero punto di forza del film: Avati riesce ancora a spaventare utilizzando dei cunicoli bui, delle vocine terrificanti, delle luci, dei lampadari che si spaccano, dei telefoni che squillano nei momenti più inopportuni possibili, ecc ecc; senza splatter (pochissimo solo nella parte finale) e senza effetti speciali incredibili ci tiene in suspance come pochi registi, ormai, sanno fare. La colonna sonora (firmata Riz Ortolani) è giusta e non risulta mai fastidiosa, ripetitiva, o noiosa; la fotografia è perfetta. Anche i dialoghi sono fatti molto bene, il doppiaggio è eccelso, e tutto risulta molto convincente. Dal punto di vista tecnico “Il nascondiglio” è veramente molto elegante e con dei valori di produzione altissimi.
Usciti dalla sala dopo aver visto questa pellicola si rimane inquietati, sorpresi, e felici di aver visto un bell’horror di produzione italiana, ma che elimina ogni aspetto negativo di quest’ultima.
Cosa dire quindi in conclusione? Un film ben realizzato, dal cast solido, dal regista ancora in splendida forma, e dalla trama intrigante ed inquietante. Riprende quegli aspetti che resero famosa “La casa dalle finestre che ridono” e li riporta sul grande schermo più in salute che mai, facendoci capire che basta poco per far uscire, anche nel 2007, le nostre paure più semplici, più bambinesche (il buio, le presenze, il pericolo della morte).
Pupi Avati ci dimostra che, fra le tante frecce al suo arco, non si è mai dimenticato di lucidare quella horror! Questo film è il terzo horror italiano uscito nelle sale quest’anno, insieme a “La Terza Madre” di Dario Argento, e a “Ghost son” di Lamberto Bava. Sebbene il paragone col film di Argento sia impossibile per evidente diversità fra le pellicole (che ci fa capire quanto il cinema horror sia libero di interpretazioni), viene bene quello con il film di Bava che, ahimè, voleva essere dello stesso livello ma non c’è riuscito.
Ne “Il nascondiglio” tutto è perfetto, forse fin troppo, ma quello che colpisce di più è la conclusione, cosa che è mancata a “Ghost son”. Alcune cose nella trama non tornano (perché una donna che ha passato 15 anni in una clinica psichiatrica decide subito di aprire un ristorante e decide di farlo proprio in una casa sperduta nel nulla?) soprattutto per quanto riguarda il finale, ma questo nulla toglie ad un grande lavoro qual è quello fatto per questo film. Un consiglio: l’unica cosa che dovete tenere a mente prima di andare a vedere questo film è:”Ma Lei è ancora pazza o no?”.
http://www.mouthofhorror.altervista.org/nascondiglio.php
In effetti, essendo un po’ cattivi, questo film si potrebbe anche chiamare “La casa dalle finestre che ridono 2”, poiché gli elementi che portarono al grande successo il film del 1976 ci risono tutti: una casa spettrale e misteriosa, una protagonista sola ed insicura, una comunità omertosa e chiusa, ed una realtà sepolta dal tempo da svelare.
Inizia il film ed abbiamo una piccola introduzione di quello che successe nella “Snakes Hall” cinquant’anni prima che la (stupefacente) Laura Morante arrivasse…il mistero, di fatto, inizia subito. Quello che vediamo nel film è una ripetizione della trama de “La casa dalle finestre che ridono” con forse più personaggi secondari a cui la Morante si rivolge per sciogliere il mistero. Ci sono due persone che diventano amiche della protagonista e la aiutano a svelare il mistero (come Gianni Cavina) finendo male, una che sembra voler aiutare ma invece non lo fa (il prete, uguale al sindaco nel primo film), e così via. La Morante è differente però da Capolicchio perché ha in se lo spettro della pazzia ed un triste e macabro passato alle spalle, due cose che sicuramente aggiungono pepe al suo personaggio, rendendolo più saporito.
Non ci sono risate, non ci sono momenti leggeri, non c’è nessuna sequenza che smorzi l’attenzione e la tensione; “Il nascondiglio” è un film da vedere tutto d’un fiato. Certo i primi 15 o 20 minuti sono utili ad Avati per “settare” l’ambientazione, e questo rende quei minuti un poco noiosi; ma la noia verrà ripagata con tutto il resto del film che sarà coinvolgente ed intrigante arrivando ad un finale veramente ben studiato.
Passiamo al punto di vista tecnico. Il cast artistico è di buona fattura: Laura Morante, non abituata a recitare in film di questo genere, da un’ottima prova pur rimanendo ancorata al suo personaggio tipico (insicura ed isterica ma allo stesso tempo passionale); il resto del cast è solido, costituito da attori non famosissimi ma bravi (come Burt Young nel ruolo dell’agente immobiliare un po’ viscido, ed Yvonne Sciò, una delle due persone che aiuteranno Lei).
La regia di Avati è precisa, intrigante, e ci regala momenti che fanno sobbalzare dal seggiolino del cinema con trucchi tanto semplici quanto efficaci. Questo è il vero punto di forza del film: Avati riesce ancora a spaventare utilizzando dei cunicoli bui, delle vocine terrificanti, delle luci, dei lampadari che si spaccano, dei telefoni che squillano nei momenti più inopportuni possibili, ecc ecc; senza splatter (pochissimo solo nella parte finale) e senza effetti speciali incredibili ci tiene in suspance come pochi registi, ormai, sanno fare. La colonna sonora (firmata Riz Ortolani) è giusta e non risulta mai fastidiosa, ripetitiva, o noiosa; la fotografia è perfetta. Anche i dialoghi sono fatti molto bene, il doppiaggio è eccelso, e tutto risulta molto convincente. Dal punto di vista tecnico “Il nascondiglio” è veramente molto elegante e con dei valori di produzione altissimi.
Usciti dalla sala dopo aver visto questa pellicola si rimane inquietati, sorpresi, e felici di aver visto un bell’horror di produzione italiana, ma che elimina ogni aspetto negativo di quest’ultima.
Cosa dire quindi in conclusione? Un film ben realizzato, dal cast solido, dal regista ancora in splendida forma, e dalla trama intrigante ed inquietante. Riprende quegli aspetti che resero famosa “La casa dalle finestre che ridono” e li riporta sul grande schermo più in salute che mai, facendoci capire che basta poco per far uscire, anche nel 2007, le nostre paure più semplici, più bambinesche (il buio, le presenze, il pericolo della morte).
Pupi Avati ci dimostra che, fra le tante frecce al suo arco, non si è mai dimenticato di lucidare quella horror! Questo film è il terzo horror italiano uscito nelle sale quest’anno, insieme a “La Terza Madre” di Dario Argento, e a “Ghost son” di Lamberto Bava. Sebbene il paragone col film di Argento sia impossibile per evidente diversità fra le pellicole (che ci fa capire quanto il cinema horror sia libero di interpretazioni), viene bene quello con il film di Bava che, ahimè, voleva essere dello stesso livello ma non c’è riuscito.
Ne “Il nascondiglio” tutto è perfetto, forse fin troppo, ma quello che colpisce di più è la conclusione, cosa che è mancata a “Ghost son”. Alcune cose nella trama non tornano (perché una donna che ha passato 15 anni in una clinica psichiatrica decide subito di aprire un ristorante e decide di farlo proprio in una casa sperduta nel nulla?) soprattutto per quanto riguarda il finale, ma questo nulla toglie ad un grande lavoro qual è quello fatto per questo film. Un consiglio: l’unica cosa che dovete tenere a mente prima di andare a vedere questo film è:”Ma Lei è ancora pazza o no?”.
http://www.mouthofhorror.altervista.org/nascondiglio.php
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La casa dalle condutture che parlano
Snakes Hall non ha mai avuto un bell’aspetto. Certo, è elegante e dotata di un innegabile fascino, ma sulle sue mura grava un’atmosfera malsana. Affittarla per aprirci un ristorante non può davvero essere una buona idea. Soprattutto se la nuova inquilina è una donna fragile ed impressionabile, appena uscita da una clinica psichiatrica.
Trent’anni dopo il film culto La casa dalle finestre che ridono, Pupi Avati ritorna ad avventurarsi in una casa maledetta. Ma questa volta l’atomosfera è molto più british, nonostante il fascino tutto italiano di un’attrice come Laura Morante. Incarna difatti una donna originaria del Bel Paese, alle prese con i brutti ricordi (e i cattivi sentimenti) di un’intera cittadina, Davenport, nell’Iowa. Dopo un incipit ambientato nel 1957, non truce ma sicuramente intrigante, l’azione si sposta ai giorni nostri, quando la casa (decorata con fregi raffiguranti serpenti, da cui il nome) viene riaperta agli esseri umani. Da quel momento strani oggetti, misteriose voci e terrificanti rumori dimostraranno alla nuova proprietaria che i locali della villa non sono mai stati del tutto vuoti. Pupi Avati si riconferma uno dei registi più intelligenti e sensibili del panorama cinematografico nazionale, con un film che attraversa i generi, dando però un taglio originale alla vicenda narrata e proponendoci un sottile e perfido ritratto delle malattie mentali coltivate dalla società. L’opera è contraddistinta da una interessante e ben dosata miscela di occultismo britannico, truculenza italiana e colori e luci americane: ricordate però che nei film di Avati ciò che sembra, anche nelle storie di fantasmi, non è mai.
Questo percorso ironico e grottesco è cominciato per il regista tanto tempo fa: assieme al celeberrimo La casa dalle finestre che ridono, Zeder e Tutti defunti... tranne i morti, anche Il nascondiglio si colloca all’interno di un disegno personale che non ha uguali nel cinema di genere italiano. Ciò che aveva caratterizzato le agghiaggianti storie narrate sullo schermo negli anni ’70 e ’80 (necrofilia, incesto, satanismo, ninfomania e sessuofobia) è forse qui fatto passare in sordina (sono altri tempi), ma non per questo non si ripropone, addirittura con un impatto ancor più subdolo e disturbante. Le inquadrature sono quelle di un grande film britannico anni ’40, così come lo è l’impianto della casa: labirintico e incomprensibile, svelato a poco a poco, e realizzato con quello stesso cattivo gusto, non cadente ma osceno, con il quale già si presentava Hill House, la villa maledetta del film Gli invasati.
La prova attoriale generale corona infine il novero delle qualità di questo bel film: oltre a Laura Morante, sempre un po’ agitata ma anche sofferente e appassionata, appaiono Yvonne Sciò, dimagrita e credibile, e una irriconoscibile Sydne Rome, (la bellissima protagonista di Che? di Polanski) nei panni di una vecchia odiosa e ridicola. Il nascondiglio potrebbe sollevare ancora molti argomenti di discussione: cosa spinge Avati ad aver così paura della non-morte? Perchè nei suoi film tornano sempre voci infantili e ossessive? Dove si cela l’orrore per il regista, nella mente o nell’occhio? Ma a queste domande è bene rispondersi da soli, avvolti nel buio della sala. E della vecchia Snakes Hall.
Enrico Ruffato
http://www.nonsolocinema.com/IL-NASCONDIGLIO-di-Pupi-Avati.html
Questo percorso ironico e grottesco è cominciato per il regista tanto tempo fa: assieme al celeberrimo La casa dalle finestre che ridono, Zeder e Tutti defunti... tranne i morti, anche Il nascondiglio si colloca all’interno di un disegno personale che non ha uguali nel cinema di genere italiano. Ciò che aveva caratterizzato le agghiaggianti storie narrate sullo schermo negli anni ’70 e ’80 (necrofilia, incesto, satanismo, ninfomania e sessuofobia) è forse qui fatto passare in sordina (sono altri tempi), ma non per questo non si ripropone, addirittura con un impatto ancor più subdolo e disturbante. Le inquadrature sono quelle di un grande film britannico anni ’40, così come lo è l’impianto della casa: labirintico e incomprensibile, svelato a poco a poco, e realizzato con quello stesso cattivo gusto, non cadente ma osceno, con il quale già si presentava Hill House, la villa maledetta del film Gli invasati.
La prova attoriale generale corona infine il novero delle qualità di questo bel film: oltre a Laura Morante, sempre un po’ agitata ma anche sofferente e appassionata, appaiono Yvonne Sciò, dimagrita e credibile, e una irriconoscibile Sydne Rome, (la bellissima protagonista di Che? di Polanski) nei panni di una vecchia odiosa e ridicola. Il nascondiglio potrebbe sollevare ancora molti argomenti di discussione: cosa spinge Avati ad aver così paura della non-morte? Perchè nei suoi film tornano sempre voci infantili e ossessive? Dove si cela l’orrore per il regista, nella mente o nell’occhio? Ma a queste domande è bene rispondersi da soli, avvolti nel buio della sala. E della vecchia Snakes Hall.
Enrico Ruffato
http://www.nonsolocinema.com/IL-NASCONDIGLIO-di-Pupi-Avati.html
ARTESANIA CLASICA
Muy lejos de las corrientes actuales del cine de género, no tanto en la estructura como en la intención, que no es otra (supongo) que la de hacer una película clásica, con sabor setentero, desde los créditos hasta el final, pasando por la banda sonora y por supuesto la protagonista, Laura Morante, una señora, una dama bella y elegante, que recuerda a las grandes del cine italiano.
La historia viene a ser la de siempre, o sea, una auténtica bobada (esto es una peli de casa encantada, que le vamos a pedir). Esta buena mujer decide montar un restaurante en la mansión más lúgubre y alejada que encuentra. Una de esas casas que tienen que tener fantasmas por necesidad. Y por qué hace eso... pues vete tú a saber. Una vez asumido esto, al espectador no le queda otra que meterse en situación y dejarse llevar... y ahí empieza la magia. Avati conoce muy bien el oficio, y sabe sugestionar plano a plano con una elegancia magistral. Y se permite hacer sus homenajes, más que obvios, como el de ''Al final de la escalera''
La única pega que le pondría a la cinta (y le pongo) es el final, el puñetero final sorpresa tan necesario, por lo visto, en el cine de terror, cosa que yo entiendo como una pifia, ya que, puesto que la historia es una memez, pues mejor dejarlo estar. Cuando se explica una memez resulta más memez todavía.Y aún con esto (memeces aparte) valoro la película como un enteresante ejercicio cinematográfico, sugerente, inteligente y hasta sabio.
VALDEMAR
http://www.filmaffinity.com/es/reviews/1/441749.html
La historia viene a ser la de siempre, o sea, una auténtica bobada (esto es una peli de casa encantada, que le vamos a pedir). Esta buena mujer decide montar un restaurante en la mansión más lúgubre y alejada que encuentra. Una de esas casas que tienen que tener fantasmas por necesidad. Y por qué hace eso... pues vete tú a saber. Una vez asumido esto, al espectador no le queda otra que meterse en situación y dejarse llevar... y ahí empieza la magia. Avati conoce muy bien el oficio, y sabe sugestionar plano a plano con una elegancia magistral. Y se permite hacer sus homenajes, más que obvios, como el de ''Al final de la escalera''
La única pega que le pondría a la cinta (y le pongo) es el final, el puñetero final sorpresa tan necesario, por lo visto, en el cine de terror, cosa que yo entiendo como una pifia, ya que, puesto que la historia es una memez, pues mejor dejarlo estar. Cuando se explica una memez resulta más memez todavía.Y aún con esto (memeces aparte) valoro la película como un enteresante ejercicio cinematográfico, sugerente, inteligente y hasta sabio.
VALDEMAR
http://www.filmaffinity.com/es/reviews/1/441749.html
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Consigliamo la lettura della seguente intervista a chi avesse già visto il Nascondiglio, il film di Pupi Avati, a causa di alcuni passaggi in cui si parla apertamente della trama e del finale
P.Le confessiamo che apprezziamo di più, forse per via di una sorta di deformazione professionale, le sue incursioni nel thriller-horror che i suoi film come La Seconda notte di nozze, La cena per farli conoscere per rimanere agli ultimi due che hanno preceduto Il nascondiglio (ferma restando l’ammirazione per I cavalieri che fecero l’impresa…). Questo perché abbiamo la netta impressione che lei riesca, pur muovendosi all’interno di un genere molto codificato come il thriller, sempre a sorprendere lo spettatore. Concorda con questa nostra impressione?
R.Il mio atteggiamento nei riguardi del genere thriller-horror è radicalmente diverso rispetto al mio rapporto con il cinema quando mi trovo a raccontare altre storie, più legate alla mia esperienza diretta di vita, alla mia sensibilità. Insomma quando sostituisco la terza persona (lui o lei) alla prima persona (io). Il cinema di genere (in questo caso il gotico) deve obbedire a certe regole, deve rispettare certi appuntamenti, deve rispondere a certi impegni assunti con gli spettatori. Tutto ciò non accade quando mi trovo a raccontare una storia che ha moltissimo a che fare con la mia vicenda umana come Ma quando arrivano le ragazze? piuttosto che La seconda notte di nozze.
Nello scrivere e nel realizzare un film thriller è per me come tornare all'infanzia, al gioco, al grande piacere che ti dà premeditare uno scherzo, qualcosa che stupisca e spaventi, per poi riderne assieme (io e lo spettatore). Una risata rassicurante e liberatoria, dopo aver spartito alcuni momennti di autentico terrore. C'è poco di più da dire se non la necessità di rispettare le regole e nel contempo di non spogliarsi di una propria identità. Insomma di interpretare il genere.
R.Il mio atteggiamento nei riguardi del genere thriller-horror è radicalmente diverso rispetto al mio rapporto con il cinema quando mi trovo a raccontare altre storie, più legate alla mia esperienza diretta di vita, alla mia sensibilità. Insomma quando sostituisco la terza persona (lui o lei) alla prima persona (io). Il cinema di genere (in questo caso il gotico) deve obbedire a certe regole, deve rispettare certi appuntamenti, deve rispondere a certi impegni assunti con gli spettatori. Tutto ciò non accade quando mi trovo a raccontare una storia che ha moltissimo a che fare con la mia vicenda umana come Ma quando arrivano le ragazze? piuttosto che La seconda notte di nozze.
Nello scrivere e nel realizzare un film thriller è per me come tornare all'infanzia, al gioco, al grande piacere che ti dà premeditare uno scherzo, qualcosa che stupisca e spaventi, per poi riderne assieme (io e lo spettatore). Una risata rassicurante e liberatoria, dopo aver spartito alcuni momennti di autentico terrore. C'è poco di più da dire se non la necessità di rispettare le regole e nel contempo di non spogliarsi di una propria identità. Insomma di interpretare il genere.
P.Si sente più libero quando gira un thriller o una “commedia”? Cioè, preferisce girare in funzione di un “mistero” o in funzione dei rapporti personali tra gli attori e tra quest’ultimi e la vicenda stessa che deve raccontare (non che il thriller escluda del tutto il fattore umano, ma pensiamo che quest’ultimo abbia nel thriller un’importanza se non minore differente rispetto alla commedia)?
R.Quando giro un thriller non posso ricorrere alla mia esperienza di essere umano. Debbo continuamente immaginare come sarebbe se... cosa accadrebbe se... Le indicazioni ai collaboratori o agli attori sono sempre il risultato di un'ipotesi, mai di una certezza. Riprodurre su un set di un film "noir" le atmosfere giuste affinchè gli interpreti le possano interiorizzare per poi restituircele, è impresa non semplice. Occorre una concentrazione di tutta l'equipe assoluta per simulare una situazione così distante da quella che è rappresentata da uno studio cinematografico della solare Cinecittà.
R.Quando giro un thriller non posso ricorrere alla mia esperienza di essere umano. Debbo continuamente immaginare come sarebbe se... cosa accadrebbe se... Le indicazioni ai collaboratori o agli attori sono sempre il risultato di un'ipotesi, mai di una certezza. Riprodurre su un set di un film "noir" le atmosfere giuste affinchè gli interpreti le possano interiorizzare per poi restituircele, è impresa non semplice. Occorre una concentrazione di tutta l'equipe assoluta per simulare una situazione così distante da quella che è rappresentata da uno studio cinematografico della solare Cinecittà.
P.Siamo usciti da Il nascondiglio con la certezza di aver visto un film veramente “essenziale”, un film dove lei è riuscito a sfrondare tutto il superfluo lasciando solo ciò che contava veramente per creare quel clima di attesa (di chi sono le voci che Lei sente nella casa, qual è il mistero che si nasconde all’interno della Snakes Hall?) che è la condizione essenziale di ogni thriller che si rispetti. Le volevamo quindi chiedere se in fase di montaggio ha dovuto tagliare molto oppure in un certo senso ha montato il film mentre girava…
R.Le colonne portanti del racconto erano già totalmente definite sulla carta, anche perchè con attori americani è impossibile la navigazione a vista, mutare rotta durante il tragitto. Non te lo permetterebbero mai. In questo film ho però commesso una serie di "scorrettezze" che solo il montaggio e un minimo di esperienza ti permettono di compiere. Ho girato un finale con Laura mentre in realtà ne ho girato un secondo senza di lei riservandomi al montaggio la possibilità di scegliere. Naturalmente ho optato per il secondo sorprendendo la stessa Morante che si è trovata coinvolta in una situazione che in realtà sul set non aveva vissuto.
R.Le colonne portanti del racconto erano già totalmente definite sulla carta, anche perchè con attori americani è impossibile la navigazione a vista, mutare rotta durante il tragitto. Non te lo permetterebbero mai. In questo film ho però commesso una serie di "scorrettezze" che solo il montaggio e un minimo di esperienza ti permettono di compiere. Ho girato un finale con Laura mentre in realtà ne ho girato un secondo senza di lei riservandomi al montaggio la possibilità di scegliere. Naturalmente ho optato per il secondo sorprendendo la stessa Morante che si è trovata coinvolta in una situazione che in realtà sul set non aveva vissuto.
P.A un certo punto del film vediamo Burt Young portare un mazzo di fiori alla Morante. È chiaramente un tentativo di corteggiamento di un uomo non più giovane nei confronti di una giovane donna (tra l’altro molto bella…). La cosa però non ha seguito. Può spiegarci questa scelta? Le anticipiamo che abbiamo pensato che ciò fosse dovuto al fatto che lei preferisse che Laura Morante rimanesse sola lungo la storia ad affrontare i suoi fantasmi…
R.Nella sceneggiatura originale l'interesse di Burt Young (l'agente immobiliare Muller) nei confronti della donna senza nome, era più evidente e più esplicito il suo interesse. Esiste una sequenza girata nella quale questa situazione è più chiara. Ma era situata in un momento nel quale la storia aveva la necessità di "decollare" quanto prima. Le divagazioni sul tema avrebbero procrastinato ulteriormente l'avvio essenziale del rapporto fra LEI e la Snakes Hall, che rappresenta la parte più necessaria della vicenda.
R.Nella sceneggiatura originale l'interesse di Burt Young (l'agente immobiliare Muller) nei confronti della donna senza nome, era più evidente e più esplicito il suo interesse. Esiste una sequenza girata nella quale questa situazione è più chiara. Ma era situata in un momento nel quale la storia aveva la necessità di "decollare" quanto prima. Le divagazioni sul tema avrebbero procrastinato ulteriormente l'avvio essenziale del rapporto fra LEI e la Snakes Hall, che rappresenta la parte più necessaria della vicenda.
P.Ancora una domanda rispetto a un ruolo maschile. Il motivo per cui il sacerdote interpretato da Treat Williams è contrario al fatto che Lei riapra la Snakes Hall non ci appare chiaro. Può spiegarci meglio il ruolo di Padre Amy?
R.Padre Amy è un uomo di potere, di piccolo potere locale e come tutti i maggiorenti della città, nel momento in cui LEI rischia di riportare alla luce una verità tacitata da tempo, fa di tutto per dissuaderla. Non so e non mi sono preoccupato di andare oltre. L'importante era che LEI avvertisse attorno a se il vuoto assoluto.
R.Padre Amy è un uomo di potere, di piccolo potere locale e come tutti i maggiorenti della città, nel momento in cui LEI rischia di riportare alla luce una verità tacitata da tempo, fa di tutto per dissuaderla. Non so e non mi sono preoccupato di andare oltre. L'importante era che LEI avvertisse attorno a se il vuoto assoluto.
P.Ci perdonerà ma non possiamo fare a meno di rivolgerle una domanda sul finale, anzi due domande. La prima: si esce dalla sala con l’ultima immagine del film negli occhi: un’inquadratura dall’alto sulla Snakes Hall. È distinguibile Lei seduta (accasciata) sui gradini d’ingresso, mentre tutt’attorno macchine della polizia e agenti. Una voce fuori campo (di stampo giornalistico per così dire…), afferma che all’interno della casa non sono stati rinvenuti i corpi delle due adolescenti responsabili del triplice omicidio avvenuto all’inizio della storia. L’impressione è che tutto ciò che è accaduto all’interno della casa, tutto ciò che Lei/Morante ha visto e sentito in realtà è stato soltanto una proiezione della sua mente evidentemente non del tutto guarita. Ci può confermare questa interpretazione? La seconda domanda: quando in un thriller pensa a come “chiudere”, quale caratteristica si preoccupa di non far mancare mai? In altre parole, lei predilige un finale “sospeso” come ci sembra questo di Il nascondiglio, o al contrario chiuso?
R.Io sono certo che LEI ha vissuto oggettivamennte quella esperienza ma nel contempo sono certo che nessuno le crederà. D'altra parte la vecchia Liuba nel trascinare il suo macabro fagotto nelle profondità abissali dell'intrico di cunicoli rassicura la sorella dicendole che "tanto quella nessuno la crede". So di avere anche in questo caso messo in campo un ingrediente classico del genere dotando la mia protagonista di un tasso elevatissimo di inattendibilità, dovuto ai suoi trascorsi nel manicomio psichiatrico.
R.Io sono certo che LEI ha vissuto oggettivamennte quella esperienza ma nel contempo sono certo che nessuno le crederà. D'altra parte la vecchia Liuba nel trascinare il suo macabro fagotto nelle profondità abissali dell'intrico di cunicoli rassicura la sorella dicendole che "tanto quella nessuno la crede". So di avere anche in questo caso messo in campo un ingrediente classico del genere dotando la mia protagonista di un tasso elevatissimo di inattendibilità, dovuto ai suoi trascorsi nel manicomio psichiatrico.
P.Una nostra curiosità: cosa pensa dei film di M. N. Shyamalan, l’autore di Il sesto senso, di Unbreakable e del recente Lady in the water?
R.Ho già più volte ammesso la mia sconfinata ignoranza in materia. Non ho visto nessuno dei film che lei cita.
R.Ho già più volte ammesso la mia sconfinata ignoranza in materia. Non ho visto nessuno dei film che lei cita.
P.La scelta di Laura Morante ci è apparsa molto coraggiosa visto che per la prima volta si misurava con un ruolo in un thriller. Com’è maturata la scelta?
R.A mio fratello e me piace proporre cast in qualche modo inediti o almeno spiazzanti. Se è vero che Laura Morante non aveva nel suo curricullum un thriller è altrettanto vero che poche erano le alternative fra le attrici Italiane di quell'età, capaci di recitare un ruolo da protagonista assoluta presente ogni giorno, con una padronanza inonfutabile della lingua inglese. Non era facile trovare un'alternativa, no?
R.A mio fratello e me piace proporre cast in qualche modo inediti o almeno spiazzanti. Se è vero che Laura Morante non aveva nel suo curricullum un thriller è altrettanto vero che poche erano le alternative fra le attrici Italiane di quell'età, capaci di recitare un ruolo da protagonista assoluta presente ogni giorno, con una padronanza inonfutabile della lingua inglese. Non era facile trovare un'alternativa, no?
P.Può dirci qual è stata la scena più difficile da girare? Personalmente ci è piaciuta molto la prima parte del film, quella alla base degli sviluppi futuri: la presentazione, in un certo senso della casa…
R.Tutte le scene dell'ascensore in quanto la costruzione a Cinecittà non disponeva di un vero ascensore. Tutto il suo salire e scendere è frutto di piccoli (grandi) trucchi di mestiere che lo rendono assolutamente verosimile. Di quelle sequenze vado particolarmente orgoglioso anche se apparirà infantile.
R.Tutte le scene dell'ascensore in quanto la costruzione a Cinecittà non disponeva di un vero ascensore. Tutto il suo salire e scendere è frutto di piccoli (grandi) trucchi di mestiere che lo rendono assolutamente verosimile. Di quelle sequenze vado particolarmente orgoglioso anche se apparirà infantile.
P.In fase di sceneggiatura era prevista qualche scena (in flash back evidentemente…), con Lei/Morante e il marito e qualche scena del tempo che sempre Lei ha trascorso nella clinica psichiatrica?
R.No nessuna. Sul passato di Laura è stata calata una saracinesca che solo nel finale viene risollevata. E' tremendo che lei sappia di aver scritto quella lettera anonima che ha prodotto il suicidio del marito. In realtà abbiano compiuto una scorrettezza, un piccolo tradimento del genere. Il\la protagonista di film di questo tipo sono per lo più positivi, qui al contrario abbiamo una protagonista che porta dentro di se una colpa.
R.No nessuna. Sul passato di Laura è stata calata una saracinesca che solo nel finale viene risollevata. E' tremendo che lei sappia di aver scritto quella lettera anonima che ha prodotto il suicidio del marito. In realtà abbiano compiuto una scorrettezza, un piccolo tradimento del genere. Il\la protagonista di film di questo tipo sono per lo più positivi, qui al contrario abbiamo una protagonista che porta dentro di se una colpa.
P.Nei suoi progetti futuri figura ancora un thriller?
R.No, al momento sto lavorando a un film drammatico ambientato a Bologna durante il fascismo
Sergio Gualandi
http://www.thrillermagazine.it/rubriche/5789/
R.No, al momento sto lavorando a un film drammatico ambientato a Bologna durante il fascismo
Sergio Gualandi
http://www.thrillermagazine.it/rubriche/5789/
FELIZ NAVIDAD, Amarcord!
ResponderEliminarBuon Natale, Ron!
ResponderEliminarUn fuerte abrazo.
Un Gran Saludo desde Chile y Muchas Gracias Amarcord por esos momentos maravillosos del Cine Italiano
Eliminarseptimoarte.