TITULO ORIGINAL
Il ragazzo di Ebalus
AÑO
AÑO
1984
IDIOMA
IDIOMA
Italiano
SUBTITULOS
SUBTITULOS
No
DURACION
DURACION
110 min.
DURACION
DURACION
Giuseppe Schito
ASISTENTE DE DIRECCION
ASISTENTE DE DIRECCION
Mario Volpe, Dino Signorile
ARGUMENTO
ARGUMENTO
Giuseppe Schito
GUION
GUION
Giuseppe Schito
FOTOGRAFIA
FOTOGRAFIA
Paolo D'Ottavi
ESCENOGRAFIA
ESCENOGRAFIA
Elia Canestrari
MONTAJE
MONTAJE
Otello Colangeli
MUSICA
MUSICA
Marcello Pasquali
VESTUARIO
VESTUARIO
Elia Canestrari
PRODUCCION
PRODUCCION
Ebalus Coop
REPARTO
REPARTO
Riccardo Cucciolla (il vecchio contadino), Saverio Marconi (Marco Torrisi), Francesca Fenati (Anna), Therese Ann Savoy (la giovane terrorista), Ennio Fantastichini (un terrorista), Domiziano Arcangeli, Alida Maria Sessa (Maria), Paolo Amoruso (l'ispettore), Chris Chiapperini (il professore), Carla Schito (l'alunna), Vincenzo Milella (un poliziotto), Daniele Trevisi (un poliziotto)
GENERO
GENERO
Drama
Sinópsis
Ricercato dalla polizia e dai suoi ex compagni, il giovane terrorista Marco Torrisi, dopo una rapina nella quale rimane uccisa la ragazza, fugge in Puglia e trova aiuto e asilo da un contadino e da una giovane insegnante per breve tempo; tenterà l'espatrio, ma resterà ucciso da una compagna terrorista.
Premios
Mejor film cooperativo en la Mostra del Cinema di Venezia 1984
Trama
Durante gli anni di piombo in Italia, Marco, un giovane terrorista, si rifugia in un casolare della campagna pugliese dopo essere sfuggito a una stazione di blocco. Un vecchio contadino lo accoglie e gli offre ospitalità, ma il precipitare degli eventi costringe di nuovo Marco a fuggire inseguito da una compagna che, ritenendolo un traditore, lo uccide. Il film presenta caratteri tipicamente “meridionali”, mettendo a confronto la saggezza contadina al disordine e alla follia omicida che caratterizzarono in Italia gli anni del terrorismo. Fra gli elementi a favore del film si segnalano i suggestivi panorami della campagna pugliese. Giuseppe Schito ha diretto soltanto questo lungometraggio, presentato alla Mostra di Venezia in una sezione collaterale. Le isole Tremiti e la campagna della provincia di Taranto sono i luoghi in cui Il ragazzo di Ebalus fu realizzato.
http://www.apuliafilmcommission.it/category/cinema-in-puglia/page/10
http://www.apuliafilmcommission.it/category/cinema-in-puglia/page/10
Crítica
« ...Il film, per via di alcune ingenuità, ha sucitato nel pubblico della "Venezia De Sica" tanta ilarità, semplice com'è nella sua costruzione. Un vero peccato perchè la pellicola ha molti punti d'interesse che non sono soltanto quello di affrontare la realtà drammatica d'oggi ».
Paolo Micalizzi, il Resto del Carlino 5/9/1984 ©
http://calabriainciak.blogspot.com.ar/search?q=Il+ragazzo+di+Ebalus
Paolo Micalizzi, il Resto del Carlino 5/9/1984 ©
http://calabriainciak.blogspot.com.ar/search?q=Il+ragazzo+di+Ebalus
Intervista a Giuseppe Schito del 18/09/2004
Riflettori puntati sul regista salentino Giuseppe Schito che recentemente ha ricevuto due premi alla carriera, l'uno nel corso della rassegna Salento International Film Festival di Tricase, l'altro al Levante Film Festival di Bari. I riconoscimenti appaiono più che meritati nei confronti di un uomo, che ha messo a disposizione della sua terra e delle sue origini il proprio talento artistico e ora vive in una casa di riposo per ristrettezze economiche. Giuseppe Schito è nato a Cursi, dove appena diciottenne fonda il settimanale La Ribalta. Lo si ricorda per la pellicola “Il ragazzo di Ebalus”, che è stato presentato a Venezia nel 1984 e ha ricevuto un premio, quale miglior film cooperativo. Correvano gli anni di piombo: era inevitabile per il cinema inquadrare il difficile momento storico e indurre ad una riflessione. Schito l'ha saputo fare narrando la storia di un giovane terrorista, in fuga dalla polizia e dai suoi stessi compagni. Una fuga reale e simbolica, alla ricerca di vecchi e nuovi valori che il protagonista trova nella terra pugliese, terra di contadini decantata da Virgilio.
Come ricorda l'esperienza del film Il ragazzo di Ebalus?
Era un momento artistico ricco di fermenti e di personalità della caratura di Fellini, Castellani ed altri che hanno segnato la storia del cinema e con i quali sono entrato in contatto coltivando impegno ed amicizia. Il mio film portato a Venezia e diffuso anche dalla Rai, era un invito a riscoprire le radici, passando attraverso la formazione e l'amore per i classici e la storia. Credo siano necessarie preparazione e cultura per poter trasmettere valori e il cinema può veicolare anche tutto ciò. Il progetto cui sto lavorando ora consiste proprio nella realizzazione di un documentario, intitolato Pianeta Puglia. Mi interessa riportare l'attenzione su uno degli aspetti più importanti per la regione pugliese che è dato dal settore dell'agroalimentare e dal turismo che può derivarne…
Recentemente lei ha ricevuto anche un altro riconoscimento, altrettanto importante e se vogliamo simbolico, le è stato donato da un privato un trullo in agro di Alberobello. Ed è stato anche chiesto di poter accedere, per lei, al fondo Bacchelli, riservato ad artisti cui si riconosce l'alto valore, che vivono situazioni economiche precarie.
Si è così. Sono grato innanzi tutto al signor Dino Barnaba e spero trasferirmi a breve in questo trullo che ricorda il genio e l'impegno della cultura contadina. Sono anche io figlio di contadini e ho un profondo rispetto per la campagna e per i suoi valori.
Antonella Lippo
http://win.coolclub.it/giornale/dettaglio_interviste.asp?menu=16&submenu=0&id_interviste=13
Antonella Lippo
http://win.coolclub.it/giornale/dettaglio_interviste.asp?menu=16&submenu=0&id_interviste=13
LA RIVENDICAZIONE DI FERRUCCIO CASTRONUOVO
Anno 1984: il Gargano diventa ancora una volta set cinematografico. Dopo pellicole importanti, come “Ecce Homo”, di Sabel, o “La Legge”, di Jules Dassin, con una giovane Lollobrigida, è il garganico di Federico Fellini, Ferruccio Castronuovo (foto del titolo, col famoso regista romagnolo di cui era aiuto; ndr) a essere chiamato per registrare, ancora una volta su questo pezzo di Puglia, le scene del film “Il Ragazzo di Ebalus”.
Il film tratta delle vicende di un giovane terrorista, Marco, ricercato dalla polizia e dai compagni che lo vogliono uccidere per farlo tacere per sempre. Il ragazzo dopo una rapina in cui trova la morte la sua fidanzata, fugge verso Sud. In Puglia. Arriva a Taranto dove cerca di espatriare ma, individuato dalla polizia, è costretto a fuggire nelle campagne. Trova accoglienza in un vecchio trullo, dove l’anziano agricoltore (Riccardo Cucciolla, nel fim; ndr) cerca di nasconderlo per qualche giorno.
Li incontra una professoressa che appassionata dalla sua storia e affascinata dal giovane, interpretato da Saverio Marconi, gli propone di rifugiarsi da una sua zia alle Tremiti. Cosi fanno. Passano una notte, ma vengono scoperti. Marco è costretto a tornare indietro, a espatriare. Non ci riesce, muore, ucciso da una compagna terrorista (interpretata da Therese Ann Savoy; ndr).
Nel film si riconoscono distintamente i luoghi delle scene: l’abbazia di Calena, il castello e la Rupe di Peschici, il piccolo porticciolo del centro garganico, la litoranea per Vieste. Un forte legame col passato e i versi delle Georgiche di Virgilio, che oggettivamente rendono di difficile comprensione la storia, sono il filo conduttore e il legame fra il protagonista (il terrorista Marco, in crisi ideologica e alla ricerca di una strada che non riuscirà a trovare) e il vecchio agricoltore, che lo ospita disinteressato. I valori alternativi all’interno di una società in crisi, come quella dell’Italia degli Anni Ottanta, la morale.
Altra particolarità della pellicola sta nella regia. Per la locandina il regista è Giuseppe Schito, per noi Ferruccio Castronuovo (foto 1 sotto, al lavoro, e 2, sul set del suo “Appunti sul film di Federico Fellini LA CITTA’ DELLE DONNE” presentato al Festival veneziano il 2009; ndr), da tempo romano d’adozione (è nato infatti a Vico del Gargano), dove ha svolto corsi di cinematografia. L’idea è sicuramente di Schito, che vede il lavoro come un’occasione per ottenere finanziamenti dalla Regione Puglia, ma lui non è un regista e non ha mai lavorato in quel settore. Dopo qualche sgangherata ripresa, viene così chiamato Ferruccio.
“Il direttore della fotografia era mio amico e mi chiamò perché il regista non sapeva da dove cominciare, e che sicuro di un flop aveva già pagato tutti - spiegò Castronuovo, intervistato qualche anno fa dai giovani ‘giornalisti’ del Liceo di Peschici. - Il copione era mal scritto. Cominciai a rivederlo e correggerlo come meglio si poteva. Il film doveva essere consegnato in quattro settimane e cominciai a lavorarci anche di notte, sorbendomi la maggior parte del lavoro e, per rispettare i tempi e consegnare 5 minuti di pellicola registrata e montata al giorno, feci anche lo sceneggiatore”.
Il regista “da locandina” (Schito) vince numerosi premi in Puglia e Salento, nonché il premio come Miglior Film Cooperativo alla Mostra del Cinema di Venezia del 1984. E Ferruccio, cacciato in malo modo dal set, resta nell’ombra. “La produzione commise gravi errori di carattere amministrativo e fiscale nei miei confronti - rivelò l’amareggiato Ferruccio. - Mi venne dato un assegno di 3 milioni di lire… scoperto, e sulla busta paga in cui figuravo come aiuto regista, vennero poste firme false! Lavorai e non venni pagato. Mi accorsi da subito delle inesattezze e minacciai di denunciare la produzione, che come risposta interruppe il rapporto lavorativo.
“Schito - aggiunse Castronuovo - dovrebbe avere, cosa che non ha mai avuto in tutti questi anni, l’umiltà di ringraziare pubblicamente chi gli ha permesso di arrivare a Venezia senza meritarlo. I meriti di quel premio vanno alla mia capacità professionale di trasformare una sceneggiatura pietosa e da dilettante in un racconto cinematografico ai limiti della decenza. Infatti i miracoli non sono riuscito a farli nemmeno io”.
Una verità che forse pochi ancora oggi conoscono e per la quale un affermato e rispettato regista innamorato del Gargano, del brigantaggio e suonatore di chitarra battente (foto 3, sulle tavole del trabucco Montepucci, Peschici), meriterebbe almeno un riconoscimento.
Domenico Ottaviano jr.
http://www.puntodistella.it/news.asp?ID=3359
Il film tratta delle vicende di un giovane terrorista, Marco, ricercato dalla polizia e dai compagni che lo vogliono uccidere per farlo tacere per sempre. Il ragazzo dopo una rapina in cui trova la morte la sua fidanzata, fugge verso Sud. In Puglia. Arriva a Taranto dove cerca di espatriare ma, individuato dalla polizia, è costretto a fuggire nelle campagne. Trova accoglienza in un vecchio trullo, dove l’anziano agricoltore (Riccardo Cucciolla, nel fim; ndr) cerca di nasconderlo per qualche giorno.
Li incontra una professoressa che appassionata dalla sua storia e affascinata dal giovane, interpretato da Saverio Marconi, gli propone di rifugiarsi da una sua zia alle Tremiti. Cosi fanno. Passano una notte, ma vengono scoperti. Marco è costretto a tornare indietro, a espatriare. Non ci riesce, muore, ucciso da una compagna terrorista (interpretata da Therese Ann Savoy; ndr).
Nel film si riconoscono distintamente i luoghi delle scene: l’abbazia di Calena, il castello e la Rupe di Peschici, il piccolo porticciolo del centro garganico, la litoranea per Vieste. Un forte legame col passato e i versi delle Georgiche di Virgilio, che oggettivamente rendono di difficile comprensione la storia, sono il filo conduttore e il legame fra il protagonista (il terrorista Marco, in crisi ideologica e alla ricerca di una strada che non riuscirà a trovare) e il vecchio agricoltore, che lo ospita disinteressato. I valori alternativi all’interno di una società in crisi, come quella dell’Italia degli Anni Ottanta, la morale.
Altra particolarità della pellicola sta nella regia. Per la locandina il regista è Giuseppe Schito, per noi Ferruccio Castronuovo (foto 1 sotto, al lavoro, e 2, sul set del suo “Appunti sul film di Federico Fellini LA CITTA’ DELLE DONNE” presentato al Festival veneziano il 2009; ndr), da tempo romano d’adozione (è nato infatti a Vico del Gargano), dove ha svolto corsi di cinematografia. L’idea è sicuramente di Schito, che vede il lavoro come un’occasione per ottenere finanziamenti dalla Regione Puglia, ma lui non è un regista e non ha mai lavorato in quel settore. Dopo qualche sgangherata ripresa, viene così chiamato Ferruccio.
“Il direttore della fotografia era mio amico e mi chiamò perché il regista non sapeva da dove cominciare, e che sicuro di un flop aveva già pagato tutti - spiegò Castronuovo, intervistato qualche anno fa dai giovani ‘giornalisti’ del Liceo di Peschici. - Il copione era mal scritto. Cominciai a rivederlo e correggerlo come meglio si poteva. Il film doveva essere consegnato in quattro settimane e cominciai a lavorarci anche di notte, sorbendomi la maggior parte del lavoro e, per rispettare i tempi e consegnare 5 minuti di pellicola registrata e montata al giorno, feci anche lo sceneggiatore”.
Il regista “da locandina” (Schito) vince numerosi premi in Puglia e Salento, nonché il premio come Miglior Film Cooperativo alla Mostra del Cinema di Venezia del 1984. E Ferruccio, cacciato in malo modo dal set, resta nell’ombra. “La produzione commise gravi errori di carattere amministrativo e fiscale nei miei confronti - rivelò l’amareggiato Ferruccio. - Mi venne dato un assegno di 3 milioni di lire… scoperto, e sulla busta paga in cui figuravo come aiuto regista, vennero poste firme false! Lavorai e non venni pagato. Mi accorsi da subito delle inesattezze e minacciai di denunciare la produzione, che come risposta interruppe il rapporto lavorativo.
“Schito - aggiunse Castronuovo - dovrebbe avere, cosa che non ha mai avuto in tutti questi anni, l’umiltà di ringraziare pubblicamente chi gli ha permesso di arrivare a Venezia senza meritarlo. I meriti di quel premio vanno alla mia capacità professionale di trasformare una sceneggiatura pietosa e da dilettante in un racconto cinematografico ai limiti della decenza. Infatti i miracoli non sono riuscito a farli nemmeno io”.
Una verità che forse pochi ancora oggi conoscono e per la quale un affermato e rispettato regista innamorato del Gargano, del brigantaggio e suonatore di chitarra battente (foto 3, sulle tavole del trabucco Montepucci, Peschici), meriterebbe almeno un riconoscimento.
Domenico Ottaviano jr.
http://www.puntodistella.it/news.asp?ID=3359
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EliminarTi segnalo anche questo,
ResponderEliminardi cui non avevo mai sentito parlare.
Marco
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EliminarGrazie
ResponderEliminarMarco