TITULO ORIGINAL Delitto d'amore
AÑO 1974
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACION 105 min.
DIRECCION Luigi Comencini
GUION Luigi Comencini, Ugo Pirro
MUSICA Carlo Rustichelli
FOTOGRAFIA Luigi Kuveiller
REPARTO Giuliano Gemma, Stefania Sandrelli, Brizio Montinaro, Renato Scarpa, Cesira Abbiati, Rina Franchetti, Emilio Bonucci
PRODUCTORA Documento Film / Gianni Hecht Lucari
GENERO Drama | Política
AÑO 1974
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACION 105 min.
DIRECCION Luigi Comencini
GUION Luigi Comencini, Ugo Pirro
MUSICA Carlo Rustichelli
FOTOGRAFIA Luigi Kuveiller
REPARTO Giuliano Gemma, Stefania Sandrelli, Brizio Montinaro, Renato Scarpa, Cesira Abbiati, Rina Franchetti, Emilio Bonucci
PRODUCTORA Documento Film / Gianni Hecht Lucari
GENERO Drama | Política
SINOPSIS La relación amorosa de una pareja de clase obrera tropezará con dificultades tanto por sus duras condiciones de vida como por las diferencias ideológicas que existen entre ellos. (FILMAFFINITY)
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Subtítulos (Español)
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Luigi Comencini evolve la sua analisi dell'orrore della società che non concede tregua intrapreso con "Lo scopone scientifico"; e lo fa con un'opera di denuncia verso i meccanismi mostruosi delle fabbriche, che contaminano i fiumi e distruggono la natura. Al contempo i due protagonisti del film, Nullo e Carmela, sono inconsapevolmente prigionieri nelle maglie delle rispettive usanze e tradizioni; la seconda soprattutto, magistralmente interpretata da Stefania Sandrelli (che ad ogni modo è Toscana), appare una vittima, oltre che di valori ingigantiti come famiglia e onore, anche di se stessa, e della propria fanciullezza (la raffigurazione della quale era proprio l'intento basilare, già nel film "La ragazza di bube", a detta di Comencini). Le divergenze di origine tra questa ed fidanzato settentrionale (Giuliano Gemma), entrambi arruolati all'interno della stessa fabbrica situata nella provincia di Milano, daranno vita al contempo a situazioni para-comiche, nonostante come detto il film si discosti diametricalmente dal filone della commedia all'italiana.
Per tutta la sua durata il fim resta improntato sulla rifessione circa l'industrializzazione selvaggia del Norditalia; dalla mancanza di alloggio per gli immigrati del meridione quasi a disprezzo dei bisogni di costoro, all'inquinamento, al punto tale che la fabbrica e città finiranno per essere due componenti di un medesimo inferno. Del resto Milano è sempre stata una città grigia e inquinata, alla quale nel film vengono equiparati gli interni semiautomatizzati della fabbrica in questione. Il prodotto di questo connubio appare quindi, verosimilmente, essere proprio il danno ecologico, a cui si accompagna la sconfitta degli umili, nonostante portatore di una verità che i ricchi non posseggono.
Il film fu girato, per la precisione, a Cinisello Balsamo; il fiume che si vede, il Lambro, al pari di altri fiumi lombardi, appare più come una cloacha inquinata, tanto che i contadini non poterono più usufruire degli impianti d'irrigazione ideati da Leonardo da Vinci.
Tornando al fim, che nonostante la moltitudine di temi trattati non fu apprezzato dalla critica né dal pubblico, richiama "La ragazza di Bube" anche per l'aspetto intimista nella relazione tra i due personaggi primari, sebbene contorniato da aspetti storici e sociali molto forti; di cui però l'autore disconosce la valenza politica, o perlomeno non la considera mai diretta. Il finale stesso; dove Nullo, personaggio sindacalista e anarchico per tradizione di famiglia, ricercherà la vedetta verso le condizioni di degrado della fabbrica, ma anche verso quei rovelli sociali colpevoli di aver distrutto la sua storia d'amore con Carmela; non intende condannare i "padroni" quanto forse avvalersi di una connotazione di sentimentalismo.
Fairy Feller
http://www.debaser.it/recensionidb/ID_35473/Luigi_Comencini_Delitto_damore.htm
Per tutta la sua durata il fim resta improntato sulla rifessione circa l'industrializzazione selvaggia del Norditalia; dalla mancanza di alloggio per gli immigrati del meridione quasi a disprezzo dei bisogni di costoro, all'inquinamento, al punto tale che la fabbrica e città finiranno per essere due componenti di un medesimo inferno. Del resto Milano è sempre stata una città grigia e inquinata, alla quale nel film vengono equiparati gli interni semiautomatizzati della fabbrica in questione. Il prodotto di questo connubio appare quindi, verosimilmente, essere proprio il danno ecologico, a cui si accompagna la sconfitta degli umili, nonostante portatore di una verità che i ricchi non posseggono.
Il film fu girato, per la precisione, a Cinisello Balsamo; il fiume che si vede, il Lambro, al pari di altri fiumi lombardi, appare più come una cloacha inquinata, tanto che i contadini non poterono più usufruire degli impianti d'irrigazione ideati da Leonardo da Vinci.
Tornando al fim, che nonostante la moltitudine di temi trattati non fu apprezzato dalla critica né dal pubblico, richiama "La ragazza di Bube" anche per l'aspetto intimista nella relazione tra i due personaggi primari, sebbene contorniato da aspetti storici e sociali molto forti; di cui però l'autore disconosce la valenza politica, o perlomeno non la considera mai diretta. Il finale stesso; dove Nullo, personaggio sindacalista e anarchico per tradizione di famiglia, ricercherà la vedetta verso le condizioni di degrado della fabbrica, ma anche verso quei rovelli sociali colpevoli di aver distrutto la sua storia d'amore con Carmela; non intende condannare i "padroni" quanto forse avvalersi di una connotazione di sentimentalismo.
Fairy Feller
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DELITTO D’AMORE: STORIA DI UNA MILANO OPERAIA
Presa in prestito per far da cornice al film di Luigi Comencini “Delitto d’amore” (1974), la cintura della Milano operaia degli anni Settanta e Ottanta assolve perfettamente al compito che le viene affidato. Protagonisti d’eccezione: Giuliano Gemma e Stefania Sandrelli – di una bravura rara e all’apice del loro splendore – raccontano la storia di due giovani che lavorano in una fabbrica e s’innamorano. Ma i temi sono anche altri.
Lei, Carmela Santoro, siciliana, emigrata al nord con la famiglia in cerca di fortuna, è figlia fedele e devota, pronta a sacrificare anche la sua stessa esistenza per gli ideali ai quali è stata educata: valori religiosi in primis. Lui, Nullo Bronzi, lombardo d.o.c., proveniente da una famiglia operaia da generazioni, è anarchico e libertario. La contrapposizione sociale è netta e ben delineata: la famiglia meridionale impiantata in Lombardia vive in ristrettezze economiche e quotidiane di qualsiasi tipo; gli autoctoni, invece, cercano di sfruttare il periodo di riforme politiche e movimenti sociali per migliorare le proprie condizioni di vita presenti e future. Tra velati pudori e slanci vitali, senso di vergogna e voglia di conoscere, si svolge la loro storia d’amore che, in più di un’occasione, si scontrerà con la realtà che c’è fuori dall’universo degli innamorati ma, pur accusando qualche colpo, ne uscirà con successo.
Di altro segno, invece, il filone narrativo che riguarda il lavoro in fabbrica degli operai che, neanche quarant’anni fa (e, in certi – per fortuna – sparuti casi, ancora oggi) nel nostro paese, vivevano in condizioni al limite della legalità. Nel film, Carmela è addetta a una macchina che produce esalazioni venefiche e tutti i giorni respira il veleno che la ucciderà, senza alcuna protezione o dispositivo di sicurezza. Nullo, alla fine, la vendicherà dando vita a manifestazioni di protesta che coinvolgeranno tutti gli operai di quello e di altri stabilimenti, che poi diventeranno vere e proprie sommosse popolari.
La pellicola non è impeccabile: piccole sbavature si rilevano nel dipanarsi del racconto e nella sua articolazione ma coglie e restituisce perfettamente lo spirito dell’epoca: nella nostalgia dei grigi inverni milanesi e nei giacconi verde militare foderati di pelliccia, c’è tutta la poesia degli anni Settanta. La storia è imprevedibile e accattivante, tant’è che fino alla fine, lo spettatore mantiene viva una latente speranza che Carmela si alzi dal letto in cui è costretta dalla malattia e che il matrimonio d’amore dei due protagonisti si celebri come Dio comanda. Ma il finale che Comencini ci ha riservato è, al contempo, più delicato e più potente di qualsiasi altro e sperato happy ending. Pregevole anche la scelta di dialoghi brevi e dal contenuto sobrio che rievoca note di registi francesi, soliti lasciare più spazio alla narrazione attraverso le immagini piuttosto che a quella urlata o eccessivamente descrittiva delle parole.
Compreso nella selezione ufficiale di Cannes del 1974, fece parte dei film in concorso e fu ben accolto dalle giurie che ne colsero gli aspetti sociali, relativi alla denuncia delle pratiche di lavoro malsane adottate da alcuni stabilmenti italiani in quegli anni, e l’elevato valore drammatico, incarnato soprattutto da due attori della qualità artistica di Giuliano Gemma e Stefania Sandrelli.
Claudia Boddi
http://www.postpopuli.it/15848-delitto-damore-storia-di-una-milano-operaia/#
Claudia Boddi
http://www.postpopuli.it/15848-delitto-damore-storia-di-una-milano-operaia/#
Protagonisti del film sono due giovani: Nullo Branzi, un settentrionale, e Carmela Santoro, una ragazza siciliana immigrata in Lombardia. Lavorano nello stesso stabilimento nei pressi di Milano, soffrendo dei tipici problemi della fabbrica, spesso disumana e alienante. Si aggiungano in più le condizioni subumane in cui la famiglia di Carmela è costretta a vivere e il lavoro dannoso, per le esalazioni che, a lungo andare, mettono in pericolo la vita stessa della lavoratrice. Carmela si innamora di Nullo, si fidanza e si concede a lui. In una situazione, che ha ormai legato le loro due vite, esplode acuta la differenza di mentalità dei due protagonisti. Anarchica, libertaria, senza fede quella di Nullo; oppressa da condizionamenti di schiavitù familiare e sociale, da una tipica religiosità superstiziosa e da consuetudini ataviche, quella di Carmela. Il contrasto, già acuto sul piano individuale, viene esasperato dall'ambiente. La vicenda conclude in modo melodrammatico con un matrimonio civile in extremis e con la morte di Carmela, vittima della fabbrica che ha consumato un ennesimo omicidio bianco.
Uno dei pochi film sulle morti bianche nel cinema operaio, ma qualcosa di più della denuncia sociale. Intanto è il ritratto di una società intossicata dove il paesaggio e non solo il lavoro ne denunciano l'inquinamento. Poi vi sono le condizioni dei lavoratori anche fuori dalla fabbrica nei casermoni delle periferie. Infine vi è anche una buona resa dei caratteri e delle culture originarie che all'epoca caratterizzavano il conflitto tra Nord e Sud. Ed è proprio il finale "delitto d'onore" con il padrone come vittima che diventa "delitto d'amore".
La critica
Sensibile evocatore di atmosfere, Comencini dà un'immagine persuasiva della Milano dei quartieri operai, dei fiumi corrotti, delle nebbie mefitiche, dei ritmi di fabbrica, quinte livide degli "omicidi bianchi". È con molta attenzione si adopera per cogliere, nel conflitto fra i suoi personaggi, le ragioni diverse del loro sogno distrutto. L'epilogo, che il prologo ha anticipato, convince meno, perché retrocede a melodramma un'accurata operazione introspettiva giocata sui semitoni, ma in più luoghi il film ha momenti acuti e sottili: così è dove tocca le diffidenze delle reciproche famiglie e quell'intrico di ancestrali paure, di freni religiosi e di umori contraddittori che impedisce alla tenerezza di distendersi. L'interpretazione è di livello soddisfacente: e quella di Giuliano Gemma, meno sbiadita che altrove, e quella di Stefania Sandrelli, che nonostante i modi vezzosi dà all'imprevedibile Carmela inquieto risalto. La bella fotografia è di Luigi Kuveiller: i grigi e le schiume della periferia milanese stringono il cuore. (Giovanni Grazzini)
Il lombardo Nullo e la siciliana Carmela, operai in una fabbrica, s'innamorano. La donna, intossicata da esalazioni venefiche, muore. Nullo la vendica. Comencini taglia, alleggerisce alla lombarda il vino meridionale ad alto tasso alcolico di Ugo Pirro (soggetto e sceneggiatura) in una love story proletaria diseguale, ma ricca di momenti espressivi. Imperfetto, ma anche imprevedibile sullo sfondo di una suggestiva e malinconica Milano della cintura operaia. Fu capito dai critici francesi a Cannes, e la Sandrelli, di nuovo siciliana e doppiata controvoglia, è bravissima. (M. Morandini)
Condita da una lieve satira sociale, è una favola ambientata nell'alienante (e mortale) hinterland industriale milanese. (Paolo Mereghetti - "Dizionario dei film").
http://www.lombardia.cisl.it/paginanew.asp?ID=5681
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Nullo e Carmela sono due giovani dipendenti di una fabbrica dell’hinterland di Milano.
I due sono diversissimi come mentalità, essendo il primo settentrionale mentre Carmela è una donna siciliana di vecchio stampo, con un codice morale rigoroso.
Carmela è emigrata a Milano, dove conduce una vita dimessa, tipica degli operai delle fabbriche come del resto Nullo che paga l’affitto alla sua numerosa famiglia.
I due, pur così diversi, finiscono per innamorarsi.
Ma l’unione tra i due giovani, pur così piena d’amore, finisce per avere dei problemi gravi legati alle differenze culturali dei due gioani.
Mentre Nullo è consapevole della sua esistenza meschina, oppressa da un lavoro senza alcuna soddisfazione e per giunta anche pericoloso, Carmela sembra accettare con rassegnazione il suo destino.
Nullo è un anarchico, un ateo mentre Carmela vive con fermezza la sua fede e difende i valori morali in cui crede.
I due si lasciano ma Nullo è profondamente innamorato della donna e riesce a riconquistarla.
Ma è troppo tardi perchè Carmela, avvelenata dall’ambiente della fabbrica nella quale lavora sta per morire; Nullo la sposa sul letto di morte e subito dopo prende una pistola e uccide il padrone della fabbrica.
Sullo sfondo di una Milano dei sobborghi, grigia e triste, nebbiosa e alienante con i palazzoni tutti uguali costruiti su scenari lunari Luigi Comencini gira un film coraggioso parlando delle morti bianche sul lavoro, uno dei fenomeni più tristi dell’industrializzazione del nostro paese.
Tutto l’ambiente è malsano nel film e a fare da contraltare c’è solo la storia d’amore tra i due giovani, che riescono in qualche modo a colmare il fossato delle loro esperienze, delle loro educazioni e delle loro culture così profondamente diverse attraverso l’unico sentimento capace di unire aldilà delle differenze, ovvero l’amore.
E in effetti questo di Comencini è un film sulle condizioni di vita alienanti e mortali delle fabbriche, ma è anche e sopratutto una visione quasi commossa del piccolo mondo che ruota attorno alle vite di Nullo e Carmela.
Alcuni momenti sono davvero felici, come le titubanze e i pudori di Carmela nel momento in cui decide di concedersi al suo uomo, preda di ataviche paure e di pudori impressi quasi nella genetica oppure le scene in cui Nullo immagina il loro futuro in uno dei palazzoni della periferia milanese, cosi grigi e tutti uguali, con attorno campi desolati in cui l’uomo vede il futuro, con la costruzione di una chiesa, di negozi e un piccolo parco giochi.
Comencini per qualche tratto lascia immaginare il futuro della coppia, nonostante la forzata separazione tra i due che prelude alla riappacificazione prima di sferrare il colpo finale: tra Nullo e Carmela c’è l’amore, è vero, ma c’è anche la loro condizione di operai sfruttati con orari disumani e sopratutto con condizioni illegali di vita all’interno di fabbriche che sembrano l’anticamera di un lager nazista.
E sarà proprio la fabbrica a distruggere le loro vite per sempre perchè Carmela, intossicata dall’aria mortale della fabbrica finirà per spegnersi sul letto della casa di Nullo, circondata dai parenti e vestita di tutto punto per il matrimonio.
Una sequenza straziante e a tratti anche beffarda, perchè i parenti prima fanno gli auguri a Nullo e qualche minuto dopo sono costretti a fargli le condoglianze perchè subito dopo il “lo voglio” Carmela si spegne.
Luigi Comencini è stato uno dei più grandi maestri del cinema e lo dimostra con questo Delitto d’amore, datato 1974,un film amaro, tenero e struggente quanto privo di speranza e disillusioni.
Non a caso il finale resta sospeso nell’aria, con quel colpo di pistola che Nullo spara all’invisibile proprietario della fabbrica, responsabile del degrado della fabbrica stessa a tutto vantaggio del profitto.
Siamo negli anni 70, gli anni di piombo e della denuncia dei sindacati delle proibitive condizioni di vita delle fabbriche stesse e Comencini ci mostra proprio l’ambiente desolato e infernale di uno di questi posti.
C’è una scena in cui Carmela, ingenuamente, si rivolge ad una collega dicendole di non fumare; la donna la guarda con commiserazione e le risponde che con tutti i veleni che respirano forse il fumo è il meno pericoloso.
Ecco, una delle chiavi di lettura del film è proprio questa, ovvero la capacità di Comencini di mescolare l’amarezza che sente e prova con un sentimento di rabbia mista a compassione senza però trasformarla in immagini che possano far deviare il suo film dal binario che si è imposto.
Comencini vuol raccontare una storia d’amore, una storia di culture differenti, una storia di lavoro alienante: lo fa con il suo consueto linguaggio cinematografico fatto di immagini forti ma allo stesso tempo delicate.
Così il film scorre malinconicamente, perchè noi spettatori intuiamo che i due giovani hanno davanti un destino segnato; l’indignazione ci prende ma si trasforma in rassegnazione man mano che la storia evolve come la tela iniziata da un ragno.
I due protagonisti sognano, litigano, vivono esistenze marginali ai bordi della operosa Milano; tra i due la nostra simpatia, forte, va a Carmela, donna dai sani principi e dalla vita cristallina.
Ma ben presto proviamo simpatia anche per Nullo, che è uomo d’onore e di principi, nonostante sia politicamente un cane sciolto e sia lontanissimo da qualsiasi ideale religioso.
Comencini scommete su un film ad ambientazione proletaria e operaia quindi, intessendolo su una storia d’amore; vince la scommessa due volte, perchè sceglie come protagonisti due attori molto differenti fra loro anche come esperienze passate.
Se Stefania Sandrelli aveva alle spalle il ruolo di Agense Ascalone nello splendido film Sedotta e abbandonata di Pietro Germi, ambientato in Sicilia, Giuliano Gemma si era fatto una solida fama principalmente con film western o avventurosi, con qualche rara incursione nel drammatico come in L’amante dell’orsa maggiore.
La coppia, pur così disuguale, funziona a meraviglia e rende al meglio con drammaticità ed espressività i personaggi di Nullo e Carmela.
Lui mostra decisamente una buona predisposizione al drammatico mentre la Sandrelli commuove con un personaggio semplice e ben delineato, mai forzato verso il pietismo.
Il soggetto di Ugo Pirro è affascinante, così come la fotografia di Luigi Kuveiller; malinconiche le musiche di Carlo Rustichelli e le scenografie di Dante Ferretti.
Un cast tecnico di prim’ordine, quindi, mentre il resto del cast cinematografico fa il suo con sobrietà e moderazione.
Delitto d’amore è un gran bel film che si innesta nel filone di denuncia sul lavoro in fabbrica, che aveva avuto nel 1971 la sua massima espressione nel film di Elio Petri La classe operaia va in paradiso; i due film non sono accostabili perchè molto differenti dal punto di vista stilistico e dei contenuti ma hanno entrambi il dono del coraggio.
Da rivedere e da riscoprire.
http://magar57.blogspot.com.ar/2012/03/delitto-damore.html
I due sono diversissimi come mentalità, essendo il primo settentrionale mentre Carmela è una donna siciliana di vecchio stampo, con un codice morale rigoroso.
Carmela è emigrata a Milano, dove conduce una vita dimessa, tipica degli operai delle fabbriche come del resto Nullo che paga l’affitto alla sua numerosa famiglia.
I due, pur così diversi, finiscono per innamorarsi.
Ma l’unione tra i due giovani, pur così piena d’amore, finisce per avere dei problemi gravi legati alle differenze culturali dei due gioani.
Mentre Nullo è consapevole della sua esistenza meschina, oppressa da un lavoro senza alcuna soddisfazione e per giunta anche pericoloso, Carmela sembra accettare con rassegnazione il suo destino.
Nullo è un anarchico, un ateo mentre Carmela vive con fermezza la sua fede e difende i valori morali in cui crede.
I due si lasciano ma Nullo è profondamente innamorato della donna e riesce a riconquistarla.
Ma è troppo tardi perchè Carmela, avvelenata dall’ambiente della fabbrica nella quale lavora sta per morire; Nullo la sposa sul letto di morte e subito dopo prende una pistola e uccide il padrone della fabbrica.
Sullo sfondo di una Milano dei sobborghi, grigia e triste, nebbiosa e alienante con i palazzoni tutti uguali costruiti su scenari lunari Luigi Comencini gira un film coraggioso parlando delle morti bianche sul lavoro, uno dei fenomeni più tristi dell’industrializzazione del nostro paese.
Tutto l’ambiente è malsano nel film e a fare da contraltare c’è solo la storia d’amore tra i due giovani, che riescono in qualche modo a colmare il fossato delle loro esperienze, delle loro educazioni e delle loro culture così profondamente diverse attraverso l’unico sentimento capace di unire aldilà delle differenze, ovvero l’amore.
E in effetti questo di Comencini è un film sulle condizioni di vita alienanti e mortali delle fabbriche, ma è anche e sopratutto una visione quasi commossa del piccolo mondo che ruota attorno alle vite di Nullo e Carmela.
Alcuni momenti sono davvero felici, come le titubanze e i pudori di Carmela nel momento in cui decide di concedersi al suo uomo, preda di ataviche paure e di pudori impressi quasi nella genetica oppure le scene in cui Nullo immagina il loro futuro in uno dei palazzoni della periferia milanese, cosi grigi e tutti uguali, con attorno campi desolati in cui l’uomo vede il futuro, con la costruzione di una chiesa, di negozi e un piccolo parco giochi.
Comencini per qualche tratto lascia immaginare il futuro della coppia, nonostante la forzata separazione tra i due che prelude alla riappacificazione prima di sferrare il colpo finale: tra Nullo e Carmela c’è l’amore, è vero, ma c’è anche la loro condizione di operai sfruttati con orari disumani e sopratutto con condizioni illegali di vita all’interno di fabbriche che sembrano l’anticamera di un lager nazista.
E sarà proprio la fabbrica a distruggere le loro vite per sempre perchè Carmela, intossicata dall’aria mortale della fabbrica finirà per spegnersi sul letto della casa di Nullo, circondata dai parenti e vestita di tutto punto per il matrimonio.
Una sequenza straziante e a tratti anche beffarda, perchè i parenti prima fanno gli auguri a Nullo e qualche minuto dopo sono costretti a fargli le condoglianze perchè subito dopo il “lo voglio” Carmela si spegne.
Luigi Comencini è stato uno dei più grandi maestri del cinema e lo dimostra con questo Delitto d’amore, datato 1974,un film amaro, tenero e struggente quanto privo di speranza e disillusioni.
Non a caso il finale resta sospeso nell’aria, con quel colpo di pistola che Nullo spara all’invisibile proprietario della fabbrica, responsabile del degrado della fabbrica stessa a tutto vantaggio del profitto.
Siamo negli anni 70, gli anni di piombo e della denuncia dei sindacati delle proibitive condizioni di vita delle fabbriche stesse e Comencini ci mostra proprio l’ambiente desolato e infernale di uno di questi posti.
C’è una scena in cui Carmela, ingenuamente, si rivolge ad una collega dicendole di non fumare; la donna la guarda con commiserazione e le risponde che con tutti i veleni che respirano forse il fumo è il meno pericoloso.
Ecco, una delle chiavi di lettura del film è proprio questa, ovvero la capacità di Comencini di mescolare l’amarezza che sente e prova con un sentimento di rabbia mista a compassione senza però trasformarla in immagini che possano far deviare il suo film dal binario che si è imposto.
Comencini vuol raccontare una storia d’amore, una storia di culture differenti, una storia di lavoro alienante: lo fa con il suo consueto linguaggio cinematografico fatto di immagini forti ma allo stesso tempo delicate.
Così il film scorre malinconicamente, perchè noi spettatori intuiamo che i due giovani hanno davanti un destino segnato; l’indignazione ci prende ma si trasforma in rassegnazione man mano che la storia evolve come la tela iniziata da un ragno.
I due protagonisti sognano, litigano, vivono esistenze marginali ai bordi della operosa Milano; tra i due la nostra simpatia, forte, va a Carmela, donna dai sani principi e dalla vita cristallina.
Ma ben presto proviamo simpatia anche per Nullo, che è uomo d’onore e di principi, nonostante sia politicamente un cane sciolto e sia lontanissimo da qualsiasi ideale religioso.
Comencini scommete su un film ad ambientazione proletaria e operaia quindi, intessendolo su una storia d’amore; vince la scommessa due volte, perchè sceglie come protagonisti due attori molto differenti fra loro anche come esperienze passate.
Se Stefania Sandrelli aveva alle spalle il ruolo di Agense Ascalone nello splendido film Sedotta e abbandonata di Pietro Germi, ambientato in Sicilia, Giuliano Gemma si era fatto una solida fama principalmente con film western o avventurosi, con qualche rara incursione nel drammatico come in L’amante dell’orsa maggiore.
La coppia, pur così disuguale, funziona a meraviglia e rende al meglio con drammaticità ed espressività i personaggi di Nullo e Carmela.
Lui mostra decisamente una buona predisposizione al drammatico mentre la Sandrelli commuove con un personaggio semplice e ben delineato, mai forzato verso il pietismo.
Il soggetto di Ugo Pirro è affascinante, così come la fotografia di Luigi Kuveiller; malinconiche le musiche di Carlo Rustichelli e le scenografie di Dante Ferretti.
Un cast tecnico di prim’ordine, quindi, mentre il resto del cast cinematografico fa il suo con sobrietà e moderazione.
Delitto d’amore è un gran bel film che si innesta nel filone di denuncia sul lavoro in fabbrica, che aveva avuto nel 1971 la sua massima espressione nel film di Elio Petri La classe operaia va in paradiso; i due film non sono accostabili perchè molto differenti dal punto di vista stilistico e dei contenuti ma hanno entrambi il dono del coraggio.
Da rivedere e da riscoprire.
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Thank you for this masterwork by Luigi Comencini with a beautiful, wonderful Stefania Sandrelli.
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