TÍTULO ORIGINAL Riprendimi
AÑO 2008
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACIÓN 93 min.
DIRECTOR Anna Negri
ARGUMENTO Anna Negri
GUIÓN Anna Negri, Giovanna Mori
MÚSICA Dominik Scherrer
FOTOGRAFÍA Gian Enrico Bianchi
VESTUARIO Antonella Cannarozzi
MONTAJE Ilaria Fraioli
REPARTO Alba Rohrwacher, Marco Foschi, Valentina Lodovini, Stefano Fresi, Alessandro Averone, Marina Rocco, Cristina Odasso, Francesca Cutolo, Massimo De Santis, Giulia Weber
PRODUCTORA Bess Movie / Medusa Distribuzione
GÉNERO Comedia
SINOPSIS El fin de la relación amorosa (aunque no del amor) entre una montajista y un actor es el comienzo de una historia contada en clave de mockumentary (falso documental), en la que las situaciones por las que atraviesan los protagonistas se muestran filtradas por un grupo de entusiastas documentalistas que pretenden convertir sus vidas en película. Relato vivo en el que los niveles de ficción se mezclan con humor y astucia. (IIDCBA)
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Unico film italiano presentato (e con successo di pubblico) un paio d’anni fa al Sundance Festival, salutato da ottime critiche un po’ ovunque.
“Un finto documentario pieno di trovate ingegnose” (Financial Times), “Bello, nevrotico, rivelatore…” (Ciak), “Il film dà una meritata occasione di protagonismo ad Alba Rohrwacher” (Repubblica), “… un’opera indipendente, intelligente e sofisticata, insolita nel panorama italiano” (Il Mattino), “Un film interessante” (La Stampa), “Un esperimento, certo, ma con un senso felice del cinema e delle sue esigenze migliori” (Il Tempo).
Riprendimi, prodotto da Francesca Neri e Claudio Amendola (Bess Movie), segna il ritorno alla regia, dopo molto tempo, di Anna Negri. La regista conferma il suo stile innovativo e originale creando questa volta un “mockumentary” (finto documentario) imperniato sul precariato, non solo del lavoro: tutto è precario nella realtà di oggi, dal grande amore ai rapporti umani, dalle scelte alle aspirazioni, dai comportamenti agli stili di vita.
Si ride in Riprendimi ma è un riso quanto mai amaro. La Negri delinea un ritratto del mondo odierno in cui dominano i media (a cui tutti siamo subordinati) e l’individuo appare frastornato fragile immaturo. Gli uomini alla perenne ricerca della giovinezza e restii ad assumersi le proprie responsabilità, le donne quanto mai fragili nella loro solitudine e nei loro bisogni negati.
Un implacabile quadro di una situazione drammatica in cui più di uno spettatore si riconoscerà, provando disagio e disturbo… ma che regia e sceneggiatura presentano con leggerezza divertita.
Un buon esempio di film a piccolo budget ma con molte idee che fa ben sperare nella effettiva ripresa del cinema italiano.
Da applauso l’interpretazione dell’intero cast.
http://cinemaleo.wordpress.com/2010/03/10/%E2%80%9Criprendimi%E2%80%9D/
“Un finto documentario pieno di trovate ingegnose” (Financial Times), “Bello, nevrotico, rivelatore…” (Ciak), “Il film dà una meritata occasione di protagonismo ad Alba Rohrwacher” (Repubblica), “… un’opera indipendente, intelligente e sofisticata, insolita nel panorama italiano” (Il Mattino), “Un film interessante” (La Stampa), “Un esperimento, certo, ma con un senso felice del cinema e delle sue esigenze migliori” (Il Tempo).
Riprendimi, prodotto da Francesca Neri e Claudio Amendola (Bess Movie), segna il ritorno alla regia, dopo molto tempo, di Anna Negri. La regista conferma il suo stile innovativo e originale creando questa volta un “mockumentary” (finto documentario) imperniato sul precariato, non solo del lavoro: tutto è precario nella realtà di oggi, dal grande amore ai rapporti umani, dalle scelte alle aspirazioni, dai comportamenti agli stili di vita.
Si ride in Riprendimi ma è un riso quanto mai amaro. La Negri delinea un ritratto del mondo odierno in cui dominano i media (a cui tutti siamo subordinati) e l’individuo appare frastornato fragile immaturo. Gli uomini alla perenne ricerca della giovinezza e restii ad assumersi le proprie responsabilità, le donne quanto mai fragili nella loro solitudine e nei loro bisogni negati.
Un implacabile quadro di una situazione drammatica in cui più di uno spettatore si riconoscerà, provando disagio e disturbo… ma che regia e sceneggiatura presentano con leggerezza divertita.
Un buon esempio di film a piccolo budget ma con molte idee che fa ben sperare nella effettiva ripresa del cinema italiano.
Da applauso l’interpretazione dell’intero cast.
http://cinemaleo.wordpress.com/2010/03/10/%E2%80%9Criprendimi%E2%80%9D/
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Il genere mockumentary (finto documentario) si sposa bene con lo stile sui generis e sopra le righe tanto caro ad Anna Negri, che pure ridimensiona le sue trovate piu’ naiif (In Principio Erano Le Mutande e’ lontano e solo a tratti rievocato dalle figure delle amiche di Lucia) a vantaggio di un girato maggiormente sobrio e asciutto.
Due cameramen investono tutti i loro beni sul documentario che (si spera) cambiera’ loro la vita: il precariato visto attraverso la vita di una coppia che va a rotoli: Lucia (Rohrwacher) e Giovanni (Marco Foschi).
Lei, montatrice, confonde vita e arte letteralmente “montando” a suo piacimento i pezzi selezionati di una relazione inesistente, sballata, ma di cui si ostina a rivendicare lo spessore e il grande, grandissimo amore (unilaterale).
Lui e’ un attore o aspirante tale, che spera di poter vivere “ruoli” eccitanti che esulino dalla routine di un rapporto consolidato, e che gli siano d’ispirazione per un approccio fertile alla recitazione e alla scrittura con cui si diletta. Precari con un bambino, Giovanni e Lucia si fanno interpreti ed esponenti dell’inquietante sovrapposizione che esiste fra condizione lavorativa ed esistenza tutta, contagiata dall’incertezza e dalla precarieta’ di sentimenti e progetti comuni che non superano l’annualita’, proprio come un contratto a termine, che ti spinge di volta in volta a migrare verso nuovi lidi.
Ecco inscenato il dramma (a volte misero, spesso comico nelle intenzioni e nelle riprese sovraccariche della Negri) del trentenne tout court: disorientato su tutti i fronti, adolescente vecchio e adulto immaturo, viene (finalmente) raccontato attraverso le sue colpe e i suoi difetti piu’ che per mezzo delle disgrazie che lo investono. Precario si’, ma anche incapace di prendere sul serio la vita e le sue responsabilita’, vagamente nascosto dietro una condizione altalenante che spesso invoca come si invoca l’infermita’ mentale.
Che questo “tipo” di uomo sia poi il prodotto diretto delle nuove condizioni socio lavorative, non e’ del tutto dato sapere, ma e’ di certo interessante affrontare il problema nei termini in cui la Negri lo pone, attraverso cioe’ un registro scherzoso e in piu’ punti macchiettistico.
La Negri si barcamena fra la messa in scena della separazione non consenziente (uno dei due non prende atto della fine, rinnegando la realta’), e lo sguardo complice rivolto a chi, ogni giorno, e’ alle prese col suo ruolo trasparente nella societa’ mobile o “liquida”, come viene definita facendo il verso alle diciture sociologiche.
Eccoci di fronte al quadro melodrammatico: la cecita’ del lasciato (Lucia), che si impunta nell’ affermare l’intensita’ di un amore immaginario versus la freddezza di chi abbandona, e si muove quasi a volersi liberare di una piattola testarda (Giovanni), totalmente egocentrato e preso a consumare un’altrettanta immaginaria rivincita nei confronti di una vita che metteva le catene.
Sullo sfondo picchiettano, tra il comico e il farsesco, le caratterizzazioni dell’attore che di mestiere fa la comparsa: un universo di invisibili impiegati del cinema, una costellazione di “aspiranti” a vita, che affidano sogni, speranze e mutui da pagare a ruoli poco piu’ che da barzelletta.
Una nota di colore e di contrappunto interessante sono le scene(ette) delle reunion in macchina dei due cameraman, che di notte fanno il punto della situazione e commentano il girato della giornata.
I due registi, con i loro battibetticchi, fanno un po’ le veci di un’ideologica voce fuori campo, che ha il compito di illustrare e riannodare le fila dei giudizi morali e delle possibili prospettive di valutazione applicabili alle sgangherate esistenze dei loro protagonisti, assolutamente fuori rotta e senza scopo alcuno da perseguire nella vita. Assolvere? Condannare? Sentenziare o comprendere le azioni di Giovanni e Lucia, sempre piu’ al di la’ di qualsiasi trama e di qualsiasi svolgimento razionale?
I momenti di riflessione espliciti che interrogano lo spettatore, svolgono l’efficace funzione di tenere alto il tasso di partecipazione, che tuttavia subisce un inarrestabile crollo nella seconda parte di film, in cui si disperde il primigenio ritmo incalzante e spedito, ad appannaggio di sensazioni appesantite e indugiate (complicazione congenita ai film che sparano tutte le cartucce in anticipo).
Il non sense percepito dai due cameraman, seriamente tentati dall’ abbandonare il progetto senza sbocchi, e’ lo stesso che assale noi nella seconda meta’ del secondo tempo, quando l’impellenza di una soluzione, di una morale o di una fine coerente inizia a farsi sentire urgente, spazzando via il divertimento fin li’ provato.
La Negri si conferma una regista dalla buone potenzialita’ e dalla mano discretamente personale, ma ha senz’altro perso un occasione per proporre un lavoro totalmente compiuto e ben confezionato.
Riprendimi (nel senso della ripresa cinematografica, ma anche affettiva), parte bene ma finisce afflosciato su se stesso, e come un tornado nel corso della sua rotta, disperde potere, impatto e senso ultimo, nonostante la pur lodevole mimesi fra cio’ che vediamo sullo schermo (i registi esauriscono la storia) e cio’ che sentiamo in prima persona (il film stesso esaurisce la sua storia; cosa stiamo guardando?)
Le interpretazioni degli attori sono decise e ben calibrate; la Rohrwacher si distingue per rabbia e ostinazione come nelle arie trasognate da ragazzina che “doveva essere amata”, e “adorava prendere i pezzettini di film ( leggasi vita nds) e metterli insieme come piace a me“, in una metafora dell’arte del montaggio neanche troppo discreta.
Foschi, alle prese con un ruolo speculare a quello di Teo in Nelle Tue Mani di Del Monte, appare fastidioso e macchinoso, non in grado di rendere l’effimero desiderio di libertinaggio incarnato da Giovanni, marito dimentico e padre assente, assorbito dal tentativo improvviso di affermare se stesso.
Spigliata e magnetica la Lodovini, merita un ruolo che le renda giustizia.
Nel complesso il film e’ gradevole anche se troppo strozzato nel finale, mentre la soluzione del mockumentary lascia in piu’ punti a desiderare, mettendo troppe volte in scena la mano onniscente della regista Negri, che travalica cosi’ la regia dei due cameramen Giorgio ed Eros, con inquadrature che inglobano tutto, e rivelano la disarmante finzione del progetto.
Forse sarebbe risultata piu’ efficace un’adesione totale alle forme del documentario, attraverso le sole riprese dalla prospettiva della telecamera a mano. Una falla in piu’.
http://www.persinsala.it/web/recensioni-film/recensione-riprendimi.html
Due cameramen investono tutti i loro beni sul documentario che (si spera) cambiera’ loro la vita: il precariato visto attraverso la vita di una coppia che va a rotoli: Lucia (Rohrwacher) e Giovanni (Marco Foschi).
Lei, montatrice, confonde vita e arte letteralmente “montando” a suo piacimento i pezzi selezionati di una relazione inesistente, sballata, ma di cui si ostina a rivendicare lo spessore e il grande, grandissimo amore (unilaterale).
Lui e’ un attore o aspirante tale, che spera di poter vivere “ruoli” eccitanti che esulino dalla routine di un rapporto consolidato, e che gli siano d’ispirazione per un approccio fertile alla recitazione e alla scrittura con cui si diletta. Precari con un bambino, Giovanni e Lucia si fanno interpreti ed esponenti dell’inquietante sovrapposizione che esiste fra condizione lavorativa ed esistenza tutta, contagiata dall’incertezza e dalla precarieta’ di sentimenti e progetti comuni che non superano l’annualita’, proprio come un contratto a termine, che ti spinge di volta in volta a migrare verso nuovi lidi.
Ecco inscenato il dramma (a volte misero, spesso comico nelle intenzioni e nelle riprese sovraccariche della Negri) del trentenne tout court: disorientato su tutti i fronti, adolescente vecchio e adulto immaturo, viene (finalmente) raccontato attraverso le sue colpe e i suoi difetti piu’ che per mezzo delle disgrazie che lo investono. Precario si’, ma anche incapace di prendere sul serio la vita e le sue responsabilita’, vagamente nascosto dietro una condizione altalenante che spesso invoca come si invoca l’infermita’ mentale.
Che questo “tipo” di uomo sia poi il prodotto diretto delle nuove condizioni socio lavorative, non e’ del tutto dato sapere, ma e’ di certo interessante affrontare il problema nei termini in cui la Negri lo pone, attraverso cioe’ un registro scherzoso e in piu’ punti macchiettistico.
La Negri si barcamena fra la messa in scena della separazione non consenziente (uno dei due non prende atto della fine, rinnegando la realta’), e lo sguardo complice rivolto a chi, ogni giorno, e’ alle prese col suo ruolo trasparente nella societa’ mobile o “liquida”, come viene definita facendo il verso alle diciture sociologiche.
Eccoci di fronte al quadro melodrammatico: la cecita’ del lasciato (Lucia), che si impunta nell’ affermare l’intensita’ di un amore immaginario versus la freddezza di chi abbandona, e si muove quasi a volersi liberare di una piattola testarda (Giovanni), totalmente egocentrato e preso a consumare un’altrettanta immaginaria rivincita nei confronti di una vita che metteva le catene.
Sullo sfondo picchiettano, tra il comico e il farsesco, le caratterizzazioni dell’attore che di mestiere fa la comparsa: un universo di invisibili impiegati del cinema, una costellazione di “aspiranti” a vita, che affidano sogni, speranze e mutui da pagare a ruoli poco piu’ che da barzelletta.
Una nota di colore e di contrappunto interessante sono le scene(ette) delle reunion in macchina dei due cameraman, che di notte fanno il punto della situazione e commentano il girato della giornata.
I due registi, con i loro battibetticchi, fanno un po’ le veci di un’ideologica voce fuori campo, che ha il compito di illustrare e riannodare le fila dei giudizi morali e delle possibili prospettive di valutazione applicabili alle sgangherate esistenze dei loro protagonisti, assolutamente fuori rotta e senza scopo alcuno da perseguire nella vita. Assolvere? Condannare? Sentenziare o comprendere le azioni di Giovanni e Lucia, sempre piu’ al di la’ di qualsiasi trama e di qualsiasi svolgimento razionale?
I momenti di riflessione espliciti che interrogano lo spettatore, svolgono l’efficace funzione di tenere alto il tasso di partecipazione, che tuttavia subisce un inarrestabile crollo nella seconda parte di film, in cui si disperde il primigenio ritmo incalzante e spedito, ad appannaggio di sensazioni appesantite e indugiate (complicazione congenita ai film che sparano tutte le cartucce in anticipo).
Il non sense percepito dai due cameraman, seriamente tentati dall’ abbandonare il progetto senza sbocchi, e’ lo stesso che assale noi nella seconda meta’ del secondo tempo, quando l’impellenza di una soluzione, di una morale o di una fine coerente inizia a farsi sentire urgente, spazzando via il divertimento fin li’ provato.
La Negri si conferma una regista dalla buone potenzialita’ e dalla mano discretamente personale, ma ha senz’altro perso un occasione per proporre un lavoro totalmente compiuto e ben confezionato.
Riprendimi (nel senso della ripresa cinematografica, ma anche affettiva), parte bene ma finisce afflosciato su se stesso, e come un tornado nel corso della sua rotta, disperde potere, impatto e senso ultimo, nonostante la pur lodevole mimesi fra cio’ che vediamo sullo schermo (i registi esauriscono la storia) e cio’ che sentiamo in prima persona (il film stesso esaurisce la sua storia; cosa stiamo guardando?)
Le interpretazioni degli attori sono decise e ben calibrate; la Rohrwacher si distingue per rabbia e ostinazione come nelle arie trasognate da ragazzina che “doveva essere amata”, e “adorava prendere i pezzettini di film ( leggasi vita nds) e metterli insieme come piace a me“, in una metafora dell’arte del montaggio neanche troppo discreta.
Foschi, alle prese con un ruolo speculare a quello di Teo in Nelle Tue Mani di Del Monte, appare fastidioso e macchinoso, non in grado di rendere l’effimero desiderio di libertinaggio incarnato da Giovanni, marito dimentico e padre assente, assorbito dal tentativo improvviso di affermare se stesso.
Spigliata e magnetica la Lodovini, merita un ruolo che le renda giustizia.
Nel complesso il film e’ gradevole anche se troppo strozzato nel finale, mentre la soluzione del mockumentary lascia in piu’ punti a desiderare, mettendo troppe volte in scena la mano onniscente della regista Negri, che travalica cosi’ la regia dei due cameramen Giorgio ed Eros, con inquadrature che inglobano tutto, e rivelano la disarmante finzione del progetto.
Forse sarebbe risultata piu’ efficace un’adesione totale alle forme del documentario, attraverso le sole riprese dalla prospettiva della telecamera a mano. Una falla in piu’.
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Giovani talenti in Riprendimi
Sono gli interpreti di un piccolo gioiello del cinema italiano, appartengono alla sempre più incerta generazione dei trentenni, ma ciò che li accomuna maggiormente è il talento. Alba Rohrwacher, Marco Foschi e Valentina Lodovini sono i protagonisti del film Riprendimi, nelle sale dall’11 aprile, e sono bravi. Davvero.
Recitare in un film come Riprendimi, che usa il linguaggio del mockumentary, ovvero del finto documentario, non sembra semplice e infatti non lo è. Durante le riprese gli attori avevano su di loro un doppio occhio, quello del documentario e quello del pubblico.
“C’è un passaggio un più rispetto ad un copione tradizionale” conferma Foschi, “abbiamo provato le scene per un mese prima andare sul set per abituarci a vivere la seconda telecamera realmente dal punto di vista documentaristico”. A livello pratico “è stato difficile perché mi dovevo relazionare ad un attore guardando dentro un obiettivo e non nei suoi occhi” prosegue Alba Rohrwacher aggiungendo che si sentiva scoperta “ma è stato un imbarazzo funzionale per interpretare i personaggi che nel film accettano di prendere parte ad un documentario”. “Inevitabile avere completa fiducia nel regista in casi come questo” secondo Valentina Lodovini che è stata convinta a “sposare il progetto per via dell’originalità del linguaggio”.
Quasi andando controcorrente rispetto alla media degli attori protagonisti dei film italiani, tutti e tre hanno una solida preparazione artistica alle spalle. Alba Rohrwacher si è diplomata alla Scuola Nazionale di Cinema ed improvvisamente è diventata uno dei volti cinematografici più riconoscibili e ricorrenti del 2007. Ha recitato in Mio fratello è figlio unico insieme a Elio Germano e Riccardo Scamarcio, in Giorni e nuvole di Silvio Soldini e Piano, solo di Riccardo Milani. In questi primi mesi del 2008 il pubblico l’ha già vista in Caos calmo e in Nelle tue mani di Peter Del Monte. Ora tocca a Riprendimi. Il suo viso di ceramica non le impedisce di immedesimarsi verosimilmente una giovane madre che non si rassegna all’abbandono da parte del suo compagno. Un’interpretazione che esprime fragilità e saldezza allo stesso tempo.
Riprendimi, diretto da Anna Negri, vuole descrivere il precariato dei giovani che lavorano nel mondo dello spettacolo. Mentre il personaggio della Rohrwacher è una montatrice con contratti a termine, Marco Foschi interpreta un attore smarrito sul lavoro quanto negli affetti. Se ne va di casa eludendo anche le sue responsabilità di padre. Ed è proprio un credibile stato confusionale che l’attore assicura al personaggio, tanto nei toni pacati quanto in quelli sopra le righe. D’altronde Foschi non arriva certo da un reality show, ma può e deve vantare il diploma conseguito all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Un’impronta forte che gli ha permesso di avere un’esperienza professionale sul palcoscenico prima di calcare il set di Fame Chimica, notevole film del 2003 che rivelato il suo talento.
Valentina Lodovini è meno presente nel film rispetto ai suoi colleghi, ma l’attrice non si risparmia sulla dose di realismo. La sua interpretazione è autentica a dispetto di un ristretto numero di pagine in sceneggiatura e dunque di un ridotto quadro conoscitivo del suo personaggio. Quest’ultimo è, nella storia del film, il nuovo lido al quale approda la passione di Foschi. Anche la Lodovini, come la Rohrwacher, è stata un’allieva della Scuola Nazionale di Cinema e la strada cinematografica percorsa fino ad oggi l’ha portata ad ottenere parti secondarie in Ovunque sei di Michele Placido, L’amico di famiglia di Paolo Sorrentino e A casa nostra di Francesca Comencini. Il meritato ruolo da protagonista è arrivato l’anno scorso ne La giusta distanza. Ed è solo l’inizio.
I tre attori si sono ritrovati per la promozione di Riprendimi. Commentando il soggetto del film, hanno dichiarato all’unisono di essere precari per scelta perché “chi vuole fare il mestiere dell’attore lo sa e lo mette in conto”, ma sono consapevoli di avere raggiunto un grado di privilegio nella precarietà del settore rispetto a tanti altri colleghi attori. Il film di Anna Negri però non si ferma al mondo dello spettacolo e, con il linguaggio del finto documentario, racconta la generazione dei trentenni in cui precari sono soprattutto gli affetti e la grave lacuna è la mancanza di un’identità sociale.
Antonio Bracco
http://www.comingsoon.it/News_Articoli/Interviste/Page/?Key=139
Recitare in un film come Riprendimi, che usa il linguaggio del mockumentary, ovvero del finto documentario, non sembra semplice e infatti non lo è. Durante le riprese gli attori avevano su di loro un doppio occhio, quello del documentario e quello del pubblico.
“C’è un passaggio un più rispetto ad un copione tradizionale” conferma Foschi, “abbiamo provato le scene per un mese prima andare sul set per abituarci a vivere la seconda telecamera realmente dal punto di vista documentaristico”. A livello pratico “è stato difficile perché mi dovevo relazionare ad un attore guardando dentro un obiettivo e non nei suoi occhi” prosegue Alba Rohrwacher aggiungendo che si sentiva scoperta “ma è stato un imbarazzo funzionale per interpretare i personaggi che nel film accettano di prendere parte ad un documentario”. “Inevitabile avere completa fiducia nel regista in casi come questo” secondo Valentina Lodovini che è stata convinta a “sposare il progetto per via dell’originalità del linguaggio”.
Quasi andando controcorrente rispetto alla media degli attori protagonisti dei film italiani, tutti e tre hanno una solida preparazione artistica alle spalle. Alba Rohrwacher si è diplomata alla Scuola Nazionale di Cinema ed improvvisamente è diventata uno dei volti cinematografici più riconoscibili e ricorrenti del 2007. Ha recitato in Mio fratello è figlio unico insieme a Elio Germano e Riccardo Scamarcio, in Giorni e nuvole di Silvio Soldini e Piano, solo di Riccardo Milani. In questi primi mesi del 2008 il pubblico l’ha già vista in Caos calmo e in Nelle tue mani di Peter Del Monte. Ora tocca a Riprendimi. Il suo viso di ceramica non le impedisce di immedesimarsi verosimilmente una giovane madre che non si rassegna all’abbandono da parte del suo compagno. Un’interpretazione che esprime fragilità e saldezza allo stesso tempo.
Riprendimi, diretto da Anna Negri, vuole descrivere il precariato dei giovani che lavorano nel mondo dello spettacolo. Mentre il personaggio della Rohrwacher è una montatrice con contratti a termine, Marco Foschi interpreta un attore smarrito sul lavoro quanto negli affetti. Se ne va di casa eludendo anche le sue responsabilità di padre. Ed è proprio un credibile stato confusionale che l’attore assicura al personaggio, tanto nei toni pacati quanto in quelli sopra le righe. D’altronde Foschi non arriva certo da un reality show, ma può e deve vantare il diploma conseguito all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”. Un’impronta forte che gli ha permesso di avere un’esperienza professionale sul palcoscenico prima di calcare il set di Fame Chimica, notevole film del 2003 che rivelato il suo talento.
Valentina Lodovini è meno presente nel film rispetto ai suoi colleghi, ma l’attrice non si risparmia sulla dose di realismo. La sua interpretazione è autentica a dispetto di un ristretto numero di pagine in sceneggiatura e dunque di un ridotto quadro conoscitivo del suo personaggio. Quest’ultimo è, nella storia del film, il nuovo lido al quale approda la passione di Foschi. Anche la Lodovini, come la Rohrwacher, è stata un’allieva della Scuola Nazionale di Cinema e la strada cinematografica percorsa fino ad oggi l’ha portata ad ottenere parti secondarie in Ovunque sei di Michele Placido, L’amico di famiglia di Paolo Sorrentino e A casa nostra di Francesca Comencini. Il meritato ruolo da protagonista è arrivato l’anno scorso ne La giusta distanza. Ed è solo l’inizio.
I tre attori si sono ritrovati per la promozione di Riprendimi. Commentando il soggetto del film, hanno dichiarato all’unisono di essere precari per scelta perché “chi vuole fare il mestiere dell’attore lo sa e lo mette in conto”, ma sono consapevoli di avere raggiunto un grado di privilegio nella precarietà del settore rispetto a tanti altri colleghi attori. Il film di Anna Negri però non si ferma al mondo dello spettacolo e, con il linguaggio del finto documentario, racconta la generazione dei trentenni in cui precari sono soprattutto gli affetti e la grave lacuna è la mancanza di un’identità sociale.
Antonio Bracco
http://www.comingsoon.it/News_Articoli/Interviste/Page/?Key=139
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