TITULO ORIGINAL Le cinque giornate
AÑO 1973
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACION 123 min.
DIRECCION Dario Argento
ARGUMENTO Dario Argento, Luigi Cozzi, Enzo Ungari
GUION Dario Argento, Nanni Ballestrini
FOTOGRAFIA Luigi Kuveiller
MONTAJE Franco Fraticelli
ESCENOGRAFIA Giuseppe Bassan
MUSICA Giorgio Gaslini (sobre música de Verdi, Rossini, Bach)
VESTUARIO Elena Mannini
REPARTO Adriano Celentano (Cainazzo), Enzo Cerusico (Romolo Marcelli), Marilù Tolo (la contessa), Sergio Graziani (Barone Tranzunto), Luisa De Santis (donna che partorisce), Glauco Onorato (Zampino), Carla Tatò, Germano Altomanni, Salvatore Baccaro, Loredana Martínez, Fulvio Mingozzi, Cristina Moranzoni.
PRODUCCION Salvatore Argento para S.E.D.A. de Roma
GÉNERO Comedia. Drama | Histórico. Siglo XIX
SINOPSIS Milán, revuelta anti-austriaca de 1848. Cainazzo (Celentano), un delincuente de poca monta, y Rómulo (Cerusico) un panadero, se ven envueltos en los disturbios del momento. Asisten a reuniones en las que entran en contacto con los personajes más heterogéneos: agentes dobles, gentes sedientas de sangre, aventureros sin escrúpulos. Y como no desean ser marginados, participan de forma oportunista en la rebelión. Pero en medio de tanta injusticia y violencia, Rómulo reacciona instintivamente. (FILMAFFINITY)
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Subtítulos (Español)
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Interessante questo tentativo tragico-grottesco di raccontare i moti rivoluzionari milanesi del 18-22 marzo 1848 da parte della cittadinanza milanese contro il dominio austriaco.Colpisce soprattutto il fatto che a farlo sia stato Dario Argento,maestro del thriller-horror qui alle prese con una storia da lui scritta quando era un critico e sceneggiatore.Un film dal quale emerge un messaggio chiaro: Argento ci fa capire che le rivoluzioni non portano mai alla libertà democratica definitiva.Una volta scacciati i vecchi dominatori,ne arriveranno di nuovi,nel caso in questione quell’aristocrazia milanese che faceva affari proprio con gli austriaci e che,quando ha capito che il popolo ci avrebbe rimesso anche la propria vita pur di distruggere lo straniero,si accorda con i Savoia per mantenere,a scontri finiti, intatto il proprio potere sociale e finanziario.A rimetterci veramente, in nome della libertà e della democrazia,alla fine sarà stata solo la popolazione:gente che ha rischiato la vita.Toccante al riguardo la sequenza al rallentatore della madre che,colpita dal fuoco straniero, cade in terra morta con il suo bambino in braccio.La vicenda è comunque ricostruita attraverso due buffi personaggi:il ladro evaso Cainazzo(Adriano Celentano) e l’ingenuo fornaio romano Romolo(Enzo Cerusico).Conosciutisi per caso durante i bombardamenti,si uniscono per attraversare la città e sfuggire con astuzia ai pericoli di quei 5 giorni di fuoco e morte.Li attendono situazioni grottesche(il parto di una donna;avventure da letto con due nobildonne;marce militari dietro ai patrioti;tentativi maldestri di furti in appartamenti)ma anche scenari di sangue e violenza.Solo Celentano se la caverà:il suo amico,proprio l’ultimo giorno,mentre gli austriaci battono in ritirata,viene arrestato e fucilato per aver involontariamente ucciso un fanatico italiano cui voleva impedire di compiere una violenza inutile su una ragazza.Anche questo è uno dei messaggi-chiave:violenza e sangue da ambo i lati, anche a volte gratuitamente da parte di chi vuole poi pregiarsi del titolo di eroe di guerra.Bene fa il furfante Cainazzo quando sul finale grida al popolo:”Ci hanno fregato!”.Niente di più vero.Tutto tornerà come prima,anche senza gli stranieri al potere.Per questi motivi il film fu definito anarchico-fascista.Sbagliato.Argento condanna ogni forma di potere costituito solo perché si traduce sempre in spartizioni di comandi e ingiustizie ai danni del popolo,soprattutto quelli analfabeti.Ma ugualmente sottolinea che una forma di autorità ci vuole.Diversamente non si può.Argento dà un simpatico taglio narrativo alla storia:ci mette un umorismo simpatico nelle parti ironiche che strizza l’occhio alle comiche del muto.Nei momenti drammatici si sbizzarrisce con il suo gusto per il macabro inserendo sangue e accoltellamenti.Talvolta emerge qualche futilità.Ma rimane un interessante riflessione grottesca sul concetto di rivoluzione popolare e sulla celata sovversività del potere costituito.
http://forum.tntvillage.scambioetico.org/?showtopic=141812
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Nella sua lunga carriera di regista, Dario Argento è divenuto celebre soprattutto per le componenti horror-fantastiche del suo cinema. L'unica sua incursione in un genere diverso l'abbiamo nel 1973 con il film comico-storico "Le cinque giornate", collocabile nella sua filmografia tra "4 mosche di velluto grigio" e quel "Profondo rosso" che tanto lo rese famoso nel mondo. Ma torniamo a "Le cinque giornate".
L'idea naque dal padre di Dario, Salvatore, che l'anno prima aveva co-prodotto "Er più", commedia storica con protagonista Adriano Celentano e che ebbe all'epoca un grande successo di pubblico. Dario Argento tirò fuori quindi un suo vecchio soggetto (scritto sull'impronta de "Nell'anno del Signore" di Magni) e lo riadattò, ambientando le vicende a Milano. Il regista sarebbe dovuto essere Nanni Loy (che aveva appena terminato "Le quattro giornate di Napoli") ed il protagonista Ugo Tognazzi. Peccato che, per una serie di coincidenze, entrambi si tirarono fuori dalla produzione, lasciando il film in un limbo. Convinto dal padre, Argento accettò la regia del film e, ad interpretare il ruolo del protagonista, venne richiamato Adriano Celentano.
La lavorazione non andò molto meglio: Dario Argento stava poco bene e la produzione andava quindi a rilento. Fatto che sta che fortunatamente il film uscì finalmente nelle sale, rivelandosi un discreto successo di botteghino ma, al contempo, un freddo esercizio eseguito su commissione da Argento.
"Le cinque giornate", seppur sorretto da una sceneggiatura (scritta dal trio formato da Argento, Luigi Cozzi ed Enzo Ungari) tutto sommato solida, non riesce a trovare la leggerezza adatta, colpa anche della regia che si limita ad illustrare senza fantasia le scene scritte. Anche nelle scene più violente, l'occhio di Argento sembra fuori posto e, forse conscio delle esigenze commerciali della pellicola, frena la sua vena sanguinolenta a favore di un film accomodante, la cui unica forza sta in un Adriano Celentano istrionico e cialtrone che, citando nemmeno troppo velatamente il Buster Keaton di "Come vinsi la guerra", sorregge la pellicola per quello che può. Il suo sforzo però non basta e la delusione de "Le cinque giornate" è palpabile.
Matteo Contin
http://www.pellicolascaduta.it/wordpress/?p=2418
L'idea naque dal padre di Dario, Salvatore, che l'anno prima aveva co-prodotto "Er più", commedia storica con protagonista Adriano Celentano e che ebbe all'epoca un grande successo di pubblico. Dario Argento tirò fuori quindi un suo vecchio soggetto (scritto sull'impronta de "Nell'anno del Signore" di Magni) e lo riadattò, ambientando le vicende a Milano. Il regista sarebbe dovuto essere Nanni Loy (che aveva appena terminato "Le quattro giornate di Napoli") ed il protagonista Ugo Tognazzi. Peccato che, per una serie di coincidenze, entrambi si tirarono fuori dalla produzione, lasciando il film in un limbo. Convinto dal padre, Argento accettò la regia del film e, ad interpretare il ruolo del protagonista, venne richiamato Adriano Celentano.
La lavorazione non andò molto meglio: Dario Argento stava poco bene e la produzione andava quindi a rilento. Fatto che sta che fortunatamente il film uscì finalmente nelle sale, rivelandosi un discreto successo di botteghino ma, al contempo, un freddo esercizio eseguito su commissione da Argento.
"Le cinque giornate", seppur sorretto da una sceneggiatura (scritta dal trio formato da Argento, Luigi Cozzi ed Enzo Ungari) tutto sommato solida, non riesce a trovare la leggerezza adatta, colpa anche della regia che si limita ad illustrare senza fantasia le scene scritte. Anche nelle scene più violente, l'occhio di Argento sembra fuori posto e, forse conscio delle esigenze commerciali della pellicola, frena la sua vena sanguinolenta a favore di un film accomodante, la cui unica forza sta in un Adriano Celentano istrionico e cialtrone che, citando nemmeno troppo velatamente il Buster Keaton di "Come vinsi la guerra", sorregge la pellicola per quello che può. Il suo sforzo però non basta e la delusione de "Le cinque giornate" è palpabile.
Matteo Contin
http://www.pellicolascaduta.it/wordpress/?p=2418
Certo un lavoro anomalo nella filmografia del regista romano, Le cinque giornate si colloca prima del grande successo di Profondo rosso e subito dopo film già molto popolari come Il gatto a nove code e L’uccello dalle piume di cristallo. Entra nella filmografia di Argento anche perché Dario era in società con il padre Salvatore che, dopo il successo di Nell’anno del Signore e poi, nel 1971, di Er più, aveva deciso di sfruttare il filone “ottocentesco popolare” in voga in quel periodo. Così Dario tirò fuori una vecchia storia comica, ambientata durante le cinque giornate milanesi, e con il padre si mise a cercare di produrre il film. Per stendere la sceneggiatura chiamò l’amico Luigi Cozzi e il giovane Enzo Ungari, brillante penna critica e organizzatore di cineclub che poi scrisse la sceneggiatura de L’ultimo imperatore di Bertolucci.
Il risultato fu un prodotto particolarissimo, che non fu molto apprezzato all’epoca. Chi si aspettava un affresco storico fu deluso dalle continue citazioni ed omaggi al cinema muto di Argento (da Ejzenstein a Chaplin passando per Laurel & Hardy), mentre chi pensava a un thriller fu sorpreso dalla scanzonata comicità della pellicola, che pure contiene dei momenti duri e cruenti.
Oggi Le Cinque giornate ci appare come un curioso e stimolante dipinto quasi post-moderno, occasione per recuperare sguardi e corpi piuttosto dimenticati dal nostro cinema. Argento ne fece un particolarissimo film di critica sociale, dove i protagonisti delle Cinque giornate sono messi alla berlina e viene messo in risalto il carattere borghese e illusoriamente popolare della rivolta. Ma lo stile del regista si insinua sin dalla prima sequenza dove, inquadrato un cannone in primo piano, ascoltiamo i rumori della rivolta fuori campo per poi, subito dopo, avventurarci in un delizioso piano sequenza nelle galere che si conclude sul primo piano di Cainazzo (Adriano Celentano) dormiente.
Ma Le Cinque giornate è anche un buon modo per riscoprire un attore come Enzo Cerusico, uno di quei caratteristi di primissimo piano di cui il cinema italiano un tempo era pieno e che oggi non esistono più. Leggetevi la sua filmografia e lo scoprirete parte viva di alcuni pezzi forti del nostro cinema (da La dolce vita a Il mattatore, passando per Fantasmi a Roma, Ercole sfida Sansone, Sei donne per l’assassino, Meo Patacca, ecc..) oltre che famosissimo all’epoca per il telefilm Tony e il professore (My Friend Tony) serie televisiva americana in cui interpretava il protagonista Tony Novello. Da riscoprire!
Il film trae origine da un soggetto che Dario Argento scrisse quando era un giovane sceneggiatore e doveva essere interpretata da Alberto Sordi nel ruolo del ladro evaso e da Nino Manfredi in quello del panettiere romano. Quando anni dopo Argento lo ritirò fuori, anche in seguito al successo di film ambientati nell’800, come Er più) tutto il progetto fu costruito pensando a Nanny Loy in regia e a Ugo Tognazzi come interprete principale. Uno alla volta, per diversi motivi, sia Loy che Tognazzi abbandonarono il film, che venne affidato ad Argento che approfittò dell’astro nascente (al cinema) Celentano.
http://www.sentieriselvaggi.it/197/23980/SPECIALE_DARIO_ARGENTO_-_Una_parentesi_storica_Le_cinque_giornate.htm
Il risultato fu un prodotto particolarissimo, che non fu molto apprezzato all’epoca. Chi si aspettava un affresco storico fu deluso dalle continue citazioni ed omaggi al cinema muto di Argento (da Ejzenstein a Chaplin passando per Laurel & Hardy), mentre chi pensava a un thriller fu sorpreso dalla scanzonata comicità della pellicola, che pure contiene dei momenti duri e cruenti.
Oggi Le Cinque giornate ci appare come un curioso e stimolante dipinto quasi post-moderno, occasione per recuperare sguardi e corpi piuttosto dimenticati dal nostro cinema. Argento ne fece un particolarissimo film di critica sociale, dove i protagonisti delle Cinque giornate sono messi alla berlina e viene messo in risalto il carattere borghese e illusoriamente popolare della rivolta. Ma lo stile del regista si insinua sin dalla prima sequenza dove, inquadrato un cannone in primo piano, ascoltiamo i rumori della rivolta fuori campo per poi, subito dopo, avventurarci in un delizioso piano sequenza nelle galere che si conclude sul primo piano di Cainazzo (Adriano Celentano) dormiente.
Ma Le Cinque giornate è anche un buon modo per riscoprire un attore come Enzo Cerusico, uno di quei caratteristi di primissimo piano di cui il cinema italiano un tempo era pieno e che oggi non esistono più. Leggetevi la sua filmografia e lo scoprirete parte viva di alcuni pezzi forti del nostro cinema (da La dolce vita a Il mattatore, passando per Fantasmi a Roma, Ercole sfida Sansone, Sei donne per l’assassino, Meo Patacca, ecc..) oltre che famosissimo all’epoca per il telefilm Tony e il professore (My Friend Tony) serie televisiva americana in cui interpretava il protagonista Tony Novello. Da riscoprire!
Il film trae origine da un soggetto che Dario Argento scrisse quando era un giovane sceneggiatore e doveva essere interpretata da Alberto Sordi nel ruolo del ladro evaso e da Nino Manfredi in quello del panettiere romano. Quando anni dopo Argento lo ritirò fuori, anche in seguito al successo di film ambientati nell’800, come Er più) tutto il progetto fu costruito pensando a Nanny Loy in regia e a Ugo Tognazzi come interprete principale. Uno alla volta, per diversi motivi, sia Loy che Tognazzi abbandonarono il film, che venne affidato ad Argento che approfittò dell’astro nascente (al cinema) Celentano.
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Questo curioso film narra le tragicomiche avventure di un evaso durante le cinque giornate di Milano.
In questa unica pausa dal filone giallo-horror Dario Argento realizza una commedia grottesca divertente, che nello stesso tempo cerca di essere impegnata. Si parla di democrazia, anarchia, diritto di stampa e soprattutto di rivoluzione che viene vista come mezzo dei nobili per riottenere il potere utilizzando il popolo. C'è anche un esplicito attacco alla borghesia: la contessa fa colazione durante la battaglia e subito dopo si porta a letto tutto il battaglione vincitore. Non mancano scene violente del tradizionale Argento. Vediamo uccisioni e accoltellamenti, piazze piene di cadaveri e moribondi che rotolano ai piedi della cinepresa in primo piano. Fra le scene da ricordare, la battaglia con il pianto fuori sincrono di un bambino che copre tutto il campo sonoro. Tutto sommato un'innocua e piacevole commedia. Belle come sempre le musiche di Giorgio Gaslini, futuro co-autore delle musiche di Profondo Rosso.
Fabio Meini
http://www.caniarrabbiati.it/recensioni.php?film_id=179
In questa unica pausa dal filone giallo-horror Dario Argento realizza una commedia grottesca divertente, che nello stesso tempo cerca di essere impegnata. Si parla di democrazia, anarchia, diritto di stampa e soprattutto di rivoluzione che viene vista come mezzo dei nobili per riottenere il potere utilizzando il popolo. C'è anche un esplicito attacco alla borghesia: la contessa fa colazione durante la battaglia e subito dopo si porta a letto tutto il battaglione vincitore. Non mancano scene violente del tradizionale Argento. Vediamo uccisioni e accoltellamenti, piazze piene di cadaveri e moribondi che rotolano ai piedi della cinepresa in primo piano. Fra le scene da ricordare, la battaglia con il pianto fuori sincrono di un bambino che copre tutto il campo sonoro. Tutto sommato un'innocua e piacevole commedia. Belle come sempre le musiche di Giorgio Gaslini, futuro co-autore delle musiche di Profondo Rosso.
Fabio Meini
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