TITULO ORIGINAL Territori d'ombra
AÑO 2001
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 93 min.
DIRECCION Paolo Modugno
GUION Paolo Modugno, Veronica Salvi, Andrea Belzola
FOTOGRAFIA Marco Carosi
MONTAJE Erika Manoni
ESCENOGRAFIA Francesca R. Salvi
VESTUARIO Rita Cecconi
MUSICA Mark Hanna
PRODUCCION Esse&Bi Cinematografica, con la contribución de MiBAC
REPARTO Leo Gullotta, Laurent Terzieff, Rosa Ferraiolo, Pino Quartullo, Gigi Angelillo, Antonio Cantarutti, Maria Paiato, Toni Bertorelli, Ludovica Modugno
PREMIOS Y FESTIVALES
FESTIVAL DEL FILM MEDITERRANEO DI COLONIA 2002: In Concorso
ANNECY CINEMA ITALIEN 2001: Prix du public a Paolo Modugno
CAIRO INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2001: Sezione : Festival of Festivals
MOSCOW INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2001: Sezione: Information Screenings
Noir in Festival 2000, Speciali
SINOPSIS Le vicende di tre persone con un passato e un destino di violenza in comune si intrecciano. Luca è un uomo dall'infanzia distrutta da un padre morboso, Margherita è un sostituto procuratore della Repubblica che ha subìto un pesante avvertimento mafioso che l'ha segnata, Franz è un procuratore della Repubblica con un passato oscuro legato ad un losco personaggio, l'avvocato Dolbecco.
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"Territori d'ombra" è un film drammatico, raccontato con la struttura e il ritmo di un film "noir", un urlo di rabbia contro la violenza esercitata sui deboli, sui puri, sugli innocenti. La storia ruota attorno a Luca, Margherita e Franz, tre personaggi che hanno in comune un destino e un passato di violenza.
Luca è un uomo di quarant'anni che porta in sé la memoria lacerante di un'infanzia distrutta dalle ripetute attenzioni morbose del padre. Margherita, anche lei quarant'anni, è Sostituto Procuratore della Repubblica a Tolmezzo, dove si è trasferita dopo aver subito ad Agrigento l'ultimo, tragico "avvertimento" mafioso che l'ha segnata per sempre. Franz, quarantacinque anni, è Procuratore della Repubblica a Tolmezzo e ha un oscuro passato che lo ha legato alle attività criminali dell'avvocato Dolbecco.
Dolbecco, incriminato a Milano per atti di terrorismo e in seguito scagionato proprio grazie alla testimonianza di Franz, si è rifugiato in Carnia dove, nella "casa delle cento finestre", oltre a dare ospitalità a chi cerca perverse esperienze sessuali, produce videocassette pornografiche destinate al mercato internazionale dei pedofili.
Nel panorama magico e misterioso dei monti della Carnia il rapporto che si stabilisce tra questi personaggi è uno dei binari del film, quello "noir", che porterà Luca e Margherita, con diverse motivazioni ma un'unica passione, a ricercare insieme nodi e connessioni, a indagare e a smantellare l'organizzazione criminale di Dolbecco.
http://www.filmitalia.org/film.asp?documentID=27340&lang=ita
Luca è un uomo di quarant'anni che porta in sé la memoria lacerante di un'infanzia distrutta dalle ripetute attenzioni morbose del padre. Margherita, anche lei quarant'anni, è Sostituto Procuratore della Repubblica a Tolmezzo, dove si è trasferita dopo aver subito ad Agrigento l'ultimo, tragico "avvertimento" mafioso che l'ha segnata per sempre. Franz, quarantacinque anni, è Procuratore della Repubblica a Tolmezzo e ha un oscuro passato che lo ha legato alle attività criminali dell'avvocato Dolbecco.
Dolbecco, incriminato a Milano per atti di terrorismo e in seguito scagionato proprio grazie alla testimonianza di Franz, si è rifugiato in Carnia dove, nella "casa delle cento finestre", oltre a dare ospitalità a chi cerca perverse esperienze sessuali, produce videocassette pornografiche destinate al mercato internazionale dei pedofili.
Nel panorama magico e misterioso dei monti della Carnia il rapporto che si stabilisce tra questi personaggi è uno dei binari del film, quello "noir", che porterà Luca e Margherita, con diverse motivazioni ma un'unica passione, a ricercare insieme nodi e connessioni, a indagare e a smantellare l'organizzazione criminale di Dolbecco.
http://www.filmitalia.org/film.asp?documentID=27340&lang=ita
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«UN FILM PER USCIRE DALL'OMBRA»
Un tema scabroso affrontato senza nascondere nulla e senza ammiccamenti, in una pellicola forte e molto diretta che, dicono gli esperti, potrebbe essere usata nelle scuole per preparare i bambini. E nelle carceri per "guarire" i pedofili.
Un film coraggioso, sfaccettato, che non nasconde e non ammicca su un argomento dolorosamente di attualità, finora "relegato" nei Tg o nelle cronache dei quotidiani: la pedofilia. Territori d'ombra, il film di Paolo Modugno che esce in questi giorni nelle sale, è un film da vedere.
L'agghiacciante realtà della pedofilia e più in generale della violenza perpetrata sui minori, viene messa in luce in tutte le sue molteplici realtà (alcune di "ordinaria banalità", altre di straordinaria, glaciale determinazione) in un film noir che fa riflettere.
La storia ruota attorno a Luca (un'infanzia distrutta da violenze in famiglia, interpretato da Pino Quartullo), Margherita (sostituto procuratore, che ha perso un figlio per le conseguenze di un attentato mafioso, l'attrice Rosa Ferraiolo), e Franz (Toni Bertorelli), procuratore della Repubblica con un oscuro passato legato alle attività criminali di un certo avvocato Dolbecco (Laurent Terzieff), incriminato a Milano per terrorismo nero, e in seguito scagionato grazie alla testimonianza di Franz.
Dolbecco si è "riciclato" come tramite di incontri tra pedofili e minori e produttore di cassette pedo-pornografiche.
Un altro binario che si intreccia con il precedente è quello del dramma sociale degli abusi sessuali sui minori: c'è la famiglia che vive in un profondo degrado culturale e materiale (Leo Gullotta, bravissimo, è Antonio, un disoccupato sposato a una donna sciatta e acquiescente) e vende il suo bambino a Dolbecco.
C'è il consumatore di video porno, il traffico internazionale (una famiglia dell'Est europeo che accetta di far prostituire la figlia per "mettersi in regola"), il traffico internazionale su Internet e anche il rapporto tra un pedofilo "innamorato" e una bambina trascurata dalla famiglia (medioborghese, non indigente, ma disattenta, banalmente amorfa), che si sente quindi gratificata dalle sue attenzioni.
Il film ci ha colpito per il suo rigore, perché chi l'ha firmato (Paolo Modugno e Veronica Salvi) ha saputo trattare un così difficile soggetto senza scadere nella morbosità né nell'allusione, tratteggiando personaggi che non possono essere classificati banalmente come negativi o positivi.
Maria Rita Parsi, psicoterapeuta, presidente di Movimento bambino, ha apprezzato il possibile utilizzo della pellicola nelle scuole, per genitori e bambini, allo scopo di affrontare insieme l'argomento, senza creare allarmismi ma dando ai piccoli un'arma con cui potersi difendere da possibili insidie. Angelo Aparo, psicologo nel carcere milanese di San Vittore, ne ha ipotizzato persino un utilizzo terapeutico, proprio a partire dai carcerati.
Il regista Paolo Modugno dice che il film "finisce male" perché il bene non vince, e il pedofilo - dopo sei anni, nella storia di Territori d'ombra - esce dal carcere esattamente uguale a com'era prima (la pena massima nel nostro Paese è di sette anni, e la recidiva è molto alta).
"Il film è chiaro", sottolinea Aparo. "Se non si fa nulla non si lavora, e "non c'è alcun lavoro" né nel senso della rielaborazione da parte del pedofilo, né in quello della responsabilizzazione dell'Istituzione, come più o meno vanno le cose, oggi, così che tutto rimane immutabile. Una persona che vive nel male è anche una persona che, a sua volta, a qualche livello, è prigioniera del male. Quindi, se da un lato bisogna tener conto che è sempre molto difficile che sia accolto l'invito a uscire dal male per tutta una serie di ragioni, d'altra parte è bene considerare come assunto che chi vive nel male, in fondo, se contattato nel modo migliore, ha una sua motivazione a liberarsi egli stesso dal male".
L'agghiacciante realtà della pedofilia e più in generale della violenza perpetrata sui minori, viene messa in luce in tutte le sue molteplici realtà (alcune di "ordinaria banalità", altre di straordinaria, glaciale determinazione) in un film noir che fa riflettere.
La storia ruota attorno a Luca (un'infanzia distrutta da violenze in famiglia, interpretato da Pino Quartullo), Margherita (sostituto procuratore, che ha perso un figlio per le conseguenze di un attentato mafioso, l'attrice Rosa Ferraiolo), e Franz (Toni Bertorelli), procuratore della Repubblica con un oscuro passato legato alle attività criminali di un certo avvocato Dolbecco (Laurent Terzieff), incriminato a Milano per terrorismo nero, e in seguito scagionato grazie alla testimonianza di Franz.
Dolbecco si è "riciclato" come tramite di incontri tra pedofili e minori e produttore di cassette pedo-pornografiche.
Un altro binario che si intreccia con il precedente è quello del dramma sociale degli abusi sessuali sui minori: c'è la famiglia che vive in un profondo degrado culturale e materiale (Leo Gullotta, bravissimo, è Antonio, un disoccupato sposato a una donna sciatta e acquiescente) e vende il suo bambino a Dolbecco.
C'è il consumatore di video porno, il traffico internazionale (una famiglia dell'Est europeo che accetta di far prostituire la figlia per "mettersi in regola"), il traffico internazionale su Internet e anche il rapporto tra un pedofilo "innamorato" e una bambina trascurata dalla famiglia (medioborghese, non indigente, ma disattenta, banalmente amorfa), che si sente quindi gratificata dalle sue attenzioni.
Il film ci ha colpito per il suo rigore, perché chi l'ha firmato (Paolo Modugno e Veronica Salvi) ha saputo trattare un così difficile soggetto senza scadere nella morbosità né nell'allusione, tratteggiando personaggi che non possono essere classificati banalmente come negativi o positivi.
Maria Rita Parsi, psicoterapeuta, presidente di Movimento bambino, ha apprezzato il possibile utilizzo della pellicola nelle scuole, per genitori e bambini, allo scopo di affrontare insieme l'argomento, senza creare allarmismi ma dando ai piccoli un'arma con cui potersi difendere da possibili insidie. Angelo Aparo, psicologo nel carcere milanese di San Vittore, ne ha ipotizzato persino un utilizzo terapeutico, proprio a partire dai carcerati.
Il regista Paolo Modugno dice che il film "finisce male" perché il bene non vince, e il pedofilo - dopo sei anni, nella storia di Territori d'ombra - esce dal carcere esattamente uguale a com'era prima (la pena massima nel nostro Paese è di sette anni, e la recidiva è molto alta).
"Il film è chiaro", sottolinea Aparo. "Se non si fa nulla non si lavora, e "non c'è alcun lavoro" né nel senso della rielaborazione da parte del pedofilo, né in quello della responsabilizzazione dell'Istituzione, come più o meno vanno le cose, oggi, così che tutto rimane immutabile. Una persona che vive nel male è anche una persona che, a sua volta, a qualche livello, è prigioniera del male. Quindi, se da un lato bisogna tener conto che è sempre molto difficile che sia accolto l'invito a uscire dal male per tutta una serie di ragioni, d'altra parte è bene considerare come assunto che chi vive nel male, in fondo, se contattato nel modo migliore, ha una sua motivazione a liberarsi egli stesso dal male".
"Uno che fa il male ma che sta anche male"
Il pedofilo, dice Aparo, "non è il protagonista dei propri pensieri, ma il burattino delle proprie compulsioni, una persona che fa il male ma che sta anche male. Come ogni persona che soffre, non possiede completamente la sua storia. Ne conosce i frammenti, che agiscono con effetto compulsivo inducendolo a tradurre in pratica quello che potrebbe essere affrontato sul piano dell'elaborazione: il pedofilo rimane, allo stato attuale, quello che è. Nessuno ha la possibilità di parlare con lui, prima che ci sia l'episodio di pedofilia, perché difficilmente un pedofilo va dall'analista, e in generale nessuno è disponibile ad ascoltare.
Ci si muove in un'area problematica, perché per fare questo percorso, uno deve prima di tutto disvelarsi. D'altra parte, c'è tutta una corposa motivazione a occultare quello che andrebbe disvelato... In carcere, per un pedofilo c'è soltanto il raggio dei "protetti", perché persino per il più feroce delinquente il pedofilo è un subumano".
Per questo, sostiene lo psicologo, "il film potrebbe essere il punto di partenza per lo sviluppo di un'elaborazione che porti il pedofilo a emanciparsi. O in carcere, con pedofili che in un certo senso non hanno nulla da perdere perché hanno già svelato la loro identità, o con pedofili che siano usciti dal carcere, con un periodo di carcerazione alle spalle che non è servito a elaborare il reato commesso. O, ancora, con "famiglie a rischio". Le storie dei bambini feriti sono molto spesso più vicine e più domestiche... Perché anche questo è un pregio del film: l'aver fatto capire che in certe coppie spesso si va avanti per inerzia, inchinandosi al compromesso, per cui uno finge di non sapere, mentre l'altro si assume la maggior quota di responsabilità, l'acquiescenza e la connivenza marciano di pari passo, tutto in funzione di un obiettivo che, magari, è importante - la sopravvivenza -, ma che potrebbe essere perseguito in altro modo".
Il film è stato sostenuto da associazioni che lavorano quotidianamente sui vari aspetti della pedofilia (normativo, preventivo, di trattamento e recupero). Associazioni come Terre des hommes (che ha realizzato anche un simpatico libretto, protagonista un porcospino, che insegna ai piccoli come difendersi da adulti invadenti), Telefono Arcobaleno, l'associazione di don Di Noto, oltre a Cismai e Ecpat Italia. E va riconosciuto a Paolo Modugno il merito di aver sottolineato un aspetto della pedofilia che investe "l'ideologia costitutiva della società dei consumi, che si è spinta fino a comprendere anche il consumo degli esseri umani, arrivando a quelli più deboli, indifesi e innocenti, i bambini", vale a dire la presenza di gentaglia come il Dolbecco del film, uomini per cui business is business, e le cassette pedopornografiche sono oggetti richiesti, che hanno un mercato. Non importa se il business porta con sé morte, dolore e assenza di futuro per "qualcuno". E se questo "qualcuno" è un bambino, tanto peggio. Un discorso che andava fatto, in una società che sembra privilegiare sempre e solo il profitto. Una società che si scandalizza tanto, ma spesso lascia impunito soprattutto chi, sullo scandalo, ci fa i quattrini.
Emilia Patruno
http://www.trasgressione.net/pages/pedofilia/Ombre/terr_ombra.htm
Ci si muove in un'area problematica, perché per fare questo percorso, uno deve prima di tutto disvelarsi. D'altra parte, c'è tutta una corposa motivazione a occultare quello che andrebbe disvelato... In carcere, per un pedofilo c'è soltanto il raggio dei "protetti", perché persino per il più feroce delinquente il pedofilo è un subumano".
Per questo, sostiene lo psicologo, "il film potrebbe essere il punto di partenza per lo sviluppo di un'elaborazione che porti il pedofilo a emanciparsi. O in carcere, con pedofili che in un certo senso non hanno nulla da perdere perché hanno già svelato la loro identità, o con pedofili che siano usciti dal carcere, con un periodo di carcerazione alle spalle che non è servito a elaborare il reato commesso. O, ancora, con "famiglie a rischio". Le storie dei bambini feriti sono molto spesso più vicine e più domestiche... Perché anche questo è un pregio del film: l'aver fatto capire che in certe coppie spesso si va avanti per inerzia, inchinandosi al compromesso, per cui uno finge di non sapere, mentre l'altro si assume la maggior quota di responsabilità, l'acquiescenza e la connivenza marciano di pari passo, tutto in funzione di un obiettivo che, magari, è importante - la sopravvivenza -, ma che potrebbe essere perseguito in altro modo".
Il film è stato sostenuto da associazioni che lavorano quotidianamente sui vari aspetti della pedofilia (normativo, preventivo, di trattamento e recupero). Associazioni come Terre des hommes (che ha realizzato anche un simpatico libretto, protagonista un porcospino, che insegna ai piccoli come difendersi da adulti invadenti), Telefono Arcobaleno, l'associazione di don Di Noto, oltre a Cismai e Ecpat Italia. E va riconosciuto a Paolo Modugno il merito di aver sottolineato un aspetto della pedofilia che investe "l'ideologia costitutiva della società dei consumi, che si è spinta fino a comprendere anche il consumo degli esseri umani, arrivando a quelli più deboli, indifesi e innocenti, i bambini", vale a dire la presenza di gentaglia come il Dolbecco del film, uomini per cui business is business, e le cassette pedopornografiche sono oggetti richiesti, che hanno un mercato. Non importa se il business porta con sé morte, dolore e assenza di futuro per "qualcuno". E se questo "qualcuno" è un bambino, tanto peggio. Un discorso che andava fatto, in una società che sembra privilegiare sempre e solo il profitto. Una società che si scandalizza tanto, ma spesso lascia impunito soprattutto chi, sullo scandalo, ci fa i quattrini.
Emilia Patruno
http://www.trasgressione.net/pages/pedofilia/Ombre/terr_ombra.htm
Critica
"Nulla è inventato in questa storia. Gli sceneggiatori hanno semplicemente riportato sullo schermo quello che hanno raccontato loro poliziotti e esperti in tre anni di ricerche. Il risultato è una denuncia chiara, precisa e rabbiosa di un mondo che pochi hanno il coraggio di guardare in faccia. Un pugno nello stomaco senza lieto fine che smaschera i giochi di potere che coprono i pedofili e un sistema giudiziario che non riesce a proteggere le vittime. Il resto passa in secondo piano. Come le indagini, raccontate in modo approssimativo e poco convincente, o come il profilo semplicemente abbozzato di alcuni personaggi, primo fra tutti quello interpretato da Pino Quartullo".
(Francesca Altomonte, 'Cinemazip', 16 marzo 2001)
(Francesca Altomonte, 'Cinemazip', 16 marzo 2001)
"Primo film italiano tematicamente incentrato non sulla pedofilia, ma sui traffici internazionali del suo sfruttamento, 'territorio d'ombra' appare sinceramente indignato e, nel suo zelo didascalico, mette in campo una quantità di personaggi nel tentativo di portare alla luce del sole ciò che troppo spesso ci rifiutiamo di vedere. Col procedere verso la fine, però, la storia si colora di 'giallo', proiettando ombre anche sugli insospettabili. Se la regia è esperta e i membri del cast hanno le face giuste, lo stile è quello del film per la tv di buon livello, anche se applicato a un tema difficile da proporre alla grande platea catodica".
(Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 31 marzo 2001)
(Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 31 marzo 2001)
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