TITULO ORIGINAL
Leoni al sole
AÑO
AÑO
1961
IDIOMA
IDIOMA
Italiano
SUBTITULOS
SUBTITULOS
Italiano (Separados)
DURACION
DURACION
100 min.
DIRECCION
DIRECCION
Vittorio Caprioli
GUION
GUION
Vittorio Caprioli, Raffaele La Capria
REPARTO
REPARTO
Vittorio Caprioli, Franca Valeri, Philippe Leroy, Serena Vergano, Halina Zalewska, Enzo Cannavale, Luciana Gilli, Anna Campori, Wilma Randi, Ester Carloni, Christiane Martel, Irina Waleikihreff, Mia Genberg, Pia Genberg, Carlo Giuffré, Roberto Hruska, Arturo Lonardi, Vito Amendola, Jerry Macc, Francesco Morante
FOTOGRAFIA
FOTOGRAFIA
Carlo Di Palma, Dario Di Palma
MONTAJE
MONTAJE
Nino Baragli
MUSICA
MUSICA
Fiorenzo Carpi
PRODUCCION
PRODUCCION
Tonino Cervi y Alessandro Jacovoni para Ajace Cin.Ca y Euro International Film
GENERO
GENERO
Comedia
Sinópsis
Sul microcosmo balneare di Napoli, venuta l'estate, s'annidano i rampolli di una certa borghesia partenopea: vitelloni stagionati e cultori del gallismo che dell'astensione dal lavoro e dal faticare hanno fatto una filosofia di vita. Ispirato alla lontana al romanzo Ferito a morte (1961 _ premio Strega) di Raffaele La Capria (cosceneggiatore con Caprioli), è il film con cui Caprioli esordì nella regia. Fa ridere ma anche riflettere e, infine, lascia con la bocca amara. Il suo fascino nasce dall'ambiguità: verso questo microcosmo borghese l'atteggiamento di Caprioli è, insieme, di critica e di adesione, cinico e autoindulgente. (Il Morandini)
TRAMA:
I "Leoni" cui allude il titolo, sono quei caratteristici frequentatori di spiagge alla moda, la cui unica attività consiste nella ricerca metodica, quasi affannosa, dei mezzi e delle occasioni per folleggiare, abbandonarsi alla vita spensierata e gaudente, alle avventure sentimentali, più vagheggiate che realmente vissute. Questi "leoni" rispondono al nome di Scisciò, Giugiù, Mimì, Cocò eccetera: non tutti ancora giovani, qualcuno, anzi, decisamente maturo d'anni, se non di spirito e coscienza.
I "Leoni" cui allude il titolo, sono quei caratteristici frequentatori di spiagge alla moda, la cui unica attività consiste nella ricerca metodica, quasi affannosa, dei mezzi e delle occasioni per folleggiare, abbandonarsi alla vita spensierata e gaudente, alle avventure sentimentali, più vagheggiate che realmente vissute. Questi "leoni" rispondono al nome di Scisciò, Giugiù, Mimì, Cocò eccetera: non tutti ancora giovani, qualcuno, anzi, decisamente maturo d'anni, se non di spirito e coscienza.
CRITICA:
"Il film, nonostante alcuni squilibri e certi ristagni evidenti, non manca d'un suo ritmo non privo di gustose e umoristiche notazioni, d'una aderenza sottile al particolare ambiente mondano-balneare ed ai suoi personaggi. La recitazione raggiunge quasi sempre il livello d'una buona caratterizzazione dei personaggi, guidata com'è da una regia sensibile, non priva di qualità". ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 51, 1962)
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=20934&film=Leoni-al-sole
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Venezia 65: Caprioli e Valeri, le commedie dei Gobbi
Splende il colore della fotografia in Technicolor di Carlo Di Palma in entrambe le commedie di Vittorio Caprioli, scelte dalla retrospettiva per celebrare l’altra ironia degli anni Sessanta. Un cinema meno popolare di quello di Risi e Monicelli, lontano dalle parodie grottesche di Totò, di Franco e di Ciccio, lontano dal cinismo del primo Fellini, dalle satire acide di Luciano Salce o Nanni Loy, ma anche dalla buona semplicità dei Comencini. Le prime due prove da regista dell’ottimo attore drammatico Caprioli (il partigiano Banchelli de Il Generale della Rovere) sono occhiate sagge e brillanti gettate su un paio di contesti disparati e non complementari: leoni della borghesia napoletana nullafacenti nel sole di Positano e emigrati italiani nella periferia parigina.
Leoni al sole (1961), esordio alla regia per Caprioli, tratto dal racconto Ferito a morte di Raffaele La Capria, è storicamente catalogato dalla critica come una sorta di “vitelloni” della costa campana, meno assillati dei coetanei romagnoli dalle responsabilitá imminenti dell’età adulta e più preoccupati del come spassarsela, del come “guastare” e del come farla franca. Non sono dei cialtroni, sono anzi dei veri finti aristocratici che si fanno chiamare Giugiù, Mimì, Sciosciò, che vivono della “paghetta del papi” e che prendono in considerazione l’ipotesi di iscriversi al PCI al solo scopo di evitare un visto per l’America, dove li attenderebbe un sicuro impiego. Ruolo da protagonista per Vittorio Caprioli e parte minore per Franca Valeri, ingabbiata nella figura della milanese produttiva (quale è, per nostra fortuna) estranea eppure rapita dalla spensierata vitalità del gruppo.vittorio caprioli
Ruoli invertiti in Parigi o cara (1962), opera seconda costruita su misura per l’istrionica Valeri, al tempo moglie del regista e compagna di strada di Caprioli anche nell’avventura del Teatro dei Gobbi, fondato dai due insieme all’amico Alberto Bonucci. Il personaggio di Delia ha la paranoia della rispettabilità delle signore piccolo borghesi, delle quali possiede anche il gusto che esibisce in divertentissimo monologo/canto sugli orrori dei nuovi quartieri delle periferie romane (da segnalare l’ennesimo ritratto cinematografico dell’ EUR); ma di mestiere fa la prostituta, e forse anche la strozzina, senza però trattenere tracce di aggressività o abbrutimento. È invece una femmina allegra, “svampita”, senza vocazione di madre e di moglie, antierotica e fatale solo per se stessa. La Parigi del titolo è la città dove Delia ripara per tagliare con “la vita”, dove ritrova il fratello gay e incontra il pizzaiolo Avallone (Vittorio Caprioli con una piccola parte nel sottofinale) con il quale tornerà a Roma per gestire un ristorante a Monte Mario e, forse, per sposarsi. La Valeri, che esordì nel cinema con Luci del varietà di Fellini e Lattuada (1950) e che i francesi chiamano Valerì come il poeta da cui prese il nome d’arte, crea per questa commedia un personaggio a metà tra la sora Cesira del radiofonico Il rosso e il nero e la Cabiria di Fellini, una donna sveglia, ma votata all’illusione, un misto di ingenuità e di sagacia.
Entrambi i film, i primi di sette lungometraggi girati da Caprioli tra il 1961 e il 1982, sono lavori privi di ammiccamenti di qualsiasi tipo allo spettatore, soprattutto sessuali e malgrado i loro contenuti. Come da buona educazione teatrale, non vivono di gratuità o concessioni, non contengono battute roboanti bensì allusioni con il pregio, secondo qualcuno, di risultare veramente godibili solo se seguiti con attenta partecipazione.
Daniele Lupi
http://www.schermaglie.it/primopiano/779/venezia-65-caprioli-e-valeri-le-commedie-dei-gobbi
Leoni al sole (1961), esordio alla regia per Caprioli, tratto dal racconto Ferito a morte di Raffaele La Capria, è storicamente catalogato dalla critica come una sorta di “vitelloni” della costa campana, meno assillati dei coetanei romagnoli dalle responsabilitá imminenti dell’età adulta e più preoccupati del come spassarsela, del come “guastare” e del come farla franca. Non sono dei cialtroni, sono anzi dei veri finti aristocratici che si fanno chiamare Giugiù, Mimì, Sciosciò, che vivono della “paghetta del papi” e che prendono in considerazione l’ipotesi di iscriversi al PCI al solo scopo di evitare un visto per l’America, dove li attenderebbe un sicuro impiego. Ruolo da protagonista per Vittorio Caprioli e parte minore per Franca Valeri, ingabbiata nella figura della milanese produttiva (quale è, per nostra fortuna) estranea eppure rapita dalla spensierata vitalità del gruppo.vittorio caprioli
Ruoli invertiti in Parigi o cara (1962), opera seconda costruita su misura per l’istrionica Valeri, al tempo moglie del regista e compagna di strada di Caprioli anche nell’avventura del Teatro dei Gobbi, fondato dai due insieme all’amico Alberto Bonucci. Il personaggio di Delia ha la paranoia della rispettabilità delle signore piccolo borghesi, delle quali possiede anche il gusto che esibisce in divertentissimo monologo/canto sugli orrori dei nuovi quartieri delle periferie romane (da segnalare l’ennesimo ritratto cinematografico dell’ EUR); ma di mestiere fa la prostituta, e forse anche la strozzina, senza però trattenere tracce di aggressività o abbrutimento. È invece una femmina allegra, “svampita”, senza vocazione di madre e di moglie, antierotica e fatale solo per se stessa. La Parigi del titolo è la città dove Delia ripara per tagliare con “la vita”, dove ritrova il fratello gay e incontra il pizzaiolo Avallone (Vittorio Caprioli con una piccola parte nel sottofinale) con il quale tornerà a Roma per gestire un ristorante a Monte Mario e, forse, per sposarsi. La Valeri, che esordì nel cinema con Luci del varietà di Fellini e Lattuada (1950) e che i francesi chiamano Valerì come il poeta da cui prese il nome d’arte, crea per questa commedia un personaggio a metà tra la sora Cesira del radiofonico Il rosso e il nero e la Cabiria di Fellini, una donna sveglia, ma votata all’illusione, un misto di ingenuità e di sagacia.
Entrambi i film, i primi di sette lungometraggi girati da Caprioli tra il 1961 e il 1982, sono lavori privi di ammiccamenti di qualsiasi tipo allo spettatore, soprattutto sessuali e malgrado i loro contenuti. Come da buona educazione teatrale, non vivono di gratuità o concessioni, non contengono battute roboanti bensì allusioni con il pregio, secondo qualcuno, di risultare veramente godibili solo se seguiti con attenta partecipazione.
Daniele Lupi
http://www.schermaglie.it/primopiano/779/venezia-65-caprioli-e-valeri-le-commedie-dei-gobbi
LEONI AL SOLE
Soggetto e sceneggiatura di:
VITTORIO CAPRIOLI
RAFFAELE LA CAPRIA
FRANCA VALERI
In lontananza, cancellato da una foschia luminosa, il profilo della Costa amalfitana pare quasi irreale. Il mare è piatto, un olio denso. Ora la vediamo più vicina la costa, già si distinguono i dadi bianchi delle case appollaiate in cima alle insenature; due voci che sembrano nascere dal mare, F.C., dialogano sommessamente. Sono le voci di Scisciò e Pelos.
SCISCIO' Secondo me, sono due anni, qua la civiltà è cambiata.
PELOS Siamo entrati in una nuova fase.
SCISCIO' Prima le cose erano diverse qui, veniva il ricco che si voleva divertire. Ora tutti arrivano coi torpedoni, tutti hanno scoperto Positano, hanno scoperto Capri, i milanesi si so' pigliati Ischia, sono le nuove invasioni barbariche.
PELOS Siamo gli ultimi sopravvissuti.
A filo dell'acqua vediamo a venti metri di distanza la spiaggia che a quest'ora è assolata, bianca e deserta. Entra in campo un materassino matrimoniale galleggiante. Come due regine d'oriente, vi sono sdraiati sopra, in una inerzia assoluta, con un braccio morto alla deriva sull'acqua, Scisciò e Pelos.
Scisciò, ragazzo quarantacinquenne, ha ancora un fisico passabile e due occhi blu di bambino. E' il più vecchio, il più ostinato ed il più saggio dei leoni. Pelos, ragazzo trentasettenne, rassomiglia ad un piccolo Bacco, rotondetto e piacente come un neonato, la cosa più irresistibile in lui è il sorriso, comunicativo, trascinante. Il materassino è seguito da un cane mastino napoletano, enorme, con due cotolette al posto della bocca, lo chiamano "il commendatore". Mentre vediamo le nuche dei due allontanarsi, sentiamo ancora brani della loro conversazione.
SCISCIO' Io mi faccio il bagno.
PELOS No, aspetta.
SCISCIO' Gli anni scorsi a giugno non era stato mai così caldo, eh?…
PELOS Belle giornate!
SCISCIO' Ma Mimì ha detto che veniva, poi non s'è fatto più vivo.
PELOS Eh… quello finchè non persuade il padre…
SCISCIO' Ci vogliono delle idee, Pelos, chi non ha idee non emerge. Solo così si può risolvere, tu lo sai meglio di me…
Lasciando Scisciò e Pelos sul materassino e panoramicando altrove, vedremo apparire ora insieme ai primi TITOLI DI TESTA, nella sua bellezza, Positano.
DISSOLVENZA
Pelos è vestito di un solo paio di pantaloni, celeste sbiadito, arrotolati sopra la caviglia, e con la vita molto al di sotto dell'ombelico. La sua pancia è piuttosto prominente. I capelli riccioluti e ancora bagnati per la doccia, un asciugamano al collo. Mentre passa un segno della sua popolarità è dato dai saluti che dà e che riceve, e da una carezza ironicamente voluttuosa che un altro leone gli fa sulla pancia, non senza sottintendere che comincia a sporgere un po' troppo.
UN LEONE Pelos Bellapanza!
PELOS Giù le mani, giovanotto!
Dice Pelos con faceta noncuranza. E lo vediamo entrare nella BUCA DI BACCO, che è il centro del paese, come una piazza sulla spiaggia, dove tutti si danno convegno e si ritrovano nelle ore deputate. Pelos si avvicina alla cassa dove, con gli occhi abbassati su un sudicio libretto pieno di cifre ed annotazioni c'è il proprietario della Buca. Sul banco, accanto a lui, c'è il telefono. Pelos ora afferra il ricevitore. Il proprietario solleva gli occhi dal suo libretto, e il suo sguardo s'incontra, in una muta sfida, con quello disarmante di Pelos.
PELOS Signorina, mi dia Napoli, 381-811. Urgente.
PROPRIETARIO Centoventicinque lire la telefonata, eh!
PELOS Miserabile!
PROPRIETARIO Dalli!…
PELOS Ma non lo vedi come ti seri ridotto a pensà sempre ai soldi ?!
PROPRIETARIO (mostrando il libro dei conti) - Scusate, che ci sta scritto qua sopra?
PELOS Sta scritto "cassa"…
PROPRIETARIO Sta scritto il nome vostro…
PELOS Uhuhhhhh!…
PROPRIETARIO Vedete quante pagine, uno, due, tre, quattro…
Sul libro cassa vedremo annotati con molta evidenza gli anni a cui si riferiscono i debiti di Pelos. Risalgono al 1948.
PELOS Tu conta, conta… Tu qua per questo stai, a contà. Mo' fammi parlà, non mi scoccià…
Il telefono squillerà nel salone della casa di Mimì, a palazzo Don Anna, a Napoli. Il telefono è vicino alla finestra.
Dalle imposte socchiuse penetrano frecce luminose provenienti dal mare, e ondeggianti sulle pareti bianche. Il salotto, che adesso scopriamo, è arredato con grande buon gusto e tutto è meticolosamente ordinato e lustro. F.C. si sente la voce irritata di Rosaria, la cameriera, che si rivolge al telefono come se fosse una persona.
ROSARIA Un momento, un momento, ih che prescia che tieni…
Ed ora vediamo Rosaria entrare in campo, avvicinarsi al telefono e staccare il ricevitore. L'aspetto di Rosaria contrasta con l'ordine e il buon gusto della casa. Rosaria è in ciabatte, un brutto vestito, e i capelli non bene ravviati. Sembra un grosso topo casalingo.
ROSARIA Pronti.
PELOS Rosà, chiami il signorino Mimì…
ROSARIA Voi chi siete?
PELOS So' Pelos, Rosa'…
ROSARIA Sta dormendo. Non lo posso svegliare.
PELOS Va, va, va… non te ne incaricà. Mi assumo io la responsabilità.
Brontolando Rosaria si avvia in un'altra stanza, apre la porta, si vede un altro salone con una scala di legno che porta sopra il soppalco. Lì è la camera di Mimì, stretta come un corridoietto. Dopo aver chiamato "signorino Mimì" una, due volte, Rosaria, sempre brontolando, sale sulla scaletta e arriva nella camera di Mimì. Non c'è nessuno. La camera sembra una vera tana di leone, tant'è il disordine. C'è, accanto all'orinale, un piatto con delle ossa di pollo spolpate. Una bottiglia di whisky. In un bicchiere, spenti, in un dito di whisky, quattro mozziconi lunghissimi di sigarette. Al muro è appeso un fucile subacqueo con tridente, un ramo di corallo davanti alla fotografia di una donna, col sedere in P.P. C'è una dedica "a Mimì con tutto il cuore". Indescrivibile è poi il groviglio di materassi e lenzuola. Vicino al comodino, unici libri, molto numerosi di "Topolino" e la "Settimana Enigmistica".
Rosaria esprime in modo evidente e tonto la propria meraviglia e sorpresa. Poi si affretta e ritorna verso il telefono, e quasi con un grido dice:
ROSARIA Non c'è, è uscito, è uscito, s'è svegliato non c'è.
Il tono allarmato di Rosaria dovrà trasferirsi immediatamente alla MACCHINA da presa che carr. all'indietro e uscendo dalla casa, darà l'impressione di voler affannosamente andare alla ricerca di Mimì. In questo modo facciamo l'itinerario di Mimì per le strade di Napoli, fino allo studio del padre, che si trova in un vicolo di Toledo. L'itinerario si svolgerà nelle seguenti fasi:
Attraverso il finestrino di un autobus, rapida visione di una strada di Napoli;
Attraversamento di una striscia pedonale con macchine che sfrecciano e rumori di clacson;
Attraversamento di una strada caratteristica del centro di Napoli;
Un portone;
Una scala;
Una porta a vetri con su scritto"ACAMPORA IMPORT EXPORT". La porta si apre. Dietro una scrivania un signore, il padre di Mimì, solleverà gli occhi sul figlio.
PADRE Mimì. Abbiamo cominciato un'altra estate, eh?…
MIMI' Papà, oggi alle cinque parte il vaporetto, sono venuto… tu lo sai, no?…
PADRE Sì, lo so, lo so, Mimì lo so, ogni estate è sempre la stessa cosa. Io all'età tua già avevo fatto te.
A tredici anni, andavo in fabbrica del nonno a lavorare…
MIMI' E tu sei bravo, papà, io sono un fesso, mi vuoi dare queste ventimila lire, oppure debbo andare a chiederle a mammà?…
PADRE Mimì, ma poi tra l'altro sei pure indisponente, perché io, mo, mi fai venì la voglia di non dartele 'ste ventimila lire…
MIMI' E papà, ma tu le fai pesare, eh? Mi umilii, ogni volta che uno ti chiede una lira, pare che ti levasse un dente da bocca. I soldi li tieni, sei uno abbastanza ricco, perché non ce li dobbiamo godere, 'sti soldi?
PADRE No, non siamo ricchi, sono io che lavoro come un cane, dalla mattina alla sera. Me li fatico, io i soldi.
MIMI' Embè, papà, visto che ci stai tu, perché debbo fatigà pure io?… Ho un papà lavoratore. Pensa a quanti infelici non lo tengono un papà lavoratore…
PADRE (spazientito) Teh, pigliati ste ventimila lire e vattene!… Chè proprio, se ti vedo, mi vengono i nervi, eh!
Il braccio peloso di Mimì afferra le ventimila lire, e vediamo Mimì spensierato avviarsi alla porta.
Sulla soglia lancerà al padre:
MIMI' Baciamo le mani, eccellenza…
… e uscirà cantando"Me so' 'mbriacato 'e sole".
Il padre scuoterà la testa rassegnato.
Urlo di sirena del vaporetto che sta uscendo dal molo Beverello. Poi vedremo il vaporetto isolato in mezzo alla distesa del mare. Mentre gli ultimi TITOLI DI TESTA si svolgeranno vedremo il vaporetto che esegue la manovra di attacco al porticciolo di Sorrento.
Appoggiato al muro del molo, battuto dal sole, noncurante, in apparenza, al passaggio della folla dei turisti, vediamo un ragazzo dell'età di ventisei anni circa, con una camicetta che pende fuori dei pantaloni, con elegante trasandatezza, gli occhiali dalla grossa montatura di tartaruga, e una faccia di bambino assonnato. E' Cocò. La sua apatia si trasformerà improvvisamente in germanica correttezza, come inchino e saluto a piedi uniti, al passaggio di una elegante vecchia signora.
COCO' Principessa…
La principessa accennerà un saluto. Ultimo a scendere, tra i passeggeri del vaporetto, è Mimì. Vedrà Cocò e i due si saluteranno sollevando appena il mento. Una valigetta tempestata di raffinate etichette cosmopolite è l'unico bagaglio di Mimì. Come se fosse il suo dovere, Cocò afferra la valigetta dalle mani di Mimì, e vedremo i due disperdersi tra la folla.
Come un commendatore, vediamo Mimì seduto comodamente nel sedile posteriore di una grossa 1400 decappottabile.
MIMI' Cocò, è la seconda volta che te lo dico. Per favore non farmi ripetere le cose. Le curve non le devi piglià così. Chi ti ha messo in mano la patente, lo volessi proprio sapè.
La strada è quella che porta da Sorrento a Positano, piena di curve e di prospettive di paesaggi.
La macchina ora entrerà nel cortile di una villa che domina dall'alto il mare. Una cameriera accoglierà con deferenza i signorini. Cocò è il proprietario della villa, Mimì esercita su di lui un potere assoluto. Cocò precede Mimì attraverso le stanze della villa, seguiti dalla cameriera Mariettina, che porta la valigia.
COCO' Mimì, mammà s'è tanto raccomandata. Quando ha saputo che venivi tu, ha detto: benissimo, però digli che quest'anno si comportasse a dovere…
MIMI' Ah, non ci stanno ancora e già cominciano a scocciare…
COCO' Ma tu, Mimì, eh, li devi capire. Due anni fa dovemmo licenziare la cameriera, poi ti portasti pure quella contessa rumena…
MIMI' Ah, Cocò, ma io me ne scappo. Me ne vado ospite da Filino.
COCO' E' bello, è bello, è bello, è bello… (fa Cocò per calmarlo come si usa coi neonati).
Siamo ora in una stanza che affaccia con due ampie finestre sul mare. Mimì si dà uno sguardo intorno e poi dice:
MIMI' Però mi devi fare un piacere. Io quel lume nella stanza non lo voglio. Mi devi usare la gentilezza di levarmelo di torno.
COCO' Perché, che tiene quel lume?
MIMI' Finta opaline, comprato a piazza Francese, vengono dalla Cecoslovacchia, fatti in serie, costo lire dodicimila, va bene? In più è il gusto di tua madre…
COCO' Embè?…
MIMI' Piccoli borghesi, non per offenderti, tanto anche mia madre è della stessa razza, con manie di grandezze, e poi vogliono insegnare uno come si deve comportare, come se ci fosse qualcosa di male; la casa era deserta, non c'era nessuno, nemmeno tu, che male ci sta se uno si porta una contessa o se si vuole un po' divertire con Carmelina? E' inutile, questi atteggiamenti piccoli borghesi del cavolo.
Durante questa ultima battuta di Mimì, la MACCHINA avrà fatto i seguenti movimenti:
avrà superato la faccia in P.P. di Mimì, e si sarà affacciata dalla finestra su di un gruppo di case positanesi che guardano il mare;
panoramicando dal basso verso il cielo e poi dal cielo verso il basso, scoprirà Mimì e Cocò seduti al bar della piazzetta della Positano alta, insieme a Frichì e altri loro amici. Frichì è un ragazzo trentacinquenne leggermente obeso.
Vediamo ora avvicinarsi al gruppetto, un tipo con il colletto della camicia rovesciato all'insù e con le fodere delle tasche dei pantaloni rovesciate all'infuori in maniera innaturale. Frichì lo guarda e dice:
FRICHI' Ma la finisci di fare il ridicolo? Abbiamo visto benissimo che la fodera delle tue tasche è della stessa stoffa della camicia. A parte il fatto che il gusto della cosa è discutibile…
IL GIOVANE Ah, voi lo avete notato? Allora posso ricompormi…
Dicendo questo rinfodera le tasche e si stravacca sopra una sedia. Mimì, alzandosi e mostrando il perfetto appiombo dei suoi pantaloni:
MIMI' Eppoi il pantalone è pure sbagliato, non è fatto a piedi di tavolino. Lo vedi come è fatto il mio? London House. La vita dev'essere a quattro dita sotto l'ombelico, perché sempre là finisce che sta, se invece è fatto come il tuo, con la vita alta, in una posizione innaturale, capita che ti scende la vita, e insieme il cavallo, in mezzo alle ginocchia… eppoi il calzone deve essere risucchiato sulla scarpa, mentre tu dai il passo, così, perché se no il gioco del calzino non risulta. Impara e porta a casa!
Conclude Mimì sedendosi. Mentre lui sta facendo questa descrizione, si sente nell'aria il rombo di un motore di una automobile da corsa, che disperso nell'immensità dell'aria, rimandato dalle montagne, risulta impicciolito come il ronzio lontano di un moscone.
Cocò imita con la bocca la sveglia militare.
COCO' Ta-ta-tatà…ta-ta-tatà…
Vediamo un giovanissimo attraversare la piazza, e allo sfottò di Cocò, voltarsi con gesto minaccioso, come per dire: "Embè? Che vai trovando?"
Cocò rispondendo alla muta interrogazione degli altri, dice:
COCO' La patria lo chiama. Si stava facendo il bagno, l'altra mattina, e gli è arrivata la cartolina.
FRICHI' Pure a Nicolino e a Gigino Improta gli è arrivata.
MIMI' Buono! Così quest'anno la piazza è libera.
FRICHI' Però se lo meritano, eh? Noi alla loro età non eravamo così indisponenti…
Nell'aria s'avvicina sempre più il rombo dell'automobile. E la scopriremo, come una macchiolina bianca, che corre pazzamente prigioniera delle curve sulla montagna positanese. Due ragazze del luogo, una bellissima, appena sbocciata, l'altra insignificante, con molta riservatezza, stanno sorbendo un sorbetto. Frichì, con un solo sguardo, indica la più piccola a Mimì. In quel momento arriva dinoccolato Pelos, che sembra non aver notato lo sguardo, non appena è vicino ai due, spiega:
PELOS E' la figlia di Evangelina la sarta (a Mimì, buttandogli un pacchetto di Nazionali) eccoti le sigarette…
In quel momento, passa, non lontano da loro, Don Carlo, il parroco del paese. Pelos dice rivolto a Frichì: "Aspetta" e di corsa si avvia verso il prete.
FRICHI' (a Mimì) E' l'ultima trovata di Pelos. Se gli domandi: "E' una brava ragazza?" don Carlo risponde invariabilmente: "Buona, pura e osservante". Le confessa lui. Quando però sa di mentire, gli si arriccia la fronte, così noi capiamo.
Pelos, tornando, da lontano, passandosi la palma della mano sulla fronte.
PELOS Fronte spianata!
FRICHI' (rivolto a Mimì) Con la figlia di Evangelina niente da fare.
Guarderemo un'ultima volta le due ragazze che ora si allontanano.
Una brusca, stridente frenata fa voltare di scatto tutti. Nella piazza si ferma una magnifica Jaguar a due posti, color latte, impolverata e carica di bagagli. In P.P. vediamo lo sportello della Jaguar che si apre, e due gambe, piuttosto belle, lunghe ed affusolate escono dalla macchina. Le seguiamo, mentre si avvicinano al gruppo dei leoni, e F.C. sentiamo la voce della proprietaria di quelle gambe. Si chiama Paola. E, con l'accento di una straniera che si sforza di ricordare le parole italiane, dice:
PAOLA Ah! Tutti qua siete? Che piacere vedervi, qui, tutti uniti, cari è tanto che non vi vedo, Pelos, oh, Mimì, Frichì, simpatici, ho sentito tanto la vostra mancanza…
Durante questa battuta osserveremo le reazioni di annoiato stupore sulla faccia apatica dei ragazzi. Una breve pausa, e Paola, cambiando completamente tono e parlando con accento normale, piuttosto napoletanizzato, dice:
PAOLA Embè? E' questa la maniera di salutare gli amici?
Adesso la MACCHINA inquadra Paola. E' veramente una bella ragazza, una napoletana bionda con gli occhi celesti, che apparentemente ha la struttura fisica dell'inglese, e che poi, dopo due giorni di esposizione al sole, denuncia chiaramente la provenienza meridionale, con la pelle nera come nessuna inglese mai ha potuto avere, anche un certo modo di gestire ed il ridere aperto, una struttura ossea molto dolce sono altri segni rivelatori, ed insieme graziosi per il contrasto, del fisico di Paola.
PELOS Tu scrivevi la radio, elle apostrofo, aradio. Mo' perché sei stata qualche mese a Londra, te ne vieni che parli come una straniera. Ammetterai…
Paola, superando l'obiezione, chiama Peter, di nuovo esagerando l'accento inglese.
PAOLA Peter, come here. Vi presento questo mio amico inglese, mi raccomando, eh…
Mentre Peter si avvicina, i ragazzi lo osservano, con uno sguardo critico. Come figura, niente male. Alto, distinto, gentiluomo tipico. Giovanilissimo, ma leggermente stempiato. Ora però non si vede, perché porta un cappello di paglia. Mentre si avvicina, i ragazzi commentano.
PELOS Niente male le scarpe, Regent Street.
Si accennano le presentazioni, piuttosto confuse. Mimì subito dopo aver salutato con un "hello" dice:
MIMI' Io me ne vado da Scisciò.
Pelos, Frichì Cocò e un altro pare che siano molto più attratti dalla macchina. Infatti abbozzano un distratto sorriso, e si avanzano verso la Jaguar, studiandone un particolare nuovo del cruscotto. Peter e Paola rimangono dunque come isolati per un attimo. Paola chiama un ragazzino.
PAOLA Piglia le due valige bianche che sono sulla macchina e portale alla pensione Sopramonte. Le altre a Villa d'Aquino.
Nel frattempo, due amiche di famiglia, due signore come chiocce, anziane e pettegole ed espansive, riconoscono Paola e la chiamano da lontano con un gridino di stupore. "Paola".
Paola si volta e dice a Peter:
PAOLA Ti raggiungo più tardi.
… e immediatamente si avvia verso le due signore con una faccia di circostanza, anche lei doverosamente sorpresa e meravigliata ed affettuosa oltre ogni dire. Un ultimo sguardo su Peter isolato in mezzo alla piazza, con il ragazzo che intanto ha preso le valige, e subito ritorniamo sulle effusioni che le due signore fanno a Paola.
1 SIGNORA Ma come, dico io, tu te ne vieni in macchina…
Quella zia Antonia stava così preoccupata, ti aspettava da ieri sera, è pericoloso…
2 SIGNORA Paola, figlia mia, com'è cresciuta, proprio una signorina, e che siluette! Quanti anni tieni mo?…
1 SIGNORA Ancora si può dire…
Stacchiamo su Frichì e Pelos che scendono per una stradina di Positano.
PELOS A me, nelle macchine inglesi, mi piace quel movimento, come dire, seduto, della carrozzeria.
… e per spiegarsi fa un movimento del corpo che mima la forma della carrozzeria di tali macchine. Frichì ha adocchiato una donna che sta passando poco distante. Si rivolge prima a Pelos, dice:
FRICHI' Aspetta un momento… (chiamando la donna) Assuntina, Assuntina… (indica Pelos) domanda a lui. Lui non sa niente.
PELOS Ma che è?
ASSUNTINA Quello il signorino Frichì dice che mi vuol far cambiare i denti.
FRICHI' Non metterti scorno, dì, dì',
ASSUNTINA Eh, gliel'ho detto, dice che i denti d'oro non s'usano più.
PELOS E' vero. Perché l'hai mai vista un'attrice del cinema coi denti d'oro? Roba da selvaggi.
FRICHI' (ad Assuntina) Ridi, ridi…
ASSUNTINA E non mi viene…
FRICHI' Pensaci sopra, non dire niente, pensaci.
… e con un cenno dell amano e con un sorriso, Frichì si congeda. I due si avviano e dopo un po' Frichì dirà a Pelos:
FRICHI' Goccia a goccia, hai capito? Le metto il tarlo in testa.
… e fa un gesto con un dito sulla tempia. Intanto Mimì è arrivato davanti al portoncino della casa dove abita Scisciò. Apre il portoncino e sale per la rampa di scale, che portano in un orto. Sì, in un orto, così sono le case di Positano, addossate alla montagna. Scisciò è intento a rastrellare delle patate che ha seminato. Saluta Mimì senza eccessivo entusiasmo.
SCISCIO' Uhè Mimì…
MIMI' I pomodori non li hai piantati?
SCISCIO' E come no?… L'insalata di pomodori è la cosa più sana, fresca… Stanno là.
… e indica un punto dell'orto. Questo ci dà la possibilità di fare della breve panoramica della casa con l'orto, e dall'orto si dovrebbe vedere l'interno di un salone, con i mobili tutti coperti di lenzuoli bianchi, mentre F.C. il dialogo continua:
SCISCIO' Le patate crescono più presto, hai capito, si fanno due o tre raccolti. A me mi piacciono molto queste che crescono qua, sono più dolci.
MIMI' E chi è 'sto bestione?
… indica il cane (il commendatore), fermo sulla porta che ogni tanto lancia sguardi verso Scisciò come invitandolo ad affrettarsi, impaziente di uscire.
SCISCIO' E' bello, eh? Che ti credi, a Napoli ce ne stanno solo due o tre di questi…
MIMI' Ma di chi è?…
SCISCIO' Della famiglia che tiene 'sta villa, dove ora io abito.
MIMI' Loro non ci stanno?
SCISCIO' No, loro stanno girando, girano per il mondo sopra uno yacht, ma lui non se lo possono portare, perché soffre il mal di mare. Mi occupo io di lui. Come una madre.
MIMI' Deve mangiare più di un cristiano, un bestione così!
SCISCIO' E loro mi passano trecento lire al giorno, per il suo vitto, i patti, e così ci esce pure qualcosa per me, ma che vuoi, tra un invito, un'insalata, insomma tiriamo bene avanti tutti e due.
MIMI' Però ti sei accollato una bella schiavitù…
Scisciò si mette a parlare subito in francese e indicando con uno sguardo il cane, dice:
SCISCIO' Je t'en prie parle en français, y comprend l'italien, il se fache, il se fache, tu sais… il est très sensible quando on parle de lui…
MIMI' Bè, tira fuori le notizie. Come butta?
SCISCIO' Maluccio. Yacht uno solo, fattibile, molta simpatia, molto charme, la cosa non è difficile a uno come te. Motoscafi solo quello della Perretti, ma a dir la verità, sopportarsi la madre per la figlia è una fatica che ogni gentiluomo dovrebbe rifiutare. Purtroppo peggiore sempre l'ambiente cocktails. Non lo so, sono diventati tirchi o si divertono in altro modo, insomma siamo finiti figurati che quella che fa più inviti e riceve più gente è una pataccona protettrice di cantanti, infrequentabile…
MIMI' E le ragazze Piscitelli.
SCISCIO' Quest'anno sono andate a Portofino, poi Riviera eccetera…
MIMI' Milena è sempre l'amica di Cannavacciuolo?
SCISCIO' E che può fare ormai…
MIMI' Però queste ragazze come si riducono. Senza un uomo non sanno più che fare. Non sono come le americane, le anglosassoni, insomma, indipendenti.
SCISCIO' Eh! No, mi dispiace. Piglia mia sorella, per esempio. Quella è stata una madre per me, perché quando abbiamo perduto mammà eravamo tutti piccoli, e papà sapeva solo andare al Circolo. Bè, lei ci ha allevati tutti, poi s'è sposata. Ora sta a Cremona a dirigere la fabbrica del marito che è morto.
Il cane li interrompe mugolando implorante, Scisciò capisce, e dice: "Andiamo, va, il cane vuole uscire".
Mentre si avviano sentiamo in dissolvenza Scisciò: Quest'anno, senza grandi folle l'estate è moscia…
Li riprendiamo per la strada mentre si avviano verso la Buca.
Dalla direzione opposta vediamo venire un gruppo nel quale si vede una signora singolare, con un braccio fasciato, sovraccarica di gioielli, fin troppi, che splendono alle dita, al collo, addosso, perfino un braccialetto alla caviglia. Deve aver superato da un pezzo la quarantina, ma ha ancora i movimenti pieni di civetteria e d'avventura, il sorriso provocante, gli occhi a morbo di Basedow, intensi come quelli delle ninfomani, che spogliano ogni maschio guardato. E' seguita da due marinari, un signore, un'altra donna.
Sul muretto di fronte alla Buca, sono seduti Frichì e Pelos che osservano l'avvicinarsi del gruppo con la signora ingioiellata.
FRICHI' Se tu dovessi scegliere, chi ti pigliassi, il braccio o la mano?
PELOS La mano non è male, a dir la verità, io l'ho guardata da vicino, roba da Cartier.
FRICHI' Ma forse forse, anche il collo non sarebbe male. Ci saranno più di cinque o sei milioni buttati là…
PELOS Io mi accontenterei pure della caviglia.
La MACCHINA intanto sta inquadrando volta a volta tutti i particolari della signora indicati dal discorso dei due. Frichì alludendo alla caviglia:
FRICHI' E' brutta, è fetente e gonfia come quella di un elefante, però è pure parata come quella di un elefante quando fanno le processioni coi Rajà…
Sopraggiungono Mimì e Scisciò. Pelos rivolgendosi a Mimì:
PELOS Mimì ma tu la sai a quella?…
MIMI' (a Scisciò) Chi è?
SCISCIO' Un pappagallo del Brasile, Marilù O'Connor.
FRICHI' Mimì non fare il distratto, va!
PELOS Lo vedi quello yacht? Quello è suo.
Vediamo di fronte alla spiaggia un meraviglioso Tre Alberi nero che oscilla come un gabbiano sull'onda.
MIMI' Ah, sì?
SCISCIO' Quello tiene a bordo un bagno di lapislazzuli e un vero Renoir.
MIMI' Ma Renoir come?
PELOS Sarebbe un pittore, abbastanza importante, Mimì! Non le sai 'ste cose? Fai tanto lo chic!
MIMI' Insomma è una buona…
PELOS Sai quanto costa un Renoir, oggi? L'ho letto sopra un giornale. Duecentotrenta milioni. E quella lo tiene dentro il cesso dello yacht.
MIMI' E che fate, i maleducati? Non me la presentate, no?
Intanto il gruppo della O'Connor, che era entrato n ella Buca, ne esce ora, anzi esce per prima solo la O'Connor. E la MACCHINA la inquadra mentre F.C. la voce di Scisciò dice rivolto a Mimì:
SCISCIO' Te la presento io.
E avvicinandosi alla O'Connor, come presentando un numero di varietà ad una platea di spettatori, dice, con un tono di voce enfatica: (manca la frase di Scisciò, nds)
Mimì, adeguandosi subito alla magniloquenza dell'amico, avanza con passo sicuro, arrivato alla giusta distanza fa un inchino alla spagnola, quindi prende la mano che gli porge la O'Connor. Vediamo in P.P. questa mano con un diamante grosso come una note, al dito. Mimì guarda, come arrestato nel suo gesto, quasi paralizzato dalla scoperta, il grosso diamante. Poi guarda significativamente la faccia della O'Connor, e di nuovo il diamante. Come un cane che afferra un osso, egli afferra con la bocca il diamante e fa finta di sforzarsi per staccarlo dalla montatura d'oro. La O'Connor prima sorpresa, poi, quando ne capisce il significato comico, divertita da questa mimica, scoppia a ridere in maniera alquanto sguaiatella, come un omaccione.
Quando si calma, dice a Scisciò:
O'CONNOR Simpatico. Questa sera vi aspetto tutti alle otto.
In quel momento escono dalla Buca i marinai con due ceste cariche di bottiglie di whisky, champagne, ed altre provviste. La O'Connor li indica e dice:
O'CONNOR I rifornimenti. Allora senz'altro. Questa sera. Domani parto.
Mimì si inchina profondissimamente, alla O'Connor che si allontana.
DISSOLVENZA
Siamo in un punto della Positano alta. E' notte. Una luna tonda brilla nel cielo. Dall'alto vediamo lo yacht col gran pavese illuminato, e la spiaggia sulla quale brillano i fuochi di diversi falò. La MACCHINA lentamente, senza spostarsi dal suo punto di vista, ruota verso le facce in P.P. di Peter e Paola. Peter sta fumando la pipa. I capelli biondi di Paola sono dorati dalla luna. Paola guarda distrattamente la scena.
PAOLA Hanno fatto lo sbarco dei selvaggi…
PETER Che cosa sarebbe?
PAOLA Scendono a terra, accendono i falò, e poi bevono e ballano intorno al fuoco.
PETER Carino.
PAOLA Si fa per divertirsi, Peter! A Londra eri più divertente. Qui, all'improvviso, non so che cosa ti ha preso.
PETER Io non vado dove non sono invitato. Ecco tutto.
PAOLA Senti come ridono. Arrivano fin qua le risate. Credo che siano le montagne, che respingono il suono. Ma che hai?
PETER Non senti nemmeno quello che dico.
PAOLA E tu te ne stai con quella faccia e mi guasti tutto. Ecco, sempre così hai fatto. Anche quella volta ad Hampton Court. C'era bisogno di fare a pugni?
A questo punto Paola dà un grido e si rifugia nelle braccia di Peter, terrorizzata. Peter istintivamente l'abbraccia e la stringe a sé per proteggerla.
PETER Cos'è?
PAOLA Un pipistrello, quelli tagliano la faccia.
La faccia di Paola è molto spaventata
PETER In fondo si tratta di un topo con le ali…
I due sono sempre stretti nell'abbraccio. Paola solleva gli occhi verso Peter, pronta di nuovo a discutere e a protrarre la discussione.
PAOLA E lo dici così. Un topo? Mi fanno paura pure i topi.
PETER Anche in questo sei molto originale.
DISSOLVENZA
Sono le undici e mezza circa di mattina. La spiaggia è ancora deserta. E' l'ora infatti in cui i bambini che sono andati a mare molto presto, verso le otto, quando è più fresco, si ritirano con le loro governanti. Le madri, tutte signore intorno alla trentina, e qualcuna anche più giovane, sono invece appena scese, e si trattengono alla Buca, sotto la pergola e il tendone, sedute sulle sdraio. Qualche bambino si fa accarezzare dalla mamma, qualcun altro protesta che vuole andare ancora in acqua.
Vediamo Frichì inginocchiato davanti a una bambina di tre anni. Completerà l'inquadratura, due bellissime gambe, sono quelle della madre della bambina.
FRICHI' Adesso facciamo un bel giochino insieme. Tu mi lanci la tua palla. Che bella palla che hai. Me la lanci? Io poi la lancio a mammina tua. Che bella mammina che hai! E la mammina la lancia a te. Pronti?
La bambina lo guarda torvo. F.C. a commento di questa scena, sentiamo la voce di Scisciò che dice a Cocò:
SCISCIO' Vedi, Frichì è troppo servizievole, questa è una tecnica che non funziona più… potrà diventare il bambinaio, ma la signora non se la farà mai…
Vediamo la bambina guardare fisso Frichì negli occhi e poi lanciargli sul viso una manciata di sabbia. Frichì accecato si pulisce goffamente, e ride senza voglia. Adesso Cocò sta complimentando una signora per il suo bambino. Il bambino non è veramente un bambino, ma uno di quegli esseri che sono nel momento difficile della crescita, per cui non sai bene se sono ancora bambini o già degli uomini. Porta i pantaloncini corti sulle gambe pelose, è imberbe ma ha i baffetti, ha gli occhiali e uno sguardo timido, chiuso e morboso. La madre non è una dea di bellezza, ma comunque è molto piacente. Sorride ai complimenti di Cocò senza sospettarne l'ambiguità e l'ironia.
COCO' Ah! E' cresciuto dall'anno scorso. Com'è diventato bellino. Quanti anni hai, bambino?
MADRE Ha compiuto già i tredici anni!
COCO' Con una mamma così giovane. E vai a scuola, dì? Guarda già coi baffetti. Com'è delizioso, un'aria così intelligente. Tutto papà (rivolto alla madre, con un altro tono) Parla?
Il sorriso muore sulle labbra della signora che guarda Cocò senza capire. Ora passano Paola e Peter. Paola in costume conferma tutte le aspettative. E' proprio un bel corpo il suo. Slanciato e nello stesso tempo pienotto, come una pesca matura. Peter la segue in shorts e sandali, ha l'asciugamani sulle spalle, per proteggersi dal sole.
Vediamo Peter che si ferma sui sassi roventi, butta l'asciugamano a terra, come un tappeto, e ci mette i piedi sopra. Poi, volto a Paola, sempre mantenendo il suo senso dell'humor, le dice:
PETER Nella Polinesia, i selvaggi fanno le corse sulle pietre roventi. Perché non partecipi alla gara degli stregoni?
PAOLA Vorresti che ti portassi in braccio?
Ora li vediamo sul bordo della spiaggia, vicino alla battima. Peter con le gambe nell'acqua e il corpo fuori. E Paola che ride. Peter dice:
PETER Te lo giuro. Ho sentito che friggevano.
Scisciò, Cocò e Frichì stanno ora bevendo un aperitivo. Vediamo all'improvviso Frichì che si alza, poggia il bicchiere sul tavolo, si volta con la faccia al muro, e appoggiata la fronte all'avambraccio, comincia un finto pianto dirotto, con singhiozzi che lo scuotono. Poi sempre piangendo, si volta e dice, singhiozzando:
FRICHI' Ma chi è quella, chi è quella!…
Come un bell'animale, stretta di reni, deliziosamente inconsapevole delle ondate di cupidigia che suscita, passa, alta sugli zoccoletti, alta sulle gambe meravigliose, una biondissima bardottesca diciassettenne. Si trascina con noncuranza un asciugamano, ha in testa un cappellino di paglia alla torero, calato sugli occhi che ha enormi e azzurri. La vediamo avviarsi in tutto il suo splendore verso il bordo della spiaggia, stendere l'asciugamano per terra, e stendersi divinamente soddisfatta, con gli occhi chiusi, al sole, in pace.
FRICHI' Ma da dove è uscita?
Ma la soddisfazione dipinta sul suo volto si trasforma in disappunto e meraviglia, quando i suoi occhi, e così la MACCHINA, inquadrano un motoscafo che ha virato velocissimo sotto la spiaggia, e sulla scia di schiuma è apparso Livio, dritto sugli sci, che esegue la manovra di atterraggio sugli sci, per cui va famoso. La esegue per sfortuna dei ragazzi, proprio sotto la diciassettenne.
Livio, portato così sulla spiaggia vi arriva come un Dio nato dal mare. E' nel fiore della giovinezza, un buco al posto della pancia, spalle quadrate, vita stretta, muscoli lisci da nuotatore, lucidi sotto il sole. E' abbronzatissimo. La diciassettenne si mette a sedere in un sussulto di paura, che presto si trasforma in ammirazione per un arrivo di un personaggio così spettacolare.
Livio si avvicina alla diciassettenne, sistema meglio l'asciugamano, la diciassettenne gli fa posto accanto a sé e i due si sdraiano, vicini, mano sulla mano, senza parole, come se tutto fosse inteso, da sempre, e naturale.
FRICHI' Ma a lui la cartolina di richiamo non ce l'hanno mandata?
Mentre dice questa battuta si sente il fischio "chiavico, chià". E' il classico richiamo dei leoni. Come liberati da un incubo, i tre guardano verso chi ha fischiato. E' Pelos, lo vediamo scendere da una barca. In mano ha il fucile, nell'altra, sostenendola per le branchie con due dita ad uncino, tiene sollevata una enorme cernia di sei, sette chili. Lo segue un ragazzino con una sporta di altri pesci. Scisciò, Cocò e Frichì, appena vedono la cernia, danno un grido di ammirazione, e corrono a vedere. In P.P. Pelos dice:
PELOS Io appena l'ho vista, ho detto, ah ah, abbiamo risolto, stamattina. Ho pensato alla faccia vostra che m'aspettavate qua, belli belli, e ho detto: senti, non ci sta niente da fare, tu devi venire con me. Quella faceva no, no, no, e si metteva nella tana. E allora io ho detto: ah, sì, tu fai l'antipatica, e io ti vengo a pigliare. Quella mi guardava con certi occhi perché aveva capito come andava a finire la cosa. Io allora ho detto: no, guarda, questa è una questione di vita o di morte. Scisciò se non arriviamo tutti e due insieme, e arrivo io solo, stamattina come fa, come la risolve?!
SCISCIO' Non fa lo spiritoso.
PELOS No, no, quella l'ha capita, sono animali intelligenti. Subito s'è immedesimata della situazione, ma non voleva venire. Io l'ho guardata dritta negli occhi, ce l'ha marrò. Tu perdonerai, Scisciò, so che a te ti piacciono più gli occhi blu. Insomma ho detto, vieni 'o zio, 'o zio. Lei è venuta, e io ve l'ho portata. Che ne dite?
Mentre così parla, il ragazzino ha portato la sporta con l'altro pesce al padrone del ristorante, che è abituato a simili ritorni. S'affaccia sulla porta della trattoria, e dal suo punto di vista vediamo avvicinarsi il gruppo dei ragazzi con la cernia. Stanno parlando della serata con la O' Connor.
COCO' Tu hai capito ieri sera che è successo? Quella la brasiliana ha perduto 'o brillante…
SCISCIO' Mbriaca come stava…
FRICHI' Ben le sta. Una miliardaria che offre champagne italiano. Ma per chi ci aveva preso.
Si sente già la voce del padrone della Buca che dice:
PADRONE Come ve la faccio, questa volta?
PELOS Al forno, è la morte sua.
SCISCIO' Non fa come l'altra volta che vi siete scordato il meglio, un po' di prezzemolino, e non tutto quell'olio.
Pelos mentre parla si distrae. Stanno infatti arrivando Livio e la diciassettenne. Livio ha circondato con un braccio la spalla della ragazza, e il braccio gli pende sul petto di lei. I due lentamente, passano sfiorando quasi il gruppo dei ragazzi, e Livio sosterrà il loro sguardo minaccioso, invidioso. Poi sentiamo Pelos che dice:
PELOS Ecco stavo così contento, e quel cretino mi ha guastato tutto. Dove l'ha acchiappata, quella?
FRICHI' Per favore, non ne parliamo.
I loro occhi, pieni di disappunto, seguono i due che si allontanano verso il paese.
Sul bordo della spiaggia, cammina curvo, con lo sguardo fisso a terra, ogni tanto piegandosi a raccogliere qualche cosa. Lo vediamo, ora, come visto da Paola e Peter. Si ferma quasi davanti a Peter, e si china ancora a raccogliere qualche cosa.
PAOLA Ciao, Mimì! Hai perduto qualche cosa?
MIMI' Un brillante da dieci carati. L'hai visto?
PAOLA M'hanno detto che ti sei messo a lavorare.
MIMI' Non mettiamo in giro queste voci. Mi vuoi screditare?
Peter incuriosito perché Mimì, mentre parla, continua a chinarsi e a cercare nella sabbia, gli domanda:
PETER Che sono?
MIMI' (aprendo la mano e mostrando le pietrine raccolte sulla spiaggia) Tormalina. Prima raccoglievo coralli. Credo di averli raccolti tutti. Le idee più brillanti mi sono venute così.
PETER (ironico) Eh, me lo posso immaginare.
Mimì, che ha colto l'ironia di Peter, si rivolge prima a Paola, e indicando gli gli occhi Peter, dice:
MIMI' Ironizza… (poi rivolgendosi direttamente a Peter e guardandolo diritto negli occhi) No, non te lo puoi immaginare, tu.
Detto questo con un sorriso enigmatico, soppesa sulla mano le pietrine, e si avvia verso uno scoglio alto sul mare. Nel frattempo Paola dice a Peter:
PAOLA Guarda come si tuffa bene!
Vediamo Mimì di spalle sullo scoglio, contro il cielo. MACCHINA in basso che ci dà la sensazione dell'altezza. Si vedono gli scogli trasparenti sott'acqua. La MACCHINA inquadra ora insieme: le spalle di Mimì e lo yacht della O' Connor. Visto da Paola, dalla spiaggia, il volo dell'angelo di Mimì. Mimì nuota verso lo yacht come se avesse un motorino al posto dei piedi. Lo vediamo battere il crawl da vicino, ritmicamente, con uno stile perfetto.
Sullo yacht, sdraiata sopra un materassino, molto una di olio e vaccona, Marilù O' Connor si volta all'improvviso e vede: due mani che si afferrano al bordo dello yacht. E in mezzo alle due mani, appare la faccia di Mimì grondante d'acqua. Mimì sorride, e vediamo che, stretto tra i denti, brilla un diamante colossale. Marilù riconosce a volo l'anello da lei smarrito e ha un gridolino di gioia e di sorpresa. Mimì si toglie l'anello dalla bocca e porgendolo alla O' Connor, le dice:
MIMI' L'ho ritrovato.
Accanto al materassino della O' Connor una enorme guantiera con una raffinata colazione a base di caviale e d'aragosta, è preparata. Mimì annusa il cibo con ironia, esagerata mimica canina, e dallo sguardo della O' Connor capiamo che sarà invitato a colazione.
Si vede sulla tavola della trattoria dove i ragazzi stanno a mangiare, la spina della cernia in un piatto. Allargando l'inquadratura, vediamo le classiche espressioni da dopopranzo, un po' fatte a vino. Mentre i ragazzi stanno nell'inerzia della digestione, appare Mimì. Pelos gli si rivolge, quasi in tono di scusa.
PELOS Eh, t'abbiamo cercato per mare, per cielo e per terra. Sei scomparso. Che pretendevi?
MIMI' Ho già fatto colazione, non vi preoccupate: caviale, ostriche e champagne.
PELOS E dove?
Mimì indica soltanto lo yacht. Poi si versa un goccio di vino, e sollevando il bicchiere dice con finta strafottenza:
MIMI' Io vi saluto, qua è un mortorio, mi vado a fare la crociera in Grecia.
Lo vediamo allontanarsi e un'ultima volta salutare col braccio i ragazzi. La MACCHINA inquadra le facce dei ragazzi tutti insieme. Si guardano interrogativamente, con stupore. Il silenzio è prolungato. Pelos rompe il silenzio.
PELOS (con tono di voce alto e irritato) Voi non avete capito niente! Non avete capito niente!…
(stupore sul viso degli altri).
PELOS Non avete capito niente. Quello il brillante l'ha rubato lui e poi ha fatto finta di ritrovarlo, l'ha restituito, e così ha risolto l'estate. Se ne va in crociera, come un miliardario, servito come un miliardario, e noi qua, ad arrangiarci. Non so come fa, come fa ogni estate a trovare qualche cosa, quello!
Termineremo sulla faccia di Scisciò che dirà serio:
SCISCIO' Idee ci vogliono, per vivere qua, e per risolvere, idee ci vogliono.
Nelle prime ore del pomeriggio, i villeggianti raccolgono le idee per sapere che cosa faranno nella serata, e intanto perdono il tempo in chiacchiere e andirivieni, i negozi e le stradine di Positano si rianimano. Come una fila di ballerine, con le gambotte nude accavallate, seduti sopra un sedile di pietra, troviamo Scisciò, Cocò, Pelos e Frichì. Ma la MACCHINA inquadra soltanto una fila di piedi allineati. Anche dai piedi si può capire il carattere dei proprietari: sono una fila di piedi generalmente senz'arco, grassottelli, uno a forma di foglia di fico d'India, un altro bitorzoluto, un altro col pollicione, bruciati sul dorso dal sole e bianchi sotto la pianta come quella dei negri.
VOCE F.C. Scusi, quali sono i più belli?
La MACCHINA inquadrerà la persona alla quale è stata rivolta la domanda. E' Giulia, milanese, faccia nuova, potrebbe essere una ragazza non più giovane, oppure una giovane signora. Nell'insieme è vestita ancora in modo un po' teorico, la tipica eleganza un po' sportiva e secca delle settentrionali. Si vede, anche dall'abbigliamento, che non ha ancora ceduto agli inviti del posto. Sta consultando con lo sguardo una montagna di cappelli esposti davanti a un negozietto. Alla domanda, Giulia si volta e rassicuratasi con lo sguardo di essere proprio lei l'interrogata, passa in rassegna la fila di piedi, senza muoversi e dice:
GIULIA Se facciamo chi ha i più brutti, lo so già.
Pelos ha capito come Giulia si riferisca a lui, si alza rassegnato alla sconfitta e si sottrae alla gara.
SCISCIO' Pelos, non sai perdere.
GIULIA Ahhhaaah…! Ma lei è Pelos!
L'esagerata, divertita sorpresa di Giulia, che presuppone quella conoscenza che Pelos non immagina, fa chiedere a quest'ultimo:
PELOS (agli altri) Lo vedete, sono conosciuto pure al Nord (poi ripensandoci, rivolto a Giulia, con vera curiosità) Perché già mi conosce?
GIULIA Come se fossimo cresciuti insieme.
… e lasciando tutti perplessi, specie Pelos, vediamo Giulia allontanarsi.
Nella stradina, davanti alla farmacia, c'è una bilancia a gettone. Vediamo Livio di spalle, in piedi sulla bilancia, che si pesa, e la sua faccia riflessa nello specchietto.
Vicino a Livio, Sasà, un altro giovane ventitreenne, altrettanto aitante e atletico.
LIVIO Segna mezzo chilo in più, o la bilancia è guasta, o sto peggiorando.
Pelos se lo sta studiando con una sguardo di compatimento, inadeguato a dir la verità perché su Livio, dal punto di vista estetico, c'è ben poco da compatire, coglie a volo la battuta di Livio e risponde:
PELOS No, tu puoi solo migliorare.
Sasà ride della battuta di Pelos, ma Livio, sceso dalla bilancia, passando accanto a Pelos, sapendo di farlo soffrire, gli dice, passandosi una mano sulla chioma fluente:
LIVIO Guarda quanti capelli, guarda…
Pelos accusa il colpo. Intanto Livio è passato. Si rivolta, e gli dice dietro:
PELOS Segno di poca virilità…
Vediamo ora, riflesso nella vetrina del gioielliere, con sovrimposti i gioielli esposti, il viso di Giulia. Si capisce che guarda un paio di orecchini di turchesi e coralli a forma di fiorellini. Una voce F.C., quella di Pelos, dice:
PELOS Quelli a forma di fiorellino. Ti piacciono quelli, lo so.
GIULIA Come l'hai capito?
PELOS Tu mi conosci a me, e io capisco a te. Ma tu, come mi conosci?
GIULIA (evasiva) Peccato, sono troppo cari, cinquantamila.
PELOS E tu ci credi? Quello mette i prezzi a seconda dell'umore. Oggi forse stava arrabbiato. Vai dentro, aspetta un momento, giochiamo al ribasso.
Pelos, vedendo passare la diciassettenne, ha avuto un'idea. Lo vediamo correre dietro alla diciassettenne, fermarla per un braccio, e dirle qualcosa. Non ci soffermeremo, ma seguiremo Giulia. Nel negozio del gioielliere, Giulia dà uno sguardo alla roba esposta. Il gioielliere, seduto ad una scrivania, immerso nella sua apatica indifferenza, non la guarda neppure. Se nel negozio ci fosse una mosca sarebbe la stessa cosa per lui. Vediamo Pelos entrare e accostarsi al Cavaliere.
PELOS (indicando Giulia) Cavaliè le piacciono questi orecchini. Facciamola contenta e caliamo sul prezzo.
CAVALIERE No, no, guarda Pelos, quelli costano cari perché li ho pagati cari, eppoi non li voglio vendere.
PELOS Avete ragione.
… fingendo che la cosa lo interessa fino ad un certo punto cambia argomento e inizia un discorso allusivo, indicando la strada e lo sciamare delle belle ragazze.
PELOS Guarda, guarda, guarda… E' diventata una cosa ogni volta…
CAVALIERE Che è?
PELOS Ogni volta che uno butta uno sguardo da questa vetrina, vedi un passo e spasso che, che ne vuoi fare dei gioielli! Certe ragazze appena appena sviluppate…
CAVALIERE No, perché poi quello è il fatto, non è che quelle di diciassette poi diventano vecchie, perché ci stanno sempre quelle di quindici, di sedici, di rincalzo. A ondate successive. E ogni anno, ogni anno, noi stiamo qua e loro passano. A me mi volta la testa!
PELOS E' perché ci facciamo vecchi, cavaliè…
CAVALIERE Non è questione di vecchiaia, Pelos, è che sono sfacciate. Ti guardano con quella faccia di santarella e sono tante Messaline… Ti viene lo scoraggiamento, eh…
PELOS Guardate a quella, cavaliè, guardate, guardate…
A bassa voce, col solito accenno di gomito, incalzante Pelos accenna alla vetrina. Col viso schiacciato sul vetro, gli occhi enormi cerchiati di rimmel eccessivo, e tutta l'invitante dolcezza del suo giovanile sex appeal, come sognata, appare al gioielliere la diciassettenne.
GIOIELLIERE Echi è quella là, Pelos?… Chi è? Chi è? E' nuova Pelos?
… Il cavaliere sembra quasi venir meno. La sua voce è spenta, avvilita.
PELOS Eh, è un amore, quella là, un amore… Ma non la so bene, non la conosco…
CAVALIERE (intercala ogni battuta con un lamento e un sospiro) E' bella, è bella veramente…
PELOS E voi pensate a guadagnare. Ma che ve ne fate di tutti questi soldi? Io per ventimila lire 'sti orecchini li darei.
Il gioielliere fissa ormai come ipnotizzato il viso della diciassettenne, che non si capisce se sorride a lui o ad una sua immaginazione. Vediamo la diciassettenne fare una smorfietta e andare via. Il cavaliere ha ormai perduto ogni controllo razionale. E' tutto riflessi condizionati.
CAVALIERE (gridando) Ma pigliateli st'orecchini, pigliateli, pigliateli. (urlando) E venite (urlando) E venite sempre a rompere le scatole qua dentro. Pigliateli, piglia, piglia, vai via, e che diavolo, sempre la stessa cosa ogni giorno, entrate, fate i padroni, comandate, disponete, mannaggia a voi, mannaggia 'e guaglione… mannaggia 'a morte…
… e dicendo questo apre la porta del retrobottega e la sbatte in faccia a Pelos. Giulia si prova guardandosi nella vetrina gli orecchini e indicando con lo sguardo ventimila lire poste sul banco, che la MACCHINA ora inquadra,
GIULIA Non saranno troppo poche?…
Pelos con una mimica furbesca, dice:
PELOS Hai visto come si fa? Ed ora andiamocene alla svelta, prima che quello ci ripensi.
SCISCIO' Secondo me, sono due anni, qua la civiltà è cambiata.
PELOS Siamo entrati in una nuova fase.
SCISCIO' Prima le cose erano diverse qui, veniva il ricco che si voleva divertire. Ora tutti arrivano coi torpedoni, tutti hanno scoperto Positano, hanno scoperto Capri, i milanesi si so' pigliati Ischia, sono le nuove invasioni barbariche.
PELOS Siamo gli ultimi sopravvissuti.
A filo dell'acqua vediamo a venti metri di distanza la spiaggia che a quest'ora è assolata, bianca e deserta. Entra in campo un materassino matrimoniale galleggiante. Come due regine d'oriente, vi sono sdraiati sopra, in una inerzia assoluta, con un braccio morto alla deriva sull'acqua, Scisciò e Pelos.
Scisciò, ragazzo quarantacinquenne, ha ancora un fisico passabile e due occhi blu di bambino. E' il più vecchio, il più ostinato ed il più saggio dei leoni. Pelos, ragazzo trentasettenne, rassomiglia ad un piccolo Bacco, rotondetto e piacente come un neonato, la cosa più irresistibile in lui è il sorriso, comunicativo, trascinante. Il materassino è seguito da un cane mastino napoletano, enorme, con due cotolette al posto della bocca, lo chiamano "il commendatore". Mentre vediamo le nuche dei due allontanarsi, sentiamo ancora brani della loro conversazione.
SCISCIO' Io mi faccio il bagno.
PELOS No, aspetta.
SCISCIO' Gli anni scorsi a giugno non era stato mai così caldo, eh?…
PELOS Belle giornate!
SCISCIO' Ma Mimì ha detto che veniva, poi non s'è fatto più vivo.
PELOS Eh… quello finchè non persuade il padre…
SCISCIO' Ci vogliono delle idee, Pelos, chi non ha idee non emerge. Solo così si può risolvere, tu lo sai meglio di me…
Lasciando Scisciò e Pelos sul materassino e panoramicando altrove, vedremo apparire ora insieme ai primi TITOLI DI TESTA, nella sua bellezza, Positano.
DISSOLVENZA
Pelos è vestito di un solo paio di pantaloni, celeste sbiadito, arrotolati sopra la caviglia, e con la vita molto al di sotto dell'ombelico. La sua pancia è piuttosto prominente. I capelli riccioluti e ancora bagnati per la doccia, un asciugamano al collo. Mentre passa un segno della sua popolarità è dato dai saluti che dà e che riceve, e da una carezza ironicamente voluttuosa che un altro leone gli fa sulla pancia, non senza sottintendere che comincia a sporgere un po' troppo.
UN LEONE Pelos Bellapanza!
PELOS Giù le mani, giovanotto!
Dice Pelos con faceta noncuranza. E lo vediamo entrare nella BUCA DI BACCO, che è il centro del paese, come una piazza sulla spiaggia, dove tutti si danno convegno e si ritrovano nelle ore deputate. Pelos si avvicina alla cassa dove, con gli occhi abbassati su un sudicio libretto pieno di cifre ed annotazioni c'è il proprietario della Buca. Sul banco, accanto a lui, c'è il telefono. Pelos ora afferra il ricevitore. Il proprietario solleva gli occhi dal suo libretto, e il suo sguardo s'incontra, in una muta sfida, con quello disarmante di Pelos.
PELOS Signorina, mi dia Napoli, 381-811. Urgente.
PROPRIETARIO Centoventicinque lire la telefonata, eh!
PELOS Miserabile!
PROPRIETARIO Dalli!…
PELOS Ma non lo vedi come ti seri ridotto a pensà sempre ai soldi ?!
PROPRIETARIO (mostrando il libro dei conti) - Scusate, che ci sta scritto qua sopra?
PELOS Sta scritto "cassa"…
PROPRIETARIO Sta scritto il nome vostro…
PELOS Uhuhhhhh!…
PROPRIETARIO Vedete quante pagine, uno, due, tre, quattro…
Sul libro cassa vedremo annotati con molta evidenza gli anni a cui si riferiscono i debiti di Pelos. Risalgono al 1948.
PELOS Tu conta, conta… Tu qua per questo stai, a contà. Mo' fammi parlà, non mi scoccià…
Il telefono squillerà nel salone della casa di Mimì, a palazzo Don Anna, a Napoli. Il telefono è vicino alla finestra.
Dalle imposte socchiuse penetrano frecce luminose provenienti dal mare, e ondeggianti sulle pareti bianche. Il salotto, che adesso scopriamo, è arredato con grande buon gusto e tutto è meticolosamente ordinato e lustro. F.C. si sente la voce irritata di Rosaria, la cameriera, che si rivolge al telefono come se fosse una persona.
ROSARIA Un momento, un momento, ih che prescia che tieni…
Ed ora vediamo Rosaria entrare in campo, avvicinarsi al telefono e staccare il ricevitore. L'aspetto di Rosaria contrasta con l'ordine e il buon gusto della casa. Rosaria è in ciabatte, un brutto vestito, e i capelli non bene ravviati. Sembra un grosso topo casalingo.
ROSARIA Pronti.
PELOS Rosà, chiami il signorino Mimì…
ROSARIA Voi chi siete?
PELOS So' Pelos, Rosa'…
ROSARIA Sta dormendo. Non lo posso svegliare.
PELOS Va, va, va… non te ne incaricà. Mi assumo io la responsabilità.
Brontolando Rosaria si avvia in un'altra stanza, apre la porta, si vede un altro salone con una scala di legno che porta sopra il soppalco. Lì è la camera di Mimì, stretta come un corridoietto. Dopo aver chiamato "signorino Mimì" una, due volte, Rosaria, sempre brontolando, sale sulla scaletta e arriva nella camera di Mimì. Non c'è nessuno. La camera sembra una vera tana di leone, tant'è il disordine. C'è, accanto all'orinale, un piatto con delle ossa di pollo spolpate. Una bottiglia di whisky. In un bicchiere, spenti, in un dito di whisky, quattro mozziconi lunghissimi di sigarette. Al muro è appeso un fucile subacqueo con tridente, un ramo di corallo davanti alla fotografia di una donna, col sedere in P.P. C'è una dedica "a Mimì con tutto il cuore". Indescrivibile è poi il groviglio di materassi e lenzuola. Vicino al comodino, unici libri, molto numerosi di "Topolino" e la "Settimana Enigmistica".
Rosaria esprime in modo evidente e tonto la propria meraviglia e sorpresa. Poi si affretta e ritorna verso il telefono, e quasi con un grido dice:
ROSARIA Non c'è, è uscito, è uscito, s'è svegliato non c'è.
Il tono allarmato di Rosaria dovrà trasferirsi immediatamente alla MACCHINA da presa che carr. all'indietro e uscendo dalla casa, darà l'impressione di voler affannosamente andare alla ricerca di Mimì. In questo modo facciamo l'itinerario di Mimì per le strade di Napoli, fino allo studio del padre, che si trova in un vicolo di Toledo. L'itinerario si svolgerà nelle seguenti fasi:
Attraverso il finestrino di un autobus, rapida visione di una strada di Napoli;
Attraversamento di una striscia pedonale con macchine che sfrecciano e rumori di clacson;
Attraversamento di una strada caratteristica del centro di Napoli;
Un portone;
Una scala;
Una porta a vetri con su scritto"ACAMPORA IMPORT EXPORT". La porta si apre. Dietro una scrivania un signore, il padre di Mimì, solleverà gli occhi sul figlio.
PADRE Mimì. Abbiamo cominciato un'altra estate, eh?…
MIMI' Papà, oggi alle cinque parte il vaporetto, sono venuto… tu lo sai, no?…
PADRE Sì, lo so, lo so, Mimì lo so, ogni estate è sempre la stessa cosa. Io all'età tua già avevo fatto te.
A tredici anni, andavo in fabbrica del nonno a lavorare…
MIMI' E tu sei bravo, papà, io sono un fesso, mi vuoi dare queste ventimila lire, oppure debbo andare a chiederle a mammà?…
PADRE Mimì, ma poi tra l'altro sei pure indisponente, perché io, mo, mi fai venì la voglia di non dartele 'ste ventimila lire…
MIMI' E papà, ma tu le fai pesare, eh? Mi umilii, ogni volta che uno ti chiede una lira, pare che ti levasse un dente da bocca. I soldi li tieni, sei uno abbastanza ricco, perché non ce li dobbiamo godere, 'sti soldi?
PADRE No, non siamo ricchi, sono io che lavoro come un cane, dalla mattina alla sera. Me li fatico, io i soldi.
MIMI' Embè, papà, visto che ci stai tu, perché debbo fatigà pure io?… Ho un papà lavoratore. Pensa a quanti infelici non lo tengono un papà lavoratore…
PADRE (spazientito) Teh, pigliati ste ventimila lire e vattene!… Chè proprio, se ti vedo, mi vengono i nervi, eh!
Il braccio peloso di Mimì afferra le ventimila lire, e vediamo Mimì spensierato avviarsi alla porta.
Sulla soglia lancerà al padre:
MIMI' Baciamo le mani, eccellenza…
… e uscirà cantando"Me so' 'mbriacato 'e sole".
Il padre scuoterà la testa rassegnato.
Urlo di sirena del vaporetto che sta uscendo dal molo Beverello. Poi vedremo il vaporetto isolato in mezzo alla distesa del mare. Mentre gli ultimi TITOLI DI TESTA si svolgeranno vedremo il vaporetto che esegue la manovra di attacco al porticciolo di Sorrento.
Appoggiato al muro del molo, battuto dal sole, noncurante, in apparenza, al passaggio della folla dei turisti, vediamo un ragazzo dell'età di ventisei anni circa, con una camicetta che pende fuori dei pantaloni, con elegante trasandatezza, gli occhiali dalla grossa montatura di tartaruga, e una faccia di bambino assonnato. E' Cocò. La sua apatia si trasformerà improvvisamente in germanica correttezza, come inchino e saluto a piedi uniti, al passaggio di una elegante vecchia signora.
COCO' Principessa…
La principessa accennerà un saluto. Ultimo a scendere, tra i passeggeri del vaporetto, è Mimì. Vedrà Cocò e i due si saluteranno sollevando appena il mento. Una valigetta tempestata di raffinate etichette cosmopolite è l'unico bagaglio di Mimì. Come se fosse il suo dovere, Cocò afferra la valigetta dalle mani di Mimì, e vedremo i due disperdersi tra la folla.
Come un commendatore, vediamo Mimì seduto comodamente nel sedile posteriore di una grossa 1400 decappottabile.
MIMI' Cocò, è la seconda volta che te lo dico. Per favore non farmi ripetere le cose. Le curve non le devi piglià così. Chi ti ha messo in mano la patente, lo volessi proprio sapè.
La strada è quella che porta da Sorrento a Positano, piena di curve e di prospettive di paesaggi.
La macchina ora entrerà nel cortile di una villa che domina dall'alto il mare. Una cameriera accoglierà con deferenza i signorini. Cocò è il proprietario della villa, Mimì esercita su di lui un potere assoluto. Cocò precede Mimì attraverso le stanze della villa, seguiti dalla cameriera Mariettina, che porta la valigia.
COCO' Mimì, mammà s'è tanto raccomandata. Quando ha saputo che venivi tu, ha detto: benissimo, però digli che quest'anno si comportasse a dovere…
MIMI' Ah, non ci stanno ancora e già cominciano a scocciare…
COCO' Ma tu, Mimì, eh, li devi capire. Due anni fa dovemmo licenziare la cameriera, poi ti portasti pure quella contessa rumena…
MIMI' Ah, Cocò, ma io me ne scappo. Me ne vado ospite da Filino.
COCO' E' bello, è bello, è bello, è bello… (fa Cocò per calmarlo come si usa coi neonati).
Siamo ora in una stanza che affaccia con due ampie finestre sul mare. Mimì si dà uno sguardo intorno e poi dice:
MIMI' Però mi devi fare un piacere. Io quel lume nella stanza non lo voglio. Mi devi usare la gentilezza di levarmelo di torno.
COCO' Perché, che tiene quel lume?
MIMI' Finta opaline, comprato a piazza Francese, vengono dalla Cecoslovacchia, fatti in serie, costo lire dodicimila, va bene? In più è il gusto di tua madre…
COCO' Embè?…
MIMI' Piccoli borghesi, non per offenderti, tanto anche mia madre è della stessa razza, con manie di grandezze, e poi vogliono insegnare uno come si deve comportare, come se ci fosse qualcosa di male; la casa era deserta, non c'era nessuno, nemmeno tu, che male ci sta se uno si porta una contessa o se si vuole un po' divertire con Carmelina? E' inutile, questi atteggiamenti piccoli borghesi del cavolo.
Durante questa ultima battuta di Mimì, la MACCHINA avrà fatto i seguenti movimenti:
avrà superato la faccia in P.P. di Mimì, e si sarà affacciata dalla finestra su di un gruppo di case positanesi che guardano il mare;
panoramicando dal basso verso il cielo e poi dal cielo verso il basso, scoprirà Mimì e Cocò seduti al bar della piazzetta della Positano alta, insieme a Frichì e altri loro amici. Frichì è un ragazzo trentacinquenne leggermente obeso.
Vediamo ora avvicinarsi al gruppetto, un tipo con il colletto della camicia rovesciato all'insù e con le fodere delle tasche dei pantaloni rovesciate all'infuori in maniera innaturale. Frichì lo guarda e dice:
FRICHI' Ma la finisci di fare il ridicolo? Abbiamo visto benissimo che la fodera delle tue tasche è della stessa stoffa della camicia. A parte il fatto che il gusto della cosa è discutibile…
IL GIOVANE Ah, voi lo avete notato? Allora posso ricompormi…
Dicendo questo rinfodera le tasche e si stravacca sopra una sedia. Mimì, alzandosi e mostrando il perfetto appiombo dei suoi pantaloni:
MIMI' Eppoi il pantalone è pure sbagliato, non è fatto a piedi di tavolino. Lo vedi come è fatto il mio? London House. La vita dev'essere a quattro dita sotto l'ombelico, perché sempre là finisce che sta, se invece è fatto come il tuo, con la vita alta, in una posizione innaturale, capita che ti scende la vita, e insieme il cavallo, in mezzo alle ginocchia… eppoi il calzone deve essere risucchiato sulla scarpa, mentre tu dai il passo, così, perché se no il gioco del calzino non risulta. Impara e porta a casa!
Conclude Mimì sedendosi. Mentre lui sta facendo questa descrizione, si sente nell'aria il rombo di un motore di una automobile da corsa, che disperso nell'immensità dell'aria, rimandato dalle montagne, risulta impicciolito come il ronzio lontano di un moscone.
Cocò imita con la bocca la sveglia militare.
COCO' Ta-ta-tatà…ta-ta-tatà…
Vediamo un giovanissimo attraversare la piazza, e allo sfottò di Cocò, voltarsi con gesto minaccioso, come per dire: "Embè? Che vai trovando?"
Cocò rispondendo alla muta interrogazione degli altri, dice:
COCO' La patria lo chiama. Si stava facendo il bagno, l'altra mattina, e gli è arrivata la cartolina.
FRICHI' Pure a Nicolino e a Gigino Improta gli è arrivata.
MIMI' Buono! Così quest'anno la piazza è libera.
FRICHI' Però se lo meritano, eh? Noi alla loro età non eravamo così indisponenti…
Nell'aria s'avvicina sempre più il rombo dell'automobile. E la scopriremo, come una macchiolina bianca, che corre pazzamente prigioniera delle curve sulla montagna positanese. Due ragazze del luogo, una bellissima, appena sbocciata, l'altra insignificante, con molta riservatezza, stanno sorbendo un sorbetto. Frichì, con un solo sguardo, indica la più piccola a Mimì. In quel momento arriva dinoccolato Pelos, che sembra non aver notato lo sguardo, non appena è vicino ai due, spiega:
PELOS E' la figlia di Evangelina la sarta (a Mimì, buttandogli un pacchetto di Nazionali) eccoti le sigarette…
In quel momento, passa, non lontano da loro, Don Carlo, il parroco del paese. Pelos dice rivolto a Frichì: "Aspetta" e di corsa si avvia verso il prete.
FRICHI' (a Mimì) E' l'ultima trovata di Pelos. Se gli domandi: "E' una brava ragazza?" don Carlo risponde invariabilmente: "Buona, pura e osservante". Le confessa lui. Quando però sa di mentire, gli si arriccia la fronte, così noi capiamo.
Pelos, tornando, da lontano, passandosi la palma della mano sulla fronte.
PELOS Fronte spianata!
FRICHI' (rivolto a Mimì) Con la figlia di Evangelina niente da fare.
Guarderemo un'ultima volta le due ragazze che ora si allontanano.
Una brusca, stridente frenata fa voltare di scatto tutti. Nella piazza si ferma una magnifica Jaguar a due posti, color latte, impolverata e carica di bagagli. In P.P. vediamo lo sportello della Jaguar che si apre, e due gambe, piuttosto belle, lunghe ed affusolate escono dalla macchina. Le seguiamo, mentre si avvicinano al gruppo dei leoni, e F.C. sentiamo la voce della proprietaria di quelle gambe. Si chiama Paola. E, con l'accento di una straniera che si sforza di ricordare le parole italiane, dice:
PAOLA Ah! Tutti qua siete? Che piacere vedervi, qui, tutti uniti, cari è tanto che non vi vedo, Pelos, oh, Mimì, Frichì, simpatici, ho sentito tanto la vostra mancanza…
Durante questa battuta osserveremo le reazioni di annoiato stupore sulla faccia apatica dei ragazzi. Una breve pausa, e Paola, cambiando completamente tono e parlando con accento normale, piuttosto napoletanizzato, dice:
PAOLA Embè? E' questa la maniera di salutare gli amici?
Adesso la MACCHINA inquadra Paola. E' veramente una bella ragazza, una napoletana bionda con gli occhi celesti, che apparentemente ha la struttura fisica dell'inglese, e che poi, dopo due giorni di esposizione al sole, denuncia chiaramente la provenienza meridionale, con la pelle nera come nessuna inglese mai ha potuto avere, anche un certo modo di gestire ed il ridere aperto, una struttura ossea molto dolce sono altri segni rivelatori, ed insieme graziosi per il contrasto, del fisico di Paola.
PELOS Tu scrivevi la radio, elle apostrofo, aradio. Mo' perché sei stata qualche mese a Londra, te ne vieni che parli come una straniera. Ammetterai…
Paola, superando l'obiezione, chiama Peter, di nuovo esagerando l'accento inglese.
PAOLA Peter, come here. Vi presento questo mio amico inglese, mi raccomando, eh…
Mentre Peter si avvicina, i ragazzi lo osservano, con uno sguardo critico. Come figura, niente male. Alto, distinto, gentiluomo tipico. Giovanilissimo, ma leggermente stempiato. Ora però non si vede, perché porta un cappello di paglia. Mentre si avvicina, i ragazzi commentano.
PELOS Niente male le scarpe, Regent Street.
Si accennano le presentazioni, piuttosto confuse. Mimì subito dopo aver salutato con un "hello" dice:
MIMI' Io me ne vado da Scisciò.
Pelos, Frichì Cocò e un altro pare che siano molto più attratti dalla macchina. Infatti abbozzano un distratto sorriso, e si avanzano verso la Jaguar, studiandone un particolare nuovo del cruscotto. Peter e Paola rimangono dunque come isolati per un attimo. Paola chiama un ragazzino.
PAOLA Piglia le due valige bianche che sono sulla macchina e portale alla pensione Sopramonte. Le altre a Villa d'Aquino.
Nel frattempo, due amiche di famiglia, due signore come chiocce, anziane e pettegole ed espansive, riconoscono Paola e la chiamano da lontano con un gridino di stupore. "Paola".
Paola si volta e dice a Peter:
PAOLA Ti raggiungo più tardi.
… e immediatamente si avvia verso le due signore con una faccia di circostanza, anche lei doverosamente sorpresa e meravigliata ed affettuosa oltre ogni dire. Un ultimo sguardo su Peter isolato in mezzo alla piazza, con il ragazzo che intanto ha preso le valige, e subito ritorniamo sulle effusioni che le due signore fanno a Paola.
1 SIGNORA Ma come, dico io, tu te ne vieni in macchina…
Quella zia Antonia stava così preoccupata, ti aspettava da ieri sera, è pericoloso…
2 SIGNORA Paola, figlia mia, com'è cresciuta, proprio una signorina, e che siluette! Quanti anni tieni mo?…
1 SIGNORA Ancora si può dire…
Stacchiamo su Frichì e Pelos che scendono per una stradina di Positano.
PELOS A me, nelle macchine inglesi, mi piace quel movimento, come dire, seduto, della carrozzeria.
… e per spiegarsi fa un movimento del corpo che mima la forma della carrozzeria di tali macchine. Frichì ha adocchiato una donna che sta passando poco distante. Si rivolge prima a Pelos, dice:
FRICHI' Aspetta un momento… (chiamando la donna) Assuntina, Assuntina… (indica Pelos) domanda a lui. Lui non sa niente.
PELOS Ma che è?
ASSUNTINA Quello il signorino Frichì dice che mi vuol far cambiare i denti.
FRICHI' Non metterti scorno, dì, dì',
ASSUNTINA Eh, gliel'ho detto, dice che i denti d'oro non s'usano più.
PELOS E' vero. Perché l'hai mai vista un'attrice del cinema coi denti d'oro? Roba da selvaggi.
FRICHI' (ad Assuntina) Ridi, ridi…
ASSUNTINA E non mi viene…
FRICHI' Pensaci sopra, non dire niente, pensaci.
… e con un cenno dell amano e con un sorriso, Frichì si congeda. I due si avviano e dopo un po' Frichì dirà a Pelos:
FRICHI' Goccia a goccia, hai capito? Le metto il tarlo in testa.
… e fa un gesto con un dito sulla tempia. Intanto Mimì è arrivato davanti al portoncino della casa dove abita Scisciò. Apre il portoncino e sale per la rampa di scale, che portano in un orto. Sì, in un orto, così sono le case di Positano, addossate alla montagna. Scisciò è intento a rastrellare delle patate che ha seminato. Saluta Mimì senza eccessivo entusiasmo.
SCISCIO' Uhè Mimì…
MIMI' I pomodori non li hai piantati?
SCISCIO' E come no?… L'insalata di pomodori è la cosa più sana, fresca… Stanno là.
… e indica un punto dell'orto. Questo ci dà la possibilità di fare della breve panoramica della casa con l'orto, e dall'orto si dovrebbe vedere l'interno di un salone, con i mobili tutti coperti di lenzuoli bianchi, mentre F.C. il dialogo continua:
SCISCIO' Le patate crescono più presto, hai capito, si fanno due o tre raccolti. A me mi piacciono molto queste che crescono qua, sono più dolci.
MIMI' E chi è 'sto bestione?
… indica il cane (il commendatore), fermo sulla porta che ogni tanto lancia sguardi verso Scisciò come invitandolo ad affrettarsi, impaziente di uscire.
SCISCIO' E' bello, eh? Che ti credi, a Napoli ce ne stanno solo due o tre di questi…
MIMI' Ma di chi è?…
SCISCIO' Della famiglia che tiene 'sta villa, dove ora io abito.
MIMI' Loro non ci stanno?
SCISCIO' No, loro stanno girando, girano per il mondo sopra uno yacht, ma lui non se lo possono portare, perché soffre il mal di mare. Mi occupo io di lui. Come una madre.
MIMI' Deve mangiare più di un cristiano, un bestione così!
SCISCIO' E loro mi passano trecento lire al giorno, per il suo vitto, i patti, e così ci esce pure qualcosa per me, ma che vuoi, tra un invito, un'insalata, insomma tiriamo bene avanti tutti e due.
MIMI' Però ti sei accollato una bella schiavitù…
Scisciò si mette a parlare subito in francese e indicando con uno sguardo il cane, dice:
SCISCIO' Je t'en prie parle en français, y comprend l'italien, il se fache, il se fache, tu sais… il est très sensible quando on parle de lui…
MIMI' Bè, tira fuori le notizie. Come butta?
SCISCIO' Maluccio. Yacht uno solo, fattibile, molta simpatia, molto charme, la cosa non è difficile a uno come te. Motoscafi solo quello della Perretti, ma a dir la verità, sopportarsi la madre per la figlia è una fatica che ogni gentiluomo dovrebbe rifiutare. Purtroppo peggiore sempre l'ambiente cocktails. Non lo so, sono diventati tirchi o si divertono in altro modo, insomma siamo finiti figurati che quella che fa più inviti e riceve più gente è una pataccona protettrice di cantanti, infrequentabile…
MIMI' E le ragazze Piscitelli.
SCISCIO' Quest'anno sono andate a Portofino, poi Riviera eccetera…
MIMI' Milena è sempre l'amica di Cannavacciuolo?
SCISCIO' E che può fare ormai…
MIMI' Però queste ragazze come si riducono. Senza un uomo non sanno più che fare. Non sono come le americane, le anglosassoni, insomma, indipendenti.
SCISCIO' Eh! No, mi dispiace. Piglia mia sorella, per esempio. Quella è stata una madre per me, perché quando abbiamo perduto mammà eravamo tutti piccoli, e papà sapeva solo andare al Circolo. Bè, lei ci ha allevati tutti, poi s'è sposata. Ora sta a Cremona a dirigere la fabbrica del marito che è morto.
Il cane li interrompe mugolando implorante, Scisciò capisce, e dice: "Andiamo, va, il cane vuole uscire".
Mentre si avviano sentiamo in dissolvenza Scisciò: Quest'anno, senza grandi folle l'estate è moscia…
Li riprendiamo per la strada mentre si avviano verso la Buca.
Dalla direzione opposta vediamo venire un gruppo nel quale si vede una signora singolare, con un braccio fasciato, sovraccarica di gioielli, fin troppi, che splendono alle dita, al collo, addosso, perfino un braccialetto alla caviglia. Deve aver superato da un pezzo la quarantina, ma ha ancora i movimenti pieni di civetteria e d'avventura, il sorriso provocante, gli occhi a morbo di Basedow, intensi come quelli delle ninfomani, che spogliano ogni maschio guardato. E' seguita da due marinari, un signore, un'altra donna.
Sul muretto di fronte alla Buca, sono seduti Frichì e Pelos che osservano l'avvicinarsi del gruppo con la signora ingioiellata.
FRICHI' Se tu dovessi scegliere, chi ti pigliassi, il braccio o la mano?
PELOS La mano non è male, a dir la verità, io l'ho guardata da vicino, roba da Cartier.
FRICHI' Ma forse forse, anche il collo non sarebbe male. Ci saranno più di cinque o sei milioni buttati là…
PELOS Io mi accontenterei pure della caviglia.
La MACCHINA intanto sta inquadrando volta a volta tutti i particolari della signora indicati dal discorso dei due. Frichì alludendo alla caviglia:
FRICHI' E' brutta, è fetente e gonfia come quella di un elefante, però è pure parata come quella di un elefante quando fanno le processioni coi Rajà…
Sopraggiungono Mimì e Scisciò. Pelos rivolgendosi a Mimì:
PELOS Mimì ma tu la sai a quella?…
MIMI' (a Scisciò) Chi è?
SCISCIO' Un pappagallo del Brasile, Marilù O'Connor.
FRICHI' Mimì non fare il distratto, va!
PELOS Lo vedi quello yacht? Quello è suo.
Vediamo di fronte alla spiaggia un meraviglioso Tre Alberi nero che oscilla come un gabbiano sull'onda.
MIMI' Ah, sì?
SCISCIO' Quello tiene a bordo un bagno di lapislazzuli e un vero Renoir.
MIMI' Ma Renoir come?
PELOS Sarebbe un pittore, abbastanza importante, Mimì! Non le sai 'ste cose? Fai tanto lo chic!
MIMI' Insomma è una buona…
PELOS Sai quanto costa un Renoir, oggi? L'ho letto sopra un giornale. Duecentotrenta milioni. E quella lo tiene dentro il cesso dello yacht.
MIMI' E che fate, i maleducati? Non me la presentate, no?
Intanto il gruppo della O'Connor, che era entrato n ella Buca, ne esce ora, anzi esce per prima solo la O'Connor. E la MACCHINA la inquadra mentre F.C. la voce di Scisciò dice rivolto a Mimì:
SCISCIO' Te la presento io.
E avvicinandosi alla O'Connor, come presentando un numero di varietà ad una platea di spettatori, dice, con un tono di voce enfatica: (manca la frase di Scisciò, nds)
Mimì, adeguandosi subito alla magniloquenza dell'amico, avanza con passo sicuro, arrivato alla giusta distanza fa un inchino alla spagnola, quindi prende la mano che gli porge la O'Connor. Vediamo in P.P. questa mano con un diamante grosso come una note, al dito. Mimì guarda, come arrestato nel suo gesto, quasi paralizzato dalla scoperta, il grosso diamante. Poi guarda significativamente la faccia della O'Connor, e di nuovo il diamante. Come un cane che afferra un osso, egli afferra con la bocca il diamante e fa finta di sforzarsi per staccarlo dalla montatura d'oro. La O'Connor prima sorpresa, poi, quando ne capisce il significato comico, divertita da questa mimica, scoppia a ridere in maniera alquanto sguaiatella, come un omaccione.
Quando si calma, dice a Scisciò:
O'CONNOR Simpatico. Questa sera vi aspetto tutti alle otto.
In quel momento escono dalla Buca i marinai con due ceste cariche di bottiglie di whisky, champagne, ed altre provviste. La O'Connor li indica e dice:
O'CONNOR I rifornimenti. Allora senz'altro. Questa sera. Domani parto.
Mimì si inchina profondissimamente, alla O'Connor che si allontana.
DISSOLVENZA
Siamo in un punto della Positano alta. E' notte. Una luna tonda brilla nel cielo. Dall'alto vediamo lo yacht col gran pavese illuminato, e la spiaggia sulla quale brillano i fuochi di diversi falò. La MACCHINA lentamente, senza spostarsi dal suo punto di vista, ruota verso le facce in P.P. di Peter e Paola. Peter sta fumando la pipa. I capelli biondi di Paola sono dorati dalla luna. Paola guarda distrattamente la scena.
PAOLA Hanno fatto lo sbarco dei selvaggi…
PETER Che cosa sarebbe?
PAOLA Scendono a terra, accendono i falò, e poi bevono e ballano intorno al fuoco.
PETER Carino.
PAOLA Si fa per divertirsi, Peter! A Londra eri più divertente. Qui, all'improvviso, non so che cosa ti ha preso.
PETER Io non vado dove non sono invitato. Ecco tutto.
PAOLA Senti come ridono. Arrivano fin qua le risate. Credo che siano le montagne, che respingono il suono. Ma che hai?
PETER Non senti nemmeno quello che dico.
PAOLA E tu te ne stai con quella faccia e mi guasti tutto. Ecco, sempre così hai fatto. Anche quella volta ad Hampton Court. C'era bisogno di fare a pugni?
A questo punto Paola dà un grido e si rifugia nelle braccia di Peter, terrorizzata. Peter istintivamente l'abbraccia e la stringe a sé per proteggerla.
PETER Cos'è?
PAOLA Un pipistrello, quelli tagliano la faccia.
La faccia di Paola è molto spaventata
PETER In fondo si tratta di un topo con le ali…
I due sono sempre stretti nell'abbraccio. Paola solleva gli occhi verso Peter, pronta di nuovo a discutere e a protrarre la discussione.
PAOLA E lo dici così. Un topo? Mi fanno paura pure i topi.
PETER Anche in questo sei molto originale.
DISSOLVENZA
Sono le undici e mezza circa di mattina. La spiaggia è ancora deserta. E' l'ora infatti in cui i bambini che sono andati a mare molto presto, verso le otto, quando è più fresco, si ritirano con le loro governanti. Le madri, tutte signore intorno alla trentina, e qualcuna anche più giovane, sono invece appena scese, e si trattengono alla Buca, sotto la pergola e il tendone, sedute sulle sdraio. Qualche bambino si fa accarezzare dalla mamma, qualcun altro protesta che vuole andare ancora in acqua.
Vediamo Frichì inginocchiato davanti a una bambina di tre anni. Completerà l'inquadratura, due bellissime gambe, sono quelle della madre della bambina.
FRICHI' Adesso facciamo un bel giochino insieme. Tu mi lanci la tua palla. Che bella palla che hai. Me la lanci? Io poi la lancio a mammina tua. Che bella mammina che hai! E la mammina la lancia a te. Pronti?
La bambina lo guarda torvo. F.C. a commento di questa scena, sentiamo la voce di Scisciò che dice a Cocò:
SCISCIO' Vedi, Frichì è troppo servizievole, questa è una tecnica che non funziona più… potrà diventare il bambinaio, ma la signora non se la farà mai…
Vediamo la bambina guardare fisso Frichì negli occhi e poi lanciargli sul viso una manciata di sabbia. Frichì accecato si pulisce goffamente, e ride senza voglia. Adesso Cocò sta complimentando una signora per il suo bambino. Il bambino non è veramente un bambino, ma uno di quegli esseri che sono nel momento difficile della crescita, per cui non sai bene se sono ancora bambini o già degli uomini. Porta i pantaloncini corti sulle gambe pelose, è imberbe ma ha i baffetti, ha gli occhiali e uno sguardo timido, chiuso e morboso. La madre non è una dea di bellezza, ma comunque è molto piacente. Sorride ai complimenti di Cocò senza sospettarne l'ambiguità e l'ironia.
COCO' Ah! E' cresciuto dall'anno scorso. Com'è diventato bellino. Quanti anni hai, bambino?
MADRE Ha compiuto già i tredici anni!
COCO' Con una mamma così giovane. E vai a scuola, dì? Guarda già coi baffetti. Com'è delizioso, un'aria così intelligente. Tutto papà (rivolto alla madre, con un altro tono) Parla?
Il sorriso muore sulle labbra della signora che guarda Cocò senza capire. Ora passano Paola e Peter. Paola in costume conferma tutte le aspettative. E' proprio un bel corpo il suo. Slanciato e nello stesso tempo pienotto, come una pesca matura. Peter la segue in shorts e sandali, ha l'asciugamani sulle spalle, per proteggersi dal sole.
Vediamo Peter che si ferma sui sassi roventi, butta l'asciugamano a terra, come un tappeto, e ci mette i piedi sopra. Poi, volto a Paola, sempre mantenendo il suo senso dell'humor, le dice:
PETER Nella Polinesia, i selvaggi fanno le corse sulle pietre roventi. Perché non partecipi alla gara degli stregoni?
PAOLA Vorresti che ti portassi in braccio?
Ora li vediamo sul bordo della spiaggia, vicino alla battima. Peter con le gambe nell'acqua e il corpo fuori. E Paola che ride. Peter dice:
PETER Te lo giuro. Ho sentito che friggevano.
Scisciò, Cocò e Frichì stanno ora bevendo un aperitivo. Vediamo all'improvviso Frichì che si alza, poggia il bicchiere sul tavolo, si volta con la faccia al muro, e appoggiata la fronte all'avambraccio, comincia un finto pianto dirotto, con singhiozzi che lo scuotono. Poi sempre piangendo, si volta e dice, singhiozzando:
FRICHI' Ma chi è quella, chi è quella!…
Come un bell'animale, stretta di reni, deliziosamente inconsapevole delle ondate di cupidigia che suscita, passa, alta sugli zoccoletti, alta sulle gambe meravigliose, una biondissima bardottesca diciassettenne. Si trascina con noncuranza un asciugamano, ha in testa un cappellino di paglia alla torero, calato sugli occhi che ha enormi e azzurri. La vediamo avviarsi in tutto il suo splendore verso il bordo della spiaggia, stendere l'asciugamano per terra, e stendersi divinamente soddisfatta, con gli occhi chiusi, al sole, in pace.
FRICHI' Ma da dove è uscita?
Ma la soddisfazione dipinta sul suo volto si trasforma in disappunto e meraviglia, quando i suoi occhi, e così la MACCHINA, inquadrano un motoscafo che ha virato velocissimo sotto la spiaggia, e sulla scia di schiuma è apparso Livio, dritto sugli sci, che esegue la manovra di atterraggio sugli sci, per cui va famoso. La esegue per sfortuna dei ragazzi, proprio sotto la diciassettenne.
Livio, portato così sulla spiaggia vi arriva come un Dio nato dal mare. E' nel fiore della giovinezza, un buco al posto della pancia, spalle quadrate, vita stretta, muscoli lisci da nuotatore, lucidi sotto il sole. E' abbronzatissimo. La diciassettenne si mette a sedere in un sussulto di paura, che presto si trasforma in ammirazione per un arrivo di un personaggio così spettacolare.
Livio si avvicina alla diciassettenne, sistema meglio l'asciugamano, la diciassettenne gli fa posto accanto a sé e i due si sdraiano, vicini, mano sulla mano, senza parole, come se tutto fosse inteso, da sempre, e naturale.
FRICHI' Ma a lui la cartolina di richiamo non ce l'hanno mandata?
Mentre dice questa battuta si sente il fischio "chiavico, chià". E' il classico richiamo dei leoni. Come liberati da un incubo, i tre guardano verso chi ha fischiato. E' Pelos, lo vediamo scendere da una barca. In mano ha il fucile, nell'altra, sostenendola per le branchie con due dita ad uncino, tiene sollevata una enorme cernia di sei, sette chili. Lo segue un ragazzino con una sporta di altri pesci. Scisciò, Cocò e Frichì, appena vedono la cernia, danno un grido di ammirazione, e corrono a vedere. In P.P. Pelos dice:
PELOS Io appena l'ho vista, ho detto, ah ah, abbiamo risolto, stamattina. Ho pensato alla faccia vostra che m'aspettavate qua, belli belli, e ho detto: senti, non ci sta niente da fare, tu devi venire con me. Quella faceva no, no, no, e si metteva nella tana. E allora io ho detto: ah, sì, tu fai l'antipatica, e io ti vengo a pigliare. Quella mi guardava con certi occhi perché aveva capito come andava a finire la cosa. Io allora ho detto: no, guarda, questa è una questione di vita o di morte. Scisciò se non arriviamo tutti e due insieme, e arrivo io solo, stamattina come fa, come la risolve?!
SCISCIO' Non fa lo spiritoso.
PELOS No, no, quella l'ha capita, sono animali intelligenti. Subito s'è immedesimata della situazione, ma non voleva venire. Io l'ho guardata dritta negli occhi, ce l'ha marrò. Tu perdonerai, Scisciò, so che a te ti piacciono più gli occhi blu. Insomma ho detto, vieni 'o zio, 'o zio. Lei è venuta, e io ve l'ho portata. Che ne dite?
Mentre così parla, il ragazzino ha portato la sporta con l'altro pesce al padrone del ristorante, che è abituato a simili ritorni. S'affaccia sulla porta della trattoria, e dal suo punto di vista vediamo avvicinarsi il gruppo dei ragazzi con la cernia. Stanno parlando della serata con la O' Connor.
COCO' Tu hai capito ieri sera che è successo? Quella la brasiliana ha perduto 'o brillante…
SCISCIO' Mbriaca come stava…
FRICHI' Ben le sta. Una miliardaria che offre champagne italiano. Ma per chi ci aveva preso.
Si sente già la voce del padrone della Buca che dice:
PADRONE Come ve la faccio, questa volta?
PELOS Al forno, è la morte sua.
SCISCIO' Non fa come l'altra volta che vi siete scordato il meglio, un po' di prezzemolino, e non tutto quell'olio.
Pelos mentre parla si distrae. Stanno infatti arrivando Livio e la diciassettenne. Livio ha circondato con un braccio la spalla della ragazza, e il braccio gli pende sul petto di lei. I due lentamente, passano sfiorando quasi il gruppo dei ragazzi, e Livio sosterrà il loro sguardo minaccioso, invidioso. Poi sentiamo Pelos che dice:
PELOS Ecco stavo così contento, e quel cretino mi ha guastato tutto. Dove l'ha acchiappata, quella?
FRICHI' Per favore, non ne parliamo.
I loro occhi, pieni di disappunto, seguono i due che si allontanano verso il paese.
Sul bordo della spiaggia, cammina curvo, con lo sguardo fisso a terra, ogni tanto piegandosi a raccogliere qualche cosa. Lo vediamo, ora, come visto da Paola e Peter. Si ferma quasi davanti a Peter, e si china ancora a raccogliere qualche cosa.
PAOLA Ciao, Mimì! Hai perduto qualche cosa?
MIMI' Un brillante da dieci carati. L'hai visto?
PAOLA M'hanno detto che ti sei messo a lavorare.
MIMI' Non mettiamo in giro queste voci. Mi vuoi screditare?
Peter incuriosito perché Mimì, mentre parla, continua a chinarsi e a cercare nella sabbia, gli domanda:
PETER Che sono?
MIMI' (aprendo la mano e mostrando le pietrine raccolte sulla spiaggia) Tormalina. Prima raccoglievo coralli. Credo di averli raccolti tutti. Le idee più brillanti mi sono venute così.
PETER (ironico) Eh, me lo posso immaginare.
Mimì, che ha colto l'ironia di Peter, si rivolge prima a Paola, e indicando gli gli occhi Peter, dice:
MIMI' Ironizza… (poi rivolgendosi direttamente a Peter e guardandolo diritto negli occhi) No, non te lo puoi immaginare, tu.
Detto questo con un sorriso enigmatico, soppesa sulla mano le pietrine, e si avvia verso uno scoglio alto sul mare. Nel frattempo Paola dice a Peter:
PAOLA Guarda come si tuffa bene!
Vediamo Mimì di spalle sullo scoglio, contro il cielo. MACCHINA in basso che ci dà la sensazione dell'altezza. Si vedono gli scogli trasparenti sott'acqua. La MACCHINA inquadra ora insieme: le spalle di Mimì e lo yacht della O' Connor. Visto da Paola, dalla spiaggia, il volo dell'angelo di Mimì. Mimì nuota verso lo yacht come se avesse un motorino al posto dei piedi. Lo vediamo battere il crawl da vicino, ritmicamente, con uno stile perfetto.
Sullo yacht, sdraiata sopra un materassino, molto una di olio e vaccona, Marilù O' Connor si volta all'improvviso e vede: due mani che si afferrano al bordo dello yacht. E in mezzo alle due mani, appare la faccia di Mimì grondante d'acqua. Mimì sorride, e vediamo che, stretto tra i denti, brilla un diamante colossale. Marilù riconosce a volo l'anello da lei smarrito e ha un gridolino di gioia e di sorpresa. Mimì si toglie l'anello dalla bocca e porgendolo alla O' Connor, le dice:
MIMI' L'ho ritrovato.
Accanto al materassino della O' Connor una enorme guantiera con una raffinata colazione a base di caviale e d'aragosta, è preparata. Mimì annusa il cibo con ironia, esagerata mimica canina, e dallo sguardo della O' Connor capiamo che sarà invitato a colazione.
Si vede sulla tavola della trattoria dove i ragazzi stanno a mangiare, la spina della cernia in un piatto. Allargando l'inquadratura, vediamo le classiche espressioni da dopopranzo, un po' fatte a vino. Mentre i ragazzi stanno nell'inerzia della digestione, appare Mimì. Pelos gli si rivolge, quasi in tono di scusa.
PELOS Eh, t'abbiamo cercato per mare, per cielo e per terra. Sei scomparso. Che pretendevi?
MIMI' Ho già fatto colazione, non vi preoccupate: caviale, ostriche e champagne.
PELOS E dove?
Mimì indica soltanto lo yacht. Poi si versa un goccio di vino, e sollevando il bicchiere dice con finta strafottenza:
MIMI' Io vi saluto, qua è un mortorio, mi vado a fare la crociera in Grecia.
Lo vediamo allontanarsi e un'ultima volta salutare col braccio i ragazzi. La MACCHINA inquadra le facce dei ragazzi tutti insieme. Si guardano interrogativamente, con stupore. Il silenzio è prolungato. Pelos rompe il silenzio.
PELOS (con tono di voce alto e irritato) Voi non avete capito niente! Non avete capito niente!…
(stupore sul viso degli altri).
PELOS Non avete capito niente. Quello il brillante l'ha rubato lui e poi ha fatto finta di ritrovarlo, l'ha restituito, e così ha risolto l'estate. Se ne va in crociera, come un miliardario, servito come un miliardario, e noi qua, ad arrangiarci. Non so come fa, come fa ogni estate a trovare qualche cosa, quello!
Termineremo sulla faccia di Scisciò che dirà serio:
SCISCIO' Idee ci vogliono, per vivere qua, e per risolvere, idee ci vogliono.
Nelle prime ore del pomeriggio, i villeggianti raccolgono le idee per sapere che cosa faranno nella serata, e intanto perdono il tempo in chiacchiere e andirivieni, i negozi e le stradine di Positano si rianimano. Come una fila di ballerine, con le gambotte nude accavallate, seduti sopra un sedile di pietra, troviamo Scisciò, Cocò, Pelos e Frichì. Ma la MACCHINA inquadra soltanto una fila di piedi allineati. Anche dai piedi si può capire il carattere dei proprietari: sono una fila di piedi generalmente senz'arco, grassottelli, uno a forma di foglia di fico d'India, un altro bitorzoluto, un altro col pollicione, bruciati sul dorso dal sole e bianchi sotto la pianta come quella dei negri.
VOCE F.C. Scusi, quali sono i più belli?
La MACCHINA inquadrerà la persona alla quale è stata rivolta la domanda. E' Giulia, milanese, faccia nuova, potrebbe essere una ragazza non più giovane, oppure una giovane signora. Nell'insieme è vestita ancora in modo un po' teorico, la tipica eleganza un po' sportiva e secca delle settentrionali. Si vede, anche dall'abbigliamento, che non ha ancora ceduto agli inviti del posto. Sta consultando con lo sguardo una montagna di cappelli esposti davanti a un negozietto. Alla domanda, Giulia si volta e rassicuratasi con lo sguardo di essere proprio lei l'interrogata, passa in rassegna la fila di piedi, senza muoversi e dice:
GIULIA Se facciamo chi ha i più brutti, lo so già.
Pelos ha capito come Giulia si riferisca a lui, si alza rassegnato alla sconfitta e si sottrae alla gara.
SCISCIO' Pelos, non sai perdere.
GIULIA Ahhhaaah…! Ma lei è Pelos!
L'esagerata, divertita sorpresa di Giulia, che presuppone quella conoscenza che Pelos non immagina, fa chiedere a quest'ultimo:
PELOS (agli altri) Lo vedete, sono conosciuto pure al Nord (poi ripensandoci, rivolto a Giulia, con vera curiosità) Perché già mi conosce?
GIULIA Come se fossimo cresciuti insieme.
… e lasciando tutti perplessi, specie Pelos, vediamo Giulia allontanarsi.
Nella stradina, davanti alla farmacia, c'è una bilancia a gettone. Vediamo Livio di spalle, in piedi sulla bilancia, che si pesa, e la sua faccia riflessa nello specchietto.
Vicino a Livio, Sasà, un altro giovane ventitreenne, altrettanto aitante e atletico.
LIVIO Segna mezzo chilo in più, o la bilancia è guasta, o sto peggiorando.
Pelos se lo sta studiando con una sguardo di compatimento, inadeguato a dir la verità perché su Livio, dal punto di vista estetico, c'è ben poco da compatire, coglie a volo la battuta di Livio e risponde:
PELOS No, tu puoi solo migliorare.
Sasà ride della battuta di Pelos, ma Livio, sceso dalla bilancia, passando accanto a Pelos, sapendo di farlo soffrire, gli dice, passandosi una mano sulla chioma fluente:
LIVIO Guarda quanti capelli, guarda…
Pelos accusa il colpo. Intanto Livio è passato. Si rivolta, e gli dice dietro:
PELOS Segno di poca virilità…
Vediamo ora, riflesso nella vetrina del gioielliere, con sovrimposti i gioielli esposti, il viso di Giulia. Si capisce che guarda un paio di orecchini di turchesi e coralli a forma di fiorellini. Una voce F.C., quella di Pelos, dice:
PELOS Quelli a forma di fiorellino. Ti piacciono quelli, lo so.
GIULIA Come l'hai capito?
PELOS Tu mi conosci a me, e io capisco a te. Ma tu, come mi conosci?
GIULIA (evasiva) Peccato, sono troppo cari, cinquantamila.
PELOS E tu ci credi? Quello mette i prezzi a seconda dell'umore. Oggi forse stava arrabbiato. Vai dentro, aspetta un momento, giochiamo al ribasso.
Pelos, vedendo passare la diciassettenne, ha avuto un'idea. Lo vediamo correre dietro alla diciassettenne, fermarla per un braccio, e dirle qualcosa. Non ci soffermeremo, ma seguiremo Giulia. Nel negozio del gioielliere, Giulia dà uno sguardo alla roba esposta. Il gioielliere, seduto ad una scrivania, immerso nella sua apatica indifferenza, non la guarda neppure. Se nel negozio ci fosse una mosca sarebbe la stessa cosa per lui. Vediamo Pelos entrare e accostarsi al Cavaliere.
PELOS (indicando Giulia) Cavaliè le piacciono questi orecchini. Facciamola contenta e caliamo sul prezzo.
CAVALIERE No, no, guarda Pelos, quelli costano cari perché li ho pagati cari, eppoi non li voglio vendere.
PELOS Avete ragione.
… fingendo che la cosa lo interessa fino ad un certo punto cambia argomento e inizia un discorso allusivo, indicando la strada e lo sciamare delle belle ragazze.
PELOS Guarda, guarda, guarda… E' diventata una cosa ogni volta…
CAVALIERE Che è?
PELOS Ogni volta che uno butta uno sguardo da questa vetrina, vedi un passo e spasso che, che ne vuoi fare dei gioielli! Certe ragazze appena appena sviluppate…
CAVALIERE No, perché poi quello è il fatto, non è che quelle di diciassette poi diventano vecchie, perché ci stanno sempre quelle di quindici, di sedici, di rincalzo. A ondate successive. E ogni anno, ogni anno, noi stiamo qua e loro passano. A me mi volta la testa!
PELOS E' perché ci facciamo vecchi, cavaliè…
CAVALIERE Non è questione di vecchiaia, Pelos, è che sono sfacciate. Ti guardano con quella faccia di santarella e sono tante Messaline… Ti viene lo scoraggiamento, eh…
PELOS Guardate a quella, cavaliè, guardate, guardate…
A bassa voce, col solito accenno di gomito, incalzante Pelos accenna alla vetrina. Col viso schiacciato sul vetro, gli occhi enormi cerchiati di rimmel eccessivo, e tutta l'invitante dolcezza del suo giovanile sex appeal, come sognata, appare al gioielliere la diciassettenne.
GIOIELLIERE Echi è quella là, Pelos?… Chi è? Chi è? E' nuova Pelos?
… Il cavaliere sembra quasi venir meno. La sua voce è spenta, avvilita.
PELOS Eh, è un amore, quella là, un amore… Ma non la so bene, non la conosco…
CAVALIERE (intercala ogni battuta con un lamento e un sospiro) E' bella, è bella veramente…
PELOS E voi pensate a guadagnare. Ma che ve ne fate di tutti questi soldi? Io per ventimila lire 'sti orecchini li darei.
Il gioielliere fissa ormai come ipnotizzato il viso della diciassettenne, che non si capisce se sorride a lui o ad una sua immaginazione. Vediamo la diciassettenne fare una smorfietta e andare via. Il cavaliere ha ormai perduto ogni controllo razionale. E' tutto riflessi condizionati.
CAVALIERE (gridando) Ma pigliateli st'orecchini, pigliateli, pigliateli. (urlando) E venite (urlando) E venite sempre a rompere le scatole qua dentro. Pigliateli, piglia, piglia, vai via, e che diavolo, sempre la stessa cosa ogni giorno, entrate, fate i padroni, comandate, disponete, mannaggia a voi, mannaggia 'e guaglione… mannaggia 'a morte…
… e dicendo questo apre la porta del retrobottega e la sbatte in faccia a Pelos. Giulia si prova guardandosi nella vetrina gli orecchini e indicando con lo sguardo ventimila lire poste sul banco, che la MACCHINA ora inquadra,
GIULIA Non saranno troppo poche?…
Pelos con una mimica furbesca, dice:
PELOS Hai visto come si fa? Ed ora andiamocene alla svelta, prima che quello ci ripensi.
DISSOLVENZA
… Sul viso di Giulia, nella sua camera di albergo, vestita da mezza sera, che si prova nello stesso compiaciuto atteggiamento gli orecchini, e sorride questa volta come ricordando il modo in cui è riuscita ad acquistarli e lo stratagemma di Pelos. La vediamo aprire la porta della stanza e uscire.
La rivediamo in una stradina in discesa.
Ad un tratto in P.P. vediamo il suo volto girarsi rapidamente. La MACCHINA seguirà rapidamente lo sguardo di Giulia in tempo per sorprendere un uomo che dice urlando (Basta!) e dà uno schiaffo ad una donna. Il viso della donna lo vedremo in P.P. E' una donna di età superiore alla quarantina, ma ancora bella. La si vedrà, ancora per un attimo guardare fissa davanti a sé in un punto ben preciso e con un'espressione di disagio, poi voltare le spalle e infilarsi in un portone. L'uomo rapidamente, dopo aver dato uno sguardo in giro, si allontana.
Lo sguardo della donna era indirizzato a Giovannella. E' una ragazza di non più di diciotto anni, esile, ma nello stesso tempo ben formata, con un visetto irregolare e molto espressivo, ha i capelli scuri, che porta piuttosto lunghi, lavati e asciugati al sole.
Giovannella rimane per un attimo ferma, con uno sguardo apparentemente inespressivo.
Pelos e Scisciò hanno assistito alla scena. Vediamo Pelos avvicinarsi con un cono gelato in mano ed offrirlo a Giovannella; poi le mette una mano sulla spalla e le dice:
PELOS Andiamocene, va…
Nel frattempo Scisciò si avvicina a Giulia che ha assistito allibita, e con un tono rassicurante le dice:
SCISCIO' Niente. E' La madre di Giovannella. Ogni estate è la stessa cosa.
Pelos e Giovannella sono scomparsi giù nel vicolo e Giulia segue Scisciò. Li vedremo più avanti fermarsi. Scisciò dice a Giulia:
SCISCIO' Per caso hai mille lire spicce?
Giulia apre la borsetta e gliele dà. Seguiremo Scisciò e lo vedremo avvicinarsi ad una bancarella dove si vendono fiori, scegliere una rosa, entrare da un tabaccaio e uscirne con un pacchetto di Nazionali. Si avvicina a Giulia, le appunta la rosa sul petto e, consegnandole dei soldi spicci, dice:
SCISCIO' Ecco il resto.
DISSOLVENZA
Alla "Buca" ad un tavolo in P.P. rivediamo Scisciò con un bicchiere in mano, che filosofeggia alla sua maniera con Giulia.
SCISCIO' La vedi questa maglietta blu? Lo vedi questo paio di pantaloni? Semplice, pratico, disinvolto. D'inverno un vestitino di flanella grigio. D'estate sto a Capri, a Ischia, a Positano, posso decidere io, insomma. D'inverno a Cortina, qualche puntatina anche a Roma o a Milano. Non lavoro, è vero, non lavoro, ma è solo l'apparenza. Lavorare è troppo stupido, cara mia, non c'è fantasia; hai capito? Il mio lavoro è di un altro genere. Per esempio, sai che pensavo quando mi hai visto? Stavo aspettando una ispirazione. Il tema era: sigarette. Avevo voglia di fumare. Il mio lavoro è fatto tutto così.
Giulia che se lo guarda mentre parla, sorridente, gli dice:
GIULIA Ceniamo insieme domani sera? Posso invitarti?
SCISCIO' Sei poco acuta, ti perdono, sorvoliamo, fingiamo di non aver sentito, non sono questi i miei metodi, allora non hai capito niente, glissons, glissons, glissons…
Vediamo entrare elegantemente vestita e molto sofisticata, una giovane signora trentacinquenne, seguita da un accompagnatore brizzolato. I due attraversano il locale e vanno a sedersi ad un tavolo. Seguendoli scopriremo un altro tavolo con Pelos e Giovannella. Giovannella, appena la signora le passa davanti, si alza con zelante compitezza, dice:
GIOVANNELLA Buonasera, signora Molteni…
… e abbozzerà un leggerissimo inchino con sorriso, e si risiederà come prima. Pelos la guarda meravigliato.
PELOS Me lo spieghi. Perché ti sei alzata?
GIOVANNELLA Una ragazza si alza in piedi per salutare le signore di una certa età, no?
PELOS Ahhhh!…
GIOVANNELLA Ho voluto sottolineare che ce ne ha venti più di me.
Intanto Livio entra e si ferma dal barman.
LIVIO Vincenzì, quella signora americana non s'è vista stasera?
VINCENZO E quella è partita in motoscafo per Sorrento…
A questo, entrano Paola con Peter. Livio si gira appena e squadra Paola dai piedi alla testa, lo stesso esame rapidamente è fatto da Paola. Poi Paola e Peter arrivano al tavolo di Pelos e Giovannella. Livio continua a parlare col barman.
LIVIO Ah, già, quello c'è il torneo di bridge al "Cocumella". Mo vedo se trovo qualcuno che ci va…
Lo vediamo allontanarsi. Scopriremo uno sguardo sfrecciato da Paola a Livio che sta uscendo. A Pelos non sfugge:
PELOS Uh, anima bella! Pure tu lo trovi interessante qeul giuggiolone…
GIOVANNELLA Pelos: ma è un bel ragazzo, che ci hai da dire?…
Nel frattempo un ragazzo viene a dire a Giovannella:
RAGAZZO Signorina Giovannella, vi vogliono al telefono.
Giovannella si alza con visibile premura e va al telefono uscendo di campo.
PAOLA (a Pelos) (indicando Peter) Pelos, questo dice che i ricci fanno male…
PETER No, dico che hanno sapore di formica.
PELOS (sorpreso) Come, formica?
PAOLA Acido formico, Pelos, a questo lo devi capire quando parla.
Stacco su Giulia e Scisciò che ballano. Vedremo intanto in C.L. Giovannella uscire in fretta dal locale. Giulia allude alla maniera svogliata con cui balla Scisciò.
GIULIA Se è stanco non faccia complimenti.
SCISCIO' (come per scusarsi) Per me il ballo è un'avventura sessuale…
GIULIA Allora rimandiamola…
… Sul viso di Giulia, nella sua camera di albergo, vestita da mezza sera, che si prova nello stesso compiaciuto atteggiamento gli orecchini, e sorride questa volta come ricordando il modo in cui è riuscita ad acquistarli e lo stratagemma di Pelos. La vediamo aprire la porta della stanza e uscire.
La rivediamo in una stradina in discesa.
Ad un tratto in P.P. vediamo il suo volto girarsi rapidamente. La MACCHINA seguirà rapidamente lo sguardo di Giulia in tempo per sorprendere un uomo che dice urlando (Basta!) e dà uno schiaffo ad una donna. Il viso della donna lo vedremo in P.P. E' una donna di età superiore alla quarantina, ma ancora bella. La si vedrà, ancora per un attimo guardare fissa davanti a sé in un punto ben preciso e con un'espressione di disagio, poi voltare le spalle e infilarsi in un portone. L'uomo rapidamente, dopo aver dato uno sguardo in giro, si allontana.
Lo sguardo della donna era indirizzato a Giovannella. E' una ragazza di non più di diciotto anni, esile, ma nello stesso tempo ben formata, con un visetto irregolare e molto espressivo, ha i capelli scuri, che porta piuttosto lunghi, lavati e asciugati al sole.
Giovannella rimane per un attimo ferma, con uno sguardo apparentemente inespressivo.
Pelos e Scisciò hanno assistito alla scena. Vediamo Pelos avvicinarsi con un cono gelato in mano ed offrirlo a Giovannella; poi le mette una mano sulla spalla e le dice:
PELOS Andiamocene, va…
Nel frattempo Scisciò si avvicina a Giulia che ha assistito allibita, e con un tono rassicurante le dice:
SCISCIO' Niente. E' La madre di Giovannella. Ogni estate è la stessa cosa.
Pelos e Giovannella sono scomparsi giù nel vicolo e Giulia segue Scisciò. Li vedremo più avanti fermarsi. Scisciò dice a Giulia:
SCISCIO' Per caso hai mille lire spicce?
Giulia apre la borsetta e gliele dà. Seguiremo Scisciò e lo vedremo avvicinarsi ad una bancarella dove si vendono fiori, scegliere una rosa, entrare da un tabaccaio e uscirne con un pacchetto di Nazionali. Si avvicina a Giulia, le appunta la rosa sul petto e, consegnandole dei soldi spicci, dice:
SCISCIO' Ecco il resto.
DISSOLVENZA
Alla "Buca" ad un tavolo in P.P. rivediamo Scisciò con un bicchiere in mano, che filosofeggia alla sua maniera con Giulia.
SCISCIO' La vedi questa maglietta blu? Lo vedi questo paio di pantaloni? Semplice, pratico, disinvolto. D'inverno un vestitino di flanella grigio. D'estate sto a Capri, a Ischia, a Positano, posso decidere io, insomma. D'inverno a Cortina, qualche puntatina anche a Roma o a Milano. Non lavoro, è vero, non lavoro, ma è solo l'apparenza. Lavorare è troppo stupido, cara mia, non c'è fantasia; hai capito? Il mio lavoro è di un altro genere. Per esempio, sai che pensavo quando mi hai visto? Stavo aspettando una ispirazione. Il tema era: sigarette. Avevo voglia di fumare. Il mio lavoro è fatto tutto così.
Giulia che se lo guarda mentre parla, sorridente, gli dice:
GIULIA Ceniamo insieme domani sera? Posso invitarti?
SCISCIO' Sei poco acuta, ti perdono, sorvoliamo, fingiamo di non aver sentito, non sono questi i miei metodi, allora non hai capito niente, glissons, glissons, glissons…
Vediamo entrare elegantemente vestita e molto sofisticata, una giovane signora trentacinquenne, seguita da un accompagnatore brizzolato. I due attraversano il locale e vanno a sedersi ad un tavolo. Seguendoli scopriremo un altro tavolo con Pelos e Giovannella. Giovannella, appena la signora le passa davanti, si alza con zelante compitezza, dice:
GIOVANNELLA Buonasera, signora Molteni…
… e abbozzerà un leggerissimo inchino con sorriso, e si risiederà come prima. Pelos la guarda meravigliato.
PELOS Me lo spieghi. Perché ti sei alzata?
GIOVANNELLA Una ragazza si alza in piedi per salutare le signore di una certa età, no?
PELOS Ahhhh!…
GIOVANNELLA Ho voluto sottolineare che ce ne ha venti più di me.
Intanto Livio entra e si ferma dal barman.
LIVIO Vincenzì, quella signora americana non s'è vista stasera?
VINCENZO E quella è partita in motoscafo per Sorrento…
A questo, entrano Paola con Peter. Livio si gira appena e squadra Paola dai piedi alla testa, lo stesso esame rapidamente è fatto da Paola. Poi Paola e Peter arrivano al tavolo di Pelos e Giovannella. Livio continua a parlare col barman.
LIVIO Ah, già, quello c'è il torneo di bridge al "Cocumella". Mo vedo se trovo qualcuno che ci va…
Lo vediamo allontanarsi. Scopriremo uno sguardo sfrecciato da Paola a Livio che sta uscendo. A Pelos non sfugge:
PELOS Uh, anima bella! Pure tu lo trovi interessante qeul giuggiolone…
GIOVANNELLA Pelos: ma è un bel ragazzo, che ci hai da dire?…
Nel frattempo un ragazzo viene a dire a Giovannella:
RAGAZZO Signorina Giovannella, vi vogliono al telefono.
Giovannella si alza con visibile premura e va al telefono uscendo di campo.
PAOLA (a Pelos) (indicando Peter) Pelos, questo dice che i ricci fanno male…
PETER No, dico che hanno sapore di formica.
PELOS (sorpreso) Come, formica?
PAOLA Acido formico, Pelos, a questo lo devi capire quando parla.
Stacco su Giulia e Scisciò che ballano. Vedremo intanto in C.L. Giovannella uscire in fretta dal locale. Giulia allude alla maniera svogliata con cui balla Scisciò.
GIULIA Se è stanco non faccia complimenti.
SCISCIO' (come per scusarsi) Per me il ballo è un'avventura sessuale…
GIULIA Allora rimandiamola…
E ritornano al loro tavolo.
Siamo ora all'esterno della "Buca" nel buio della sera vediamo il passaggio furtivo di Giovannella fino ad un angolo dove una mano l'afferra e l'attira. Da lontano si sente la musica della "Buca". E' Sasà.
GIOVANNELLA Quanto tempo ti puoi trattenere?
SASA' E mo me ne devo andare.
GIOVANNELLA Andiamo a passare due giorni a Procida?
SASA' Giovannè, tu sei pazza, quella arriva Adriana, bisogna stare attenti, ora…
GIOVANNELLA Hai proprio deciso di farmi paura?…
SASA' E tu hai proprio deciso in un momento che ci vediamo di farmi perdere la pazienza?
GIOVANNELLA E perdila… e perdila…
SASA' (fissandola rabbioso) Vuoi vedere che me ne vado e non mi vedi più?
GIOVANNELLA E fai vedere come fai?
Sasà la guarda ancora una volta, poi con rabbia fa per andar via.
GIOVANNELLA Ah… sì… vuoi fare il più forte? Vieni subito qua.
SASA' (allontanandosi) Me ne vado, ciao…
GIOVANNELLA (la vediamo allontanarsi di corsa) Questo te lo farò pagare…
DISSOLVENZA
E' una mattina gonfia di luce, una luce che cancella tutto. Nel crogiolo di mare e sole, una barca è ferma. Paola si afferra al bordo della barca, è sospesa a mezzo busto con le gambe che penzolano nell'acqua. Peter la guarda sconsolato, con un asciugamano in testa e un altro sulle spalle. In un altro punto, in una insenatura della roccia, vediamo Giulia che fa il bagno, per metà nell'acqua e per metà fuori. Dall'alto di uno scoglio, quasi sopra la sua testa, uno scugnizzo piccolissimo e nerissimo la sta osservando attentamente e le butta dei sassolini. Giulia alza gli occhi verso il bambino e dice:
GIULIA Adesso vengo su e ti do uno schiaffo…
SCUGNIZZO E come fai a venir qui sopra, manco sulla rena sai camminà.
GIULIA Vai a giocare con gli altri bambini, invece di star qui a guardare le signore.
SCUGNIZZO E levate o reggipetto e me ne vado…
GIULIA Ma chi ti insegna queste cose?
SCUGNIZZO Ieri un'americana l'ha fatto…
Al sopraggiungere del barcaiolo che ha accompagnato Giulia alla spiaggeta, lo scugnizzo s'azzitta, ma il barcaiolo che evidentemente lo conosce, si alza in piedi sulla barca e con un braccio levato comincia a gridare allo scugnizzo tutta una serie di improperi pittoreschi che a Giulia suonano arabo.
Lo scugnizzo scompare.
GIULIA Scusi, che diceva?
BARCAIOLO Signorì, lui ha capito. Salite, salite.
GIULIA Se mi butta la corda vengo a nuoto.
Vedremo la barca che si trascina Giulia appesa alla corda uscire dall'insenatura, e mentre si avvia verso la spiaggia di Positano, sentiremo Giulia fare queste domande:
GIULIA C'è una tendopoli, qui?
BARCAIOLO (indicando un punto della costa) I francesi stanno tutti là.
GIULIA In quali giorni suona la banda del paese?
BARCAIOLO Qui la banda non ci sta, la tiene Amalfi.
GIULIA E' nato qui Flavio Gioia?
BARCAIOLO (annoiato dalle inusitate domande della sua cliente) Signurì nun 'o saccio…
Vedremo la barca arrivare sulla spiaggia di Positano. Giulia in accappatoio scenderà dalla barca.
Incrocerà Frichì e Cocò.
GIULIA Ciao…
FRICHI' Ciao…
I due continuano nel loro cammino e sentiremo Frichì che dice a Cocò:
FRICHI' Quella è milanese, risotto e cotolette. Non capisce la poesia della pasta coi fagioli…
Stacco sul pianerottolo della casa dove abita Frichì. La porta d'ingresso è semiaperta. Entrando, Frichì grida di là:
FRICHI' Mammà, c'è pure Cocò.
Di là arriva una voce:
MADRE Aaahh! Sempre la stessa storia! Ma dico io che perdete ad avvertire.
Cocò e Frichì sono entrati nella stanza da pranzo. Sul tavolo vi è apparecchiato per uno. In un angolo sopra una sedia a dondolo, il padre di Frichì, molto vecchio, legge indifferente il giornale e non sembra accorgersi dell'ingresso dei due. Facendo l'occhiolino a Frichì, Cocò saluta ostentatamente il padrone di casa.
COCO' Buongiorno.
Gli arriva di risposta un mugolio, e senza distogliere gli occhi dal giornale, il padre continua la lettura. Frichì allora si rivolge al padre:
FRICHI' Almeno per curiosità, papà, potresti vedere chi ci sta!
PADRE Già vi conosco, già vi conosco purtroppo…
La madre di Frichì, entrando con in mano delle stoviglie, continua il discorso di prima.
MADRE Non lo dico per te, Cocò, ma non ti pare pure a te che potrebbe avvertire quando porta qualcuno a mangiare?
FRICHI' Scusala, Cocò. E' rozza, non conosce l'arte del ricevere, non ci fare caso.
MADRE Eh, no! Non la conosco l'arte del ricevere. Quest'arte la conoscono solo le guagliottole che conosci tu.
E così dicendo va in cucina
Cocò nel frattempo non rinuncia alla conversazione col Professore padre di Frichì, per nulla imbarazzato o intimidito dal mutismo di questi.
COCO' Che ne dite, professò, il governo si dimette?
PADRE O si dimette, o non si dimette, tanto a voi che ve ne importa?
COCO' No, a me non me ne importa, ma io lo dicevo per farvi parlare.
PADRE E io non voglio parlà.
MADRE (entrando con la zuppiera) Non vuole parlare, non vuole parlare, è venuto il momento suo, mo per una settimana sta così (rivolto al marito) Quanto si brutto!
PADRE Va bè, ho capito, buongiorno! (si alza e se ne va).
Appena il marito è scomparso, la madre di Frichì, depositando la zuppiera sul tavolo, si ferma col mestolo in mano, nell'atto di riempire il piatto di Cocò e assumendo un tono intimo e confidenzialissimo, a bassa voce gli dice, accennando al marito:
MADRE Cocò, in cinque con un tris di re, non si rilancia, contro un servito che ha aperto di piatto. Quello non lo vuol capire, e perde. Non sa giocare, non lo vuol capire, e poi si dispiace.
Poi riempie i piatti dei due giovanotti, dicendo:
MADRE Dividetevi quello che è rimasto.
Mettendosi una mano in fronte, come ricordandosi improvvisamente di qualche cosa.
MADRE Uh! Che stupida… e pensare che tua madre me l'aveva tanto raccomandato.
(senza aggiungere altro all'ignaro Cocò, si avvia nell'altra stanza sempre parlando) Ci sta una lettera… dunque ieri sono stata a Napoli e ho incontrato tua madre, anzi mi ha telefonato povera donna, perché pare che quella cosa è decisa, mi ha dato un foglio per il consolato, tuo zio le ha scritto che va bene, e ti aspetta…
(scompare così parlando nell'altra stanza, si sente la sua voce di là e poi si vede che rientra sempre parlando…)
… dunque qua ci sta un, come si chiama, un modulo. Ha detto che tu lo devi riempire e firmare, una cosa per il Console, poi ci pensa lei, la domanda e tutto il resto… Lei è dispiaciuta, povera donna, mi ha fatto uno sfogo… ma ha ragione, così ti sistemi. Dunque tuo zio…
COCO' E dalli! Che vuole adesso? Ma si sono proprio messi in testa di rovinarmi l'estate?
MADRE Cocò, non dire sciocchezze, lo sai come ti vuole bene tuo zio. Che vuoi? Restare qua e fare la fine di mio marito, lo vedi come s'è ridotto? Magari potessi sistemare Frichì così…
FRICHI' E che? E' colpa mia se a Napoli mancano le industrie? Questa è una città che non offre lavoro ai suoi figli, e io per parte mia le sono gratissimo di questa attenzione.
COCO' Ma dico, quello, da là, s'è messo proprio in testa di sfottere a me? Siamo ricchi, abbiamo una villa e una casa a Napoli, che bisogno ci sta di fare l'emigrante?
MADRE Cocò, non dire sciocchezze, fa il bravo ragazzo, questo è il modulo per la richiesta del passaporto, riempilo e spediscilo subito a tua madre, che io la capisco, una donna forte, quella ti ha capito, è per il tuo bene…
FRICHI' Cocò… e mangia! (Cocò rimane ammutolito, avvilito, e guarda fisso le carte consegnategli dalla madre di Frichì).
COCO' M'è passato l'appetito! Ma tu guarda!…
Entra intanto Assuntina con la seconda portata, guardando Frichì che mangia, gli dice, con un difetto di pronuncia dipendente dalla mancanza totale della dentiera:
ASSUNTINA Beato a voi, che potete mangià, io da quando vi siete preso i miei denti, lo desidero come a che…
MADRE (ad Assuntina con tono irritato) Ma tu perché ogni volta gli dai retta, non lo conosci come è fatto?
ASSUNTINA (rivelando la sua anima candida) E che volete fare, so guaglioni…
MADRE Allora se non puoi mangiare fatti un purè, a me la cosa non mi riguarda…
FRICHI' Sempre così borbonica con gli inferiori. In fondo, mille lire al mese, che ti costa?
ASSUNTINA E io i denti me li rimetto uno alla volta.
FRICHI' Eh! Tra un mese un bel dentone da neonato, poi gli incisivi, poi i molari, non ti pare di diventare più giovane così?
ASSUNTINA Signò, vedete voi che avete da fa, perché io mi sento male a non mangiare. Lo vedete come so secca?
MADRE Va bè, va bè, Assuntì, poi ci aggiustiamo.
FRICHI' Va a chiudere le imposte, a quest'ora non si resiste con questo sole.
Seguiamo Assuntina che chiude le imposte. Fuori il sole infuria. Il mare è come una fiamma. Si vede la barca di Peter e Paola. Peter è completamente disfatto e guarda con odio Paola che, inginocchiata, con i capelli discinti che le cadono da ogni parte coprendole quasi il viso, con un rozzo coltello apre i ricci di mare che ha davanti a sé, accumulati sul sediolino della barca.
Nel silenzio assoluto della controra si sente sul mare, in avvicinamento, il borbottio di una barca a motore. Vediamo la barca a motore avvicinarsi. A poppa è Livio. La barca a motore di Livio si avvicina a quella di Paola e Peter. Livio capisce in un lampo la situazione. Afferra una corda dal fondo della sua barca, la mostra a Paola, le sorride; Paola fa un cenno di ringraziamento, Livio lancia la corda, Peter l'afferra come un'ancora di salvezza, e si vedranno le due barche, ora legate, filare verso terra.
E' la CONTRORA.
Il silenzio e i rumori saranno i protagonisti della sequenza che segue.
Il borbottio della barca a motore si allontana F.C. Silenzio assoluto. La MACCHINA inquadrerà nel cielo un sasso. Un altro sasso lo colpisce. Tac! Si sente il rumore dei due sassi che si incontrano, poi il rumore della loro caduta nell'acqua.
Pluff! Sul bordo della spiaggia, lo scugnizzo che avevamo visto prima con Giulia, lancia pigramente i sassi nell'aria e tenta di colpirli con un altro sasso. Questo è il suo gioco. Sospende il gioco perché una vista gli gira intorno. Ne sentiamo il ronzio. Sentiamo anche il colpo dello schiaffo che lo scugnizzo si dà sul braccio per scacciarla. Non vi riesce. Risentiamo infatti li ronzio della vespa. Seguiremo il ronzio della vespa prima lungo il bordo della spiaggia (e qui si mescolerà al dolcissimo sciacquio del mare, poi il ronzio devierà). Correndogli dietro più velocemente, entreremo nella cucina vasta di un albergo. Lo stanzone è nell'ombra e la luce preme sulle fessure della finestra. Il ronzio nella stanza si amplifica. Tace. E allora ci accorgiamo del rumore di un pentolino che bolle. Ci avviciniamo al pentolino, in tempo per vedere una mano di donna che ne solleva il coperchio, ne tira fuori un'iniezione, la arma, e dopo un'altra breve pausa sentiamo nel silenzio F.C. un'"Ahi!".
Da fuori arriva un rumore di zoccoli che risuona nel silenzio. Vediamo prima i piedi con gli zoccoli, e poi tutto intero un signore grasso in calzoncini corti, bianchi e berrettino, che cammina sotto il sole. Il rumore degli zoccoli è talmente disturbante che sembrerà anche al signore esagerato. Qualcuno F.C. disturbato forse nel sonno, fa "Psssssssssssst!" imponendo il silenzio. Il signore si stringe nelle spalle, si toglie gli zoccoli e continua a camminare a piedi nudi. A terra c'è una cicca ancora accesa. La scopriremo nell'attimo in cui il signore ci poggia il piede sopra. Un urletto soffocato e vedremo il signore col piede in mano, seduto a terra. Il frinire di una cicala, insistente nell'ora vuota, ci permetterà una panoramica dall'alto dell'albero, verso la spiaggetta solitaria dove una barca di pescatori, ancorata a pochi metri dalla riva, e coperta da una tenda fatta da una vela, si dondola sull'acqua. Ci avvicineremo e sentiremo il russare di un uomo. Il russare è regolare, a volte affannoso. Quando scopriremo il vecchio pescatore che dorme con le braccia incrociate sul petto e quasi seduto, ci sarà una breve pausa nel russare e il russare riprenderà sopra un tono cupo e profondissimo. Di nuovo vedremo un sasso isolato nell'aria e sentiremo il rumore di un altro sasso che lo colpisce a volo, su questo si inserisce il ticchettio di una macchina da scrivere. Il ticchettio ci porterà sopra una terrazza assolata, e dalle fessure delle imposte vedremo Giulia che batte a macchina.
Sul mare si sente la sirena del vaporetto che arriva da Napoli, e poi lo sferragliare dell'ancora.
DISSOLVENZA
Sopra un ragazzino che porta una valigetta. Il ragazzino passa accanto a Scisciò e Frichì che se ne stanno accucciati insieme al cane, sopra un muricciolo. Dietro il ragazzino con la valigia, vedremo Giulia che lo segue a pochi passi di distanza. Giulia passando accanto a Frichì e Scisciò li saluta molto cordialmente.
FRICHI' Ma dove vai?…
GIULIA Ad Amalfi, ciao, ci vediamo quando torno (la vedremo allontanarsi).
FRICHI' (a Scisciò) Ma che farà questa. Come si sbattono 'sti milanesi.
SCISCIO' (dopo una pausa, guardandolo negli occhi) Eppure sai che ti dico? A me la nebbia mi piace.
Dal vaporetto, che viene da Napoli, fa scalo a Capri, Positano e termina la corsa ad Amalfi, sono scesi pochi passeggeri.
Tra questi notiamo la moglie di Sasà, con Sasà che la sta aspettando, e dietro due bambini, i loro figli, due gemelli di quattro anni, accuditi da una governante molto piacente. Frichì e Scisciò osserveranno il passaggio di costoro, e Frichì dirà alludendo a Sasà:
FRICHI' Ha finito di fa 'o bellillo. Gli è arrivata la moglie. Io poi che ti debbo dire, Scisciò, quando vedo questi ventiquattrenni piedi di preoccupazioni, carichi di moglie e figli, incatenati alla villeggiatura fessa che sono obbligati a fare, godo.
SCISCIO' Spero che non ti sia sfuggita la governante.
Il gruppo ha oltrepassato Scisciò e Frichì. Ora vediamo venire nella direzione opposta, strascicando gli zoccoletti, con aria tesa e provocatoria, Giovannella. Ha la stessa faccia ferma e inespressiva di quando ha assistito allo schiaffo dato alla madre. Appena incrocia Sasà con la moglie, saluta in modo ironico Sasà, che prima cerca di sfuggire all'inevitabile incontro. Poi risponde secco e compassato. Sono passati. La faccia di Giovannella in P.P. con l'espressione di nuovo ferma come prima.
Siamo ora all'esterno della "Buca" nel buio della sera vediamo il passaggio furtivo di Giovannella fino ad un angolo dove una mano l'afferra e l'attira. Da lontano si sente la musica della "Buca". E' Sasà.
GIOVANNELLA Quanto tempo ti puoi trattenere?
SASA' E mo me ne devo andare.
GIOVANNELLA Andiamo a passare due giorni a Procida?
SASA' Giovannè, tu sei pazza, quella arriva Adriana, bisogna stare attenti, ora…
GIOVANNELLA Hai proprio deciso di farmi paura?…
SASA' E tu hai proprio deciso in un momento che ci vediamo di farmi perdere la pazienza?
GIOVANNELLA E perdila… e perdila…
SASA' (fissandola rabbioso) Vuoi vedere che me ne vado e non mi vedi più?
GIOVANNELLA E fai vedere come fai?
Sasà la guarda ancora una volta, poi con rabbia fa per andar via.
GIOVANNELLA Ah… sì… vuoi fare il più forte? Vieni subito qua.
SASA' (allontanandosi) Me ne vado, ciao…
GIOVANNELLA (la vediamo allontanarsi di corsa) Questo te lo farò pagare…
DISSOLVENZA
E' una mattina gonfia di luce, una luce che cancella tutto. Nel crogiolo di mare e sole, una barca è ferma. Paola si afferra al bordo della barca, è sospesa a mezzo busto con le gambe che penzolano nell'acqua. Peter la guarda sconsolato, con un asciugamano in testa e un altro sulle spalle. In un altro punto, in una insenatura della roccia, vediamo Giulia che fa il bagno, per metà nell'acqua e per metà fuori. Dall'alto di uno scoglio, quasi sopra la sua testa, uno scugnizzo piccolissimo e nerissimo la sta osservando attentamente e le butta dei sassolini. Giulia alza gli occhi verso il bambino e dice:
GIULIA Adesso vengo su e ti do uno schiaffo…
SCUGNIZZO E come fai a venir qui sopra, manco sulla rena sai camminà.
GIULIA Vai a giocare con gli altri bambini, invece di star qui a guardare le signore.
SCUGNIZZO E levate o reggipetto e me ne vado…
GIULIA Ma chi ti insegna queste cose?
SCUGNIZZO Ieri un'americana l'ha fatto…
Al sopraggiungere del barcaiolo che ha accompagnato Giulia alla spiaggeta, lo scugnizzo s'azzitta, ma il barcaiolo che evidentemente lo conosce, si alza in piedi sulla barca e con un braccio levato comincia a gridare allo scugnizzo tutta una serie di improperi pittoreschi che a Giulia suonano arabo.
Lo scugnizzo scompare.
GIULIA Scusi, che diceva?
BARCAIOLO Signorì, lui ha capito. Salite, salite.
GIULIA Se mi butta la corda vengo a nuoto.
Vedremo la barca che si trascina Giulia appesa alla corda uscire dall'insenatura, e mentre si avvia verso la spiaggia di Positano, sentiremo Giulia fare queste domande:
GIULIA C'è una tendopoli, qui?
BARCAIOLO (indicando un punto della costa) I francesi stanno tutti là.
GIULIA In quali giorni suona la banda del paese?
BARCAIOLO Qui la banda non ci sta, la tiene Amalfi.
GIULIA E' nato qui Flavio Gioia?
BARCAIOLO (annoiato dalle inusitate domande della sua cliente) Signurì nun 'o saccio…
Vedremo la barca arrivare sulla spiaggia di Positano. Giulia in accappatoio scenderà dalla barca.
Incrocerà Frichì e Cocò.
GIULIA Ciao…
FRICHI' Ciao…
I due continuano nel loro cammino e sentiremo Frichì che dice a Cocò:
FRICHI' Quella è milanese, risotto e cotolette. Non capisce la poesia della pasta coi fagioli…
Stacco sul pianerottolo della casa dove abita Frichì. La porta d'ingresso è semiaperta. Entrando, Frichì grida di là:
FRICHI' Mammà, c'è pure Cocò.
Di là arriva una voce:
MADRE Aaahh! Sempre la stessa storia! Ma dico io che perdete ad avvertire.
Cocò e Frichì sono entrati nella stanza da pranzo. Sul tavolo vi è apparecchiato per uno. In un angolo sopra una sedia a dondolo, il padre di Frichì, molto vecchio, legge indifferente il giornale e non sembra accorgersi dell'ingresso dei due. Facendo l'occhiolino a Frichì, Cocò saluta ostentatamente il padrone di casa.
COCO' Buongiorno.
Gli arriva di risposta un mugolio, e senza distogliere gli occhi dal giornale, il padre continua la lettura. Frichì allora si rivolge al padre:
FRICHI' Almeno per curiosità, papà, potresti vedere chi ci sta!
PADRE Già vi conosco, già vi conosco purtroppo…
La madre di Frichì, entrando con in mano delle stoviglie, continua il discorso di prima.
MADRE Non lo dico per te, Cocò, ma non ti pare pure a te che potrebbe avvertire quando porta qualcuno a mangiare?
FRICHI' Scusala, Cocò. E' rozza, non conosce l'arte del ricevere, non ci fare caso.
MADRE Eh, no! Non la conosco l'arte del ricevere. Quest'arte la conoscono solo le guagliottole che conosci tu.
E così dicendo va in cucina
Cocò nel frattempo non rinuncia alla conversazione col Professore padre di Frichì, per nulla imbarazzato o intimidito dal mutismo di questi.
COCO' Che ne dite, professò, il governo si dimette?
PADRE O si dimette, o non si dimette, tanto a voi che ve ne importa?
COCO' No, a me non me ne importa, ma io lo dicevo per farvi parlare.
PADRE E io non voglio parlà.
MADRE (entrando con la zuppiera) Non vuole parlare, non vuole parlare, è venuto il momento suo, mo per una settimana sta così (rivolto al marito) Quanto si brutto!
PADRE Va bè, ho capito, buongiorno! (si alza e se ne va).
Appena il marito è scomparso, la madre di Frichì, depositando la zuppiera sul tavolo, si ferma col mestolo in mano, nell'atto di riempire il piatto di Cocò e assumendo un tono intimo e confidenzialissimo, a bassa voce gli dice, accennando al marito:
MADRE Cocò, in cinque con un tris di re, non si rilancia, contro un servito che ha aperto di piatto. Quello non lo vuol capire, e perde. Non sa giocare, non lo vuol capire, e poi si dispiace.
Poi riempie i piatti dei due giovanotti, dicendo:
MADRE Dividetevi quello che è rimasto.
Mettendosi una mano in fronte, come ricordandosi improvvisamente di qualche cosa.
MADRE Uh! Che stupida… e pensare che tua madre me l'aveva tanto raccomandato.
(senza aggiungere altro all'ignaro Cocò, si avvia nell'altra stanza sempre parlando) Ci sta una lettera… dunque ieri sono stata a Napoli e ho incontrato tua madre, anzi mi ha telefonato povera donna, perché pare che quella cosa è decisa, mi ha dato un foglio per il consolato, tuo zio le ha scritto che va bene, e ti aspetta…
(scompare così parlando nell'altra stanza, si sente la sua voce di là e poi si vede che rientra sempre parlando…)
… dunque qua ci sta un, come si chiama, un modulo. Ha detto che tu lo devi riempire e firmare, una cosa per il Console, poi ci pensa lei, la domanda e tutto il resto… Lei è dispiaciuta, povera donna, mi ha fatto uno sfogo… ma ha ragione, così ti sistemi. Dunque tuo zio…
COCO' E dalli! Che vuole adesso? Ma si sono proprio messi in testa di rovinarmi l'estate?
MADRE Cocò, non dire sciocchezze, lo sai come ti vuole bene tuo zio. Che vuoi? Restare qua e fare la fine di mio marito, lo vedi come s'è ridotto? Magari potessi sistemare Frichì così…
FRICHI' E che? E' colpa mia se a Napoli mancano le industrie? Questa è una città che non offre lavoro ai suoi figli, e io per parte mia le sono gratissimo di questa attenzione.
COCO' Ma dico, quello, da là, s'è messo proprio in testa di sfottere a me? Siamo ricchi, abbiamo una villa e una casa a Napoli, che bisogno ci sta di fare l'emigrante?
MADRE Cocò, non dire sciocchezze, fa il bravo ragazzo, questo è il modulo per la richiesta del passaporto, riempilo e spediscilo subito a tua madre, che io la capisco, una donna forte, quella ti ha capito, è per il tuo bene…
FRICHI' Cocò… e mangia! (Cocò rimane ammutolito, avvilito, e guarda fisso le carte consegnategli dalla madre di Frichì).
COCO' M'è passato l'appetito! Ma tu guarda!…
Entra intanto Assuntina con la seconda portata, guardando Frichì che mangia, gli dice, con un difetto di pronuncia dipendente dalla mancanza totale della dentiera:
ASSUNTINA Beato a voi, che potete mangià, io da quando vi siete preso i miei denti, lo desidero come a che…
MADRE (ad Assuntina con tono irritato) Ma tu perché ogni volta gli dai retta, non lo conosci come è fatto?
ASSUNTINA (rivelando la sua anima candida) E che volete fare, so guaglioni…
MADRE Allora se non puoi mangiare fatti un purè, a me la cosa non mi riguarda…
FRICHI' Sempre così borbonica con gli inferiori. In fondo, mille lire al mese, che ti costa?
ASSUNTINA E io i denti me li rimetto uno alla volta.
FRICHI' Eh! Tra un mese un bel dentone da neonato, poi gli incisivi, poi i molari, non ti pare di diventare più giovane così?
ASSUNTINA Signò, vedete voi che avete da fa, perché io mi sento male a non mangiare. Lo vedete come so secca?
MADRE Va bè, va bè, Assuntì, poi ci aggiustiamo.
FRICHI' Va a chiudere le imposte, a quest'ora non si resiste con questo sole.
Seguiamo Assuntina che chiude le imposte. Fuori il sole infuria. Il mare è come una fiamma. Si vede la barca di Peter e Paola. Peter è completamente disfatto e guarda con odio Paola che, inginocchiata, con i capelli discinti che le cadono da ogni parte coprendole quasi il viso, con un rozzo coltello apre i ricci di mare che ha davanti a sé, accumulati sul sediolino della barca.
Nel silenzio assoluto della controra si sente sul mare, in avvicinamento, il borbottio di una barca a motore. Vediamo la barca a motore avvicinarsi. A poppa è Livio. La barca a motore di Livio si avvicina a quella di Paola e Peter. Livio capisce in un lampo la situazione. Afferra una corda dal fondo della sua barca, la mostra a Paola, le sorride; Paola fa un cenno di ringraziamento, Livio lancia la corda, Peter l'afferra come un'ancora di salvezza, e si vedranno le due barche, ora legate, filare verso terra.
E' la CONTRORA.
Il silenzio e i rumori saranno i protagonisti della sequenza che segue.
Il borbottio della barca a motore si allontana F.C. Silenzio assoluto. La MACCHINA inquadrerà nel cielo un sasso. Un altro sasso lo colpisce. Tac! Si sente il rumore dei due sassi che si incontrano, poi il rumore della loro caduta nell'acqua.
Pluff! Sul bordo della spiaggia, lo scugnizzo che avevamo visto prima con Giulia, lancia pigramente i sassi nell'aria e tenta di colpirli con un altro sasso. Questo è il suo gioco. Sospende il gioco perché una vista gli gira intorno. Ne sentiamo il ronzio. Sentiamo anche il colpo dello schiaffo che lo scugnizzo si dà sul braccio per scacciarla. Non vi riesce. Risentiamo infatti li ronzio della vespa. Seguiremo il ronzio della vespa prima lungo il bordo della spiaggia (e qui si mescolerà al dolcissimo sciacquio del mare, poi il ronzio devierà). Correndogli dietro più velocemente, entreremo nella cucina vasta di un albergo. Lo stanzone è nell'ombra e la luce preme sulle fessure della finestra. Il ronzio nella stanza si amplifica. Tace. E allora ci accorgiamo del rumore di un pentolino che bolle. Ci avviciniamo al pentolino, in tempo per vedere una mano di donna che ne solleva il coperchio, ne tira fuori un'iniezione, la arma, e dopo un'altra breve pausa sentiamo nel silenzio F.C. un'"Ahi!".
Da fuori arriva un rumore di zoccoli che risuona nel silenzio. Vediamo prima i piedi con gli zoccoli, e poi tutto intero un signore grasso in calzoncini corti, bianchi e berrettino, che cammina sotto il sole. Il rumore degli zoccoli è talmente disturbante che sembrerà anche al signore esagerato. Qualcuno F.C. disturbato forse nel sonno, fa "Psssssssssssst!" imponendo il silenzio. Il signore si stringe nelle spalle, si toglie gli zoccoli e continua a camminare a piedi nudi. A terra c'è una cicca ancora accesa. La scopriremo nell'attimo in cui il signore ci poggia il piede sopra. Un urletto soffocato e vedremo il signore col piede in mano, seduto a terra. Il frinire di una cicala, insistente nell'ora vuota, ci permetterà una panoramica dall'alto dell'albero, verso la spiaggetta solitaria dove una barca di pescatori, ancorata a pochi metri dalla riva, e coperta da una tenda fatta da una vela, si dondola sull'acqua. Ci avvicineremo e sentiremo il russare di un uomo. Il russare è regolare, a volte affannoso. Quando scopriremo il vecchio pescatore che dorme con le braccia incrociate sul petto e quasi seduto, ci sarà una breve pausa nel russare e il russare riprenderà sopra un tono cupo e profondissimo. Di nuovo vedremo un sasso isolato nell'aria e sentiremo il rumore di un altro sasso che lo colpisce a volo, su questo si inserisce il ticchettio di una macchina da scrivere. Il ticchettio ci porterà sopra una terrazza assolata, e dalle fessure delle imposte vedremo Giulia che batte a macchina.
Sul mare si sente la sirena del vaporetto che arriva da Napoli, e poi lo sferragliare dell'ancora.
DISSOLVENZA
Sopra un ragazzino che porta una valigetta. Il ragazzino passa accanto a Scisciò e Frichì che se ne stanno accucciati insieme al cane, sopra un muricciolo. Dietro il ragazzino con la valigia, vedremo Giulia che lo segue a pochi passi di distanza. Giulia passando accanto a Frichì e Scisciò li saluta molto cordialmente.
FRICHI' Ma dove vai?…
GIULIA Ad Amalfi, ciao, ci vediamo quando torno (la vedremo allontanarsi).
FRICHI' (a Scisciò) Ma che farà questa. Come si sbattono 'sti milanesi.
SCISCIO' (dopo una pausa, guardandolo negli occhi) Eppure sai che ti dico? A me la nebbia mi piace.
Dal vaporetto, che viene da Napoli, fa scalo a Capri, Positano e termina la corsa ad Amalfi, sono scesi pochi passeggeri.
Tra questi notiamo la moglie di Sasà, con Sasà che la sta aspettando, e dietro due bambini, i loro figli, due gemelli di quattro anni, accuditi da una governante molto piacente. Frichì e Scisciò osserveranno il passaggio di costoro, e Frichì dirà alludendo a Sasà:
FRICHI' Ha finito di fa 'o bellillo. Gli è arrivata la moglie. Io poi che ti debbo dire, Scisciò, quando vedo questi ventiquattrenni piedi di preoccupazioni, carichi di moglie e figli, incatenati alla villeggiatura fessa che sono obbligati a fare, godo.
SCISCIO' Spero che non ti sia sfuggita la governante.
Il gruppo ha oltrepassato Scisciò e Frichì. Ora vediamo venire nella direzione opposta, strascicando gli zoccoletti, con aria tesa e provocatoria, Giovannella. Ha la stessa faccia ferma e inespressiva di quando ha assistito allo schiaffo dato alla madre. Appena incrocia Sasà con la moglie, saluta in modo ironico Sasà, che prima cerca di sfuggire all'inevitabile incontro. Poi risponde secco e compassato. Sono passati. La faccia di Giovannella in P.P. con l'espressione di nuovo ferma come prima.
DISSOLVENZA
In un tardo pomeriggio vediamo Paola che si avvia per una stradina ed entrare in un portoncino, poi la vediamo uscire su una terrazza con la veduta sulla spiaggia. Sulla terrazza vediamo tre tavoli di giocatori. Ad uno di essi è seduta la madre di Frichì con altre tre signore. Due sono le stesse che abbiamo visto precedentemente dare il benvenuto a Paola. L'altra è la zia di Paola. Il secondo tavolo è formato dal padre di Frichì, due signore e l'avvocato Paparella. Ad un terzo tavolo sono seduti Livio con altri tre signori. Intorno ai tavoli c'è gente in piedi che osserva. Vediamo Paola entrare, avvicinarsi al tavolo della zia, e darle un bacio.
PAOLA Ciao, zia.
ZIA Come sta il tuo amico inglese?
PAOLA Gli ho mandato ora le medicine, sta a letto con l'insolazione. Una bolla spessa così…
SIGNORA E che è una camera d'aria?
ZIA (alle altre due signore) Un ragazzo straordinario. La madre è di un'ottima famiglia inglese. Ora non mi ricordo come si chiama, ma dice che danno il tu alla regina.
SIGNORA Il tu in inglese non esiste.
ZIA Uh, Mariolina, come sei pignola, dicevo per dire che hanno confidenza.
SIGNORA Ma sei fidanzata Paola?
ZIA Figurati, ci mancherebbe altro. Quella è una ragazza. Nooo, lui l'ha conosciuta in Inghilterra, che era, Paola, professore di qualche cosa? Gente per bene, distinta.
SIGNORA Come ti sei fatta bella Paola, figlia mia…
ZIA Mariolina, giochiamo.
"Passo… passo… passo… apro… cip, cip…duemila… visto… visto…" La MACCHINA inquadra il tappeto verde con qualche fiche di fagioli, poi passa a curiosare tra le carte della mamma di Frichì, ed in P.P. osserviamo la classica, spasmodica "trezziata" di un tris di Re.
Paola si guarda intorno e finalmente trova ciò che cerca. Ha incontrato gli occhi di Livio, che con un leggero cenno del capo, la saluta. Paola si stacca dal tavolo della zia e si avvicina dove sta giocando il padre di Frichì, poi si avvicina al terzo tavolo e, a piccoli passi, come per caso, con una certa calcolata ipocrisia, fa in modo di trovarsi dietro le spalle di Livio, proprio mentre Livio mostra i tre re e due assi che ha in mano e ritira il cospicuo piatto. Con la coda dell'occhio avverte la presenza di Paola dietro le sue spalle e dice:
LIVIO Ah, mi pareva. Non ti muovere, eh! Mi porti fortuna. Statti là.
PAOLA Ma io mi stanco a stare qua in piedi.
LIVIO Piglia la sedia, va.
Paola obbedisce, prende una sedia e si siede al fianco sinistro di Livio osservando il gioco.
LIVIO No. Mi devi mettere una mano sulla spalla, sennò la fortuna non arriva.
Paola poggia una mano sulla spalla sinistra di Livio, Livio in quel momento perde il colpo e ne approfitta per dire:
LIVIO Tu la mano, scusa, la devi poggiare sulla spalla destra, sennò non conta.
Così gli poggia la mano sulla spalla destra, venendo a trovarsi praticamente abbracciata con Livio. Il gioco prosegue così la faccia di Paola è vicina a quella di Livio ed i due guardano le stesse carte. Alla fine vediamo la mano di Livio che timidamente avanza sulla sua spalla per cercare la mano di Paola. La trova e la accarezza. Una, due, tre volte. Paola lascia fare. La MACCHINA si allontana da Paola e Livio vedendoli di spalle.
In un tardo pomeriggio vediamo Paola che si avvia per una stradina ed entrare in un portoncino, poi la vediamo uscire su una terrazza con la veduta sulla spiaggia. Sulla terrazza vediamo tre tavoli di giocatori. Ad uno di essi è seduta la madre di Frichì con altre tre signore. Due sono le stesse che abbiamo visto precedentemente dare il benvenuto a Paola. L'altra è la zia di Paola. Il secondo tavolo è formato dal padre di Frichì, due signore e l'avvocato Paparella. Ad un terzo tavolo sono seduti Livio con altri tre signori. Intorno ai tavoli c'è gente in piedi che osserva. Vediamo Paola entrare, avvicinarsi al tavolo della zia, e darle un bacio.
PAOLA Ciao, zia.
ZIA Come sta il tuo amico inglese?
PAOLA Gli ho mandato ora le medicine, sta a letto con l'insolazione. Una bolla spessa così…
SIGNORA E che è una camera d'aria?
ZIA (alle altre due signore) Un ragazzo straordinario. La madre è di un'ottima famiglia inglese. Ora non mi ricordo come si chiama, ma dice che danno il tu alla regina.
SIGNORA Il tu in inglese non esiste.
ZIA Uh, Mariolina, come sei pignola, dicevo per dire che hanno confidenza.
SIGNORA Ma sei fidanzata Paola?
ZIA Figurati, ci mancherebbe altro. Quella è una ragazza. Nooo, lui l'ha conosciuta in Inghilterra, che era, Paola, professore di qualche cosa? Gente per bene, distinta.
SIGNORA Come ti sei fatta bella Paola, figlia mia…
ZIA Mariolina, giochiamo.
"Passo… passo… passo… apro… cip, cip…duemila… visto… visto…" La MACCHINA inquadra il tappeto verde con qualche fiche di fagioli, poi passa a curiosare tra le carte della mamma di Frichì, ed in P.P. osserviamo la classica, spasmodica "trezziata" di un tris di Re.
Paola si guarda intorno e finalmente trova ciò che cerca. Ha incontrato gli occhi di Livio, che con un leggero cenno del capo, la saluta. Paola si stacca dal tavolo della zia e si avvicina dove sta giocando il padre di Frichì, poi si avvicina al terzo tavolo e, a piccoli passi, come per caso, con una certa calcolata ipocrisia, fa in modo di trovarsi dietro le spalle di Livio, proprio mentre Livio mostra i tre re e due assi che ha in mano e ritira il cospicuo piatto. Con la coda dell'occhio avverte la presenza di Paola dietro le sue spalle e dice:
LIVIO Ah, mi pareva. Non ti muovere, eh! Mi porti fortuna. Statti là.
PAOLA Ma io mi stanco a stare qua in piedi.
LIVIO Piglia la sedia, va.
Paola obbedisce, prende una sedia e si siede al fianco sinistro di Livio osservando il gioco.
LIVIO No. Mi devi mettere una mano sulla spalla, sennò la fortuna non arriva.
Paola poggia una mano sulla spalla sinistra di Livio, Livio in quel momento perde il colpo e ne approfitta per dire:
LIVIO Tu la mano, scusa, la devi poggiare sulla spalla destra, sennò non conta.
Così gli poggia la mano sulla spalla destra, venendo a trovarsi praticamente abbracciata con Livio. Il gioco prosegue così la faccia di Paola è vicina a quella di Livio ed i due guardano le stesse carte. Alla fine vediamo la mano di Livio che timidamente avanza sulla sua spalla per cercare la mano di Paola. La trova e la accarezza. Una, due, tre volte. Paola lascia fare. La MACCHINA si allontana da Paola e Livio vedendoli di spalle.
DISSOLVENZA
E' notte. La luna, vista tra due barche tirate a secco sulla spiaggia, gioca con l'acqua. Visto di spalle, con un fiasco di vino in una mano Scisciò si avvicina ad un fuoco intorno al quale sono accovacciati e seduti quattro o cinque pescatori. Stanno arrostendo sul fuoco, passando e ripassando con lenti movimenti del braccio sulla fiamma, diverse schidionate di alici. Le alici sono tutte infilate in una specie di giunco e loro, tenendo questa specie di ramo impugnato, le arrostiscono. Quando Scisciò arriva, si voltano verso di lui e si vedono le loro facce contro la fiamma, Scisciò dice:
SCISCIO' Qua ci sta il vino. Come andiamo?
1° PESCATORE Assettateve, signorino Scisciò, tra pochi minuti il pranzo è servito.
SCISCIO' Ci vorrebbe un poco di pane casareccio.
2° PESCATORE Già pensato.
SCISCIO' Che fanno i totani stanotte?
3° PESCATORE Venite con noi?
SCISCIO' No, stasera non voglio fare tardi.
2° PESCATORE Assettate qua, state più comodo.
SCISCIO' Grazie, Ciccì.
4° PESCATORE E il cane che fa?
SCISCIO' Si sta pigliando il gelato. Le alici non le mangia.
I pescatori ridono come se avesse detta una cosa spiritosissima. Ad una certa distanza vediamo uno scugnizzo che porge un cono gelato da leccare al cane. Scisciò fa un fischio. Il cane, come una persona disturbata si volta, dà una scrollata di testa e ripiglia a leccare.
Lo scampanio della chiesa rompe il silenzio bisbigliato della sera. Vediamo la cupola a squame di maiolica, gialle e verdi scintillare nella notte sotto i raggi della luna. Dalla cupola della chiesa, allargando la panoramica, col diffondersi del suono, vediamo tutta la spiaggia di Positano.
Sotto a uno dei due leoni di bronzo che stanno ai piedi della scala che scende sulla spiaggia, una signora si sta pettinando guardandosi a uno specchietto. E' una patatona simpatica e carnosa.
CARR. indietro scopre che chi la sta guardando è Frichì. Ecco che Frichì vede passare Pelos. Gli fa un cenno. Pelos si passa la mano sulla fronte e con il pollice si segna una ruga, allude al fatto del prete. Poi bisbiglia:
PELOS Vai facile…
Vediamo Frichì in azione. Si avvicina alla patatona:
FRICHI' Disturbo?
SIGNORA No, no, no.
FRICHI' Ma io voglio disturbare.
SIGNORA (ride scioccamente).
FRICHI' L'acqua è fosforescente. Vuole venire con me sulla spiaggia a tirare i sassi?
SIGNORA Sì, sì.
FRICHI' Poi magari ci possiamo fare pure il bagno: si vede tutto illuminato sott'acqua.
SIGNORA Bello!
FRICHI' In un posto che so io, non ci sta nessuno.
SIGNORA Sì, sì.
Frichì la guarda un po' deluso dalla facilità dell'avventura. Vediamo i due allontanarsi.
Pare non possa contenere l'ilarità che lo ha preso. Facendo ruotare l'avambraccio in un ripetuto gestio, rivolgendosi a Cocò che è sopraggiunto, dice:
PELOS Hai visto a Frichì! Hai capito? Con la scema. S'è infognato con la scema. Lui non lo sa che quella è scema. Cocò, ma che tieni? Perché non ridi?
COCO' Tu pensi a queste fesserie e io qua non so che fare… tu hai capito? Mi vogliono mandare a LAVORARE in America.
PELOS Io il consiglio te l'ho dato. Dove sta scritto: E' ISCRITTO AL PARTITO COMUNISTA tu metti: iscritto fin dal 1945. Quelli a queste cose ci badano. Voglio vedere quale Console ti da' il visto quando tu hai scritto così.
COCO' Ma, non è vero…
PELOS E a te che te ne importa? Tu scrivi così, poi se la vedono loro.
COCO' E io scrivo così e quelli non mi fanno partire?
PELOS Ma allora tu vivi in un altro mondo… Basta che tu scrivi ISTA e quelli figurati se ti fanno entrare…
COCO' Allora sei sicuro?
PELOS Aaah! Te l'ho detto, sicuro. Ma non leggi mai i giornali?
COCO' Mai.
PELOS E leggili, informati, e vedi se non ho ragione. (si allontana facendo ancora un gesto con la mano per tranquillizzare Cocò che si trova in uno stato di vera depressione perché gli avvenimenti sono troppo grandi per lui, non sa più che pesci pigliare…).
In un caffè deserto vediamo Giovannella. Ha l'aria un po' bevuta, triste, con una ciocca di capelli che le taglia a metà la faccia. Vedremo entrare Pelos, che le si avvicina e sollevandole la ciocca di capelli come un sipario, ci svelerà in P.P. la faccia impassibile ed annoiata di Giovannella.
PELOS Vediamo chi ci sta qua dietro.
GIOVANNELLA Uffa, Pelos, lasciami stare.
… e Giovannella cambia posizione rimettendosi nello stesso atteggiamento di prima, cambiando di gomito.
PELOS Che tieni?
… e nuovo movimento di Giovannella che mantenendosi sempre col braccio la testa, la fa ruotare appoggiando la palma della mano sulla fronte, di modo che il viso si viene a trovare incorniciato nell'angolo formato dal braccio e dall'avambraccio.
GIOVANNELLA Non te lo voglio dire…
PELOS E io lo so già.
GIOVANNELLA E allora è inutile che me lo chiedi.
PELOS Allora stasera ce l'hai proprio con me?
GIOVANNELLA Ma chi ti pensa?
PELOS E perché io non penso a te? Stasera sei un amore… con quell'aria scombinata…
GIOVANNELLA Uhh, Pelos…
PELOS Perché non ce ne andiamo?
GIOVANNELLA (distratta) E dove?
PELOS (dopo una pausa) In un posto dove ci possiamo abbracciare.
GIOVANNELLA (sorrisetto malinconico e distratto) E' proprio una fissazione.
PELOS Eh…
Pausa nella quale sentiremo meglio un disco che suona F.C.
GIOVANNELLA Tieni una sigaretta?
Pelos gliela dà, l'accende, Giovannella fa una, due boccate guardando come perduta un punto fisso, poi, presa come da un'improvvisa risoluzione, si alza di scatto, pare per andarsene. Pelos la guarda, stando ancora seduto. Lei lo guarda e sembra vederlo finalmente per la prima volta, nella sera. E all'improvviso, come cambiando idea, gli dice:
GIOVANNELLA Andiamo.
Pelos, sorpreso dall'improvviso tono di Giovannella, e sospettando la natura dell'invito, prima la guarda senza capire, poi, appena capisce, la segue docile come un cagnolino. I due si allontanano verso un punto della spiaggia deserta.
Dietro uno scoglio, vediamo sdraiati a terra la patatona e Frichì. Frichì ha fatto progressi. La tiene abbracciata e stretta e parla. La patatona è sotto di lui e lo guarda con un occhio tra curioso e appena appena apprensivo. Frichì pare montato al punto giusto.
FRICHI' Non ci credi. E' vero, te lo giuro. Eppoi, no, no, non ti muovere, resta così, sì così, come bella. Io le donne come te me le sogno la notte. Tutte belle pienotte, burro e latte. No, ti ho detto di stare ferma, rovini tutto, se no, così, amore, amore, così, sì, sì, amore, mia, sei mia, adesso…
Mentre Frichì si monta, vediamo la mano della signora afferrare un pezzetto di legno sulla sabbia, poi risalire lentamente fino alla fronte bruciante di desiderio di Frichì e, puntando il pezzo di legno come una rivoltella:
SIGNORA Mani in alto!
Frichì è come se avesse avuto una doccia fredda. La fissa stupito, sconcertato, scoraggiato, gli cadono le braccia e rinuncia.
SCISCIO' Qua ci sta il vino. Come andiamo?
1° PESCATORE Assettateve, signorino Scisciò, tra pochi minuti il pranzo è servito.
SCISCIO' Ci vorrebbe un poco di pane casareccio.
2° PESCATORE Già pensato.
SCISCIO' Che fanno i totani stanotte?
3° PESCATORE Venite con noi?
SCISCIO' No, stasera non voglio fare tardi.
2° PESCATORE Assettate qua, state più comodo.
SCISCIO' Grazie, Ciccì.
4° PESCATORE E il cane che fa?
SCISCIO' Si sta pigliando il gelato. Le alici non le mangia.
I pescatori ridono come se avesse detta una cosa spiritosissima. Ad una certa distanza vediamo uno scugnizzo che porge un cono gelato da leccare al cane. Scisciò fa un fischio. Il cane, come una persona disturbata si volta, dà una scrollata di testa e ripiglia a leccare.
Lo scampanio della chiesa rompe il silenzio bisbigliato della sera. Vediamo la cupola a squame di maiolica, gialle e verdi scintillare nella notte sotto i raggi della luna. Dalla cupola della chiesa, allargando la panoramica, col diffondersi del suono, vediamo tutta la spiaggia di Positano.
Sotto a uno dei due leoni di bronzo che stanno ai piedi della scala che scende sulla spiaggia, una signora si sta pettinando guardandosi a uno specchietto. E' una patatona simpatica e carnosa.
CARR. indietro scopre che chi la sta guardando è Frichì. Ecco che Frichì vede passare Pelos. Gli fa un cenno. Pelos si passa la mano sulla fronte e con il pollice si segna una ruga, allude al fatto del prete. Poi bisbiglia:
PELOS Vai facile…
Vediamo Frichì in azione. Si avvicina alla patatona:
FRICHI' Disturbo?
SIGNORA No, no, no.
FRICHI' Ma io voglio disturbare.
SIGNORA (ride scioccamente).
FRICHI' L'acqua è fosforescente. Vuole venire con me sulla spiaggia a tirare i sassi?
SIGNORA Sì, sì.
FRICHI' Poi magari ci possiamo fare pure il bagno: si vede tutto illuminato sott'acqua.
SIGNORA Bello!
FRICHI' In un posto che so io, non ci sta nessuno.
SIGNORA Sì, sì.
Frichì la guarda un po' deluso dalla facilità dell'avventura. Vediamo i due allontanarsi.
Pare non possa contenere l'ilarità che lo ha preso. Facendo ruotare l'avambraccio in un ripetuto gestio, rivolgendosi a Cocò che è sopraggiunto, dice:
PELOS Hai visto a Frichì! Hai capito? Con la scema. S'è infognato con la scema. Lui non lo sa che quella è scema. Cocò, ma che tieni? Perché non ridi?
COCO' Tu pensi a queste fesserie e io qua non so che fare… tu hai capito? Mi vogliono mandare a LAVORARE in America.
PELOS Io il consiglio te l'ho dato. Dove sta scritto: E' ISCRITTO AL PARTITO COMUNISTA tu metti: iscritto fin dal 1945. Quelli a queste cose ci badano. Voglio vedere quale Console ti da' il visto quando tu hai scritto così.
COCO' Ma, non è vero…
PELOS E a te che te ne importa? Tu scrivi così, poi se la vedono loro.
COCO' E io scrivo così e quelli non mi fanno partire?
PELOS Ma allora tu vivi in un altro mondo… Basta che tu scrivi ISTA e quelli figurati se ti fanno entrare…
COCO' Allora sei sicuro?
PELOS Aaah! Te l'ho detto, sicuro. Ma non leggi mai i giornali?
COCO' Mai.
PELOS E leggili, informati, e vedi se non ho ragione. (si allontana facendo ancora un gesto con la mano per tranquillizzare Cocò che si trova in uno stato di vera depressione perché gli avvenimenti sono troppo grandi per lui, non sa più che pesci pigliare…).
In un caffè deserto vediamo Giovannella. Ha l'aria un po' bevuta, triste, con una ciocca di capelli che le taglia a metà la faccia. Vedremo entrare Pelos, che le si avvicina e sollevandole la ciocca di capelli come un sipario, ci svelerà in P.P. la faccia impassibile ed annoiata di Giovannella.
PELOS Vediamo chi ci sta qua dietro.
GIOVANNELLA Uffa, Pelos, lasciami stare.
… e Giovannella cambia posizione rimettendosi nello stesso atteggiamento di prima, cambiando di gomito.
PELOS Che tieni?
… e nuovo movimento di Giovannella che mantenendosi sempre col braccio la testa, la fa ruotare appoggiando la palma della mano sulla fronte, di modo che il viso si viene a trovare incorniciato nell'angolo formato dal braccio e dall'avambraccio.
GIOVANNELLA Non te lo voglio dire…
PELOS E io lo so già.
GIOVANNELLA E allora è inutile che me lo chiedi.
PELOS Allora stasera ce l'hai proprio con me?
GIOVANNELLA Ma chi ti pensa?
PELOS E perché io non penso a te? Stasera sei un amore… con quell'aria scombinata…
GIOVANNELLA Uhh, Pelos…
PELOS Perché non ce ne andiamo?
GIOVANNELLA (distratta) E dove?
PELOS (dopo una pausa) In un posto dove ci possiamo abbracciare.
GIOVANNELLA (sorrisetto malinconico e distratto) E' proprio una fissazione.
PELOS Eh…
Pausa nella quale sentiremo meglio un disco che suona F.C.
GIOVANNELLA Tieni una sigaretta?
Pelos gliela dà, l'accende, Giovannella fa una, due boccate guardando come perduta un punto fisso, poi, presa come da un'improvvisa risoluzione, si alza di scatto, pare per andarsene. Pelos la guarda, stando ancora seduto. Lei lo guarda e sembra vederlo finalmente per la prima volta, nella sera. E all'improvviso, come cambiando idea, gli dice:
GIOVANNELLA Andiamo.
Pelos, sorpreso dall'improvviso tono di Giovannella, e sospettando la natura dell'invito, prima la guarda senza capire, poi, appena capisce, la segue docile come un cagnolino. I due si allontanano verso un punto della spiaggia deserta.
Dietro uno scoglio, vediamo sdraiati a terra la patatona e Frichì. Frichì ha fatto progressi. La tiene abbracciata e stretta e parla. La patatona è sotto di lui e lo guarda con un occhio tra curioso e appena appena apprensivo. Frichì pare montato al punto giusto.
FRICHI' Non ci credi. E' vero, te lo giuro. Eppoi, no, no, non ti muovere, resta così, sì così, come bella. Io le donne come te me le sogno la notte. Tutte belle pienotte, burro e latte. No, ti ho detto di stare ferma, rovini tutto, se no, così, amore, amore, così, sì, sì, amore, mia, sei mia, adesso…
Mentre Frichì si monta, vediamo la mano della signora afferrare un pezzetto di legno sulla sabbia, poi risalire lentamente fino alla fronte bruciante di desiderio di Frichì e, puntando il pezzo di legno come una rivoltella:
SIGNORA Mani in alto!
Frichì è come se avesse avuto una doccia fredda. La fissa stupito, sconcertato, scoraggiato, gli cadono le braccia e rinuncia.
DISSOLVENZA
Mattina dopo, a mezzogiorno. La MACCHINA inquadra l'acqua bassa vicino alla spiaggia. Esplorando il fondo trasparente di ciottoli, vediamo man mano i piedi e le gambe di Scisciò sott'acqua. Poi vediamo lui sulla sfondo di una spiaggettina solitaria tra macigni che la circondano. E' seduto con le gambe nell'acqua e il torace fuori, come un Budda marino. Con un secchiello da bambino, si versa ogni tanto con ritmo stanco, uno scroscio d'acqua sulla testa, beato. Più in là, all'ombra di uno scoglio, il "commendatore" dorme.
Vediamo Scisciò lanciare un sasso nell'acqua. Seguendo i cerchi che si allargano dal punto dove è caduto il sasso, arriviamo in una piccola insenaturina, con un fazzoletto di spiaggia. Troviamo riparati dalle rocce, Livio e Paola. Sono sdraiati a prendere il sole, ancora bagnati. Livio poggia la testa, di profilo, sul ventre di Paola, adoperato come cuscino. A due centimetri dalla bocca di Livio, l'ombelico di Paola. Livio dà un bacetto sull'ombelico. Paola dice:
PAOLA Fermo…
… e seccata si rivolta a pancia in giù e la testa di Livio rotola sulla schiena di Paola:
PAOLA Fermo…
… e Livio adesso gioca con il bordo della mutandina di Paola, infilando il dito sotto la stoffa e facendolo scorrere pian piano.
Paola, prima dà una botta sulla mano di Livio, facendolo smettere, poi dice:
PAOLA Fermo…
… poiché Livio ritorna all'attacco.
F.C. sentiamo il rumore di uno schiaffetto, e poi la voce indignata di Paola:
PAOLA Fermo. Ma chi te l'ha insegnata l'educazione?…
Vediamo Paola alzarsi e correre felice verso il mare e tuffarsi. Livio la segue per un attimo con lo sguardo, poi si alza e si lancia dietro di lei, afferrandola mentre nuota per una caviglia. La tira a sé mentre lei urla, ridendo, poi le dà una calata, e quando emerge senza fiato, coglie il momento buono per darle un bacio sulla bocca. I due così, bocca sulla bocca, si rotolano nell'acqua, vanno sotto ed emergono, e non si capisce se lottano o giocano.
Sopra la spiaggia, dove a pancia sotto, come coccodrilli, Frichì, Cocò e Pelos, dopo una intesa di sguardi, scivolano lentamente nell'acqua. Scisciò è l'unico che rimane sulla spiaggia, fermo a godersi il sole. Gli altri navigano con l'acqua tagliata dal naso, proprio come coccodrilli, verso un gruppetto di scogli. La MACCHINA li segue e vedremo Cocò indicare con un movimento della testa un punto preciso tra gli scogli. Vedremo ora la MACCHINA avventurarsi tra acqua e scogli dietro il respiro canino dei ragazzi, verso i meandri della scogliera affiorante. Finalmente scopriamo sopra uno scoglio, un costumino da donna steso ad asciugare. I ragazzi a questo punto, si sistemano gli occhiali subacquei, e poi con una capovolta da delfini, li vedremo, uno dopo l'altro, immergersi sott'acqua. Contemporaneamente, vedremo un braccio di donna uscire dietro lo scoglietto dov'è il costumino, afferrare il costumino. Le facce dei ragazzi emergono dall'acqua per riprendere fiato, giusto in tempo per vedere la bellissima diciassettenne fare un tuffo da campionessa e battendo un crawl velocissimo ed inarrivabile, nuotare verso la spiaggia grande. Per quanti sforzi facciano, i ragazzi, anche se sono dei bravissimi nuotatori, non riescono a raggiungerla. Adesso vediamo per prima la diciassettenne arrivare a riva. Esce come una Venere dall'acqua, sorridente e per niente stanca. Si volta per vedere dove sono i suoi inseguitori e li vede arrivare. Affannano come dei cani dopo una corsa, con le faccine piuttosto stravolte. La diciassettenne non può fare a meno di ridere francamente dei loro pietosi sforzi. Pelos, intanto si è ripreso e dice:
PELOS Scusa, ma quanto fai sui cento?
DICIASSETT. Un minuto e dieci.
PELOS Allora sei una campionessa, lo dicevo!
Mentre parla così alla ridente fanciulla, egli avverte uno sguardo posato su di lui, telepaticamente si volta e infatti scopre gli occhi sornioni di Giovannella fissi su di lui.
Giovannella è seduta sopra una ringhiera di legno di una cabina e dondola le gambe. Pelos interrompe immediatamente la sua azione con la diciassettenne e facendosi improvvisamente serio in volto, come se si dirigesse contro un avversario da prendere a pugni, si avvia verso Giovannella. I due sono vicini ora, colti in P.P. dalla stessa inquadratura. Lo sguardo di Giovannella rimane inalterato, non si abbassa. Pelos con tono provocatorio, dice:
PELOS Che guardi a fa?
GIOVANNELLA Ti guardavo. Chè, non posso guardare?
PELOS No. A me non mi piace come tu mi guardi.
GIOVANNELLA Ho lasciato gli zoccoletti alla "Buca", me li vai a prendere?
PELOS E perché non ci puoi andare tu? Io sto con loro, non lo vedi?
GIOVANNELLA Vedo, vedo.
PELOS Giovannella, come sei indisponente!
GIOVANNELLA Allora vai?
PELOS No.
GIOVANNELLA E io parlo…
… e lo guarda lungamente negli occhi con un sorriso sfottente. Pelos, furente e nello stesso tempo tentando di minimizzare le cose fingendosi soltanto infastidito:
PELOS Uh, Giovannè…
Giovannella ride divertita. Pelos intimorito dall' "io parlo" di Giovannella le si accoccola ai piedi e li lasciamo mentre Giovannella un po' per sfregio e un po' per sesso, lo stuzzica dondolando i piedi e sfiorandogli la nuca. Sul C.L. vediamo Frichì e Cocò che si allontanano dalla spiaggia tra gli ombrelloni con la diciassettenne. La diciassettenne è una vera stanga.
Mattina dopo, a mezzogiorno. La MACCHINA inquadra l'acqua bassa vicino alla spiaggia. Esplorando il fondo trasparente di ciottoli, vediamo man mano i piedi e le gambe di Scisciò sott'acqua. Poi vediamo lui sulla sfondo di una spiaggettina solitaria tra macigni che la circondano. E' seduto con le gambe nell'acqua e il torace fuori, come un Budda marino. Con un secchiello da bambino, si versa ogni tanto con ritmo stanco, uno scroscio d'acqua sulla testa, beato. Più in là, all'ombra di uno scoglio, il "commendatore" dorme.
Vediamo Scisciò lanciare un sasso nell'acqua. Seguendo i cerchi che si allargano dal punto dove è caduto il sasso, arriviamo in una piccola insenaturina, con un fazzoletto di spiaggia. Troviamo riparati dalle rocce, Livio e Paola. Sono sdraiati a prendere il sole, ancora bagnati. Livio poggia la testa, di profilo, sul ventre di Paola, adoperato come cuscino. A due centimetri dalla bocca di Livio, l'ombelico di Paola. Livio dà un bacetto sull'ombelico. Paola dice:
PAOLA Fermo…
… e seccata si rivolta a pancia in giù e la testa di Livio rotola sulla schiena di Paola:
PAOLA Fermo…
… e Livio adesso gioca con il bordo della mutandina di Paola, infilando il dito sotto la stoffa e facendolo scorrere pian piano.
Paola, prima dà una botta sulla mano di Livio, facendolo smettere, poi dice:
PAOLA Fermo…
… poiché Livio ritorna all'attacco.
F.C. sentiamo il rumore di uno schiaffetto, e poi la voce indignata di Paola:
PAOLA Fermo. Ma chi te l'ha insegnata l'educazione?…
Vediamo Paola alzarsi e correre felice verso il mare e tuffarsi. Livio la segue per un attimo con lo sguardo, poi si alza e si lancia dietro di lei, afferrandola mentre nuota per una caviglia. La tira a sé mentre lei urla, ridendo, poi le dà una calata, e quando emerge senza fiato, coglie il momento buono per darle un bacio sulla bocca. I due così, bocca sulla bocca, si rotolano nell'acqua, vanno sotto ed emergono, e non si capisce se lottano o giocano.
Sopra la spiaggia, dove a pancia sotto, come coccodrilli, Frichì, Cocò e Pelos, dopo una intesa di sguardi, scivolano lentamente nell'acqua. Scisciò è l'unico che rimane sulla spiaggia, fermo a godersi il sole. Gli altri navigano con l'acqua tagliata dal naso, proprio come coccodrilli, verso un gruppetto di scogli. La MACCHINA li segue e vedremo Cocò indicare con un movimento della testa un punto preciso tra gli scogli. Vedremo ora la MACCHINA avventurarsi tra acqua e scogli dietro il respiro canino dei ragazzi, verso i meandri della scogliera affiorante. Finalmente scopriamo sopra uno scoglio, un costumino da donna steso ad asciugare. I ragazzi a questo punto, si sistemano gli occhiali subacquei, e poi con una capovolta da delfini, li vedremo, uno dopo l'altro, immergersi sott'acqua. Contemporaneamente, vedremo un braccio di donna uscire dietro lo scoglietto dov'è il costumino, afferrare il costumino. Le facce dei ragazzi emergono dall'acqua per riprendere fiato, giusto in tempo per vedere la bellissima diciassettenne fare un tuffo da campionessa e battendo un crawl velocissimo ed inarrivabile, nuotare verso la spiaggia grande. Per quanti sforzi facciano, i ragazzi, anche se sono dei bravissimi nuotatori, non riescono a raggiungerla. Adesso vediamo per prima la diciassettenne arrivare a riva. Esce come una Venere dall'acqua, sorridente e per niente stanca. Si volta per vedere dove sono i suoi inseguitori e li vede arrivare. Affannano come dei cani dopo una corsa, con le faccine piuttosto stravolte. La diciassettenne non può fare a meno di ridere francamente dei loro pietosi sforzi. Pelos, intanto si è ripreso e dice:
PELOS Scusa, ma quanto fai sui cento?
DICIASSETT. Un minuto e dieci.
PELOS Allora sei una campionessa, lo dicevo!
Mentre parla così alla ridente fanciulla, egli avverte uno sguardo posato su di lui, telepaticamente si volta e infatti scopre gli occhi sornioni di Giovannella fissi su di lui.
Giovannella è seduta sopra una ringhiera di legno di una cabina e dondola le gambe. Pelos interrompe immediatamente la sua azione con la diciassettenne e facendosi improvvisamente serio in volto, come se si dirigesse contro un avversario da prendere a pugni, si avvia verso Giovannella. I due sono vicini ora, colti in P.P. dalla stessa inquadratura. Lo sguardo di Giovannella rimane inalterato, non si abbassa. Pelos con tono provocatorio, dice:
PELOS Che guardi a fa?
GIOVANNELLA Ti guardavo. Chè, non posso guardare?
PELOS No. A me non mi piace come tu mi guardi.
GIOVANNELLA Ho lasciato gli zoccoletti alla "Buca", me li vai a prendere?
PELOS E perché non ci puoi andare tu? Io sto con loro, non lo vedi?
GIOVANNELLA Vedo, vedo.
PELOS Giovannella, come sei indisponente!
GIOVANNELLA Allora vai?
PELOS No.
GIOVANNELLA E io parlo…
… e lo guarda lungamente negli occhi con un sorriso sfottente. Pelos, furente e nello stesso tempo tentando di minimizzare le cose fingendosi soltanto infastidito:
PELOS Uh, Giovannè…
Giovannella ride divertita. Pelos intimorito dall' "io parlo" di Giovannella le si accoccola ai piedi e li lasciamo mentre Giovannella un po' per sfregio e un po' per sesso, lo stuzzica dondolando i piedi e sfiorandogli la nuca. Sul C.L. vediamo Frichì e Cocò che si allontanano dalla spiaggia tra gli ombrelloni con la diciassettenne. La diciassettenne è una vera stanga.
DISSOLVENZA
L'aumentato afflusso dei turisti e dei villeggianti a Positano lo vedremo da:
- spiaggia che adesso è fitta di ombrelloni, e non c'è uno spazio libero per sdraiarsi.
- fiumane di persone che sbarcano dai vaporetti al mattino, dilagano nella stradine che costeggiano la spiaggia ed i caffè.
- Bagagli che si inerpicano sulle spalle dei facchini improvvisati verso pensioncine aggrappato sopra scoscese stradine o in cima alle scale, che a Positano sono motivo dominante.
- Tavoli affollati alla "Buca" e persone che non trovano posto per sedersi.
- L'arrivo di sovraccarichi pullman e l'impraticabilità degli esigui spazi riservati al parcheggio delle automobili.
- Litigi tra vetturini e automobilisti.
- La strada che da Positano alta scende in curve elicoidali verso la marina tutta punteggiante di macchine che parcheggiano ai lati rendendo difficoltosa la manovra delle auto che sopravvengono.
Siamo in agosto, insomma nel pieno della stagione.
Un tardo pomeriggio. Sulla spiaggia c'è una luce grigia che inargenta i ciottoli e il mare. Vediamo nitidi in questa luce, con i visi precisi ed attenti, accovacciati a terra con le gambe incrociate ed allineati, come se si trovassero seduti ad una tribuna per assistere ad una partita di tennis: la diciassettenne al centro, ed ai lati, Pelos, Frichì, Scisciò, Cocò ed altri ragazzi. Si sente ogni tanto nell'aria il rumore sordo come di una lamiera colpita da un sasso. Ad ogni colpo il viso bellino della diciassettenne si irradia di una luce di entusiasmo ed i commenti dei ragazzi seguono:
COCO' Ma stasera gli sta facendo pagare quello delle altre sere e il resto appresso.
PELOS Secondo me la mattina quando non lo vediamo si allena. Sti inglesi sono ostinati.
Finalmente la MACCHINA fa dietrofront e passa dalla faccia dei ragazzi al gioco che si sta svolgendo sulla spiaggia. Vediamo una fila di barattoli vuoti allineati sopra un muretto, e ad una certa distanza Peter e certi giovinastri e pescatori del luogo che tirano i sassi contro i barattoli, come nei giochi del Luna Park.
Vediamo Peter che colpisce un barattolo. Si sentono le grida dei ragazzi. La più entusiasta è la diciassettenne. Peter e la diciassettenne si lanciano sguardi d'intesa. Osservandoli Pelos dice a Scisciò:
PELOS Secondo me, qualcosa c'è…
SCISCIO' Mi pare una giusta osservazione.
DICIASSETT. Allora siamo d'accordo per domani?
SCISCIO' Sempre ansiosi. Ma non si può stare come tutti i giorni a mare?
PELOS Scisciò se non ci facciamo tirare, noi là sopra non ci arriviamo mai, ci vogliono gli inglesi per queste cose. Sono sette anni che mi dico: in fondo si dovrebbe fare.
COCO' Dice che da là sopra si vede fino alla Calabria.
FRICHI' E che vedi? Una montagnella lontana.
DICIASSETT. Alle cinque. E tu porti la frutta a monte Faito arriveremo alle sette. E' bello a quell'ora, col sole basso.
PELOS Io propongo di alzarci alle dieci e mezza, pigliare il vaporetto delle undici, arrivare a Sorrento, fare una bella colazione, pigliare il treno per Castellammare. Alle undici e mezzo pigliare la funicolare e arrivare al Faito a mezzogiorno, con comodità e pronti per un bel pranzetto.
DICIASSETT. Ho capito, ho capito, saremo solo io e Peter ad andarci.
Intanto il gioco è finito, e a Peter che si avvicina, la diciassettenne dice:
DICIASSETT. Peter, domani mattina alle cinque saremo soli…
PETER (contando i soldi che ha vinto) Benissimo. Finalmente un po' di vita sana.
PELOS E intanto si conta i soldi che ha vinto a quei poveretti.
FRICHI' Non ti vergogni?
PETER Fair play.
FRICHI' E che sarebbe?
PETER Che ho giocato lealmente. Ieri vincevano loro.
PELOS (ironico) E impara come se li guadagnano! Con fatica e sudore. Tu che ne sai?
PETER E tu lo sai?
PELOS No, ma lo vedo.
In quel momento si vede Frichì che spinto da un moto forse di simpatia per Scisciò, vedendolo che sta a guardare assorto e distratto il mare, gli si avvicina e gli dà una forte schioccante bocca sul collo. La reazione di Scisciò è imprevedibile. Si volta di scatto e dà uno spintone a Frichì che cade a terra. E mentre questi a terra lo guarda, dal basso in alto, si vede il viso congestionato di Scisciò che urla:
SCISCIO' Come ti permetti! La dovete finire, tutti quanti, la dovete finire, avete capito?
PELOS (con voce normale e per calmarlo) Va bè Scisciò, ma in fondo che ha fatto?
SCISCIO' Zitto tu, pure tu la devi finire, cretino.
PELOS Ma che tieni?
SCISCIO' Che dovete stare a posto vostro.
COCO' E ci sta bisogno di arrabbiarsi così?
SCISCIO' (avvicinandoglisi minaccioso) Lo so io, hai capito quello che debbo fare? Hai capito. E se tieni qualche cosa da dì, parla.
Dà un altro spintone a Cocò e dicendo:
SCISCIO' Tutti la dovete finire, tutti, tutti…
… si allontana. Tutto intorno, improvvisamente si è creato il silenzio. Vedremo i P.P. della gente presente al fatto, sorpresa, e desiderosa di sapere le ragioni dell'improvviso scatto di Scisciò. I ragazzi rimangono tutti in silenzio allibiti. Peter e la diciassettenne, un po' imbarazzati, si guardano, poi Peter prende la diciassettenne sotto il braccio e discretamente si allontana con lei. Pelos, Cocò e Frichì stanno ancora in silenzio. Frichì per primo parla:
FRICHI' Ma tu lo capisci?
PELOS (fa una smorfia come per dire: bah)
FRICHI' E tu lo capisci?
COCO' (stesso gesto di Pelos)
… li vediamo avviarsi, un signore si avvicina e domanda:
SIGNORE Ma che è successo?
PELOS Niente, avvocà, niente…
Li vediamo in un altro punto della strada, vicino alla farmacia che parlano sempre dello stesso argomento.
PELOS E' la terza volta che lo vedo fare una scenata del genere. L'anno scorso con Tonino Mangilli, per poco non finiva a cazzotti.
FRICHI' Secondo me quand'uno invecchia. Ma quella volta che fu?
COCO' Un'altra fesseria. Tonino aveva bevuto nel suo bicchiere. Ora io dico che ci sta di male? E quello per poco non se lo mangiava.
PELOS Io dico che non sta bene, invece. Dev'essere una specie di malattia di rabbia e di tristezza, hai capito? Io la vedo così. Lo guardavo in faccia mentre si arrabbiava. Che vi debbo dì, mi faceva pena.
Sulla porta della farmacia, il farmacista, come un coretto greco, commenta i loro discorsi con una filosofica strofetta.
FARMACISTA E va bene…
cosa da niente
tutto s'accomoda
pacatamente…
PELOS Professò, ci offrite un rabarbaro?
FARMACISTA Sta là, pigliatevelo, tanto non fa niente.
PELOS Sempre ottimista, professò.
Li vedremo entrare nella farmacia.
L'aumentato afflusso dei turisti e dei villeggianti a Positano lo vedremo da:
- spiaggia che adesso è fitta di ombrelloni, e non c'è uno spazio libero per sdraiarsi.
- fiumane di persone che sbarcano dai vaporetti al mattino, dilagano nella stradine che costeggiano la spiaggia ed i caffè.
- Bagagli che si inerpicano sulle spalle dei facchini improvvisati verso pensioncine aggrappato sopra scoscese stradine o in cima alle scale, che a Positano sono motivo dominante.
- Tavoli affollati alla "Buca" e persone che non trovano posto per sedersi.
- L'arrivo di sovraccarichi pullman e l'impraticabilità degli esigui spazi riservati al parcheggio delle automobili.
- Litigi tra vetturini e automobilisti.
- La strada che da Positano alta scende in curve elicoidali verso la marina tutta punteggiante di macchine che parcheggiano ai lati rendendo difficoltosa la manovra delle auto che sopravvengono.
Siamo in agosto, insomma nel pieno della stagione.
Un tardo pomeriggio. Sulla spiaggia c'è una luce grigia che inargenta i ciottoli e il mare. Vediamo nitidi in questa luce, con i visi precisi ed attenti, accovacciati a terra con le gambe incrociate ed allineati, come se si trovassero seduti ad una tribuna per assistere ad una partita di tennis: la diciassettenne al centro, ed ai lati, Pelos, Frichì, Scisciò, Cocò ed altri ragazzi. Si sente ogni tanto nell'aria il rumore sordo come di una lamiera colpita da un sasso. Ad ogni colpo il viso bellino della diciassettenne si irradia di una luce di entusiasmo ed i commenti dei ragazzi seguono:
COCO' Ma stasera gli sta facendo pagare quello delle altre sere e il resto appresso.
PELOS Secondo me la mattina quando non lo vediamo si allena. Sti inglesi sono ostinati.
Finalmente la MACCHINA fa dietrofront e passa dalla faccia dei ragazzi al gioco che si sta svolgendo sulla spiaggia. Vediamo una fila di barattoli vuoti allineati sopra un muretto, e ad una certa distanza Peter e certi giovinastri e pescatori del luogo che tirano i sassi contro i barattoli, come nei giochi del Luna Park.
Vediamo Peter che colpisce un barattolo. Si sentono le grida dei ragazzi. La più entusiasta è la diciassettenne. Peter e la diciassettenne si lanciano sguardi d'intesa. Osservandoli Pelos dice a Scisciò:
PELOS Secondo me, qualcosa c'è…
SCISCIO' Mi pare una giusta osservazione.
DICIASSETT. Allora siamo d'accordo per domani?
SCISCIO' Sempre ansiosi. Ma non si può stare come tutti i giorni a mare?
PELOS Scisciò se non ci facciamo tirare, noi là sopra non ci arriviamo mai, ci vogliono gli inglesi per queste cose. Sono sette anni che mi dico: in fondo si dovrebbe fare.
COCO' Dice che da là sopra si vede fino alla Calabria.
FRICHI' E che vedi? Una montagnella lontana.
DICIASSETT. Alle cinque. E tu porti la frutta a monte Faito arriveremo alle sette. E' bello a quell'ora, col sole basso.
PELOS Io propongo di alzarci alle dieci e mezza, pigliare il vaporetto delle undici, arrivare a Sorrento, fare una bella colazione, pigliare il treno per Castellammare. Alle undici e mezzo pigliare la funicolare e arrivare al Faito a mezzogiorno, con comodità e pronti per un bel pranzetto.
DICIASSETT. Ho capito, ho capito, saremo solo io e Peter ad andarci.
Intanto il gioco è finito, e a Peter che si avvicina, la diciassettenne dice:
DICIASSETT. Peter, domani mattina alle cinque saremo soli…
PETER (contando i soldi che ha vinto) Benissimo. Finalmente un po' di vita sana.
PELOS E intanto si conta i soldi che ha vinto a quei poveretti.
FRICHI' Non ti vergogni?
PETER Fair play.
FRICHI' E che sarebbe?
PETER Che ho giocato lealmente. Ieri vincevano loro.
PELOS (ironico) E impara come se li guadagnano! Con fatica e sudore. Tu che ne sai?
PETER E tu lo sai?
PELOS No, ma lo vedo.
In quel momento si vede Frichì che spinto da un moto forse di simpatia per Scisciò, vedendolo che sta a guardare assorto e distratto il mare, gli si avvicina e gli dà una forte schioccante bocca sul collo. La reazione di Scisciò è imprevedibile. Si volta di scatto e dà uno spintone a Frichì che cade a terra. E mentre questi a terra lo guarda, dal basso in alto, si vede il viso congestionato di Scisciò che urla:
SCISCIO' Come ti permetti! La dovete finire, tutti quanti, la dovete finire, avete capito?
PELOS (con voce normale e per calmarlo) Va bè Scisciò, ma in fondo che ha fatto?
SCISCIO' Zitto tu, pure tu la devi finire, cretino.
PELOS Ma che tieni?
SCISCIO' Che dovete stare a posto vostro.
COCO' E ci sta bisogno di arrabbiarsi così?
SCISCIO' (avvicinandoglisi minaccioso) Lo so io, hai capito quello che debbo fare? Hai capito. E se tieni qualche cosa da dì, parla.
Dà un altro spintone a Cocò e dicendo:
SCISCIO' Tutti la dovete finire, tutti, tutti…
… si allontana. Tutto intorno, improvvisamente si è creato il silenzio. Vedremo i P.P. della gente presente al fatto, sorpresa, e desiderosa di sapere le ragioni dell'improvviso scatto di Scisciò. I ragazzi rimangono tutti in silenzio allibiti. Peter e la diciassettenne, un po' imbarazzati, si guardano, poi Peter prende la diciassettenne sotto il braccio e discretamente si allontana con lei. Pelos, Cocò e Frichì stanno ancora in silenzio. Frichì per primo parla:
FRICHI' Ma tu lo capisci?
PELOS (fa una smorfia come per dire: bah)
FRICHI' E tu lo capisci?
COCO' (stesso gesto di Pelos)
… li vediamo avviarsi, un signore si avvicina e domanda:
SIGNORE Ma che è successo?
PELOS Niente, avvocà, niente…
Li vediamo in un altro punto della strada, vicino alla farmacia che parlano sempre dello stesso argomento.
PELOS E' la terza volta che lo vedo fare una scenata del genere. L'anno scorso con Tonino Mangilli, per poco non finiva a cazzotti.
FRICHI' Secondo me quand'uno invecchia. Ma quella volta che fu?
COCO' Un'altra fesseria. Tonino aveva bevuto nel suo bicchiere. Ora io dico che ci sta di male? E quello per poco non se lo mangiava.
PELOS Io dico che non sta bene, invece. Dev'essere una specie di malattia di rabbia e di tristezza, hai capito? Io la vedo così. Lo guardavo in faccia mentre si arrabbiava. Che vi debbo dì, mi faceva pena.
Sulla porta della farmacia, il farmacista, come un coretto greco, commenta i loro discorsi con una filosofica strofetta.
FARMACISTA E va bene…
cosa da niente
tutto s'accomoda
pacatamente…
PELOS Professò, ci offrite un rabarbaro?
FARMACISTA Sta là, pigliatevelo, tanto non fa niente.
PELOS Sempre ottimista, professò.
Li vedremo entrare nella farmacia.
DISSOLVENZA
Siamo a tavola fuori una terrazza coperta, attraverso gli archi si vede lontano, in basso, il mare. Sulla tavola i resti di una cena abbondante. Ci sono Giulia, Pelos, Frichì più due tedesche assai vistose. Giulia, come seguitando un discorso già iniziato:
GIULIA Non soltanto tutto gratis, sono pagata. Perché si tratta di un lavoro.
PELOS Come un lavoro?
GIULIA Si capisce. Le avete mai viste le guide turistiche? Io lavoro per "Cucine e alberghi d'Italia". Devo segnalare i posti dove si mangia meglio e dove si dorme meglio. E aggiungere anche qualche particolare più raffinato come se nel paese c'è la banda, quanti garages, quante case natali di figli illustri. A secondo di quante forchette e coltelli incrociati trovi accanto al nome del ristorante, si capisce come si mangia. A seconda del numero delle cassette e della loro grandezza, si capisce la grandezza o l'importanza o la comodità dell'albergo, se c'è una bella vista, il numero dei letti disponibili, eccetera, eccetera.
FRICHI' Come, come, come… esistono lavori così? Ma non è scocciante, no?
GIULIA Ora sto lavorando. E' scocciante? Siamo venuti qua, abbiamo mangiato, ora ce ne torniamo a Positano, ed io ho fatto il mio lavoro.
PELOS E in più ti pagano?
GIULIA Sì. Perché voi vedete il lavoro come una cosa che riguarda dei bruti che colano sudore. Siete gli ultimi romantici, proprio. Perché esistono catalogate le maniere "per risolvere la giornata", come dice Scisciò, coi Sindacati, i sussidi, pure, ci sono le officine, è vero, ma ci sono anche le Guide turistiche, le boutiques, le consulenze… Basta leggere gli annunci economici.
PELOS Fammi il favore non ne parlare a Mimì quando arriva, e neppure a Scisciò, li potresti mettere in crisi, arrivi tu e sentono che bella bella vai, vieni, dormi, viaggi, e in più sei pagata, eh? Pare che lo fai apposta per sfotterci.
FRICHI' Vuoi sapè una cosa? M'hai fatto passare la voglia di mangiare.
In quel momento arriva il proprietario del ristorante e domanda premuroso:
PROPRIETARIO E' andato bene?
Giulia prende forchetta e coltello, l'incrocia, li mostra al proprietario del ristorante che, soddisfatto sorride e dice:
PROPRIETARIO Mi permetto di offrirvi un liquorino? (ed esce)
PELOS E dopotutto, pure il liquorino. Io non mi faccio capace. Con quella faccella pulita pulita, con quegli occhioni da ingenua, questa ci frega a tutti quanti, maledetta!
Adesso vediamo un vecchio tassì correre lungo la strada che da Praiano porta a Positano. E' una macchina con i parafanghi molto larghi, e vediamo in P.P. la faccia tra spaventata e stupita delle tedescone, quella divertita di Giulia che ride, e il tassista che borbotta. Mentre borbotta, di dietro Frichì gli abbassa il cappello a visiera sugli occhi. Piccolo sbandamento della macchina, il tassista bestemmia, finalmente vediamo Pelos sdraiato con le spalle poggiate sopra un parafango. Si accende una sigaretta, ma la manovra non gli riesce, e sempre mentre il tassì è in corsa si alza in piedi sul predellino, sale sul tetto della macchina, e infine lo vediamo seduto con le gambe che penzolano all'improvviso davanti al parabrise. L'autista non ne può più. Si ferma. Scende dalla macchina e dice:
AUTISTA Signorino Pelos, se non andate dentro io non mi muovo.
Giulia afferra Pelos per un braccio e dice:
GIULIA Vieni, su.
La macchina si mette in moto, e nell'interno si vedono scene di aggressione alle tedescotte che ridono e alla Giulia che scherzosamente si schernisce.
Siamo a tavola fuori una terrazza coperta, attraverso gli archi si vede lontano, in basso, il mare. Sulla tavola i resti di una cena abbondante. Ci sono Giulia, Pelos, Frichì più due tedesche assai vistose. Giulia, come seguitando un discorso già iniziato:
GIULIA Non soltanto tutto gratis, sono pagata. Perché si tratta di un lavoro.
PELOS Come un lavoro?
GIULIA Si capisce. Le avete mai viste le guide turistiche? Io lavoro per "Cucine e alberghi d'Italia". Devo segnalare i posti dove si mangia meglio e dove si dorme meglio. E aggiungere anche qualche particolare più raffinato come se nel paese c'è la banda, quanti garages, quante case natali di figli illustri. A secondo di quante forchette e coltelli incrociati trovi accanto al nome del ristorante, si capisce come si mangia. A seconda del numero delle cassette e della loro grandezza, si capisce la grandezza o l'importanza o la comodità dell'albergo, se c'è una bella vista, il numero dei letti disponibili, eccetera, eccetera.
FRICHI' Come, come, come… esistono lavori così? Ma non è scocciante, no?
GIULIA Ora sto lavorando. E' scocciante? Siamo venuti qua, abbiamo mangiato, ora ce ne torniamo a Positano, ed io ho fatto il mio lavoro.
PELOS E in più ti pagano?
GIULIA Sì. Perché voi vedete il lavoro come una cosa che riguarda dei bruti che colano sudore. Siete gli ultimi romantici, proprio. Perché esistono catalogate le maniere "per risolvere la giornata", come dice Scisciò, coi Sindacati, i sussidi, pure, ci sono le officine, è vero, ma ci sono anche le Guide turistiche, le boutiques, le consulenze… Basta leggere gli annunci economici.
PELOS Fammi il favore non ne parlare a Mimì quando arriva, e neppure a Scisciò, li potresti mettere in crisi, arrivi tu e sentono che bella bella vai, vieni, dormi, viaggi, e in più sei pagata, eh? Pare che lo fai apposta per sfotterci.
FRICHI' Vuoi sapè una cosa? M'hai fatto passare la voglia di mangiare.
In quel momento arriva il proprietario del ristorante e domanda premuroso:
PROPRIETARIO E' andato bene?
Giulia prende forchetta e coltello, l'incrocia, li mostra al proprietario del ristorante che, soddisfatto sorride e dice:
PROPRIETARIO Mi permetto di offrirvi un liquorino? (ed esce)
PELOS E dopotutto, pure il liquorino. Io non mi faccio capace. Con quella faccella pulita pulita, con quegli occhioni da ingenua, questa ci frega a tutti quanti, maledetta!
Adesso vediamo un vecchio tassì correre lungo la strada che da Praiano porta a Positano. E' una macchina con i parafanghi molto larghi, e vediamo in P.P. la faccia tra spaventata e stupita delle tedescone, quella divertita di Giulia che ride, e il tassista che borbotta. Mentre borbotta, di dietro Frichì gli abbassa il cappello a visiera sugli occhi. Piccolo sbandamento della macchina, il tassista bestemmia, finalmente vediamo Pelos sdraiato con le spalle poggiate sopra un parafango. Si accende una sigaretta, ma la manovra non gli riesce, e sempre mentre il tassì è in corsa si alza in piedi sul predellino, sale sul tetto della macchina, e infine lo vediamo seduto con le gambe che penzolano all'improvviso davanti al parabrise. L'autista non ne può più. Si ferma. Scende dalla macchina e dice:
AUTISTA Signorino Pelos, se non andate dentro io non mi muovo.
Giulia afferra Pelos per un braccio e dice:
GIULIA Vieni, su.
La macchina si mette in moto, e nell'interno si vedono scene di aggressione alle tedescotte che ridono e alla Giulia che scherzosamente si schernisce.
DISSOLVENZA
La stessa allegra confusione ritroviamo nella stanza dell'albergo dove Giulia alloggia. Sul suo letto, sono stravaccati Frichì con una delle due tedesche, Frichì le sta parlando all'orecchio e vedremo la tedesca ridere rumorosamente. Seduta a terra, di fronte allo specchio dell'armadio vi è l'altra tedesca. La tedesca sta misurandosi un cappello di Giulia. Giulia con una espressione molto diversa, tra infastidita e allarmata per l'inconcepibile disordine portato nella sua stanza, si aggira con l'occhio vigile da un angolo all'altro della stanza cercando di rimediare come può ai danni. Pelos è seduto sul bordo del letto e sta parlando al telefono con il portiere. Ha preso senza un preciso scopo un libro posto sul comodino accanto al telefono. E' il libro che Giulia legge prima di addormentarsi, lo si capisce anche da un foglio di carta che sporge dalle pagine, è il segno che Giulia ha messo per marcare il punto dove è arrivata.
PELOS (al telefono) Luigi, tu mi senti? (rivolgendosi agli altri) E state un poco zitti non si capisce niente. Dunque, dicevo, sì, per Maratea, per Maratea, chi è Ciccillo che tiene un motoscafo. E quanto vuole? Benissimo, proprio come dicevo io. Anche Luigino, che è un deficiente, ha capito, che conviene il motoscafo. Perché col treno perdi tempo e arrivi di notte.
GIULIA Non è questione di convenienza… Devo andare in treno… Attento al segno…
Giulia indica con lo sguardo un po' allarmato il suo libro che Pelos ha in mano. La sua invocazione risulta vana. Pelos estrae il foglietto che fa segnapagina e cavando di tasca una matita dice:
PELOS Comunque, ora ti segno il costo della corsa e il nome del marinaio.
GIULIA (rassegnata, tra sé) Bè, mi ha perso il segno, pazienza.
Intanto sul letto Frichì e la tedesca continuano a ridere ed a sussurrarsi incomprensibili cose. Si vede la gambetta di Frichì che insegue per strofinarvicisi la gamba della tedesca, e questa che fa un po' la ritrosa, e la ritrae. Questo movimento di inseguimento e fuga viene seguito dall'attento occhio di Giulia che vede in pericolo un bicchiere posto su di un tavolinetto accanto ai piedi del letto. L'altra tedesca sta sempre davanti lo specchio a provare il cappello. Ad un certo punto la tedesca si alza, si avvia verso la camera da bagno, seguita a ruota dall'altra tedesca e da Frichì. Dal bagno arrivano rumori preoccupanti di acqua e tonfi.
PELOS Che succede, di là?
GIULIA (con aria seccata) Delle sciocchezze.
Mentre vediamo Pelos alzarsi, vedremo aprirsi la porta del bagno e uscire una delle due tedesche con i capelli bagnati e gocciolanti sul pavimento e Frichì che si è arrotolato un asciugamano sulla testa, tipo turbante.
FRICHI' Sentivo caldo. Ha detto che rassomiglio a un Dio indiano. A te che te ne pare?
PELOS (con disprezzo) Se lei ti vede così… chi si contenta gode.
Ora dal terrazzino giunge il richiamo esilarato-affannoso di Cocò.
COCO' Ve lo ricordate a Tullio Capece, sta qua con la sposa in viaggio di nozze.
FRICHI' Sono venuti a depositare le uova a Positano?
Tutti escono seguendo Cocò: anche le tedesche.
PELOS Venite anche voi, schiave.
… grida Pelos apostrofando le due bamboccione che lo seguono ridendo fuori sulla terrazza. Le grida, le risate ed i tonfi vengono adesso dalla stanza degli sposi. Giulia si sente dal bagno, dove è andata a mettere ordine. E' tutto allagato con gli accappatoi a terra e il borotalco sparso sul lavandino. Giulia brontola irritata.
GIULIA Me le sono tirate in casa io queste due sporcaccione.
Si sente il telefono suonare e Giulia va a rispondere.
GIULIA Pronto, pronto… Signorina, non si sente niente… signorina stavo parlando…
Ma il rumore che viene dai ragazzi nell'altra stanza le impedisce di sentire la comunicazione. Corre alla finestra, la chiude. Nel ritornare al telefono in fretta Giulia fa cadere il bicchiere che prima avevamo visto in bilico. Fa un gesto come per dire: tanto cosa più cosa meno, è tutta una rovina, poi la risentiamo al telefono:
GIULIA Pronto! Sì, Vitali?… Avete ricevuto il materiale? Eh, no, sono stata fuori stasera, c'era bisogno di chiamarmi a quest'ora? Eh, lo so, la data, la data, mi state ossessionando con la data. Domani vado a Maratea. Eh no, Sorrento per ultima… Insieme con Ravello… Così preferisco. Tra una decina di giorni avrò finito, spero.
Mentre lei telefona, nella stanza accanto è sceso il silenzio. Finita la telefonata, Giulia va a vedere cosa è successo. Esce sul terrazzino, vede che tutto è buio, non c'è nessuno. Rientra nella stanza. Comincia lentamente ora a raccogliere una cosa, ora a ricercare la pagina del libro per rimettervi il segno, ora a pulire una macchia di bagnato. Poi chiama il portiere al telefono e dice:
GIULIA Per favore mandi qualcuno a prendere le bottiglie e i bicchieri. No, no, il whisky lo metta sul mio conto.
Parlando, si sdraia sul letto, stanca, e con i piedi si sfila le scarpe che cadono sul pavimento. La MACCHINA intanto, panoramicando, si avvicina alla finestra. Fuori è notte e si sente lontana una musichetta proveniente dalla Buca, e rumori notturni.
DISSOLVENZA
PELOS (al telefono) Luigi, tu mi senti? (rivolgendosi agli altri) E state un poco zitti non si capisce niente. Dunque, dicevo, sì, per Maratea, per Maratea, chi è Ciccillo che tiene un motoscafo. E quanto vuole? Benissimo, proprio come dicevo io. Anche Luigino, che è un deficiente, ha capito, che conviene il motoscafo. Perché col treno perdi tempo e arrivi di notte.
GIULIA Non è questione di convenienza… Devo andare in treno… Attento al segno…
Giulia indica con lo sguardo un po' allarmato il suo libro che Pelos ha in mano. La sua invocazione risulta vana. Pelos estrae il foglietto che fa segnapagina e cavando di tasca una matita dice:
PELOS Comunque, ora ti segno il costo della corsa e il nome del marinaio.
GIULIA (rassegnata, tra sé) Bè, mi ha perso il segno, pazienza.
Intanto sul letto Frichì e la tedesca continuano a ridere ed a sussurrarsi incomprensibili cose. Si vede la gambetta di Frichì che insegue per strofinarvicisi la gamba della tedesca, e questa che fa un po' la ritrosa, e la ritrae. Questo movimento di inseguimento e fuga viene seguito dall'attento occhio di Giulia che vede in pericolo un bicchiere posto su di un tavolinetto accanto ai piedi del letto. L'altra tedesca sta sempre davanti lo specchio a provare il cappello. Ad un certo punto la tedesca si alza, si avvia verso la camera da bagno, seguita a ruota dall'altra tedesca e da Frichì. Dal bagno arrivano rumori preoccupanti di acqua e tonfi.
PELOS Che succede, di là?
GIULIA (con aria seccata) Delle sciocchezze.
Mentre vediamo Pelos alzarsi, vedremo aprirsi la porta del bagno e uscire una delle due tedesche con i capelli bagnati e gocciolanti sul pavimento e Frichì che si è arrotolato un asciugamano sulla testa, tipo turbante.
FRICHI' Sentivo caldo. Ha detto che rassomiglio a un Dio indiano. A te che te ne pare?
PELOS (con disprezzo) Se lei ti vede così… chi si contenta gode.
Ora dal terrazzino giunge il richiamo esilarato-affannoso di Cocò.
COCO' Ve lo ricordate a Tullio Capece, sta qua con la sposa in viaggio di nozze.
FRICHI' Sono venuti a depositare le uova a Positano?
Tutti escono seguendo Cocò: anche le tedesche.
PELOS Venite anche voi, schiave.
… grida Pelos apostrofando le due bamboccione che lo seguono ridendo fuori sulla terrazza. Le grida, le risate ed i tonfi vengono adesso dalla stanza degli sposi. Giulia si sente dal bagno, dove è andata a mettere ordine. E' tutto allagato con gli accappatoi a terra e il borotalco sparso sul lavandino. Giulia brontola irritata.
GIULIA Me le sono tirate in casa io queste due sporcaccione.
Si sente il telefono suonare e Giulia va a rispondere.
GIULIA Pronto, pronto… Signorina, non si sente niente… signorina stavo parlando…
Ma il rumore che viene dai ragazzi nell'altra stanza le impedisce di sentire la comunicazione. Corre alla finestra, la chiude. Nel ritornare al telefono in fretta Giulia fa cadere il bicchiere che prima avevamo visto in bilico. Fa un gesto come per dire: tanto cosa più cosa meno, è tutta una rovina, poi la risentiamo al telefono:
GIULIA Pronto! Sì, Vitali?… Avete ricevuto il materiale? Eh, no, sono stata fuori stasera, c'era bisogno di chiamarmi a quest'ora? Eh, lo so, la data, la data, mi state ossessionando con la data. Domani vado a Maratea. Eh no, Sorrento per ultima… Insieme con Ravello… Così preferisco. Tra una decina di giorni avrò finito, spero.
Mentre lei telefona, nella stanza accanto è sceso il silenzio. Finita la telefonata, Giulia va a vedere cosa è successo. Esce sul terrazzino, vede che tutto è buio, non c'è nessuno. Rientra nella stanza. Comincia lentamente ora a raccogliere una cosa, ora a ricercare la pagina del libro per rimettervi il segno, ora a pulire una macchia di bagnato. Poi chiama il portiere al telefono e dice:
GIULIA Per favore mandi qualcuno a prendere le bottiglie e i bicchieri. No, no, il whisky lo metta sul mio conto.
Parlando, si sdraia sul letto, stanca, e con i piedi si sfila le scarpe che cadono sul pavimento. La MACCHINA intanto, panoramicando, si avvicina alla finestra. Fuori è notte e si sente lontana una musichetta proveniente dalla Buca, e rumori notturni.
DISSOLVENZA
Ora, dalla stessa posizione, la MACCHINA inquadra l'alba. Panoramicando all'indietro, ritorniamo su Giulia che ora dorme vestita come l'abbiamo lasciata. Stiamo su di lei per un attimo. La vediamo stringere le palpebre per il fastidio della luce. Si alza. A tentoni si avvicina alla finestra e la chiude. Riprendiamo dal di fuori il movimento di chiusura di finestra. La MACCHINA, dalle imposte chiuse, si sposta lentamente sulla spiaggia che è deserta. Vediamo sul bordo della spiaggia due cavalli con i garretti nell'acqua bassa ed i cocchieri che li stanno lavando. Vediamo anche l'arrivo di una paranza ed i pescatori che scaricano le reti, mentre un gallo fa tremare le montagne con un vigoroso "chicchirichì".
Guardinghi, grigi e silenziosi, come gatti, da una finestra sgattaiolano Pelos e Frichì e si vedono le faccione delle tedesche stanche ed assonnate che li osservano nella manovra. Pelos già tutto fuori, ha un attimo di gentilezza, con una mano impugna le guancione della sua tedescotta, e come se suonasse una tromba di automobile, la palpa. Poi si porta la mano alla bocca e, già pentito nel momento che lo fa, dà un simbolico bacio alla mano. La tedescotta fa un cenno di saluto, poi le imposte della finestra vengono chiuse. Vediamo di spalle Frichì e Pelos che si allontanano verso la spiaggia. Poi insieme si fermano, si guardano come per dire: ma che abbiamo fatto? E Pelos interpretando mimicamente la situazione, alza gli avambracci all'altezza della sua bocca, finge di sputarci sopra e dice:
PELOS Ste povere braccelle, ste belle carnicelle, insieme a quelle due schifose.
Dopo di ciò, senza salutarsi, i due si allontanano verso direzioni opposte.
Guardinghi, grigi e silenziosi, come gatti, da una finestra sgattaiolano Pelos e Frichì e si vedono le faccione delle tedesche stanche ed assonnate che li osservano nella manovra. Pelos già tutto fuori, ha un attimo di gentilezza, con una mano impugna le guancione della sua tedescotta, e come se suonasse una tromba di automobile, la palpa. Poi si porta la mano alla bocca e, già pentito nel momento che lo fa, dà un simbolico bacio alla mano. La tedescotta fa un cenno di saluto, poi le imposte della finestra vengono chiuse. Vediamo di spalle Frichì e Pelos che si allontanano verso la spiaggia. Poi insieme si fermano, si guardano come per dire: ma che abbiamo fatto? E Pelos interpretando mimicamente la situazione, alza gli avambracci all'altezza della sua bocca, finge di sputarci sopra e dice:
PELOS Ste povere braccelle, ste belle carnicelle, insieme a quelle due schifose.
Dopo di ciò, senza salutarsi, i due si allontanano verso direzioni opposte.
DISSOLVENZA
Scisciò è in piedi davanti alla corriera che sta per partire verso Sorrento. C'è intorno il solito traffico che precede le partenze. Si sente F.C. la voce di Scisciò che dice:
SCISCIO' E mi raccomando, comportati bene.
La MACCHINA inquadra la testa del cane "il commendatore" nel finestrino. Serio e compunto come un diplomatico in viaggio, il cane lo guarda con comprensione e distacco. La corriera parte.
Scisciò si avvia verso il caffè. Lo vediamo entrare, ed avvicinarsi al telefono. Lo vediamo in P.P. accanto all'apparecchio.
SCISCIO' Signora Righetti, allora rimaniamo d'accordo così. Tre cuccioli a me, e il resto a voi… E no, scusi, ne potrebbe fare anche dieci… Sì, sì, è partito or ora, mi raccomando trattatelo con gentilezza… è molto sensibile speriamo che non si disgusti.
Appena ha posato il ricevitore si sente chiamare con enfasi esagerata. Si volta e vede una signora molto dipinta, molto volgare, con un grosso sedere. Amalia Scognamiglio.
La signora sta con un'amica che ha un bassotto in braccio. La signora dice:
SIGNORA Scisciò, l'altra sera vi abbiamo aspettato inutilmente… Peggio per voi, che la signora De Notaristefano aveva fatto un sufflè di patate… Ve lo siete perduto…
La signora in questione sorride schermendosi.
SIGNORA Eppoi ci stava Ernesto che cantava così bene. Quello mo è uno come voi, senza né arte né parte.
SCISCIO' (abbozza sorrisi)
SIGNORA Prendete un aperitivo?
SCISCIO' No, grazie.
SIGNORA (al barista) Dategli un aperitivo. Mettetelo sul mio conto.
La signora esce, seguita dallo sguardo di compatimento di Scisciò.
SCISCIO' E mi raccomando, comportati bene.
La MACCHINA inquadra la testa del cane "il commendatore" nel finestrino. Serio e compunto come un diplomatico in viaggio, il cane lo guarda con comprensione e distacco. La corriera parte.
Scisciò si avvia verso il caffè. Lo vediamo entrare, ed avvicinarsi al telefono. Lo vediamo in P.P. accanto all'apparecchio.
SCISCIO' Signora Righetti, allora rimaniamo d'accordo così. Tre cuccioli a me, e il resto a voi… E no, scusi, ne potrebbe fare anche dieci… Sì, sì, è partito or ora, mi raccomando trattatelo con gentilezza… è molto sensibile speriamo che non si disgusti.
Appena ha posato il ricevitore si sente chiamare con enfasi esagerata. Si volta e vede una signora molto dipinta, molto volgare, con un grosso sedere. Amalia Scognamiglio.
La signora sta con un'amica che ha un bassotto in braccio. La signora dice:
SIGNORA Scisciò, l'altra sera vi abbiamo aspettato inutilmente… Peggio per voi, che la signora De Notaristefano aveva fatto un sufflè di patate… Ve lo siete perduto…
La signora in questione sorride schermendosi.
SIGNORA Eppoi ci stava Ernesto che cantava così bene. Quello mo è uno come voi, senza né arte né parte.
SCISCIO' (abbozza sorrisi)
SIGNORA Prendete un aperitivo?
SCISCIO' No, grazie.
SIGNORA (al barista) Dategli un aperitivo. Mettetelo sul mio conto.
La signora esce, seguita dallo sguardo di compatimento di Scisciò.
DISSOLVENZA
Visto dall'alto di un precipizio un sandolino è come una formica bianca nell'azzurra distesa. Ma il paesaggio cambia visto dal sandolino che si approssima alla spiaggia. La montagna incombente, battuta e spaccata dal sole, frana tra i ciottoli, e massi enormi sono disseminati sopra la spiaggia e caduti a mare. Il sandolino in questo paesaggio approda come un piccolo gabbiano dolcemente sulla battima.
Sasà lo solleva a prua e lo tira a terra. Poi, riparandosi gli occhi con la mano, scorge poco lontano l'altro sandolino. Ne cerca la proprietaria ed avanza solo nel deserto di ciottoli luccicanti al sole. Di tanto in tanto si china a raccogliere una di quelle palle lo colpisce alla nuca. Si volta indietro ridendo perché già capisce che a tirare quel proiettile è stata Giovannella, ed ecco che lei gli piomba addosso come una belva capace di sorpresa, dall'alto di un masso.
L'assalto improvviso e violento fa precipitare i due a terra. Ridono. E quando si ritrovano fermi, abbracciati, sui ciottoli Sasà afferra i capelli alla nuca di Giovannella, le dice:
SASA' Pazza.
… e mentre lei per civetteria fa resistenza con la testa, lui avvicina lentamente, con sforzo la bocca di lei alla sua. Mentre la bocca ridente si avvicina sotto la pressione alla sua, lui le soffia in faccia.
SASA' Pazza, tu si' 'na pazza…
Ora le due bocche sono vicine, e il bacio è lungo e raffinato. Comincia con lentezza, sfiorando le labbra, poi si disperde agli angoli della bocca in piccoli e superficiali assaggi, con un'improvvisa subitanea violenza si impossessa della bocca, poi di nuovo sfugge e adesso è Giovannella a tentare gli assaggi, facendo morire Sasà nell'attesa. Di nuovo Giovannella aggredisce la bocca di Sasà. Dopo il bacio i due improvvisamente si separano in un'estasi di beatitudine allargano le braccia a croce sulla spiaggia, e respirano profondamente felici, guardando le nuvole che trascorrono sulle loro teste e le prospettive capovolte delle montagne. Mentre stanno così Sasà si solleva sui gomiti, poi con una certa indolenza, si alza, fa alzare anche Giovannella. Li vediamo ora di spalle che corrono verso il mare.
Sasà lo solleva a prua e lo tira a terra. Poi, riparandosi gli occhi con la mano, scorge poco lontano l'altro sandolino. Ne cerca la proprietaria ed avanza solo nel deserto di ciottoli luccicanti al sole. Di tanto in tanto si china a raccogliere una di quelle palle lo colpisce alla nuca. Si volta indietro ridendo perché già capisce che a tirare quel proiettile è stata Giovannella, ed ecco che lei gli piomba addosso come una belva capace di sorpresa, dall'alto di un masso.
L'assalto improvviso e violento fa precipitare i due a terra. Ridono. E quando si ritrovano fermi, abbracciati, sui ciottoli Sasà afferra i capelli alla nuca di Giovannella, le dice:
SASA' Pazza.
… e mentre lei per civetteria fa resistenza con la testa, lui avvicina lentamente, con sforzo la bocca di lei alla sua. Mentre la bocca ridente si avvicina sotto la pressione alla sua, lui le soffia in faccia.
SASA' Pazza, tu si' 'na pazza…
Ora le due bocche sono vicine, e il bacio è lungo e raffinato. Comincia con lentezza, sfiorando le labbra, poi si disperde agli angoli della bocca in piccoli e superficiali assaggi, con un'improvvisa subitanea violenza si impossessa della bocca, poi di nuovo sfugge e adesso è Giovannella a tentare gli assaggi, facendo morire Sasà nell'attesa. Di nuovo Giovannella aggredisce la bocca di Sasà. Dopo il bacio i due improvvisamente si separano in un'estasi di beatitudine allargano le braccia a croce sulla spiaggia, e respirano profondamente felici, guardando le nuvole che trascorrono sulle loro teste e le prospettive capovolte delle montagne. Mentre stanno così Sasà si solleva sui gomiti, poi con una certa indolenza, si alza, fa alzare anche Giovannella. Li vediamo ora di spalle che corrono verso il mare.
DISSOLVENZA
Li rivediamo sempre che si tengono per mano, risalire dal mare verso la spiaggia, grondanti e leggermente affannando.
SASA' Bel bagno.
GIOVANNELLA Era fredda l'acqua.
Ora si sdraiano l'uno accanto all'altro. Stando sdraiata, e pronunciando le prime battute, Giovannella piano piano si accosta sempre più al fianco di Sasà, fino ad aderirvi. Poi mette la testa nell'incavo dell'ascella di Sasà.
GIOVANNELLA Ma come pizzica qua. Che ci stanno le pulci di mare?
SASA' Noo, che pulci di mare?
GIOVANNELLA Stendi meglio sto braccio. Fammi appoggiare la testa.
SASA' Ahhhaa, ma tu vuoi proprio tutte le comodità, eh?
GIOVANNELLA Scusa tanto. Ti voglio stare vicina. Una volta ogni tanto che uno si vede…
SASA' Una volta ogni tanto, Giovannè, ogni volta che uno può.
GIOVANNELLA Ogni volta che uno può, ogni volta che uno può… ogni volta che uno può. Oggi posso domani non posso, dopodomani posso. Ecchè, sto al servizio tuo?
SASA' Bel bagno.
GIOVANNELLA Era fredda l'acqua.
Ora si sdraiano l'uno accanto all'altro. Stando sdraiata, e pronunciando le prime battute, Giovannella piano piano si accosta sempre più al fianco di Sasà, fino ad aderirvi. Poi mette la testa nell'incavo dell'ascella di Sasà.
GIOVANNELLA Ma come pizzica qua. Che ci stanno le pulci di mare?
SASA' Noo, che pulci di mare?
GIOVANNELLA Stendi meglio sto braccio. Fammi appoggiare la testa.
SASA' Ahhhaa, ma tu vuoi proprio tutte le comodità, eh?
GIOVANNELLA Scusa tanto. Ti voglio stare vicina. Una volta ogni tanto che uno si vede…
SASA' Una volta ogni tanto, Giovannè, ogni volta che uno può.
GIOVANNELLA Ogni volta che uno può, ogni volta che uno può… ogni volta che uno può. Oggi posso domani non posso, dopodomani posso. Ecchè, sto al servizio tuo?
Mentre dice questo, di nuovo respira, e dopo una pausa:
GIOVANNELLA Sempre quella in mezzo.
SASA' Quella in mezzo? Giovannè, quella è mia moglie. Ci siamo sposati. Ci sta un contratto, lo sai o no?
GIOVANNELLA Eh, già, ma proprio ogni minuto.
SASA' Eh, ogni minuto, Giovannè. E poi tu lo sai, io lavoro nell'ufficio del padre. Oramai mi sto facendo una posizione. Lo sai, sto diventando quasi capufficio.
GIOVANNELLA Lo vedi, lo vedi? Tutto per interesse fai.
A questo punto vediamo Sasà che si alza prima sui gomiti, poi in piedi. L'atmosfera tra i due è cambiata. Non c'è più la gioia di prima. Sasà tira un sasso in acqua poi un altro. Giovannella lo guarda, torva. Sasà si sente pesare dietro le spalle quello sguardo, lo incrocia con fermezza, e, vedendo tutto quello che Giovannella pensa, decide di essere chiaro.
SASA' Giovannè, per favore… ste cose lasciamole perde. Anzi è bene che lo sai subito: io domani parto.
GIOVANNELLA (sorpresa) Parti? E dove vai?
SASA' Vado a Londra.
GIOVANNELLA E che vai a fa?
SASA' Giovannè, io lavoro… che ti credi, che so fatto come a Scisciò, come a Frichì, come a Mimì, come a Pelos, sempre a panza al sole. Io so fatto diverso da loro. Io lavoro, e devo andà a fa sta cosa a Londra.
GIOVANNELLA Secondo me, qualcuno glielo avrà detto a questo tuo parente…
SASA' Ma come parente? E' mio suocero, Giovannè, è il padre di mia moglie.
GIOVANNELLA Come ci tieni, a dì mia moglie… E' una che ti mette al riparo da tutto. Tuo suocero, allora, il tuo caro suocero ha dovuto sapè qualche cosa. Ti fa viaggià troppo, secondo me ti vuole togliere da qua.
SASA' Eh. Non mi vuole far fare la fine di quelli là. E anzi, visto che l'hai capito, te lo chiedo per favore, finiscila con le telefonate in ufficio, tanto lo sanno che sei tu.
GIOVANNELLA Tu lavori e sei antipatico. Quelli non fanno niente e sono simpatici. Tu sarai quello che vuoi tu, ma se tu non fossi bello a me di te non me ne fregherebbe niente. Per esempio, Pelos è molto più simpatico di te.
SASA' (voltando le spalle a Giovannella) E va bè, allora stattene con Pelos e a me non mi scoccià.
Poi, senza voltarsi, giocherellando con dei sassi, quasi parlando a se stesso, dice senza guardarla:
SASA' Giovannè, tu te lo devi mettere in testa. Insomma quando noi ci siamo conosciuti, lo sapevi, questa è una situazione così, l'hai sempre saputo. Le cose stanno così, tu dici che non te ne importa, hai sempre detto così, e poi… a me mi dispiace che ogni volta… perché io a te ti voglio bene…
Si volta, e vede che Giovannella non c'è. La vede ora che si sta allontanando dalla spiaggia sul sandolino. Irritato, la chiama ripetutamente.
SASA' Giovannella… Giovannè… Ma sei proprio una stupida, non fa così… Sei proprio una cretina…
Irritato Sasà afferra una di quelle palle di alghe e la lancia contro il sandolino che s'allontana con Giovannella.
GIOVANNELLA Sempre quella in mezzo.
SASA' Quella in mezzo? Giovannè, quella è mia moglie. Ci siamo sposati. Ci sta un contratto, lo sai o no?
GIOVANNELLA Eh, già, ma proprio ogni minuto.
SASA' Eh, ogni minuto, Giovannè. E poi tu lo sai, io lavoro nell'ufficio del padre. Oramai mi sto facendo una posizione. Lo sai, sto diventando quasi capufficio.
GIOVANNELLA Lo vedi, lo vedi? Tutto per interesse fai.
A questo punto vediamo Sasà che si alza prima sui gomiti, poi in piedi. L'atmosfera tra i due è cambiata. Non c'è più la gioia di prima. Sasà tira un sasso in acqua poi un altro. Giovannella lo guarda, torva. Sasà si sente pesare dietro le spalle quello sguardo, lo incrocia con fermezza, e, vedendo tutto quello che Giovannella pensa, decide di essere chiaro.
SASA' Giovannè, per favore… ste cose lasciamole perde. Anzi è bene che lo sai subito: io domani parto.
GIOVANNELLA (sorpresa) Parti? E dove vai?
SASA' Vado a Londra.
GIOVANNELLA E che vai a fa?
SASA' Giovannè, io lavoro… che ti credi, che so fatto come a Scisciò, come a Frichì, come a Mimì, come a Pelos, sempre a panza al sole. Io so fatto diverso da loro. Io lavoro, e devo andà a fa sta cosa a Londra.
GIOVANNELLA Secondo me, qualcuno glielo avrà detto a questo tuo parente…
SASA' Ma come parente? E' mio suocero, Giovannè, è il padre di mia moglie.
GIOVANNELLA Come ci tieni, a dì mia moglie… E' una che ti mette al riparo da tutto. Tuo suocero, allora, il tuo caro suocero ha dovuto sapè qualche cosa. Ti fa viaggià troppo, secondo me ti vuole togliere da qua.
SASA' Eh. Non mi vuole far fare la fine di quelli là. E anzi, visto che l'hai capito, te lo chiedo per favore, finiscila con le telefonate in ufficio, tanto lo sanno che sei tu.
GIOVANNELLA Tu lavori e sei antipatico. Quelli non fanno niente e sono simpatici. Tu sarai quello che vuoi tu, ma se tu non fossi bello a me di te non me ne fregherebbe niente. Per esempio, Pelos è molto più simpatico di te.
SASA' (voltando le spalle a Giovannella) E va bè, allora stattene con Pelos e a me non mi scoccià.
Poi, senza voltarsi, giocherellando con dei sassi, quasi parlando a se stesso, dice senza guardarla:
SASA' Giovannè, tu te lo devi mettere in testa. Insomma quando noi ci siamo conosciuti, lo sapevi, questa è una situazione così, l'hai sempre saputo. Le cose stanno così, tu dici che non te ne importa, hai sempre detto così, e poi… a me mi dispiace che ogni volta… perché io a te ti voglio bene…
Si volta, e vede che Giovannella non c'è. La vede ora che si sta allontanando dalla spiaggia sul sandolino. Irritato, la chiama ripetutamente.
SASA' Giovannella… Giovannè… Ma sei proprio una stupida, non fa così… Sei proprio una cretina…
Irritato Sasà afferra una di quelle palle di alghe e la lancia contro il sandolino che s'allontana con Giovannella.
DISSOLVENZA
Sul movimento della mano vista in P.P. tra acqua e cielo, passiamo immediatamente e sempre in P.P. sopra un'altra mano pronta a ricevere il pallone da pallanuoto, che infatti arriva. Sul "op" di Frichì che ha ricevuto il pallone vediamo i successivi passaggi fatti a Pelos, a Cocò e ad un altro. Un pallone tirato più forte supera la testa di Pelos. Pelos si volta per raggiungerlo. Seguendo il volo del pallone scopriamo più al largo, al di là della linea d'ombra che il promontorio getta nel mare, nel sole, una sedia a sdraio galleggiante sull'acqua, con uno sopra che vi sta disteso. Ci avviciniamo allo strano galleggiante e vediamo Mimì, che sorregge in mano un bicchiere pieno di champagne e lo sbevucchia, con uno sguardo altezzoso, rivolto dalla parte dei giocatori di pallanuoto, ma, disinvolto e non curante come se si trovasse al circolo Savoia o a Via Veneto. Adesso un urlo arriva dalla parte dei giocatori: Mimì. Sembra una gara sui cinquanta stile libero, vediamo sei piccoli siluri con la scia bianca dirigersi verso la strana sedia. Ci avviciniamo con Frichì, Pelos, Cocò e vediamo due grosse botti legate sotto la sedia con delle funi. Echeggiano sull'acqua le grida ancora affannate di "Mimì, Mimì, Mimì" pronunciate dalle diverse allegre voci dei ragazzi. Pelos, guardando subito la bottiglia nel cestello del ghiaccio, legata ad uno dei braccioli della sedia a sdraio, dice:
PELOS Dammi un poco di champagne.
GLI ALTRI Un poco pure a me, un poco pure a me, un poco pure a me.
MIMI' Ma come, uno parte, va in crociera, dopo tanto tempo torna e voi (rifacendo sprezzamente il verso): voglio un poco di champagne. Tè, tè, pigliate, ma che fetienti! Uno fa tanto, ho fatto questo bell'ingresso, sopra sta sedia a sdraio, con sto marchingegno da sotto, hai da vedè che fatica c'è voluto per farlo montà dal marinaio dello yacht, cocciuto, sa! Diceva che non si teneva a galla, eppoi non riusciva a capire perché, e tutto per un pubblico di quattro fetienti che dicono: voglio lo champagne, dammi no poco de champagne… Dove stanno le donne?
PELOS Le donne? E che donne? Quest'anno non ci sta nessuno.
FRICHI' Hai fatto bene ad andartene.
MIMI' Bene? Tu devi vedere io che ho passato sopra quello yacht. Un servizio pessimo. Lo champagne l'avete assaggiato? Vedete che porcheria, la mattina il caffè lungooo, schifoso. Insomma vi assicuro, io mi sentivo proprio uno schiavo in galera.
PELOS E la padrona della galera ha tentato?
MIMI' Eehhh! Una cosa orribile. Una nave carica di vecchie. Mai più. Non si faceva nemmeno un poco di sonno filato in pace. Anzi a proposito, sto stanco morto. A casa di chi vado?
COCO' Mimì da me è occupato.
MIMI' Basta voltare le spalle e infilano un altro nel tuo letto.
FRICHI' Ci sta la camera della milanese che è libera al pomeriggio. Quella va, viene, oggi non ci sta.
MIMI' Allora spingetemi a terra se no mi addormento qua. Ma chi è sta milanese?
PELOS E' una simpatica, ci ha fatto fare un sacco di risate.
MIMI' Io non voglio essere disturbato. Ho sonno e voglio dormire. Ma Scisciò non ci sta?
FRICHI' Torna stasera. E' andato a Capri.
Queste ultime battute sono dette mentre la sedia galleggiante, con sopra Mimì, spinta dagli altri si allontana. In C.L. la vediamo di spalle approdare alla spiaggia, in mezzo ad un piccolo assembramento di persone. In fondo Mimì un po' del suo scopo l'ha raggiunto: dare una certa teatralità al suo arrivo.
PELOS Dammi un poco di champagne.
GLI ALTRI Un poco pure a me, un poco pure a me, un poco pure a me.
MIMI' Ma come, uno parte, va in crociera, dopo tanto tempo torna e voi (rifacendo sprezzamente il verso): voglio un poco di champagne. Tè, tè, pigliate, ma che fetienti! Uno fa tanto, ho fatto questo bell'ingresso, sopra sta sedia a sdraio, con sto marchingegno da sotto, hai da vedè che fatica c'è voluto per farlo montà dal marinaio dello yacht, cocciuto, sa! Diceva che non si teneva a galla, eppoi non riusciva a capire perché, e tutto per un pubblico di quattro fetienti che dicono: voglio lo champagne, dammi no poco de champagne… Dove stanno le donne?
PELOS Le donne? E che donne? Quest'anno non ci sta nessuno.
FRICHI' Hai fatto bene ad andartene.
MIMI' Bene? Tu devi vedere io che ho passato sopra quello yacht. Un servizio pessimo. Lo champagne l'avete assaggiato? Vedete che porcheria, la mattina il caffè lungooo, schifoso. Insomma vi assicuro, io mi sentivo proprio uno schiavo in galera.
PELOS E la padrona della galera ha tentato?
MIMI' Eehhh! Una cosa orribile. Una nave carica di vecchie. Mai più. Non si faceva nemmeno un poco di sonno filato in pace. Anzi a proposito, sto stanco morto. A casa di chi vado?
COCO' Mimì da me è occupato.
MIMI' Basta voltare le spalle e infilano un altro nel tuo letto.
FRICHI' Ci sta la camera della milanese che è libera al pomeriggio. Quella va, viene, oggi non ci sta.
MIMI' Allora spingetemi a terra se no mi addormento qua. Ma chi è sta milanese?
PELOS E' una simpatica, ci ha fatto fare un sacco di risate.
MIMI' Io non voglio essere disturbato. Ho sonno e voglio dormire. Ma Scisciò non ci sta?
FRICHI' Torna stasera. E' andato a Capri.
Queste ultime battute sono dette mentre la sedia galleggiante, con sopra Mimì, spinta dagli altri si allontana. In C.L. la vediamo di spalle approdare alla spiaggia, in mezzo ad un piccolo assembramento di persone. In fondo Mimì un po' del suo scopo l'ha raggiunto: dare una certa teatralità al suo arrivo.
DISSOLVENZA
Sul portiere dell'albergo dove vive Giulia, alle prese con Frichì e Pelos.
PORTIERE Ma insomma. Va bene che è Mimì, ma dico io, uno entra in albergo così, coi piedi bagnati nei corridoi, mi volete far perdere il posto? E poi a chi l'ha detto la signorina della chiave?
PELOS A noi,Viciè, a noi (rivolto a Frichì) Sti pescatorielli, basta che gli metti una divisa con la coppola e i gradi già si sentono un'autorità.
FRICHI' E rispetta il sonno degli altri: sveglialo alle sette e mezza col caffè.
PORTIERE E la signorina?
PELOS Quella lo sa. Ha detto che viene stasera tardi.
Il portiere alza le spalle, e i ragazzi si allontanano.
PORTIERE Ma insomma. Va bene che è Mimì, ma dico io, uno entra in albergo così, coi piedi bagnati nei corridoi, mi volete far perdere il posto? E poi a chi l'ha detto la signorina della chiave?
PELOS A noi,Viciè, a noi (rivolto a Frichì) Sti pescatorielli, basta che gli metti una divisa con la coppola e i gradi già si sentono un'autorità.
FRICHI' E rispetta il sonno degli altri: sveglialo alle sette e mezza col caffè.
PORTIERE E la signorina?
PELOS Quella lo sa. Ha detto che viene stasera tardi.
Il portiere alza le spalle, e i ragazzi si allontanano.
DISSOLVENZA
Giulia entra nella camera. Ha un borsone appeso al braccio e due zoccoletti legati insieme pure appesi allo stesso braccio. Un cappello di paglia un po' informe appoggiato appena sulla testa spettinata, gli occhiali neri sulla punta del naso. Così carica, alza gli occhi disapprovanti verso la finestra e si avvia diretta ad aprire le persiane. Mentre si fa luce nella stanza, si sente un gemito venire dal letto. L'improvvisa luce ha disturbato Mimì. Giulia, si avvicina al letto non senza stupore. Esita un istante col viso compunto davanti alla forma umana, tutta avvolta disordinatamente nel lenzuolo, poi ne solleva un lembo. Il suo viso passa lentamente da un'espressione irritata, come chi è pronto a fare una scenata, a una pausa espressiva. Giulia sembra sorpresa al tempo, poi un sorriso veramente gaio la illumina. Lascia cadere il lenzuolo e in punta di piedi si toglie il cappello, va in bagno, e ne riesce subito con una vestaglia indosso al posto dell'accappatoio, rientra subito nel bagno e si dà una spazzolata ai capelli, poi dopo essersi guardata intorno senza veder precisamente nulla, si siede piano piano sul bordo del letto, un po' scomoda, un po' rigida e sorride a bocca chiusa guardando per terra. Restando un attimo sul silenzio e l'immobilità della camera è come se fosse passata un'ora. Mimì in una girata apre gli occhi. Giulia è lì. Richiudendo gli occhi dice:
MIMI' Uhe! Giulia, dammi il caffè.
Giulia scostandosi a sedere più in su, prende il telefono e chiede a voce bassa come quando c'è qualcuno che dorme vicino:
GIULIA Mi fa portare due caffè, molto forti, per favore.
Giulia ritorna a sedere indietro e c'è ancora un vago silenzio. Il silenzio è rotto da un rigurgito di russare. Mimì s'è voltato e, coprendosi come i gatti gli occhi, con una mano, riprende a dormire. Giulia si avvicina a lui dall'altro lato del letto, si accoccola con la testa all'altezza della testa di Mimì, e gli tira via la mano dagli occhi. Mimì la rimette a posto. Giulia la ritira di nuovo. Finchè vediamo tra due dita allargate della mano di Mimì un occhio perso che guarda Giulia senza ben capire. La cosa fa ridere Giulia. Ma intanto bussano alla porta. Giulia si alza e va ad aprire. E' il cameriere col caffè. Mentre Giulia lo sta ritirando, vediamo Mimì seduto sul letto, ritto, con gli occhi sbarrati e le mani incrociate sul petto, che la guarda. Giulia si volta e finalmente i due incrociano gli sguardi.
MIMI' Giulia! E tu che fai qua?
GIULIA Questa è la mia camera.
MIMI' (dopo una pausa) Giulia! Per favore poggia quella guantiera da qualche parte.
GIULIA Non volevi il caffè.
MIMI' No, ti voglio abbracciare. Abbracciamoci, no?
Giulia deposita obbedendo il vassoio sopra il comodino e, con una certa civetteria, si siede a fianco di Mimì. Ma lo sguardo gli va ai piedi di Mimì che sporgono dal lenzuolo largamente macchiati di catrame.
GIULIA Che piedi!
MIMI' Sempre la stessa!
Mimì l'abbraccia, poi si vedono le loro facce a breve distanza l'una dall'altra che si sorridono.
MIMI' Stai bene. E io come sto?
GIULIA Reggi bene.
MIMI' Lo sai che non ho pancia. Guarda, un buco. Seguendo il tuo consiglio. Ma che fai qua?
GIULIA Il solito. Lavoro.
MIMI' Sempre quella cosa là?
GIULIA No, questa cosa qua… ma non ha importanza.
MIMI' La milanese. Lo dovevo capire. Glielo hai detto a quelli?
GIULIA Silenzio più assoluto.
MIMI' Gira gira, finisco sempre nel tuo letto.
GIULIA Che finezza!
MIMI' Volevo dire niente di male. Anche a Milano ero tuo ospite.
GIULIA Apprezzo la distinzione.
MIMI' Resti molto?
GIULIA Che cosa ti preoccupa?
MIMI' E' inutile più parli e più sei la stessa.
GIULIA Adesso lo vuoi il caffè?
MIMI' M'ha fatto allegria invece rivederti. Lo sai che ho sentito la tua mancanza?
GIULIA E come mai?
MIMI' Così.
Intanto Giulia si è alzata, è andata a prendere il vassoio e gli ha consegnato la tazzina. Mimì la prende esistante.
MIMI' Lo zucchero…
GIULIA (allude allo zucchero) Ma sì, dai, me lo ricordo.
MIMI' Sì, brava. A me per questo mi sei sempre piaciuta. Intelligente, ma sai come va trattato l'uomo. Le altre milanesi invece, fanno troppo le padrone.
GIULIA Tu però non puoi lagnarti delle Milanesi. Povere innocenti, ti hanno molto coccolato.
MIMI' Questo non lo posso negare, ho successo.
GIULIA Un successo folcloristico, più che altro, ma ce l'hai. Che nervi mi facevi venire!
MIMI' Se loro volevano la semplificazione, io davo loro la semplificazione. Così non si sforzavano troppo a pensare. Il napoletano? Ed eccovi il napoletano. E poi tu eri un poco gelosa.
GIULIA Io? Figurati gelosa… E' che l'eccesso di sfacciataggine m'imbarazza. E con te non c'è limite.
MIMI' Ma dì la verità, sono irresistibile.
GIULIA Che buffone!
MIMI' Una volta mi facesti la scenata.
GIULIA Non mi ricordo, ma certo no.
MIMI' Sì la facesti, la facesti, con la scusa del whisky sul tappeto.
GIULIA Quando ti persuaderai che era solo per il whisky sul tappeto?
MIMI' Me lo dai il pigiama?
GIULIA Potresti fare lo sforzo di ricordarti che porto solo le camicie.
MIMI' Ce l'hai il depilatorio?
GIULIA Cos'è?
MIMI' Lo usavo per la barba, a casa tua. Voglio farmi la barba, rendermi presentabile, festeggiare l'incontro con una bella aragosta all'americana. Qui le fanno benissimo.
GIULIA Va bè, il rasoio certo che l'ho, ti darò una vestaglia… Ma fammi il favore non cominciare a impadronirti di tutta la roba mia se no mi piglia il trauma. Mi pare di essere io la tua ospite. Non hai complessi, tu. Uno ti dà il dito e tu ti pigli braccia, testa, gambe.
MIMI' Lo vedi che fai la voluttuosa?
GIULIA Perché?
MIMI' Involontariamente hai nominato tutte le parti del corpo.
GIULIA Cretino.
Mentre così parlano Giulia si è alzata, ha aperto un armadio, ha ritirato una vestaglia di spugna, Mimì la indossa sopra il costume, ha fatto qualche gesto per mostrare qualche muscolo meglio tornito degli altri, con esibizionismo, e si è avviato verso il bagno. Lì ha acceso la luce, ha preso il sapone e si è incominciato ad insaponare la faccia. Giulia parla a Mimì che di tanto in tanto si affaccia con la faccia insaponata dalla stanza da bagno.
GIULIA Però ti invidio.
MIMI' E perché?
GIULIA In Grecia, con uno yacht sul mare divino di Ulisse beato te! Veramente a te…
MIMI' Non vedevo l'ora di tornare.
GIULIA Ecco, appunto. Se ti tolgono da questi posti sei perduto, vero? Se penso alla fuga che hai preso da Milano? Cos'era? Una cosa di nostalgia… ufficialmente
MIMI' No, stavolta non era per questo.
GIULIA Che t'è successo stavolta.
MIMI' Prima di tutto i ricchi. Sono diventati insopportabili. Una volta erano frequentabili, adesso non sai più chi sono.
GIULIA Avanti, non fare lo snob, che poi ti fai invitare lo stesso.
MIMI' Ah, te l'hanno detto? E che hanno inventato, fammi sapere?
GIULIA Le loro invenzioni non arrivano alla tua fantasia.
MIMI' Ho fatto impressione, eh?
GIULIA In che senso?
MIMI' Li ho lasciati come tanti fessi, a bocca aperta.
GIULIA Siamo ancora a quel punto, Mimì.
MIMI' Ma queste sono cose che contano. Solo che tu con quella maledetta mentalità che tieni non le capirai mai.
GIULIA Invece le capisco. Anche perché non c'è molto da capire.
MIMI' E allora devi dire che anche questa volta, non c'è male.
GIULIA Devo dire anche che passano gli anni e non diventi mai un adulto. E' la tua forza.
MIMI' Non lo vedi, ho qualche capelletto bianco. Poi quando sarò vecchio me li farò platinare, tutto abbronzato, dirò ancora la mia sulla spiaggia.
GIULIA Allora diciamo che sei un bambino che invecchia.
MIMI' So tutto. Non continuare. Così mi piace e mi va bene.
GIULIA Dimmi della Grecia. Hai visto l'Acropoli?
MIMI' Noo!
GIULIA Lo dici come se fosse un obbligo non vederla.
MIMI' Non l'ho vista.
GIULIA T'è sfuggito il Partenone?
MIMI' Sì.
GIULIA Ma che avete fatto?
MIMI' Un giro nelle isole.
GIULIA A Creta ci sarete stati. Il palazzo di Knosso?
MIMI' Come hai detto?
GIULIA Il palazzo di Knosso?
MIMI' Sì, là ci siamo andati.
GIULIA Tu non l'hai visto?
MIMI' Giulia, non ho visto niente. Là l'unica cosa che ci stava a bordo era lo champagne. Sono stato sempre ubriaco. Però mare bellissimo. Color pavone. Una meraviglia.
GIULIA (ridendo) C'è di buono che nessuno avrebbe il coraggio di confessarlo?!
MIMI' Stai sola?
GIULIA Sì, te l'ho detto che sono venuta per lavoro.
MIMI' Questo me l'immaginavo. Ci vediamo stasera, allora?
GIULIA Dove?
MIMI' Giù.
GIULIA Giù dove?
MIMI' Giulia, non cominciamo, che ne so, giù, dove si vedono tutti.
Ormai Mimì sta per uscire, sbarbato e vestito, perché durante questi colloqui si è preparato. Le manda un bacio, apre la porta. Giulia rimasta sola scuote la testo come per dire: "sempre lo stesso, irrimediabile" e comincia a rimettere a posto la stanza.
Giulia entra nella camera. Ha un borsone appeso al braccio e due zoccoletti legati insieme pure appesi allo stesso braccio. Un cappello di paglia un po' informe appoggiato appena sulla testa spettinata, gli occhiali neri sulla punta del naso. Così carica, alza gli occhi disapprovanti verso la finestra e si avvia diretta ad aprire le persiane. Mentre si fa luce nella stanza, si sente un gemito venire dal letto. L'improvvisa luce ha disturbato Mimì. Giulia, si avvicina al letto non senza stupore. Esita un istante col viso compunto davanti alla forma umana, tutta avvolta disordinatamente nel lenzuolo, poi ne solleva un lembo. Il suo viso passa lentamente da un'espressione irritata, come chi è pronto a fare una scenata, a una pausa espressiva. Giulia sembra sorpresa al tempo, poi un sorriso veramente gaio la illumina. Lascia cadere il lenzuolo e in punta di piedi si toglie il cappello, va in bagno, e ne riesce subito con una vestaglia indosso al posto dell'accappatoio, rientra subito nel bagno e si dà una spazzolata ai capelli, poi dopo essersi guardata intorno senza veder precisamente nulla, si siede piano piano sul bordo del letto, un po' scomoda, un po' rigida e sorride a bocca chiusa guardando per terra. Restando un attimo sul silenzio e l'immobilità della camera è come se fosse passata un'ora. Mimì in una girata apre gli occhi. Giulia è lì. Richiudendo gli occhi dice:
MIMI' Uhe! Giulia, dammi il caffè.
Giulia scostandosi a sedere più in su, prende il telefono e chiede a voce bassa come quando c'è qualcuno che dorme vicino:
GIULIA Mi fa portare due caffè, molto forti, per favore.
Giulia ritorna a sedere indietro e c'è ancora un vago silenzio. Il silenzio è rotto da un rigurgito di russare. Mimì s'è voltato e, coprendosi come i gatti gli occhi, con una mano, riprende a dormire. Giulia si avvicina a lui dall'altro lato del letto, si accoccola con la testa all'altezza della testa di Mimì, e gli tira via la mano dagli occhi. Mimì la rimette a posto. Giulia la ritira di nuovo. Finchè vediamo tra due dita allargate della mano di Mimì un occhio perso che guarda Giulia senza ben capire. La cosa fa ridere Giulia. Ma intanto bussano alla porta. Giulia si alza e va ad aprire. E' il cameriere col caffè. Mentre Giulia lo sta ritirando, vediamo Mimì seduto sul letto, ritto, con gli occhi sbarrati e le mani incrociate sul petto, che la guarda. Giulia si volta e finalmente i due incrociano gli sguardi.
MIMI' Giulia! E tu che fai qua?
GIULIA Questa è la mia camera.
MIMI' (dopo una pausa) Giulia! Per favore poggia quella guantiera da qualche parte.
GIULIA Non volevi il caffè.
MIMI' No, ti voglio abbracciare. Abbracciamoci, no?
Giulia deposita obbedendo il vassoio sopra il comodino e, con una certa civetteria, si siede a fianco di Mimì. Ma lo sguardo gli va ai piedi di Mimì che sporgono dal lenzuolo largamente macchiati di catrame.
GIULIA Che piedi!
MIMI' Sempre la stessa!
Mimì l'abbraccia, poi si vedono le loro facce a breve distanza l'una dall'altra che si sorridono.
MIMI' Stai bene. E io come sto?
GIULIA Reggi bene.
MIMI' Lo sai che non ho pancia. Guarda, un buco. Seguendo il tuo consiglio. Ma che fai qua?
GIULIA Il solito. Lavoro.
MIMI' Sempre quella cosa là?
GIULIA No, questa cosa qua… ma non ha importanza.
MIMI' La milanese. Lo dovevo capire. Glielo hai detto a quelli?
GIULIA Silenzio più assoluto.
MIMI' Gira gira, finisco sempre nel tuo letto.
GIULIA Che finezza!
MIMI' Volevo dire niente di male. Anche a Milano ero tuo ospite.
GIULIA Apprezzo la distinzione.
MIMI' Resti molto?
GIULIA Che cosa ti preoccupa?
MIMI' E' inutile più parli e più sei la stessa.
GIULIA Adesso lo vuoi il caffè?
MIMI' M'ha fatto allegria invece rivederti. Lo sai che ho sentito la tua mancanza?
GIULIA E come mai?
MIMI' Così.
Intanto Giulia si è alzata, è andata a prendere il vassoio e gli ha consegnato la tazzina. Mimì la prende esistante.
MIMI' Lo zucchero…
GIULIA (allude allo zucchero) Ma sì, dai, me lo ricordo.
MIMI' Sì, brava. A me per questo mi sei sempre piaciuta. Intelligente, ma sai come va trattato l'uomo. Le altre milanesi invece, fanno troppo le padrone.
GIULIA Tu però non puoi lagnarti delle Milanesi. Povere innocenti, ti hanno molto coccolato.
MIMI' Questo non lo posso negare, ho successo.
GIULIA Un successo folcloristico, più che altro, ma ce l'hai. Che nervi mi facevi venire!
MIMI' Se loro volevano la semplificazione, io davo loro la semplificazione. Così non si sforzavano troppo a pensare. Il napoletano? Ed eccovi il napoletano. E poi tu eri un poco gelosa.
GIULIA Io? Figurati gelosa… E' che l'eccesso di sfacciataggine m'imbarazza. E con te non c'è limite.
MIMI' Ma dì la verità, sono irresistibile.
GIULIA Che buffone!
MIMI' Una volta mi facesti la scenata.
GIULIA Non mi ricordo, ma certo no.
MIMI' Sì la facesti, la facesti, con la scusa del whisky sul tappeto.
GIULIA Quando ti persuaderai che era solo per il whisky sul tappeto?
MIMI' Me lo dai il pigiama?
GIULIA Potresti fare lo sforzo di ricordarti che porto solo le camicie.
MIMI' Ce l'hai il depilatorio?
GIULIA Cos'è?
MIMI' Lo usavo per la barba, a casa tua. Voglio farmi la barba, rendermi presentabile, festeggiare l'incontro con una bella aragosta all'americana. Qui le fanno benissimo.
GIULIA Va bè, il rasoio certo che l'ho, ti darò una vestaglia… Ma fammi il favore non cominciare a impadronirti di tutta la roba mia se no mi piglia il trauma. Mi pare di essere io la tua ospite. Non hai complessi, tu. Uno ti dà il dito e tu ti pigli braccia, testa, gambe.
MIMI' Lo vedi che fai la voluttuosa?
GIULIA Perché?
MIMI' Involontariamente hai nominato tutte le parti del corpo.
GIULIA Cretino.
Mentre così parlano Giulia si è alzata, ha aperto un armadio, ha ritirato una vestaglia di spugna, Mimì la indossa sopra il costume, ha fatto qualche gesto per mostrare qualche muscolo meglio tornito degli altri, con esibizionismo, e si è avviato verso il bagno. Lì ha acceso la luce, ha preso il sapone e si è incominciato ad insaponare la faccia. Giulia parla a Mimì che di tanto in tanto si affaccia con la faccia insaponata dalla stanza da bagno.
GIULIA Però ti invidio.
MIMI' E perché?
GIULIA In Grecia, con uno yacht sul mare divino di Ulisse beato te! Veramente a te…
MIMI' Non vedevo l'ora di tornare.
GIULIA Ecco, appunto. Se ti tolgono da questi posti sei perduto, vero? Se penso alla fuga che hai preso da Milano? Cos'era? Una cosa di nostalgia… ufficialmente
MIMI' No, stavolta non era per questo.
GIULIA Che t'è successo stavolta.
MIMI' Prima di tutto i ricchi. Sono diventati insopportabili. Una volta erano frequentabili, adesso non sai più chi sono.
GIULIA Avanti, non fare lo snob, che poi ti fai invitare lo stesso.
MIMI' Ah, te l'hanno detto? E che hanno inventato, fammi sapere?
GIULIA Le loro invenzioni non arrivano alla tua fantasia.
MIMI' Ho fatto impressione, eh?
GIULIA In che senso?
MIMI' Li ho lasciati come tanti fessi, a bocca aperta.
GIULIA Siamo ancora a quel punto, Mimì.
MIMI' Ma queste sono cose che contano. Solo che tu con quella maledetta mentalità che tieni non le capirai mai.
GIULIA Invece le capisco. Anche perché non c'è molto da capire.
MIMI' E allora devi dire che anche questa volta, non c'è male.
GIULIA Devo dire anche che passano gli anni e non diventi mai un adulto. E' la tua forza.
MIMI' Non lo vedi, ho qualche capelletto bianco. Poi quando sarò vecchio me li farò platinare, tutto abbronzato, dirò ancora la mia sulla spiaggia.
GIULIA Allora diciamo che sei un bambino che invecchia.
MIMI' So tutto. Non continuare. Così mi piace e mi va bene.
GIULIA Dimmi della Grecia. Hai visto l'Acropoli?
MIMI' Noo!
GIULIA Lo dici come se fosse un obbligo non vederla.
MIMI' Non l'ho vista.
GIULIA T'è sfuggito il Partenone?
MIMI' Sì.
GIULIA Ma che avete fatto?
MIMI' Un giro nelle isole.
GIULIA A Creta ci sarete stati. Il palazzo di Knosso?
MIMI' Come hai detto?
GIULIA Il palazzo di Knosso?
MIMI' Sì, là ci siamo andati.
GIULIA Tu non l'hai visto?
MIMI' Giulia, non ho visto niente. Là l'unica cosa che ci stava a bordo era lo champagne. Sono stato sempre ubriaco. Però mare bellissimo. Color pavone. Una meraviglia.
GIULIA (ridendo) C'è di buono che nessuno avrebbe il coraggio di confessarlo?!
MIMI' Stai sola?
GIULIA Sì, te l'ho detto che sono venuta per lavoro.
MIMI' Questo me l'immaginavo. Ci vediamo stasera, allora?
GIULIA Dove?
MIMI' Giù.
GIULIA Giù dove?
MIMI' Giulia, non cominciamo, che ne so, giù, dove si vedono tutti.
Ormai Mimì sta per uscire, sbarbato e vestito, perché durante questi colloqui si è preparato. Le manda un bacio, apre la porta. Giulia rimasta sola scuote la testo come per dire: "sempre lo stesso, irrimediabile" e comincia a rimettere a posto la stanza.
DISSOLVENZA
Vediamo Mimì diretto verso la casa dove abita Scisciò. Cammina sicuro, guardando da padrone intorno.
Ogni tanto incontra qualcuno che lo saluta con una carica di entusiasmo e con un modo di alludere ad uno scherzo che poi non si sa bene a che si riferisce. Passa davanti ad un negozio di frutta e prende una mela. La proprietaria del negozio inveisce. Mimì la saluta. Dà un morso alla mela. La risputa. Ritorna indietro. Intanto la proprietaria del negozio è rientrata. Mimì depone la mela col morso bene in vista. Poi con calma ne sceglie e ne pulisce un'altra e se ne va mordicchiando questa volta con soddisfazione. Un pescatore gli domanda:
PESCATORE Dove sei stato?
MIMI' N' terra a Grecia.
Adesso vediamo Mimì che è arrivato a casa di Scisciò. Sale le scale e si ferma davanti alla porta tempestandola di pugni e calci e urlando:
MIMI' Aprite, aprite, polizia.
Scisciò esce in pantofole, lo guarda e gli dice:
SCISCIO' Ma che sei, cretino?
MIMI' Grazie per l'accoglienza.
Scisciò esce a guardare se Mimì ha fatto graffi alla porta, poi rientra dicendo:
SCISCIO' Quelli so pignoli, la casa la debbo riconsegnare come era, che ti credi?
MIMI' Non vedo "il commendatore"?
SCISCIO' Quello sta ancora figliando a Sorrento.
MIMI' Li ha già piazzati i cuccioli?
SCISCIO' Trentamila.
MIMI' Speriamo che si renda conto e faccia il suo dovere.
SCISCIO' Gli ho parlato e deve avermi capito. Non mi deluderà. Quando sei arrivato?
MIMI' Oggi. Ah, a proposito, la conosci quella milanese?
SCISCIO' Chi, Giulia?
MIMI' Sì. Sono finito a casa sua. E' una che ho conosciuto a Milano. Ho passato un bel guaio. Quella è venuta per me.
SCISCIO' Ah, la conoscevi già?
MIMI' Milano, 1958!
SCISCIO' Ah, sì, mi ricordo.
MIMI' Me la sono trovata vicino al letto, e ora che faccio? Scisciò quella se si mette appresso, tu lo sai come sono queste milanesi quando si innamorano? Tu mi devi aiutare se no la mia estate va a farsi fottere.
SCISCIO' Ti trovo un po' ingrassato, lo sai?
MIMI' (preoccupato) Veramente?
SCISCIO' Ma lo sguardo è vivo.
MIMI' No, Scisciò, non mettere pezze a colore. Ingrassato di qua (e si tocca il sedere) o di qua (e si tocca la pancia).
SCISCIO' (allargando le mani sulle guance e ridendo) Di qua. Sai quelle belle cernie, chiatte chiatte.
MIMI' Scisciò ricordati che se crollo io, crollerai pure tu subito dopo. Qua dobbiamo stare riuniti ed incoraggiarci coi complimenti. Guarda, per esempio, come guizza ancora il dorsale sotto la maglietta (esegue).
SCISCIO' Ma lo sai che oggi l'uomo muscoloso non è più di moda. Piace solo ad un certo genere. Le ragazze, caro mio, non ci badano più al muscolo.
MIMI' Ma io sono un po' muscolo e un po' cervello, me lo devi riconoscere.
SCISCIO' A proposito di cervello, Paparella ti va cercando. Mi ha deto in confidenza che si sono fatti vivi quelli di Ischia.
MIMI' Mercanti, tengono i milanesi di Rizzoli, e si ricordano ancora i debiti del '53.
Si sente bussare alla porta. Scisciò va ad aprire. Entrano Cocò, Pelos e Frichì.
COCO' (come continuando un discorso)… ma Pelos, che vuoi? Lasciami stare, vedi che uno sta così e continui a fare lo spirito!…
PELOS Ma io ti ho consigliato, che potevo sapere…
SCISCIO' Allora è proprio deciso?
COCO' … Quello il console appena ha letto il modulo s'è fatto una risata. Ha detto: Fossero tutti così i comunisti, a centinaia li faremmo entrare, sarebbe risolta la situazione mondiale.
SCISCIO' Non ci hanno creduto?
COCO' Non si sono nemmeno fermati a considerare la cosa… Il console ha detto: Questo lo cancelliamo e basta. Tu hai capito? Come se uno non potesse avere una fede.
FRICHI' Però è vero, eh? Non abbiamo mai preso posizione politica. Siamo stati sempre alla finestra a guardare.
PELOS Tu, per esempio, Scisciò, di che partito sei?
SCISCIO' Mah!… Veramente non saprei, non so decidere.
PELOS Lo vedi? Mimì, tu non dici niente?
MIMI' Veramente io ce l'ho una fede.
SCISCIO' Aah! Sentiamo.
MIMI' Di sinistra.
SCISCIO' E come sarebbe?
MIMI' Così… di sinistra.
COCO' Sì, state a fare chiacchiere, intanto nessuno mi dice niente, e a settembre io vado in quel paese fetente a scuoiare animali selvaggi. Tu hai mai visto le cartoline. Quelli vivono come pionieri, in un paese dove ci sta un solo cinema, per andare a New York ci vogliono cinque ore di aereo, e quasi sempre cadono, perché mò trovano un ciclone, mò una tromba marina, mò uno per riscuotere l'assicurazione fa morire l'assicurato e i compagni di viaggio, mò urtano contro una montagna… Così io me ne starò là, isolato, con questo zio che per la lontananza è uno sradicato, sai come diventano, non sono né americani né italiani, completamente rincretinito, e che vado a fare?…
Ogni tanto incontra qualcuno che lo saluta con una carica di entusiasmo e con un modo di alludere ad uno scherzo che poi non si sa bene a che si riferisce. Passa davanti ad un negozio di frutta e prende una mela. La proprietaria del negozio inveisce. Mimì la saluta. Dà un morso alla mela. La risputa. Ritorna indietro. Intanto la proprietaria del negozio è rientrata. Mimì depone la mela col morso bene in vista. Poi con calma ne sceglie e ne pulisce un'altra e se ne va mordicchiando questa volta con soddisfazione. Un pescatore gli domanda:
PESCATORE Dove sei stato?
MIMI' N' terra a Grecia.
Adesso vediamo Mimì che è arrivato a casa di Scisciò. Sale le scale e si ferma davanti alla porta tempestandola di pugni e calci e urlando:
MIMI' Aprite, aprite, polizia.
Scisciò esce in pantofole, lo guarda e gli dice:
SCISCIO' Ma che sei, cretino?
MIMI' Grazie per l'accoglienza.
Scisciò esce a guardare se Mimì ha fatto graffi alla porta, poi rientra dicendo:
SCISCIO' Quelli so pignoli, la casa la debbo riconsegnare come era, che ti credi?
MIMI' Non vedo "il commendatore"?
SCISCIO' Quello sta ancora figliando a Sorrento.
MIMI' Li ha già piazzati i cuccioli?
SCISCIO' Trentamila.
MIMI' Speriamo che si renda conto e faccia il suo dovere.
SCISCIO' Gli ho parlato e deve avermi capito. Non mi deluderà. Quando sei arrivato?
MIMI' Oggi. Ah, a proposito, la conosci quella milanese?
SCISCIO' Chi, Giulia?
MIMI' Sì. Sono finito a casa sua. E' una che ho conosciuto a Milano. Ho passato un bel guaio. Quella è venuta per me.
SCISCIO' Ah, la conoscevi già?
MIMI' Milano, 1958!
SCISCIO' Ah, sì, mi ricordo.
MIMI' Me la sono trovata vicino al letto, e ora che faccio? Scisciò quella se si mette appresso, tu lo sai come sono queste milanesi quando si innamorano? Tu mi devi aiutare se no la mia estate va a farsi fottere.
SCISCIO' Ti trovo un po' ingrassato, lo sai?
MIMI' (preoccupato) Veramente?
SCISCIO' Ma lo sguardo è vivo.
MIMI' No, Scisciò, non mettere pezze a colore. Ingrassato di qua (e si tocca il sedere) o di qua (e si tocca la pancia).
SCISCIO' (allargando le mani sulle guance e ridendo) Di qua. Sai quelle belle cernie, chiatte chiatte.
MIMI' Scisciò ricordati che se crollo io, crollerai pure tu subito dopo. Qua dobbiamo stare riuniti ed incoraggiarci coi complimenti. Guarda, per esempio, come guizza ancora il dorsale sotto la maglietta (esegue).
SCISCIO' Ma lo sai che oggi l'uomo muscoloso non è più di moda. Piace solo ad un certo genere. Le ragazze, caro mio, non ci badano più al muscolo.
MIMI' Ma io sono un po' muscolo e un po' cervello, me lo devi riconoscere.
SCISCIO' A proposito di cervello, Paparella ti va cercando. Mi ha deto in confidenza che si sono fatti vivi quelli di Ischia.
MIMI' Mercanti, tengono i milanesi di Rizzoli, e si ricordano ancora i debiti del '53.
Si sente bussare alla porta. Scisciò va ad aprire. Entrano Cocò, Pelos e Frichì.
COCO' (come continuando un discorso)… ma Pelos, che vuoi? Lasciami stare, vedi che uno sta così e continui a fare lo spirito!…
PELOS Ma io ti ho consigliato, che potevo sapere…
SCISCIO' Allora è proprio deciso?
COCO' … Quello il console appena ha letto il modulo s'è fatto una risata. Ha detto: Fossero tutti così i comunisti, a centinaia li faremmo entrare, sarebbe risolta la situazione mondiale.
SCISCIO' Non ci hanno creduto?
COCO' Non si sono nemmeno fermati a considerare la cosa… Il console ha detto: Questo lo cancelliamo e basta. Tu hai capito? Come se uno non potesse avere una fede.
FRICHI' Però è vero, eh? Non abbiamo mai preso posizione politica. Siamo stati sempre alla finestra a guardare.
PELOS Tu, per esempio, Scisciò, di che partito sei?
SCISCIO' Mah!… Veramente non saprei, non so decidere.
PELOS Lo vedi? Mimì, tu non dici niente?
MIMI' Veramente io ce l'ho una fede.
SCISCIO' Aah! Sentiamo.
MIMI' Di sinistra.
SCISCIO' E come sarebbe?
MIMI' Così… di sinistra.
COCO' Sì, state a fare chiacchiere, intanto nessuno mi dice niente, e a settembre io vado in quel paese fetente a scuoiare animali selvaggi. Tu hai mai visto le cartoline. Quelli vivono come pionieri, in un paese dove ci sta un solo cinema, per andare a New York ci vogliono cinque ore di aereo, e quasi sempre cadono, perché mò trovano un ciclone, mò una tromba marina, mò uno per riscuotere l'assicurazione fa morire l'assicurato e i compagni di viaggio, mò urtano contro una montagna… Così io me ne starò là, isolato, con questo zio che per la lontananza è uno sradicato, sai come diventano, non sono né americani né italiani, completamente rincretinito, e che vado a fare?…
DISSOLVENZA
Notte. Giulia piuttosto elegante, riposata e ben truccata cammina lentamente verso la Buca, come se non avesse fretta. Si guarda intorno, come se cercasse tra la gente qualcuno. Davanti alla Buca c'è un'animazione strana. L'aspetto del pubblico è così diverso che sembra di vederlo per la prima volta. Un signore grigio e riccioluto del genere vecchio impudico, grida verso un gruppo di donne:
SIGNORE Anche lei bitter, signora Mazzoni? (rivolto al cameriere) Allora sono quattro e per me whisky.
Giulia si guarda esitante intorno. Poi la vediamo fare dietrofront e ritornare sui suoi passi.
SIGNORE Anche lei bitter, signora Mazzoni? (rivolto al cameriere) Allora sono quattro e per me whisky.
Giulia si guarda esitante intorno. Poi la vediamo fare dietrofront e ritornare sui suoi passi.
DISSOLVENZA
Giulia che esce dal tabaccaio, si ferma sulla soglia a scartare il pacchetto di Mercedes, quando il suo sguardo ha un sussulto e si abbassa di colpo. Poi si solleva e riabbassa rapidamente. Ferme davanti alla vetrinetta di fronte dove sono esposte cose da pesca subacquea, ci sono tre persone: due donne ed un uomo. Sono persone molto eleganti e perfettamente agghindate e sembrano indicare con molta competenza gli oggetti esposti. Giulia, nell'angoscia evidente di evitarli, esita sul da farsi. E sentendosi guardata, si fissa in una espressione finta, poi si avvia rapida. "Giulia" il suo nome le arriva alle spalle come una freccia. I tre le stanno già intorno e la baciano sulle guance come se fosse un oggetto.
1° SIGNORA No, senti…
2° SIGNORA Incredibile…
SIGNORE Noi siamo a Capri, sai.
GIULIA Ah, bene… Davvero che combinazione?… Siete in gita?
1° SIGNORA Senti, sai che prima di partire ho telefonato a casa tua per sapere di quell'appartamento, e mi ha risposto Silvana che non sapeva bene dov'eri.
GIULIA Sì, effettivamente ho girato parecchio.
2° SIGNORA Tu… figurati… lo sai che Maria poveraccia è in clinica?
GIULIA Come, in clinica?
2° SIGNORA La cura del sonno in pieno… Non ce la faceva più… Guarda mi ha fatto un'impressione.
SIGNORE Disgraziata, lui è un mascalzone… ma lei una rompiscatole.
1° SIGNORA Fabrizio ammetterai che esageri…
Giulia sembra non ascoltare che a tratti la conversazione dei suoi amici. Il suo occhio vaga inquieto in giro. La MACCHINA carrellando indietro si allontanerà dal gruppo lasciandolo in mezzo alla stradina e seguirà Livio e Paola che sono entrati in campo.
Livio e Paola visti di spalle che si allontanano. Davanti la Buca la zia di Paola è ferma in piedi. Vediamo arrivare Livio e Paola.
ZIA Livio, dillo anche tu a questa incosciente… C'è il fratello a Napoli che deve fare gli esami di riparazione, avevo promesso al padre che gli stavo un poco dietro… (vede passare una signora) Mariolina cara. Vengo. Hanno già preparato i posti (a Paola) Bè, Paola veditela un po' con tuo padre, almeno telefonagli… (si avvia).
Vediamo entrare Giulia e avviarsi verso il banco del bar. Si appoggia distrattamente e chiede un pomodoro.
GIULIA Con poco limone, Vincenzo. Che calma stasera.
VINCENZO Eh, mica tanto, signorina.
GIULIA Sarà perché non ci sono quei matti che parlano solo loro… Non si sono visti i ragazzi?… Sì, coso, Mimì e compagni…
Paola è comparsa dietro le sue spalle, mentre Livio poco più in là, ma sempre visibile, parla con altri giovani.
PAOLA Sono tutti da Scisciò. Riunione di soli uomini. Cocò deve partire.
Un sorriso è apparso sul viso di Giulia. Sapere Mimì solo con gli amici, senza donne, la rassicura.
GIULIA Ahh, poveretti, una cosa mascolina… Chissà che effetto gli farà trovarsi una volta tanto senza qualche stangona… Cosa bevi Paola?
Ma Paola vede Livio allontanarsi tra la folla col gruppo di ragazzi, sul suono di un "Livio" strascicato, con un rapido sorriso a Giulia si allontana. Anche Giulia col viso ridente si avvia alla porta. I tre incontrati poco prima sono lì seduti davanti ai loro aperitivi. Giulia si avvicina al loro tavolo, attaccando decisa un discorso come appena interrotto.
GIULIA Fabrizio, non mi dirai che qui è meno simpatico di Capri…
SIGNORA Oh, lui figurati, è un fedele… Mangi con noi, tesoro, noi partiamo tardi perché abbiamo il motoscafo.
GIULIA Magari, stasera sono piuttosto libera… Qui è una ridda… Ma tu non sai la rabbia, il furore per quell'appartamento. Non so se Silvana ti ha detto tutto… Ti giuro che era l'ideale… in pieno centro… No, però Anna la deve piantare di portare via le case a tutti…
FABRIZIO Allora non sei informata… Non contenta delle case più belle di Milano, si è portato via uno dei mariti più belli di Milano.
GIULIA (divertita, quasi un po' eccitata) Il Franco Alziati…
SIGNORA Lo sapevi già?
GIULIA Eh… un po' di naso ce l'ho… Già io non lo capivo… a volo… cosa ti ho detto la sera della festa da Marina… Ma come l'ho capita subito… Brava, però, ammetterai… da premio…
Giulia ride contenta con i tre che le fanno eco, mentre l'uomo ridendo fa cenno al cameriere che passi e dice forte:
SIGNORE Senta, ci tiene un tavolo per cenare, siamo quattro.
CAMERIERE E' meglio che si accomodano subito, perché più tardi è ancora in pieno…
GIULIA Davvero, sai… Io poi ho fame.
Giulia si è alzata. Fabrizio la segue nell'alzarsi e aiuta le due signore e tutti e quattro si avviano mentre Giulia continuando il discorso dice:
GIULIA Ma è una cosa proprio di separazione, o il solito tristissimo amore nascosto?
SIGNORA Ma chi ci capisce… Certo lo sa tutta Milano.
1° SIGNORA No, senti…
2° SIGNORA Incredibile…
SIGNORE Noi siamo a Capri, sai.
GIULIA Ah, bene… Davvero che combinazione?… Siete in gita?
1° SIGNORA Senti, sai che prima di partire ho telefonato a casa tua per sapere di quell'appartamento, e mi ha risposto Silvana che non sapeva bene dov'eri.
GIULIA Sì, effettivamente ho girato parecchio.
2° SIGNORA Tu… figurati… lo sai che Maria poveraccia è in clinica?
GIULIA Come, in clinica?
2° SIGNORA La cura del sonno in pieno… Non ce la faceva più… Guarda mi ha fatto un'impressione.
SIGNORE Disgraziata, lui è un mascalzone… ma lei una rompiscatole.
1° SIGNORA Fabrizio ammetterai che esageri…
Giulia sembra non ascoltare che a tratti la conversazione dei suoi amici. Il suo occhio vaga inquieto in giro. La MACCHINA carrellando indietro si allontanerà dal gruppo lasciandolo in mezzo alla stradina e seguirà Livio e Paola che sono entrati in campo.
Livio e Paola visti di spalle che si allontanano. Davanti la Buca la zia di Paola è ferma in piedi. Vediamo arrivare Livio e Paola.
ZIA Livio, dillo anche tu a questa incosciente… C'è il fratello a Napoli che deve fare gli esami di riparazione, avevo promesso al padre che gli stavo un poco dietro… (vede passare una signora) Mariolina cara. Vengo. Hanno già preparato i posti (a Paola) Bè, Paola veditela un po' con tuo padre, almeno telefonagli… (si avvia).
Vediamo entrare Giulia e avviarsi verso il banco del bar. Si appoggia distrattamente e chiede un pomodoro.
GIULIA Con poco limone, Vincenzo. Che calma stasera.
VINCENZO Eh, mica tanto, signorina.
GIULIA Sarà perché non ci sono quei matti che parlano solo loro… Non si sono visti i ragazzi?… Sì, coso, Mimì e compagni…
Paola è comparsa dietro le sue spalle, mentre Livio poco più in là, ma sempre visibile, parla con altri giovani.
PAOLA Sono tutti da Scisciò. Riunione di soli uomini. Cocò deve partire.
Un sorriso è apparso sul viso di Giulia. Sapere Mimì solo con gli amici, senza donne, la rassicura.
GIULIA Ahh, poveretti, una cosa mascolina… Chissà che effetto gli farà trovarsi una volta tanto senza qualche stangona… Cosa bevi Paola?
Ma Paola vede Livio allontanarsi tra la folla col gruppo di ragazzi, sul suono di un "Livio" strascicato, con un rapido sorriso a Giulia si allontana. Anche Giulia col viso ridente si avvia alla porta. I tre incontrati poco prima sono lì seduti davanti ai loro aperitivi. Giulia si avvicina al loro tavolo, attaccando decisa un discorso come appena interrotto.
GIULIA Fabrizio, non mi dirai che qui è meno simpatico di Capri…
SIGNORA Oh, lui figurati, è un fedele… Mangi con noi, tesoro, noi partiamo tardi perché abbiamo il motoscafo.
GIULIA Magari, stasera sono piuttosto libera… Qui è una ridda… Ma tu non sai la rabbia, il furore per quell'appartamento. Non so se Silvana ti ha detto tutto… Ti giuro che era l'ideale… in pieno centro… No, però Anna la deve piantare di portare via le case a tutti…
FABRIZIO Allora non sei informata… Non contenta delle case più belle di Milano, si è portato via uno dei mariti più belli di Milano.
GIULIA (divertita, quasi un po' eccitata) Il Franco Alziati…
SIGNORA Lo sapevi già?
GIULIA Eh… un po' di naso ce l'ho… Già io non lo capivo… a volo… cosa ti ho detto la sera della festa da Marina… Ma come l'ho capita subito… Brava, però, ammetterai… da premio…
Giulia ride contenta con i tre che le fanno eco, mentre l'uomo ridendo fa cenno al cameriere che passi e dice forte:
SIGNORE Senta, ci tiene un tavolo per cenare, siamo quattro.
CAMERIERE E' meglio che si accomodano subito, perché più tardi è ancora in pieno…
GIULIA Davvero, sai… Io poi ho fame.
Giulia si è alzata. Fabrizio la segue nell'alzarsi e aiuta le due signore e tutti e quattro si avviano mentre Giulia continuando il discorso dice:
GIULIA Ma è una cosa proprio di separazione, o il solito tristissimo amore nascosto?
SIGNORA Ma chi ci capisce… Certo lo sa tutta Milano.
DISSOLVENZA
MATTINA DOPO. Vediamo Mimì mentre si avvia allo studio dell'avvocato Paparella. Camminando vede sulla porta dell'albergo dove sta Giulia, il portiere. Questi lo saluta con esagerata familiarità; con ammicchi e risatine confidenziali.
MIMI' Ti ho trovato peggiorato.
PORTIERE Mimì… è uscita.
MIMI' Si dice, signor Acampora, la signorina Giulia Solimene è uscita.
PORTIERE (ridendo) Io nemmeno lo sapevo come si chiama.
MIMI' Perciò non sei adatto al tuo mestiere.
PORTIERE (dandogli una botta confidenziale sulle spalle) E tu che mestiere sai fa?
MIMI' Guarda Totò, per te non c'è speranza. Comunque. Pure se fanno la rivoluzione e quelli che stavano sopra vanno sotto e quelli che stavano sotto vanno sopra, pei fessi non ci sta rivoluzione. Inoltre non sai stare al posto tuo, e ti credi solo perché di tanto in tanto mi hai prestato certi soldi schifosi che li facevo ritirare da un altro tanto che erano sudati e stretti nel pugno avido di mance che tieni, ti credi di mancarmi di rispetto con inopportune allusioni ai miei probabili mestieri. Non ti permettere più se no i soldi che ti devo li vedi col cannocchiale.
PORTIERE (che pare non abbia sentito se non le ultime parole) Veramente quando me li date?
MIMI' Quando devi chiedere soldi passi al voi, eh? E hai una luce di cupidigia nello sguardo. Totò, non lo so, non lo so, non m'importunare con queste sciocchezze, dì alla signorina che sono passato a cercarla, e tanti saluti da parte mia.
MIMI' Ti ho trovato peggiorato.
PORTIERE Mimì… è uscita.
MIMI' Si dice, signor Acampora, la signorina Giulia Solimene è uscita.
PORTIERE (ridendo) Io nemmeno lo sapevo come si chiama.
MIMI' Perciò non sei adatto al tuo mestiere.
PORTIERE (dandogli una botta confidenziale sulle spalle) E tu che mestiere sai fa?
MIMI' Guarda Totò, per te non c'è speranza. Comunque. Pure se fanno la rivoluzione e quelli che stavano sopra vanno sotto e quelli che stavano sotto vanno sopra, pei fessi non ci sta rivoluzione. Inoltre non sai stare al posto tuo, e ti credi solo perché di tanto in tanto mi hai prestato certi soldi schifosi che li facevo ritirare da un altro tanto che erano sudati e stretti nel pugno avido di mance che tieni, ti credi di mancarmi di rispetto con inopportune allusioni ai miei probabili mestieri. Non ti permettere più se no i soldi che ti devo li vedi col cannocchiale.
PORTIERE (che pare non abbia sentito se non le ultime parole) Veramente quando me li date?
MIMI' Quando devi chiedere soldi passi al voi, eh? E hai una luce di cupidigia nello sguardo. Totò, non lo so, non lo so, non m'importunare con queste sciocchezze, dì alla signorina che sono passato a cercarla, e tanti saluti da parte mia.
Mimì si avvia e lo vediamo di spalle mentre il portiere con un sorrisetto malizioso dirà:
PORTIERE Sarà fatto.
PORTIERE Sarà fatto.
DISSOLVENZA
In P.P. Paparella nel suo studio di fronte a Mimì.
PAPARELLA Mimì, la situazione sta così: 'o fatto di Ischia qua bisogna appararlo, perché con le cambiali scadute oggi si va a finire in galera.
MIMI' Ma scusate, avvocà, dimenticate l'articolo 327.
PAPARELLA Ci sta il 341 che ti fotte, però. Senza contare che a Positano, non dico tutto, ma centocinquantamila lire le devi sistemare. Sono arrivati anche i due conti di Capri. Insomma, Mimì, qua ci vogliono settecentomila lire, e io non ti chiamavo nemmeno se non ci fosse la combinazione che ti dirò.
Tu sei disponibile per un paio di giorni?
MIMI' Io sono sempre disponibile avvocà.
PAPARELLA (gridando nell'altra stanza) Carmelì, hai finito con questo telefono? Chiamami l'avvocato Gargiulo (rivolto a Mimì) Vieni, Vieni di là che ti faccio vedè ste carte…
La MACCHINA mentre l'avvocato e Mimì stanno nell'altra stanza, inquadra lo studio, una specie di bugigattolo tappezzato di fotografie, dove si vede l'avvocato in diverse situazioni, con una cernia, con certi colleghi baffuti in barca, e poi si vedono fotografie di ballerinette con dediche dannunziane, e il diploma di laurea incorniciato sotto la fotografia di Vittorio Emanuele. Intanto, mentre la MACCHINA inquadra tutto questo, si sente F.C. la conversazione telefonica di Paparella.
PAPARELLA (al telefono) Amedeo… sì, Acampora Mimì sta qua. No, lui è disponibile in questi giorni. Sì, sì, sì. Ah, meglio farsi vedere? Aspetta un momento, Amedè, aspetto un momento (rivolto a Mimì) Mimì tu puoi andà, puoi fa una gita ai Galli?
MIMI' Ai Galli? E che vado a fare ai Galli, a pescare?
PAPARELLA Ci puoi andare ai Galli?
MIMI' Sì, figuratevi.
PAPARELLA Va bè, lui ci va, lui, si fa vedere lui… Schulzner… col che, va né, mo lo scrivo… signorina? Ahhh! Lui è l'avvocato Schulzner, signorina Eva? Eva Grunding, come l'apparecchio radiofonico, ah, Druning, con la d, druning; va bè, quelli stanno là… Grazie, Amedè. Amedè, per quella cifra siamo sicuri eh?… Ah, già è depositata? Bravo Amedè, sei sempre… ti voglio bene… ti voglio… ti voglio bene… Statte bo', statti buo'.
PAPARELLA Mimì, la situazione sta così: 'o fatto di Ischia qua bisogna appararlo, perché con le cambiali scadute oggi si va a finire in galera.
MIMI' Ma scusate, avvocà, dimenticate l'articolo 327.
PAPARELLA Ci sta il 341 che ti fotte, però. Senza contare che a Positano, non dico tutto, ma centocinquantamila lire le devi sistemare. Sono arrivati anche i due conti di Capri. Insomma, Mimì, qua ci vogliono settecentomila lire, e io non ti chiamavo nemmeno se non ci fosse la combinazione che ti dirò.
Tu sei disponibile per un paio di giorni?
MIMI' Io sono sempre disponibile avvocà.
PAPARELLA (gridando nell'altra stanza) Carmelì, hai finito con questo telefono? Chiamami l'avvocato Gargiulo (rivolto a Mimì) Vieni, Vieni di là che ti faccio vedè ste carte…
La MACCHINA mentre l'avvocato e Mimì stanno nell'altra stanza, inquadra lo studio, una specie di bugigattolo tappezzato di fotografie, dove si vede l'avvocato in diverse situazioni, con una cernia, con certi colleghi baffuti in barca, e poi si vedono fotografie di ballerinette con dediche dannunziane, e il diploma di laurea incorniciato sotto la fotografia di Vittorio Emanuele. Intanto, mentre la MACCHINA inquadra tutto questo, si sente F.C. la conversazione telefonica di Paparella.
PAPARELLA (al telefono) Amedeo… sì, Acampora Mimì sta qua. No, lui è disponibile in questi giorni. Sì, sì, sì. Ah, meglio farsi vedere? Aspetta un momento, Amedè, aspetto un momento (rivolto a Mimì) Mimì tu puoi andà, puoi fa una gita ai Galli?
MIMI' Ai Galli? E che vado a fare ai Galli, a pescare?
PAPARELLA Ci puoi andare ai Galli?
MIMI' Sì, figuratevi.
PAPARELLA Va bè, lui ci va, lui, si fa vedere lui… Schulzner… col che, va né, mo lo scrivo… signorina? Ahhh! Lui è l'avvocato Schulzner, signorina Eva? Eva Grunding, come l'apparecchio radiofonico, ah, Druning, con la d, druning; va bè, quelli stanno là… Grazie, Amedè. Amedè, per quella cifra siamo sicuri eh?… Ah, già è depositata? Bravo Amedè, sei sempre… ti voglio bene… ti voglio… ti voglio bene… Statte bo', statti buo'.
Ora siamo entrati nell'altra stanza e vediamo l'avvocato Paparella deporre il ricevitore e rivolgendosi a Mimì, dice:
PAPARELLA Allora Mimì, tu hai capito. Alla Villa Mimosa, all'isola dei Galli, ti devi incontrare con l'avvocato Schulzner e la signorina Eva Druning
PAPARELLA Allora Mimì, tu hai capito. Alla Villa Mimosa, all'isola dei Galli, ti devi incontrare con l'avvocato Schulzner e la signorina Eva Druning
DISSOLVENZA
Giulia esce dall'ufficio postale, e incontra Pelos che l'abborda senza preamboli.
PELOS Ma tu perché hai fatto tanti misteri?
GIULIA Quali misteri?
PELOS Lo potevi dire che eri venuta per Mim', no.
GIULIA Per Mimì?
PELOS Invece di trovare tante scuse. Dovevo capirlo perché ci conoscevi. Ma che ti diceva di noi quel fetente, a Milano?
GIULIA (sorpresa e contrariata) Cosa, a Milano?
PELOS Avanti, avanti, tanto sappiamo tutto. Tutto. Ma veramente Mimì a Milano aveva tanto successo?
GIULIA Chi te lo ha detto?
PELOS Eh, chi!… Ieri sera ci ha fatto morire. Senti, se vengo a Milano ci sarebbe un letto per me a casa tua?
GIULIA Ma che ti ha detto?
PELOS Perché fai quella faccia? Ancora neghi.
GIULIA Ma io non nego niente. Sono solo più discreta di voi.
PELOS Che c'entra. Siamo tutti amici, no? Dì, che ti diceva Mimì? E come fa, come fa quando sta nella parte?
GIULIA Fa il napoletano.
PELOS Tu parli e non dici mai niente. Tutti facciamo i napoletani. Dì la verità, tu alla parte ti eri affezionata. Se no ora non venivi.
GIULIA Ci vediamo più tardi, Pelos. Ora devo fare qualche cosa, ciao.
PELOS Ma che sei arrabbiata?
GIULIA No.
PELOS Ah, mi pareva. Ma sei meno divertente del solito.
GIULIA Non sono mai divertente, ciao.
PELOS Ciao.
… e rimane un po' perplesso a guardarla, come uno che pensa: forse avrò detto qualcosa che non dovevo dire.
Poi alza le spalle e subito tranquillizzato se ne va. Lo seguiamo e sentiamo una voce che lo chiama da un negozio di abbigliamento.
Con un enorme brutto cappello messicano in testa e la bocca pastosa, a cuore, riconosciamo la signora Amalia Scognamiglio. Pelos le si avvicina.
SIGNORA Pelos, prima di fare uno scandalo, statemi a sentire. Perché guardate, io sono una signora, e sui soldi ci sputo sopra, il mio salotto è aperto a tutti. Però quando si approfitta della buona fede, allora mi posso anche scocciare, quando vedo che uno ti vuol far fare la figura di fessa…
PELOS Signò, ma io ancora non ho capito niente, calmatevi.
SIGNORA Insomma, Pelos, ecco, ieri sera, stavamo tutti insieme così, io sapete, nella mia borsetta… quel portasigarette d'oro coi brillanti, che voi avete sempre visto, che tutti conoscono…
PELOS Io non lo conosco, signò.
SIGNORA Voi forse no, ma Scisciò certamente sì… Perduto!… per usare una parola pulita. IO non ci do valore al fatto del brillante, ma se lui aveva bisogno di soldi me li poteva chiedere…
PELOS E che c'entra Scisciò, scusate.
SIGNORA No, perché se uno ha bisogno di cinquantamila lire…
PELOS Scisciò non ha bisogno di nessuna cinquantamila lire. E soprattutto da una come voi… E state attenta alle cose che state dicendo.
SIGNORA Io so perfettamente quello che dico, sono una signora.
PELOS Ma che signora. Una che fa queste insinuazioni non è una signora.
SIGNORA A una signora non si parla così.
PELOS (ora freddo e cattivo) Si vede da come siete vestita che non siete una signora.
SIGNORA (con un piagnucolio) Sono signora e posso insegnare l'educazione a tutti voi, schifosi tutti quanti siete.
PELOS … dagli anelli che tenete alle mani e da quei pantaloni orribili che tenete… vi stanno malissimo…
A questo punto vediamo la signora piagnucolante andare via, dicendo tuttavia:
SIGNORA Non finirà così, non finirà così…
Pelos rimane solo. Uno che ha assistito si avvicina e domanda:
SIGNORE Ma che voleva, Pelos?
E Pelos, più parlando a se stesso che rispondendo:
PELOS Ma guarda un po' uno con chi deve avere a che fare, sta strascinafaccende, cafona e brutta più della morte… E' inutile, da quando è venuta sta gente 'sti posti so cambiati.
Sputa per terra e si allontana.
DISSOLVENZA
Vediamo Giulia seduta di spalle ad un tavolo della Buca. Il suo sguardo vaga lontano sul mare. Fuma una sigaretta e insegue i suoi pensieri, che non sono allegri, pare. Mentre sta così alle sua spalle si avvicina Mimì, e nell'attimo in cui lei sta per portare alla bocca il bicchiere di aranciata, glielo toglie di mano, e beve qualche sorso. Poi lo deposita sul tavolo e baciandola sopra una guancia le dice:
MIMI' Buon jour.
GIULIA (lo guarda con fermezza) Ciao.
MIMI' Sai che facciamo stamattina? Andiamo all'Isola dei Galli.
GIULIA Interessante. Chi?
MIMI' (sempre sicuro di sé) Poi ci portiamo la colazione, i fucili., l'olio per la nostra pelluccia, il materassino, tutte le comodità. Mi sono pure fatto prestare il porta ghiaccio. Però ti devi spicciare perché ci vuole più di un'ora.
GIULIA Ma io non vengo.
MIMI' Come non vieni? Allora che sto parlando a fare?
GIULIA Parli per te, al singolare. Io faccio il bagnetto per conto mio al solito posto.
MIMI' Come? Un bel ragazzo ti fa una proposta così spinta, perché andiamo io e te soli e tu ti rifiuti? Allora vuol dire che io non ho più nessun potere sulle donne!
GIULIA Non fare sempre il buffone.
MIMI' Va bene, allora te lo chiedo in ginocchio.
(si mette in ginocchio) Giulia vuoi venire ai Galli con me?
GIULIA (ma già si sta leggermente addolcendo) No.
MIMI' Ho capito. In ginocchio non basta. Allora te lo chiedo in verticale, è più difficile. (esegue sotto gli occhi di Giulia una verticale e a testa in giù domanda) Giulietta… vuoi venire ai Galli con me?
GIULIA (tace e guarda da un'altra parte).
MIMI' Guarda Giulia, io non scherzo. Mi va il sangue alla testa. Mi può venire un colpo, rispondi.
Giulia, sospirando, tra convinta e no, ma con un proposito, si alza di scatto e dice:
GIULIA Va bene, aspettami, vado a prendere il costume.
Giulia se ne va, e Mimì ancora frastornato dal sangue che gli è affluito alla testa per la verticale, la guarda distrattamente.
Vediamo Giulia seduta di spalle ad un tavolo della Buca. Il suo sguardo vaga lontano sul mare. Fuma una sigaretta e insegue i suoi pensieri, che non sono allegri, pare. Mentre sta così alle sua spalle si avvicina Mimì, e nell'attimo in cui lei sta per portare alla bocca il bicchiere di aranciata, glielo toglie di mano, e beve qualche sorso. Poi lo deposita sul tavolo e baciandola sopra una guancia le dice:
MIMI' Buon jour.
GIULIA (lo guarda con fermezza) Ciao.
MIMI' Sai che facciamo stamattina? Andiamo all'Isola dei Galli.
GIULIA Interessante. Chi?
MIMI' (sempre sicuro di sé) Poi ci portiamo la colazione, i fucili., l'olio per la nostra pelluccia, il materassino, tutte le comodità. Mi sono pure fatto prestare il porta ghiaccio. Però ti devi spicciare perché ci vuole più di un'ora.
GIULIA Ma io non vengo.
MIMI' Come non vieni? Allora che sto parlando a fare?
GIULIA Parli per te, al singolare. Io faccio il bagnetto per conto mio al solito posto.
MIMI' Come? Un bel ragazzo ti fa una proposta così spinta, perché andiamo io e te soli e tu ti rifiuti? Allora vuol dire che io non ho più nessun potere sulle donne!
GIULIA Non fare sempre il buffone.
MIMI' Va bene, allora te lo chiedo in ginocchio.
(si mette in ginocchio) Giulia vuoi venire ai Galli con me?
GIULIA (ma già si sta leggermente addolcendo) No.
MIMI' Ho capito. In ginocchio non basta. Allora te lo chiedo in verticale, è più difficile. (esegue sotto gli occhi di Giulia una verticale e a testa in giù domanda) Giulietta… vuoi venire ai Galli con me?
GIULIA (tace e guarda da un'altra parte).
MIMI' Guarda Giulia, io non scherzo. Mi va il sangue alla testa. Mi può venire un colpo, rispondi.
Giulia, sospirando, tra convinta e no, ma con un proposito, si alza di scatto e dice:
GIULIA Va bene, aspettami, vado a prendere il costume.
Giulia se ne va, e Mimì ancora frastornato dal sangue che gli è affluito alla testa per la verticale, la guarda distrattamente.
DISSOLVENZA
… si vede Mimì che con la cordicella avvia a strappi il motore, e la barca che fa un balzo e si mette in moto. La giornata è calma e molto bella.
Rivediamo la barca in alto mare. La costa si è rimpicciolita. Si vede Positano a distanza.
Mimì sta mettendo ordine nella barca. I vestiti sotto la prua, la corda dell'ancora bene avvolta, le cibarie al secco, il portaghiaccio all'ombra, e una vela di fortuna arrotolata sotto i sedili.
Giulia, a poppa, sta sdraiata e lo guarda con una certa curiosità, come se fosse al Giardino Zoologico davanti alla gabbia di uno strano animale. Ad un certo momento Mimì sente lo sguardo di lei, si volta e dice:
MIMI' Che vuoi?
GIULIA Niente. Non ho aperto bocca.
MIMI' E perciò dico, che vuoi? Se devi dì qualcosa dilla, invece di sta con quella faccia.
GIULIA Mi domandavo perché sono venuta.
MIMI' C'è bisogno?
GIULIA Sì, c'è bisogno, perché non ne avevo nessuna voglia.
MIMI' E allora chi te lo ha fatto fare?
GIULIA Non certo perché me lo hai chiesto in ginocchio e in verticale.
MIMI' Forse non t'è bastato, volevi qualche esercizio più difficile, senza la rete di sotto.
GIULIA (dopo una pausa) Tu lo sai cos'è una donna spregiudicata? Credi che sia una donna che va a letto con tutti, scommetto. No: quella è una puttana. Una donna spregiudicata è una che ci va, non ci va, si dimentica che c'è stata, s'innamora oppure no, oppure sopporta anche di non essere amata, insomma è una un po' come me, in fondo, con molti interessi nella vita… l'amicizia per esempio… solo che questo tipo di interesse ha bisogno di un po' di discrezione, ecco. Se nasci meschino, non te ne accorgi… Ma se ti rendono meschino gli altri, è seccante.
MIMI' Giulia, io non ti capisco.
GIULIA Allora vuoi che ti rifaccia il discorso che hai fatto ieri sera ai tuoi amici, correggimi se sbaglio: che guaio, quella è venuta per me, da Milano, innamoratissima, la mia pace è finita, per una volta che ci sono stato insieme, eccetera, eccetera. Sbaglio?
MIMI' (sorpreso dalla giustezza dell'osservazione) Ah, te l'hanno detto?
GIULIA No, l'ho immaginato. Ma è esatto, no?
Mimì è piuttosto umiliato e confuso. Mette a posto qualche altra cosa nella barca, poi si volta e in tono sincero, guardando Giulia negli occhi, dice:
MIMI' Io l'ho fatto solo perché io le cose che mi succedono, se non le dico, mi pare che non sono successe. Io non sono come te: a me mi sarebbe stato impossibile starmene zitto a Positano con un segreto. No, no, piuttosto crepavo. Hai capito! E poi dopo tutto, se uno si vanta un poco che male c'è?!
A Giulia le parole di Mimì, la loro sincerità, hanno avuto il potere di farla sorridere.
GIULIA Va bene, piantiamola lì, se non finisce che ho torto io e hai ragione tu. Qua tutto è capovolto, la logica non conta proprio… Direi che è un difetto.
… si vede Mimì che con la cordicella avvia a strappi il motore, e la barca che fa un balzo e si mette in moto. La giornata è calma e molto bella.
Rivediamo la barca in alto mare. La costa si è rimpicciolita. Si vede Positano a distanza.
Mimì sta mettendo ordine nella barca. I vestiti sotto la prua, la corda dell'ancora bene avvolta, le cibarie al secco, il portaghiaccio all'ombra, e una vela di fortuna arrotolata sotto i sedili.
Giulia, a poppa, sta sdraiata e lo guarda con una certa curiosità, come se fosse al Giardino Zoologico davanti alla gabbia di uno strano animale. Ad un certo momento Mimì sente lo sguardo di lei, si volta e dice:
MIMI' Che vuoi?
GIULIA Niente. Non ho aperto bocca.
MIMI' E perciò dico, che vuoi? Se devi dì qualcosa dilla, invece di sta con quella faccia.
GIULIA Mi domandavo perché sono venuta.
MIMI' C'è bisogno?
GIULIA Sì, c'è bisogno, perché non ne avevo nessuna voglia.
MIMI' E allora chi te lo ha fatto fare?
GIULIA Non certo perché me lo hai chiesto in ginocchio e in verticale.
MIMI' Forse non t'è bastato, volevi qualche esercizio più difficile, senza la rete di sotto.
GIULIA (dopo una pausa) Tu lo sai cos'è una donna spregiudicata? Credi che sia una donna che va a letto con tutti, scommetto. No: quella è una puttana. Una donna spregiudicata è una che ci va, non ci va, si dimentica che c'è stata, s'innamora oppure no, oppure sopporta anche di non essere amata, insomma è una un po' come me, in fondo, con molti interessi nella vita… l'amicizia per esempio… solo che questo tipo di interesse ha bisogno di un po' di discrezione, ecco. Se nasci meschino, non te ne accorgi… Ma se ti rendono meschino gli altri, è seccante.
MIMI' Giulia, io non ti capisco.
GIULIA Allora vuoi che ti rifaccia il discorso che hai fatto ieri sera ai tuoi amici, correggimi se sbaglio: che guaio, quella è venuta per me, da Milano, innamoratissima, la mia pace è finita, per una volta che ci sono stato insieme, eccetera, eccetera. Sbaglio?
MIMI' (sorpreso dalla giustezza dell'osservazione) Ah, te l'hanno detto?
GIULIA No, l'ho immaginato. Ma è esatto, no?
Mimì è piuttosto umiliato e confuso. Mette a posto qualche altra cosa nella barca, poi si volta e in tono sincero, guardando Giulia negli occhi, dice:
MIMI' Io l'ho fatto solo perché io le cose che mi succedono, se non le dico, mi pare che non sono successe. Io non sono come te: a me mi sarebbe stato impossibile starmene zitto a Positano con un segreto. No, no, piuttosto crepavo. Hai capito! E poi dopo tutto, se uno si vanta un poco che male c'è?!
A Giulia le parole di Mimì, la loro sincerità, hanno avuto il potere di farla sorridere.
GIULIA Va bene, piantiamola lì, se non finisce che ho torto io e hai ragione tu. Qua tutto è capovolto, la logica non conta proprio… Direi che è un difetto.
La barca intanto arriva alle isole dei Galli, che sono tre scogli con pochissimi alberi. Sul più grande di questi tre scogli, c'è seminascosta dai pochi alberi, una villa. La barca entra nel tratto di mare tra gli scogli e i due visti dall'alto approdano. Mimì sistema la barca, poi si tuffa nell'acqua trasparente. Anche Giulia si tuffa. Ad un certo punto, Mimì si batte una mano sulla fronte.
MIMI' (che è ancora nell'acqua, a Giulia che gli nuota vicino) Che cretino, me ne ero proprio scordato. Aspettami qua, sistemati su uno scoglio. Io debbo andare a fare una piccola commissione in quella villa. Torno subito.
E battendo un crawl veloce arriva a terra, sale, s'inerpica tutto bagnato per una viottola, e lo seguiamo, sempre grondante, fino al cancello della Villa. Un cane abbaia, Mimì suona.
In fondo al vialetto di ghiaia, che parte dal cancello e arriva fino all'ingresso della villetta, nel vano della porta, appare un signore, alto, evidentemente teutonico, con capelli arruffati da musicista, e una faccia chiusa come un pugno. Mentre il signore avanza verso il cancello, sbuca come da un vialetto laterale ed entra in campo una ragazza vestita di bianco, alta, bruttina, slavatella, con pantaloncini corti, e una racchetta da tennis in mano. E mentre il signore, insieme con la ragazza, muovono verso il cancello…
MIMI' (che è ancora nell'acqua, a Giulia che gli nuota vicino) Che cretino, me ne ero proprio scordato. Aspettami qua, sistemati su uno scoglio. Io debbo andare a fare una piccola commissione in quella villa. Torno subito.
E battendo un crawl veloce arriva a terra, sale, s'inerpica tutto bagnato per una viottola, e lo seguiamo, sempre grondante, fino al cancello della Villa. Un cane abbaia, Mimì suona.
In fondo al vialetto di ghiaia, che parte dal cancello e arriva fino all'ingresso della villetta, nel vano della porta, appare un signore, alto, evidentemente teutonico, con capelli arruffati da musicista, e una faccia chiusa come un pugno. Mentre il signore avanza verso il cancello, sbuca come da un vialetto laterale ed entra in campo una ragazza vestita di bianco, alta, bruttina, slavatella, con pantaloncini corti, e una racchetta da tennis in mano. E mentre il signore, insieme con la ragazza, muovono verso il cancello…
DISSOLVENZA
… su Giulia che sta salendo sullo scoglio dopo il bagno. La seguiamo nei suoi movimenti. Si asciuga con un accappatoio. Poi prende un pettine e si accomoda i capelli. Si sdraia al sole sistemandosi sull'asciugamano. Lo schioppettio di una barca a motore la fa alzare. Vede un gozzo di pescatori che passa. Le viene voglia di una sigaretta. L'accende e dà una boccata. Intanto il suo sguardo percorre il profilo dell'isolotto. Vede i pochi alberi, il tetto della villa, quasi inavvertitamente si avvia come per esplorare.
… su Giulia che sta salendo sullo scoglio dopo il bagno. La seguiamo nei suoi movimenti. Si asciuga con un accappatoio. Poi prende un pettine e si accomoda i capelli. Si sdraia al sole sistemandosi sull'asciugamano. Lo schioppettio di una barca a motore la fa alzare. Vede un gozzo di pescatori che passa. Le viene voglia di una sigaretta. L'accende e dà una boccata. Intanto il suo sguardo percorre il profilo dell'isolotto. Vede i pochi alberi, il tetto della villa, quasi inavvertitamente si avvia come per esplorare.
DISSOLVENZA
… La vediamo più in alto, inerpicatasi sulla viottola, tra gli alberi, che si guarda in giro. Il tetto della villa è più vicino. La MACCHINA lo inquadra, si avvicina, e dall'alto, in un giardinetto della villa, vediamo seduto ad un tavolo, Mimì, col signore tedesco e la ragazza. I tre si alzano e li vediamo stringersi la mano accomiatandosi. Ora inquadriamo Mimì che esce dal cancello, si volta e saluta di nuovo il signore tedesco e la ragazza che da lontano gli fanno un cenno riservato, Mimì si avvia sul viottolo, lontano vede Giulia che si aggira sullo sperone di una roccia. Giulia lo vede è felice.
GIULIA Ma quanto è bello, qui… bellissimo!
MIMI' Bello, e, ti piacerebbe di viverci?
GIULIA Magari, non sola.
MIMI' Tu comprati l'isola e io faccio il secondo.
… La vediamo più in alto, inerpicatasi sulla viottola, tra gli alberi, che si guarda in giro. Il tetto della villa è più vicino. La MACCHINA lo inquadra, si avvicina, e dall'alto, in un giardinetto della villa, vediamo seduto ad un tavolo, Mimì, col signore tedesco e la ragazza. I tre si alzano e li vediamo stringersi la mano accomiatandosi. Ora inquadriamo Mimì che esce dal cancello, si volta e saluta di nuovo il signore tedesco e la ragazza che da lontano gli fanno un cenno riservato, Mimì si avvia sul viottolo, lontano vede Giulia che si aggira sullo sperone di una roccia. Giulia lo vede è felice.
GIULIA Ma quanto è bello, qui… bellissimo!
MIMI' Bello, e, ti piacerebbe di viverci?
GIULIA Magari, non sola.
MIMI' Tu comprati l'isola e io faccio il secondo.
Le dà la mano e la trascina un po' di corsa verso il mare.
DISSOLVENZA
Sui due che ora sono arrivati sullo scoglio, vicino alla barca.
GIULIA Mimì, mi hai scambiata per una sportiva?
MIMI' Niente. Sono contento.
GIULIA (lo guarda in modo indefinibile, come accorgendosi suo malgrado di qualche cosa dentro di lei) Anch'io.
MIMI' In questa villa ci abita un famoso ballerino. Miassin, ne hai sentito parlare?
GIULIA Io sì… e tu che ci sei andato a fare, lo conosci?
MIMI' No, io sono andato per un'altra faccenda. Ora ci stanno certi svizzeri
GIULIA Chi sono?
MIMI' Ma a dir la verità non lo so bene, siamo, saremo, quasi parenti (e ride).
GIULIA Insomma, ho capito, i soliti imbrogli vostri. Mangiamo.
MIMI' Non qua. Ti porto in un'altra isola. Questa è l'isola del bagno (indicando con la mano gli altri due scogli) Quella là, la vedi, è la camera da pranzo. E quella là, la vedi quella, quella è la camera da letto.
GIULIA Che stupido.
Ora vediamo i due salire sulla barca a motore, la barca che si stacca dallo scoglio e si avvia nell'azzurro, impicciolisce, scompare dietro uno scoglio, riappare bianca, poi scompare definitivamente.
Sui due che ora sono arrivati sullo scoglio, vicino alla barca.
GIULIA Mimì, mi hai scambiata per una sportiva?
MIMI' Niente. Sono contento.
GIULIA (lo guarda in modo indefinibile, come accorgendosi suo malgrado di qualche cosa dentro di lei) Anch'io.
MIMI' In questa villa ci abita un famoso ballerino. Miassin, ne hai sentito parlare?
GIULIA Io sì… e tu che ci sei andato a fare, lo conosci?
MIMI' No, io sono andato per un'altra faccenda. Ora ci stanno certi svizzeri
GIULIA Chi sono?
MIMI' Ma a dir la verità non lo so bene, siamo, saremo, quasi parenti (e ride).
GIULIA Insomma, ho capito, i soliti imbrogli vostri. Mangiamo.
MIMI' Non qua. Ti porto in un'altra isola. Questa è l'isola del bagno (indicando con la mano gli altri due scogli) Quella là, la vedi, è la camera da pranzo. E quella là, la vedi quella, quella è la camera da letto.
GIULIA Che stupido.
Ora vediamo i due salire sulla barca a motore, la barca che si stacca dallo scoglio e si avvia nell'azzurro, impicciolisce, scompare dietro uno scoglio, riappare bianca, poi scompare definitivamente.
DISSOLVENZA
In una tortuosa, assolata stradina, vediamo Giovannella con i pantaloni strettissimi a gamba, e una maglietta che le scende più giù delle anche, mollemente, che cammina strascinando i suoi sandaletti, finchè si ferma sotto un balconcino: chiama
GIOVANNELLA Pelos, Pelos…
Nessuno risponde. Da una porta a livello della strada, esce una megera. Guarda Giovannella con diffidenza, poi le domanda:
MEGERA E' cosa importante?
GIOVANNELLA Perché, dorme ancora?
MEGERA Ha detto che se lo sveglio non mi paga il mese.
GIOVANNELLA Ditegli che sono io.
Altro sguardo diffidente. Poi si vede che l'avvenenza di Giovannella persuade la megera.
MEGERA Allora aspettatemi qua. Gli porto il caffè. Mamma mia, chissà come si arrabbia.
GIOVANNELLA Andate e ditegli di fare presto.
La MACCHINA adesso inquadra la stradina assolata. Il viso di Giovannella. Il cielo terso e, con una panoramica lenta, il balconcino da dove esce la megera, e rivolta a Giovannella, le dice:
MEGERA Si sta pigliando il caffè.
GIOVANNELLA (mormora tra sé impaziente) Che risveglio difficile.
Ed ecco che appare come in un sogno al balconcino, Pelos. Le gambotte tozze e grasse escono dall'asciugamano che ha avvolto intorno alla vita. Il torace sembra ancora più ampio e tozzo, ma soprattutto gli occhi sono due palle grinzose, nascoste dietro palpebre da rospo. Il sole lo ferisce. Fa uno sbadiglio. Poi dice, rivolto all'aria:
PELOS Dove stai?
GIOVANNELLA Posso salire?
PELOS Ma che vuoi a quest'ora?
GIOVANNELLA Scendi presto.
PELOS Si potrebbe sapere che vuoi?
GIOVANNELLA Scendi e te lo dico.
PELOS Non sono curioso.
GIOVANNELLA Per favore, Pelos, ti prego, fa presto.
Impressionato dal tono di Giovannella, che pare molto tragica, Pelos mormora:
PELOS Va bene, mi metto i calzoni e scendo.
Dopo un po', coi capelli ancora arruffati, con i soli pantaloni, a torace nudo, e con una sciarpa attorno al collo, a piedi nudi, Pelos raggiunge Giovannella e con l'occhio morto, dice:
PELOS Che vuoi?
GIOVANNELLA Niente. Mi devi fare una telefonata.
PELOS E tu per questo mi vieni a svegliare. Ciao. (fa per andarsene, voltando le spalle)
GIOVANNELLA (che finora ha resistito) Pelos… (scoppia a piangere).
PELOS (la guarda stupito) Giovannè, ma che è successo?
E con un gesto insieme spiritoso e tenero, le gratta la testa come una gatta.
GIOVANNELLA Finiscila di fare il cretino, vieni.
PELOS Ma che vuoi da me?
GIOVANNELLA Devi telefonare a Napoli, subito a quel mascalzone.
PELOS A Sasà, mai.
GIOVANNELLA Pelos, guarda che io parlo…
PELOS Tu è inutile che me lo ricordi, anche se è andata così, in fondo mi considero suo rivale. E poi gli debbo fare pure i servizi.
GIOVANNELLA Lo fai a me il servizio.
PELOS Bella differenza. Ora mi hai persuaso. Che c'entra?
GIOVANNELLA Gli devi dire che è un porco.
PELOS Questo mi verrà naturale. Si mette sempre le dita nel naso.
GIOVANNELLA Un bugiardo. Figurati, mi ha detto che andava a Londra, invece non è vero. Ma chi lo vuole? Chi gli aveva chiesto niente? Stesse con quella smandrappata della moglie. Chi lo tocca?
PELOS E io gli dovrei dire tutte queste cose?
GIOVANNELLA Sì.
PELOS Io vorrei riuscire a capire che ci vedete in quel Sasà.
GIOVANNELLA Che ci vedete, chi?
PELOS Voi donne.
GIOVANNELLA Quale donna?
PELOS Madonna mia, non si può nemmeno parlare! Dicevo donne per dire tu.
GIOVANNELLA Non lo so nemmeno io, tu mi sei simpatico, ma lui… mi fa fare delle sciocchezze.
PELOS Come quella di venire quella sera con me.
GIOVANNELLA Pelos, io a te ti voglio bene… come un orsacchiotto, ma lui quello schifoso…!
PELOS Va bene, va bene, orsacchiotto… tu però insisti troppo. Guarda, se vengo a sapere che tu hai parlato a qualcuno di quella sera… e tu lo sai che fu solo per l'emozione…
Mentre parla Giovannella gli dà un bacio sulla guancia e poi si allontana di spalle mentre Giovannella dice:
GIOVANNELLA Non aver paura, non parlo.
In una tortuosa, assolata stradina, vediamo Giovannella con i pantaloni strettissimi a gamba, e una maglietta che le scende più giù delle anche, mollemente, che cammina strascinando i suoi sandaletti, finchè si ferma sotto un balconcino: chiama
GIOVANNELLA Pelos, Pelos…
Nessuno risponde. Da una porta a livello della strada, esce una megera. Guarda Giovannella con diffidenza, poi le domanda:
MEGERA E' cosa importante?
GIOVANNELLA Perché, dorme ancora?
MEGERA Ha detto che se lo sveglio non mi paga il mese.
GIOVANNELLA Ditegli che sono io.
Altro sguardo diffidente. Poi si vede che l'avvenenza di Giovannella persuade la megera.
MEGERA Allora aspettatemi qua. Gli porto il caffè. Mamma mia, chissà come si arrabbia.
GIOVANNELLA Andate e ditegli di fare presto.
La MACCHINA adesso inquadra la stradina assolata. Il viso di Giovannella. Il cielo terso e, con una panoramica lenta, il balconcino da dove esce la megera, e rivolta a Giovannella, le dice:
MEGERA Si sta pigliando il caffè.
GIOVANNELLA (mormora tra sé impaziente) Che risveglio difficile.
Ed ecco che appare come in un sogno al balconcino, Pelos. Le gambotte tozze e grasse escono dall'asciugamano che ha avvolto intorno alla vita. Il torace sembra ancora più ampio e tozzo, ma soprattutto gli occhi sono due palle grinzose, nascoste dietro palpebre da rospo. Il sole lo ferisce. Fa uno sbadiglio. Poi dice, rivolto all'aria:
PELOS Dove stai?
GIOVANNELLA Posso salire?
PELOS Ma che vuoi a quest'ora?
GIOVANNELLA Scendi presto.
PELOS Si potrebbe sapere che vuoi?
GIOVANNELLA Scendi e te lo dico.
PELOS Non sono curioso.
GIOVANNELLA Per favore, Pelos, ti prego, fa presto.
Impressionato dal tono di Giovannella, che pare molto tragica, Pelos mormora:
PELOS Va bene, mi metto i calzoni e scendo.
Dopo un po', coi capelli ancora arruffati, con i soli pantaloni, a torace nudo, e con una sciarpa attorno al collo, a piedi nudi, Pelos raggiunge Giovannella e con l'occhio morto, dice:
PELOS Che vuoi?
GIOVANNELLA Niente. Mi devi fare una telefonata.
PELOS E tu per questo mi vieni a svegliare. Ciao. (fa per andarsene, voltando le spalle)
GIOVANNELLA (che finora ha resistito) Pelos… (scoppia a piangere).
PELOS (la guarda stupito) Giovannè, ma che è successo?
E con un gesto insieme spiritoso e tenero, le gratta la testa come una gatta.
GIOVANNELLA Finiscila di fare il cretino, vieni.
PELOS Ma che vuoi da me?
GIOVANNELLA Devi telefonare a Napoli, subito a quel mascalzone.
PELOS A Sasà, mai.
GIOVANNELLA Pelos, guarda che io parlo…
PELOS Tu è inutile che me lo ricordi, anche se è andata così, in fondo mi considero suo rivale. E poi gli debbo fare pure i servizi.
GIOVANNELLA Lo fai a me il servizio.
PELOS Bella differenza. Ora mi hai persuaso. Che c'entra?
GIOVANNELLA Gli devi dire che è un porco.
PELOS Questo mi verrà naturale. Si mette sempre le dita nel naso.
GIOVANNELLA Un bugiardo. Figurati, mi ha detto che andava a Londra, invece non è vero. Ma chi lo vuole? Chi gli aveva chiesto niente? Stesse con quella smandrappata della moglie. Chi lo tocca?
PELOS E io gli dovrei dire tutte queste cose?
GIOVANNELLA Sì.
PELOS Io vorrei riuscire a capire che ci vedete in quel Sasà.
GIOVANNELLA Che ci vedete, chi?
PELOS Voi donne.
GIOVANNELLA Quale donna?
PELOS Madonna mia, non si può nemmeno parlare! Dicevo donne per dire tu.
GIOVANNELLA Non lo so nemmeno io, tu mi sei simpatico, ma lui… mi fa fare delle sciocchezze.
PELOS Come quella di venire quella sera con me.
GIOVANNELLA Pelos, io a te ti voglio bene… come un orsacchiotto, ma lui quello schifoso…!
PELOS Va bene, va bene, orsacchiotto… tu però insisti troppo. Guarda, se vengo a sapere che tu hai parlato a qualcuno di quella sera… e tu lo sai che fu solo per l'emozione…
Mentre parla Giovannella gli dà un bacio sulla guancia e poi si allontana di spalle mentre Giovannella dice:
GIOVANNELLA Non aver paura, non parlo.
DISSOLVENZA
Davanti all'ufficio telegrafico dove c'è anche il telefono pubblico per le interurbane.
PELOS E' una questione di principio. La telefonata la paghi tu.
Entrano, Giovannella va a comprare il gettone. Vediamo Pelos entrare in cabina. Torna Giovannella. Pelos inserisce il gettone.
PELOS Signorina mi dia per favore (si ferma, domanda con lo sguardo a Giovannella)
GIOVANNELLA 641-413
PELOS 641-413
GIOVANNELLA (suggerendo) urgentissima.
PELOS (sfottente) Urgentissima, qua abbiamo urgenza signorina, affari importanti… Niente, niente.
GIOVANNELLA Non fare lo spiritoso.
PELOS (mentre aspetta) Allora che dico?
GIOVANNELLA Appena viene lui me lo passi.
PELOS (già sorride a un interlocutore che ha riconosciuto dalla voce. Un sorriso deferente) Commendatore… Sono Pelos… Pelos Cuomo… C'è Sasà?
Dopo una pausa la faccia di Pelos si abbuia, si fa feroce, poi sbotta:
PELOS Ruffiano sarai tu e tutta la tua razza.
E appende il ricevitore. Poi si volta a Giovannella che ha ascoltato mordendo con i denti il labbro inferiore, e con aria desolata, dice:
PELOS Giovannella, ma che telefonate mi fai fare? Tu lo devi lasciare in pace a quello, è sposato, hai capito? Dovevi sentire la voce del suocero al telefono. Fai fare certe figure.
GIOVANNELLA (con la stessa faccia) Non lo mollo. Io non lo mollo. Anche a costo di fare uno scandalo.
PELOS Ma lo scandalo già l'hai fatto. Che altro vorresti fare? Tu la devi finire, hai capito?
Li riprendiamo sulla piazza davanti al caffè. Seduti, intenti ad armeggiare vicini ad un autorespiratore vi sono Frichì ed altri. Pelos e Giovannella si siedono.
Ad un tratto il gruppo dei ragazzi si blocca e si distrae guardando da una parte. E da lontano vediamo man mano avvicinarsi, vestita con pantaloni strettissimi, bianchi, la diciassettenne. Man mano che si avvicina sentiamo i commenti.
FRICHI' Però guarda come sta vestita bellella, stamattina.
PELOS E' bellella assai. Ciao.
La diciassettenne fa uno splendido sorriso e saluta con la mano i ragazzi.
In quel momento arriva Peter in mezzo alla piazza con la sua Jaguar. E' raggiunto da tre ragazzini, ognuno carico di valige. Le valige sono caricate sulla macchina. I ragazzi da lontano gridano con attenzione e sospetto.
PELOS Ciao Peter e dove vai?
PETER A Montecarlo.
FRICHI' Ah…!
Poi si sente il ruggito del motore, e la Jaguar sfreccia davanti ai ragazzi. Solo quando è già passata, i ragazzi realizzano che a bordo c'era la dicicassettenne.
PELOS Tu hai visto?
FRICHI' A Montecarlo ci va, ma con quella.
PELOS Mica è fesso…
FRICHI' Ci ha levato la polpetta da dentro al piatto.
PELOS Ma quale polpetta? Quale piatto. Quella non ti ha mai visto. Mai. Ti ha sempre schifato.
PELOS E' una questione di principio. La telefonata la paghi tu.
Entrano, Giovannella va a comprare il gettone. Vediamo Pelos entrare in cabina. Torna Giovannella. Pelos inserisce il gettone.
PELOS Signorina mi dia per favore (si ferma, domanda con lo sguardo a Giovannella)
GIOVANNELLA 641-413
PELOS 641-413
GIOVANNELLA (suggerendo) urgentissima.
PELOS (sfottente) Urgentissima, qua abbiamo urgenza signorina, affari importanti… Niente, niente.
GIOVANNELLA Non fare lo spiritoso.
PELOS (mentre aspetta) Allora che dico?
GIOVANNELLA Appena viene lui me lo passi.
PELOS (già sorride a un interlocutore che ha riconosciuto dalla voce. Un sorriso deferente) Commendatore… Sono Pelos… Pelos Cuomo… C'è Sasà?
Dopo una pausa la faccia di Pelos si abbuia, si fa feroce, poi sbotta:
PELOS Ruffiano sarai tu e tutta la tua razza.
E appende il ricevitore. Poi si volta a Giovannella che ha ascoltato mordendo con i denti il labbro inferiore, e con aria desolata, dice:
PELOS Giovannella, ma che telefonate mi fai fare? Tu lo devi lasciare in pace a quello, è sposato, hai capito? Dovevi sentire la voce del suocero al telefono. Fai fare certe figure.
GIOVANNELLA (con la stessa faccia) Non lo mollo. Io non lo mollo. Anche a costo di fare uno scandalo.
PELOS Ma lo scandalo già l'hai fatto. Che altro vorresti fare? Tu la devi finire, hai capito?
Li riprendiamo sulla piazza davanti al caffè. Seduti, intenti ad armeggiare vicini ad un autorespiratore vi sono Frichì ed altri. Pelos e Giovannella si siedono.
Ad un tratto il gruppo dei ragazzi si blocca e si distrae guardando da una parte. E da lontano vediamo man mano avvicinarsi, vestita con pantaloni strettissimi, bianchi, la diciassettenne. Man mano che si avvicina sentiamo i commenti.
FRICHI' Però guarda come sta vestita bellella, stamattina.
PELOS E' bellella assai. Ciao.
La diciassettenne fa uno splendido sorriso e saluta con la mano i ragazzi.
In quel momento arriva Peter in mezzo alla piazza con la sua Jaguar. E' raggiunto da tre ragazzini, ognuno carico di valige. Le valige sono caricate sulla macchina. I ragazzi da lontano gridano con attenzione e sospetto.
PELOS Ciao Peter e dove vai?
PETER A Montecarlo.
FRICHI' Ah…!
Poi si sente il ruggito del motore, e la Jaguar sfreccia davanti ai ragazzi. Solo quando è già passata, i ragazzi realizzano che a bordo c'era la dicicassettenne.
PELOS Tu hai visto?
FRICHI' A Montecarlo ci va, ma con quella.
PELOS Mica è fesso…
FRICHI' Ci ha levato la polpetta da dentro al piatto.
PELOS Ma quale polpetta? Quale piatto. Quella non ti ha mai visto. Mai. Ti ha sempre schifato.
DISSOLVENZA
Al tramonto, vediamo dalla spiaggia la barca con Mimì e Giulia che approda.
Giulia, una cosa che verrà subito osservata, non è più la donna che per scendere dalla barca si fa dare la mano. Con un salto è a terra. C'è un che di leggermente esagerato in tutti i suoi gesti. Mimì le passa la roba che è nella barca, finchè Giulia è tutta carica. Poi, sempre calmo come al solito, scende, dopo essersi assicurato che la barca è sistemata secondo tutte le regole.
Scende tenendo in mano un saragotto di mezzo chilo. Poi prende Giulia sotto braccio e si avvia con lei verso la Buca. Mentre camminano, le dice, agitando il sarago:
MIMI' Questo qua stasera ce lo mangiamo io e te (li vediamo ora di spalle. Giulia avrà appoggiato la testa sulla spalla di Mimì).
DISSOLVENZA
Mattina. Siamo nell'ufficio del Commissario. La solita stanza squallida dei Commissariati. Una scrivanietta, e dietro un grasso e apoplettico Commissario che per tutto il tempo, ingoffato dalla divisa, si terge con un fazzoletto il sudore che cola abbondante dalla sua fronte. E' caldo, il berretto è sulla scrivania, nei momenti di tensione, il berretto finisce tra le mani del Commissario e viene sgualcito. Poi, Scisciò lo afferra e lo sbatterà sul tavolo più volte. Il Commissario lo prende, eccetera.
COMMISSARIO (pacato, ma imbarazzato) Io qui davanti ci ho una denuncia. La signora Amalia Scognamiglio ha denunciato la sparizione di un portasigarette d'oro, vero… Di un certo valore. Ventisette agosto 1961. Cocò… Voi stavate a casa della signora Scognamiglio, la sera del ventisette agosto?
SCISCIO' Ci stavo io insieme con altre dieci persone.
COMMISSARIO E infatti qua ci sta la denuncia. Ora la signora Scognamiglio ha pregato, è vero, di fare un interrogatorio per sapere caso mai, se uno per isbaglio, è vero, l'ha preso e se l'è messo in tasca senza avvertenza, ecco, non è che uno proprio deve… Deve dire… voi, uno perché ha bevuto si mette in tasca per isbaglio un oggetto… E' vero?
SCISCIO' (interrompendolo con freddezza) E voi perché avete chiamato me, scusate, commissario?
COMMISSARIO Voi siete il signor Scisciò Melloni?
SCISCIO' Sì.
COMMISSARIO E voi eravate quella sera a casa della signora Scognamiglio?
SCISCIO' Eh. L'ho detto. Certo. Ci stavo pure io e altre dieci persone.
COMMISSARIO (alterandosi un po') Allora io sto parlando turco? Ho detto che voglio interrogare le persone che stavano là, per sapere se inavvertitamente, sottolineo la parola inavvertitamente…
SCISCIO' (per nulla impressionato dal tono intimidatorio del Commissario) Commissà, parliamoci chiaro. Dove stanno le altre nove persone?
COMMISSARIO (infuriato) Staranno a casa loro. Non lo so. Voi state qua e io interrogo a voi.
SCISCIO' E perché ci sto io solo qua? Debbono venire pure gli altri.
COMMISSARIO Ma io devo incominciare ad interrogare queste persone.
SCISCIO' (urlando) E perché proprio con me dovete cominciare?
COMMISSARIO (urlando più forte) Perché voglio cominciare da voi.
SCISCIO' (fuori di sé) Il perché me lo dovete spiegare.
COMMISSARIO Perché io sono il Commissario e faccio quello che mi pare.
SCISCIO' Commissario, io sono una persona per bene e voglio avere spiegazioni, perché non si può chiamare la gente così.
Questa battuta è il diapason, segue una breve pausa, poi il Commissario:
COMMISSARIO Calma, calma, calma… (con un tono di voce bassa, quasi paterno) Signor Melloni, io… scusate se qua… veramente avvengono delle scene spiacevoli.. Io vi conosco… voi siete una persona per bene, è vero… Non dovete pigliarvela con me. Io qua sono uno che deve far il suo dovere. Quindi con santa pace, ricominciamo. Voi mi dite…
SCISCIO' (staccando bene ogni singola parola, deciso) Voi, Commissario dovete spiegarmi perché m'avete chiamato a me solo, stamattina, mentre stavo - andando - a- fare - il - bagno!
COMMISSARIO (sempre paterno e a bassa voce). Allora voi volete proprio inguaiare le cose? E allora mo chiamo l'ispettore di zona, voi andate a Napoli e ve la vedete con lui. (irritandosi) Io che cosa devo fare? Voi mi dichiarate che non ne sapete niente… e a me mi basta questo.
SCISCIO' (staccando le parole) Io non dichiaro niente. Io mi dichiaro soltanto offeso dal fatto che su dieci persone che si trovavano in casa di quella cafona, puttana - voi - avete chiamato - soltanto me! Perché - avete pensato a me? Questo mi dovete spiegare.
COMMISSARIO E voi che ne sapete se non ho interrogato prima gli altri?
SCISCIO' Stanno tutti a mare a farsi il bagno quelli che stavano là.
COMMISSARIO Allora, se lo volete sapere, la signora Scognamiglio è venuta e ha detto: il signor Scisciò Melloni sa che fine ha fatto il portasigarette. Voi che cavolo volete da me? Non vi dovevo chiamare? Qua fa caldo, signor Scisciò. Voi dichiarate qui sopra, sopra questo pezzo di carta, mettete la vostra firma, che voi del portasigarette non ne sapete niente, chiudiamo 'o fatto, in santa pace e non ne parliamo più!.
SCISCIO' Ma a me Commissà, questo non mi basta.
Nella pausa entra uno scugnizzo un po' deficiente, per portare un'ambasciata da parte della signora Scognamiglio al Commissario.
SCUGNIZZO Signor Commissario, quella, la signora Scognamiglio vi manda a dire che il portasigarette l'ha trovato sotto il commò e che è inutile che mandate a chiamare a quello là.
COMMISSARIO Ah!… Avete visto?… Ecco (sollevato e sbrigativo) Vedete le cose come si accomodano? Andatevi a fare 'o bagno, va…
Scisciò non ha sentito neppure il Commissario. Si avvicina allo scugnizzo, lo prende per il petto, come se fosse il principale responsabile dei suoi guai, e con lo sguardo da pazzo che già gli conosciamo, alterato nel viso gli dice:
SCISCIO' Che hai detto?
SCUGNIZZO Quella, la signora Scognamiglio…
Scisciò non lo fa finire e gli dà un terribile scappellotto. E mentre lo scugnizzo piange senza capire perché viene battuto, Scisciò continua:
SCISCIO' Che hai detto! Come "quello là"? "quello là" sarei io! Quella signora ha detto che "quello là"… (furioso contro il mondo) Ma il signore sono io! Io sono un signore, hai capito?
Il Commissario assiste perplesso alla crisi di Scisciò e il ragazzino spaventato guarda.
SCISCIO' Io sono un signore, io (percuotendosi il petto) io, io, io…
COMMISSARIO (un po' spaventato) Calmatevi, signor Scisciò, è cosa da niente (paterno). Calmatevi. Volete un bicchier d'acqua?
SCISCIO' Io sono un signore! Questi quattro cafoni! Io vado via, io lo giuro su mia madre che a Positano non metterò più piede. Questi quattro cafoni che non sanno vivere a Scisciò Melloni non lo vedranno più.
Visto da fuori, il Commissario. La stradina è deserta, assolata. Sotto il portoncino ci stanno due guardie, di piantone. Si guardano in faccia sentendo gli urli di là, e uno dei due, con un cenno della mano e una smorfia domanda:
1° GUARDIA Ma che sta succedendo la dentro?
L'altro, senza parlare, con la stessa mimica, risponde stringendosi nelle spalle.
2° GUARDIA Bah, e chi lo sa!
Tutta questa scena avviene mentre arrivano fin sulla stradina silenziosa le urla di Scisciò.
VOCE DI SCISCIO' F.C. Questi quattro cafoni, pezzenti schifosi, volgari…
Dopo quattro secondi vediamo uscire, davanti ai due piantoni che lo guardano, Scisciò sconvolto, e lo vediamo allontanarsi di spalle lungo la stradina.
Giulia, una cosa che verrà subito osservata, non è più la donna che per scendere dalla barca si fa dare la mano. Con un salto è a terra. C'è un che di leggermente esagerato in tutti i suoi gesti. Mimì le passa la roba che è nella barca, finchè Giulia è tutta carica. Poi, sempre calmo come al solito, scende, dopo essersi assicurato che la barca è sistemata secondo tutte le regole.
Scende tenendo in mano un saragotto di mezzo chilo. Poi prende Giulia sotto braccio e si avvia con lei verso la Buca. Mentre camminano, le dice, agitando il sarago:
MIMI' Questo qua stasera ce lo mangiamo io e te (li vediamo ora di spalle. Giulia avrà appoggiato la testa sulla spalla di Mimì).
DISSOLVENZA
Mattina. Siamo nell'ufficio del Commissario. La solita stanza squallida dei Commissariati. Una scrivanietta, e dietro un grasso e apoplettico Commissario che per tutto il tempo, ingoffato dalla divisa, si terge con un fazzoletto il sudore che cola abbondante dalla sua fronte. E' caldo, il berretto è sulla scrivania, nei momenti di tensione, il berretto finisce tra le mani del Commissario e viene sgualcito. Poi, Scisciò lo afferra e lo sbatterà sul tavolo più volte. Il Commissario lo prende, eccetera.
COMMISSARIO (pacato, ma imbarazzato) Io qui davanti ci ho una denuncia. La signora Amalia Scognamiglio ha denunciato la sparizione di un portasigarette d'oro, vero… Di un certo valore. Ventisette agosto 1961. Cocò… Voi stavate a casa della signora Scognamiglio, la sera del ventisette agosto?
SCISCIO' Ci stavo io insieme con altre dieci persone.
COMMISSARIO E infatti qua ci sta la denuncia. Ora la signora Scognamiglio ha pregato, è vero, di fare un interrogatorio per sapere caso mai, se uno per isbaglio, è vero, l'ha preso e se l'è messo in tasca senza avvertenza, ecco, non è che uno proprio deve… Deve dire… voi, uno perché ha bevuto si mette in tasca per isbaglio un oggetto… E' vero?
SCISCIO' (interrompendolo con freddezza) E voi perché avete chiamato me, scusate, commissario?
COMMISSARIO Voi siete il signor Scisciò Melloni?
SCISCIO' Sì.
COMMISSARIO E voi eravate quella sera a casa della signora Scognamiglio?
SCISCIO' Eh. L'ho detto. Certo. Ci stavo pure io e altre dieci persone.
COMMISSARIO (alterandosi un po') Allora io sto parlando turco? Ho detto che voglio interrogare le persone che stavano là, per sapere se inavvertitamente, sottolineo la parola inavvertitamente…
SCISCIO' (per nulla impressionato dal tono intimidatorio del Commissario) Commissà, parliamoci chiaro. Dove stanno le altre nove persone?
COMMISSARIO (infuriato) Staranno a casa loro. Non lo so. Voi state qua e io interrogo a voi.
SCISCIO' E perché ci sto io solo qua? Debbono venire pure gli altri.
COMMISSARIO Ma io devo incominciare ad interrogare queste persone.
SCISCIO' (urlando) E perché proprio con me dovete cominciare?
COMMISSARIO (urlando più forte) Perché voglio cominciare da voi.
SCISCIO' (fuori di sé) Il perché me lo dovete spiegare.
COMMISSARIO Perché io sono il Commissario e faccio quello che mi pare.
SCISCIO' Commissario, io sono una persona per bene e voglio avere spiegazioni, perché non si può chiamare la gente così.
Questa battuta è il diapason, segue una breve pausa, poi il Commissario:
COMMISSARIO Calma, calma, calma… (con un tono di voce bassa, quasi paterno) Signor Melloni, io… scusate se qua… veramente avvengono delle scene spiacevoli.. Io vi conosco… voi siete una persona per bene, è vero… Non dovete pigliarvela con me. Io qua sono uno che deve far il suo dovere. Quindi con santa pace, ricominciamo. Voi mi dite…
SCISCIO' (staccando bene ogni singola parola, deciso) Voi, Commissario dovete spiegarmi perché m'avete chiamato a me solo, stamattina, mentre stavo - andando - a- fare - il - bagno!
COMMISSARIO (sempre paterno e a bassa voce). Allora voi volete proprio inguaiare le cose? E allora mo chiamo l'ispettore di zona, voi andate a Napoli e ve la vedete con lui. (irritandosi) Io che cosa devo fare? Voi mi dichiarate che non ne sapete niente… e a me mi basta questo.
SCISCIO' (staccando le parole) Io non dichiaro niente. Io mi dichiaro soltanto offeso dal fatto che su dieci persone che si trovavano in casa di quella cafona, puttana - voi - avete chiamato - soltanto me! Perché - avete pensato a me? Questo mi dovete spiegare.
COMMISSARIO E voi che ne sapete se non ho interrogato prima gli altri?
SCISCIO' Stanno tutti a mare a farsi il bagno quelli che stavano là.
COMMISSARIO Allora, se lo volete sapere, la signora Scognamiglio è venuta e ha detto: il signor Scisciò Melloni sa che fine ha fatto il portasigarette. Voi che cavolo volete da me? Non vi dovevo chiamare? Qua fa caldo, signor Scisciò. Voi dichiarate qui sopra, sopra questo pezzo di carta, mettete la vostra firma, che voi del portasigarette non ne sapete niente, chiudiamo 'o fatto, in santa pace e non ne parliamo più!.
SCISCIO' Ma a me Commissà, questo non mi basta.
Nella pausa entra uno scugnizzo un po' deficiente, per portare un'ambasciata da parte della signora Scognamiglio al Commissario.
SCUGNIZZO Signor Commissario, quella, la signora Scognamiglio vi manda a dire che il portasigarette l'ha trovato sotto il commò e che è inutile che mandate a chiamare a quello là.
COMMISSARIO Ah!… Avete visto?… Ecco (sollevato e sbrigativo) Vedete le cose come si accomodano? Andatevi a fare 'o bagno, va…
Scisciò non ha sentito neppure il Commissario. Si avvicina allo scugnizzo, lo prende per il petto, come se fosse il principale responsabile dei suoi guai, e con lo sguardo da pazzo che già gli conosciamo, alterato nel viso gli dice:
SCISCIO' Che hai detto?
SCUGNIZZO Quella, la signora Scognamiglio…
Scisciò non lo fa finire e gli dà un terribile scappellotto. E mentre lo scugnizzo piange senza capire perché viene battuto, Scisciò continua:
SCISCIO' Che hai detto! Come "quello là"? "quello là" sarei io! Quella signora ha detto che "quello là"… (furioso contro il mondo) Ma il signore sono io! Io sono un signore, hai capito?
Il Commissario assiste perplesso alla crisi di Scisciò e il ragazzino spaventato guarda.
SCISCIO' Io sono un signore, io (percuotendosi il petto) io, io, io…
COMMISSARIO (un po' spaventato) Calmatevi, signor Scisciò, è cosa da niente (paterno). Calmatevi. Volete un bicchier d'acqua?
SCISCIO' Io sono un signore! Questi quattro cafoni! Io vado via, io lo giuro su mia madre che a Positano non metterò più piede. Questi quattro cafoni che non sanno vivere a Scisciò Melloni non lo vedranno più.
Visto da fuori, il Commissario. La stradina è deserta, assolata. Sotto il portoncino ci stanno due guardie, di piantone. Si guardano in faccia sentendo gli urli di là, e uno dei due, con un cenno della mano e una smorfia domanda:
1° GUARDIA Ma che sta succedendo la dentro?
L'altro, senza parlare, con la stessa mimica, risponde stringendosi nelle spalle.
2° GUARDIA Bah, e chi lo sa!
Tutta questa scena avviene mentre arrivano fin sulla stradina silenziosa le urla di Scisciò.
VOCE DI SCISCIO' F.C. Questi quattro cafoni, pezzenti schifosi, volgari…
Dopo quattro secondi vediamo uscire, davanti ai due piantoni che lo guardano, Scisciò sconvolto, e lo vediamo allontanarsi di spalle lungo la stradina.
DISSOLVENZA
E' presto per Positano, le nove. E sembra anche più presto perché è una giornata piovigginosa, con una luce grigia, il mare un po' agitato e la spiaggia completamente deserta. Nessuna barca a mare, e le strade bagnate, nere di pioggia.
Il vaporetto è in attesa all'imbarco. Poca gente si avvia di corsa. Vediamo Scisciò, serio, ma composto, raccolto come in se stesso. Ha in mano una valigia non molto grande. Ogni tanto si volta e vede a diversi metri di distanza, il cane che lo segue. Viene fermato da una anziana signora rinseccolita che gli si rivolge così:
SIGNORA Ah, Scisciò, avete scelto una bella giornata per andare a Napoli. Me lo fate un piacere? Quando tornate, mi portate una scatola di Sympathol? Qua non tengono mai niente alla farmacia.
SCISCIO' Volentieri signora Russo, ma io non torno.
SIGNORA E come sarebbe?
SCISCIO' Quest'anno ho deciso di andarmene più presto.
SIGNORA Peccato mi dispiace, e come mai, Scisciò come mai?
SCISCIO' Eh vado a Cremona.
SIGNORA A Cremona?
SCISCIO' Là ci sta mia sorella, tiene una fabbrica di cappelli, e allora, insomma, mi vuole…
SIGNORA Ah, bravo, bravo, così andate ad aiutare a vostra sorella, che bravo ragazzo, poi ad un certo punto uno si decide, non si può star sempre a fare i ragazzi uno pensa all'avvenire, non è vero?
SCISCIO' Eh, già, proprio così. Allora arrivederci, signora Russo.
Scisciò prosegue verso il vaporetto, e passando incrocia Assuntina. La saluta. Intanto il cane s'è fatto più vicino. Allora Scisciò si volta e dice:
SCISCIO' Tu stai ancora qua? Ma ti ho spiegato tutto, non lo vuoi ancora capire.
Lo carezza sulla testa e il cane lo guarda.
SCISCIO' Non mi guardare così, sennò sai com'è…
E' commosso e distoglie gli occhi da quelli del cane, altrimenti piangerebbe. Poi ci ripensa e chiama:
SCISCIO' Assuntina, per favore una parola.
ASSUNTINA (avvicinandosi) Ch'è?
SCISCIO' Sapete che i denti bianchi vi donano, sembrate un'altra.
ASSUNTINA Non me ne parlate. Sapeste che c'è voluto per averli. C'è voluto più fatica e dolore a mettermeli che a tirarli. Comunque stanno qua, tutt'e trentadue.
SCISCIO' Sembra che ne avete sessantaquattro, Assuntì. Vi debbo chiedere un piacere. Lo vedete a sto cane. "Il commendatore", lo conoscete? Beh, quello s'è messo in testa che io parto e non torno più. E così sta un po' abbacchiato. Perché non ve lo portate nella masseria di don Ciccillo, quello tiene una cagna della stessa razza, così si distrae.
ASSUNTINA Eh già, e quello poi viene con me.
SCISCIO' Glielo dico io (rivolto al cane) "Commendatò" vai con Assuntina, e diciamoci addio da uomini.
Lo abbraccio e lo bacia sulle due guance. Assuntina e il cane si allontanano. Adesso vediamo Scisciò arrivare al vaporetto: salire sulla passerella, mentre il vaporetto stacca gli ormeggi, poi di nuovo sugli occhi di Scisciò che vede tristemente Positano allontanarsi e sparire dietro il ciglio di un promontorio.
E' presto per Positano, le nove. E sembra anche più presto perché è una giornata piovigginosa, con una luce grigia, il mare un po' agitato e la spiaggia completamente deserta. Nessuna barca a mare, e le strade bagnate, nere di pioggia.
Il vaporetto è in attesa all'imbarco. Poca gente si avvia di corsa. Vediamo Scisciò, serio, ma composto, raccolto come in se stesso. Ha in mano una valigia non molto grande. Ogni tanto si volta e vede a diversi metri di distanza, il cane che lo segue. Viene fermato da una anziana signora rinseccolita che gli si rivolge così:
SIGNORA Ah, Scisciò, avete scelto una bella giornata per andare a Napoli. Me lo fate un piacere? Quando tornate, mi portate una scatola di Sympathol? Qua non tengono mai niente alla farmacia.
SCISCIO' Volentieri signora Russo, ma io non torno.
SIGNORA E come sarebbe?
SCISCIO' Quest'anno ho deciso di andarmene più presto.
SIGNORA Peccato mi dispiace, e come mai, Scisciò come mai?
SCISCIO' Eh vado a Cremona.
SIGNORA A Cremona?
SCISCIO' Là ci sta mia sorella, tiene una fabbrica di cappelli, e allora, insomma, mi vuole…
SIGNORA Ah, bravo, bravo, così andate ad aiutare a vostra sorella, che bravo ragazzo, poi ad un certo punto uno si decide, non si può star sempre a fare i ragazzi uno pensa all'avvenire, non è vero?
SCISCIO' Eh, già, proprio così. Allora arrivederci, signora Russo.
Scisciò prosegue verso il vaporetto, e passando incrocia Assuntina. La saluta. Intanto il cane s'è fatto più vicino. Allora Scisciò si volta e dice:
SCISCIO' Tu stai ancora qua? Ma ti ho spiegato tutto, non lo vuoi ancora capire.
Lo carezza sulla testa e il cane lo guarda.
SCISCIO' Non mi guardare così, sennò sai com'è…
E' commosso e distoglie gli occhi da quelli del cane, altrimenti piangerebbe. Poi ci ripensa e chiama:
SCISCIO' Assuntina, per favore una parola.
ASSUNTINA (avvicinandosi) Ch'è?
SCISCIO' Sapete che i denti bianchi vi donano, sembrate un'altra.
ASSUNTINA Non me ne parlate. Sapeste che c'è voluto per averli. C'è voluto più fatica e dolore a mettermeli che a tirarli. Comunque stanno qua, tutt'e trentadue.
SCISCIO' Sembra che ne avete sessantaquattro, Assuntì. Vi debbo chiedere un piacere. Lo vedete a sto cane. "Il commendatore", lo conoscete? Beh, quello s'è messo in testa che io parto e non torno più. E così sta un po' abbacchiato. Perché non ve lo portate nella masseria di don Ciccillo, quello tiene una cagna della stessa razza, così si distrae.
ASSUNTINA Eh già, e quello poi viene con me.
SCISCIO' Glielo dico io (rivolto al cane) "Commendatò" vai con Assuntina, e diciamoci addio da uomini.
Lo abbraccio e lo bacia sulle due guance. Assuntina e il cane si allontanano. Adesso vediamo Scisciò arrivare al vaporetto: salire sulla passerella, mentre il vaporetto stacca gli ormeggi, poi di nuovo sugli occhi di Scisciò che vede tristemente Positano allontanarsi e sparire dietro il ciglio di un promontorio.
DISSOLVENZA
E' sera. La Buca è insolitamente decorata di festoni come se ci fosse una festa. Appesi piccoli cartelli con fotografia di un complesso jazz. In un angolo vediamo un piccolo complessino che suona stanco. Sembra che tutto sia già finito e comunque c'è assai meno gente del solito, e quella poca sembra più selezionata. Pelos e Frichì sono lì con un paio di signore e, punto di maggiore attrazione, una ragazza piuttosto carina, elegante nel suo eccesso di moda, molto sicura apparentemente, ma con un fondo di differenza nei riguardi dei nostri. Pelos le tiene un braccio intorno alle spalle. C'è anche Paola più paciocconamente bella del solito, coi capelli pettinati in maniera speciale. Pelos parla alla ragazza, Renata, guardando gli altri in maniera allusiva.
PELOS Perché non ci canti qualche cosa?
RENATA Uffa, ti ho già detto di no.
PELOS Pare che a Capri cantavi tutte le sere… perché a noi ci tratti così.
RENATA C'è molto umido, mi rovino la voce.
Arriva in quel momento Cocò, con un'aria piuttosto sollevata.
PELOS Addì Cocò!
COCO' (immediatamente assume un'aria di mestizia, un'aria di circostanza) Ciao…
FRICHI' Che è?
COCO' Perché?
FRICHI' Uno ti saluta e tu dici (imitando il tono mesto) Ciao.
COCO' Allora non sapete niente?
PELOS Che è successo?
COCO' (con aria avvilita-ipocrita) E' morto mio zio.
PELOS Quale zio?
COCO' Zio Alfonsino.
PELOS E FRICHI' (si guardano, poi sbottano in una irrefrenabile risata, mentre indicano coll'indice puntato la faccia di Cocò. Più Cocò li guarda senza capire più loro ridono, finchè ad un certo punto anche Cocò si unisce all arisata. Intanto è apparsa Giulia. Ha l'aria euforica, è piuttosto elegante. Una strana sicurezza di piglio. Appena la risata è finita Cocò si fa il segno della croce).
COCO' Zì Alfonsì, perdonami, sono stati questi due fetenti, sono i riflessi condizionati. A me che tu sei morto mi dispiace.
FRICHI' E ti dispiace pure di non andare in America?
COCO' Lo vedete come siete? Sempre calcolatori. E poi mi avete fatto ridere mentre non volevo.
PELOS Cocò tu sei più superstizioso di Assuntina. Poi a questo zio Alfonso tu nemmeno lo conoscevi, è vero?
COCO' Arrivavano ogni tanto certe fotografie con lui sotto un bufalo o un cervo, con certe corna…
PELOS E a te (a Giulia che intanto si è avvicinata) che ti succede? Stai sola?
GIULIA Sono stata sempre sola…
PELOS Ah, ah, ah…
GIULIA Cos'è questo verso? Hai eliminato anche la parola?
FRICHI' E Mimì?
GIULIA Mimì? Mimì è partito.
FRICHI'-COCO' E dove è andato?
GIULIA A Napoli. Ma fra due giorni torna (cogliendo lo sguardo di Pelos). Che ne so, poi in fondo.
PELOS (che non rinuncia alla battuta) Hai capito, ora ci dobbiamo rivolgere a lei per sapere Mimì che fa.
GIULIA Insomma, questa sera sono libera, approfittatene.
PELOS Giulia, ti presento la signorina Renata, che è di Milano come te.
RENATA Piacere, Monterosso…
GIULIA Ah, certo… parente di Jimmy…
RENATA Mio fratello.
PELOS Giulia, già che siete tanto amiche, diglielo tu, nella lingua vostra, che ci canti qualche cosa.
RENATA (interrompendolo con risentimento) Ma sì, dai, canto, cosa me ne importa poi, tanto mi diverto sempre… Sarà un macello con l'accompagnamento perché io sviso da matti…
Renata è già in trattativa col pianista, mentre Pelos sussurra nel collo di Giulia:
PELOS A me lo puoi dire, no!
FRICHI' (che si è avvicinato rapido) Pure a me, pure a me.
PELOS Parliamo di cose intime, di Acampora.
FRICHI' Ma come ti fa bene, Giù!
GIULIA Ma la smettete… Siete di una invadenza addirittura surreale.
Renata sta picchiando sul microfono, facendo cenni di scontento. Poi si rivolge al pianista:
RENATA Bueno, andiamo maestro.
… e attacca una canzone con esagerata sofferenza. Pelos, sempre nel collo di Giulia, ma abbastanza forte:
PELOS Com'è l'Acampora?
FRICHI' Nota bene che noi non facciamo nomi, solo cognomi.
GIULIA Zitti che canta la Monterosso. Uhhh…
PELOS Hai visto come fa uhh! Tale e quale a Mimì!
FRICHI' Prima "uh" non lo facevi, parlavi solo milanese…
GIULIA Che ci volete fare, mi sono involgarita. (rivolta a Renata che canta) Brava.
Renata ha finito di cantare e scende verso il tavolo molto ingrugnata. I ragazzi le fanno dei complimenti non come li vorrebbe lei, evidentemente, tipo "quest'inverno a S. Remo", lei raccoglie uno splendido portasigarette e dice soltanto, guardando Giulia e Paola:
RENATA Bè, allora se volete venire, io vado al party dei Pescia… Se non vi va, amen… Di questo posto ne ho abbastanza. (rivolta al barista) Senta, vorrei pagare.
PELOS Ma vattene, cammina… Vicenzì…
E fa il segno di scrivere, mentre tutto il gruppo disordinatamente esce lasciando costernato il povero Vincenzino, il barista.
Sulla porta Paola li saluta, dicendo:
PAOLA Torna Livio domani mattina, magari presto, perciò non posso far tardi… Poi con voi…
La comitiva si avvia. Renata silenziosa davanti con Cocò e Pelos. Dietro Giulia con Frichì che dopo pochi passi le mette un braccio intorno alle spalle.
Li vediamo avviarsi per una stradina in salita e naturalmente buia. Si sente la voce di Renata che dice:
RENATA Per quanto la situazione sia molto migliorata non è un genere che può arrivare in profondità, in Italia… A me poi basta cantare per me, quando ne ho voglia… E' un tale godimento…
Stiamo su Giulia e Frichì.
FRICHI' (tastando Giulia) Sei buonina, però…
GIULIA Come, però…
FRICHI' Mimì non sgarra mai.
GIULIA Se non dà lui il segnale, voi non vedete e non sentite eh.
FRICHI' Non dire fesserie, Giulia…
Frichì si ferma e cerca di attirare Giulia. Giulia lo fredda più che con una lieve spinta, con uno sguardo ironico e perentorio.
GIULIA Ma va a dormire, stupidello… Del resto ci vado anch'io.
… e facendogli una carezzina materna sulla guancia, lo lascia in mezzo alla strada e scappa via ridendo dalla parte opposta.
E' sera. La Buca è insolitamente decorata di festoni come se ci fosse una festa. Appesi piccoli cartelli con fotografia di un complesso jazz. In un angolo vediamo un piccolo complessino che suona stanco. Sembra che tutto sia già finito e comunque c'è assai meno gente del solito, e quella poca sembra più selezionata. Pelos e Frichì sono lì con un paio di signore e, punto di maggiore attrazione, una ragazza piuttosto carina, elegante nel suo eccesso di moda, molto sicura apparentemente, ma con un fondo di differenza nei riguardi dei nostri. Pelos le tiene un braccio intorno alle spalle. C'è anche Paola più paciocconamente bella del solito, coi capelli pettinati in maniera speciale. Pelos parla alla ragazza, Renata, guardando gli altri in maniera allusiva.
PELOS Perché non ci canti qualche cosa?
RENATA Uffa, ti ho già detto di no.
PELOS Pare che a Capri cantavi tutte le sere… perché a noi ci tratti così.
RENATA C'è molto umido, mi rovino la voce.
Arriva in quel momento Cocò, con un'aria piuttosto sollevata.
PELOS Addì Cocò!
COCO' (immediatamente assume un'aria di mestizia, un'aria di circostanza) Ciao…
FRICHI' Che è?
COCO' Perché?
FRICHI' Uno ti saluta e tu dici (imitando il tono mesto) Ciao.
COCO' Allora non sapete niente?
PELOS Che è successo?
COCO' (con aria avvilita-ipocrita) E' morto mio zio.
PELOS Quale zio?
COCO' Zio Alfonsino.
PELOS E FRICHI' (si guardano, poi sbottano in una irrefrenabile risata, mentre indicano coll'indice puntato la faccia di Cocò. Più Cocò li guarda senza capire più loro ridono, finchè ad un certo punto anche Cocò si unisce all arisata. Intanto è apparsa Giulia. Ha l'aria euforica, è piuttosto elegante. Una strana sicurezza di piglio. Appena la risata è finita Cocò si fa il segno della croce).
COCO' Zì Alfonsì, perdonami, sono stati questi due fetenti, sono i riflessi condizionati. A me che tu sei morto mi dispiace.
FRICHI' E ti dispiace pure di non andare in America?
COCO' Lo vedete come siete? Sempre calcolatori. E poi mi avete fatto ridere mentre non volevo.
PELOS Cocò tu sei più superstizioso di Assuntina. Poi a questo zio Alfonso tu nemmeno lo conoscevi, è vero?
COCO' Arrivavano ogni tanto certe fotografie con lui sotto un bufalo o un cervo, con certe corna…
PELOS E a te (a Giulia che intanto si è avvicinata) che ti succede? Stai sola?
GIULIA Sono stata sempre sola…
PELOS Ah, ah, ah…
GIULIA Cos'è questo verso? Hai eliminato anche la parola?
FRICHI' E Mimì?
GIULIA Mimì? Mimì è partito.
FRICHI'-COCO' E dove è andato?
GIULIA A Napoli. Ma fra due giorni torna (cogliendo lo sguardo di Pelos). Che ne so, poi in fondo.
PELOS (che non rinuncia alla battuta) Hai capito, ora ci dobbiamo rivolgere a lei per sapere Mimì che fa.
GIULIA Insomma, questa sera sono libera, approfittatene.
PELOS Giulia, ti presento la signorina Renata, che è di Milano come te.
RENATA Piacere, Monterosso…
GIULIA Ah, certo… parente di Jimmy…
RENATA Mio fratello.
PELOS Giulia, già che siete tanto amiche, diglielo tu, nella lingua vostra, che ci canti qualche cosa.
RENATA (interrompendolo con risentimento) Ma sì, dai, canto, cosa me ne importa poi, tanto mi diverto sempre… Sarà un macello con l'accompagnamento perché io sviso da matti…
Renata è già in trattativa col pianista, mentre Pelos sussurra nel collo di Giulia:
PELOS A me lo puoi dire, no!
FRICHI' (che si è avvicinato rapido) Pure a me, pure a me.
PELOS Parliamo di cose intime, di Acampora.
FRICHI' Ma come ti fa bene, Giù!
GIULIA Ma la smettete… Siete di una invadenza addirittura surreale.
Renata sta picchiando sul microfono, facendo cenni di scontento. Poi si rivolge al pianista:
RENATA Bueno, andiamo maestro.
… e attacca una canzone con esagerata sofferenza. Pelos, sempre nel collo di Giulia, ma abbastanza forte:
PELOS Com'è l'Acampora?
FRICHI' Nota bene che noi non facciamo nomi, solo cognomi.
GIULIA Zitti che canta la Monterosso. Uhhh…
PELOS Hai visto come fa uhh! Tale e quale a Mimì!
FRICHI' Prima "uh" non lo facevi, parlavi solo milanese…
GIULIA Che ci volete fare, mi sono involgarita. (rivolta a Renata che canta) Brava.
Renata ha finito di cantare e scende verso il tavolo molto ingrugnata. I ragazzi le fanno dei complimenti non come li vorrebbe lei, evidentemente, tipo "quest'inverno a S. Remo", lei raccoglie uno splendido portasigarette e dice soltanto, guardando Giulia e Paola:
RENATA Bè, allora se volete venire, io vado al party dei Pescia… Se non vi va, amen… Di questo posto ne ho abbastanza. (rivolta al barista) Senta, vorrei pagare.
PELOS Ma vattene, cammina… Vicenzì…
E fa il segno di scrivere, mentre tutto il gruppo disordinatamente esce lasciando costernato il povero Vincenzino, il barista.
Sulla porta Paola li saluta, dicendo:
PAOLA Torna Livio domani mattina, magari presto, perciò non posso far tardi… Poi con voi…
La comitiva si avvia. Renata silenziosa davanti con Cocò e Pelos. Dietro Giulia con Frichì che dopo pochi passi le mette un braccio intorno alle spalle.
Li vediamo avviarsi per una stradina in salita e naturalmente buia. Si sente la voce di Renata che dice:
RENATA Per quanto la situazione sia molto migliorata non è un genere che può arrivare in profondità, in Italia… A me poi basta cantare per me, quando ne ho voglia… E' un tale godimento…
Stiamo su Giulia e Frichì.
FRICHI' (tastando Giulia) Sei buonina, però…
GIULIA Come, però…
FRICHI' Mimì non sgarra mai.
GIULIA Se non dà lui il segnale, voi non vedete e non sentite eh.
FRICHI' Non dire fesserie, Giulia…
Frichì si ferma e cerca di attirare Giulia. Giulia lo fredda più che con una lieve spinta, con uno sguardo ironico e perentorio.
GIULIA Ma va a dormire, stupidello… Del resto ci vado anch'io.
… e facendogli una carezzina materna sulla guancia, lo lascia in mezzo alla strada e scappa via ridendo dalla parte opposta.
DISSOLVENZA
E' mezzogiorno. Sentiremo il caratteristico suono della campana della chiesa di Positano. Seguiamo Giulia che cammina per una stradina. La vediamo a distanza. Poi la vediamo fermarsi a fare due chiacchiere con uno, sorridendo alla proprietaria di un negozio, rispondere al saluto di una donna del luogo. Pare spensierata e felice.
Mette dentro la testa dal pantalonaio.
GIULIA Salvatore, quei pantaloni? Perché poi finirà che un giorno o l'altro partirò davvero senza pantaloni.
SALVATORE Eh, signorì, voi dite sempre che partite… Fortunatamente avete rimandato tante volte, ma domani sono pronti.
GIULIA Ciao, Salvatò… Domani, eh!
Ora passa davanti al negozio di un barbiere, e vede seduto, di profilo, uno con la faccia insaponata del tutto. Ma ha visto bene? Ritorna sui suoi passi e dà una sbirciata al negozio. Sicuro, non si sbaglia, è Mimì.
GIULIA Mimì!
Solo ora Mimì si volta e la vede. Felice la saluta con l'aria più naturale del mondo.
MIMI' Uhè, bellezza!
GIULIA Ma quando sei venuto?
MIMI' Ora non posso parlare. Poi ti racconto tutto. Notizie strabilianti. Giù. Ma preferisco non parlare davanti a questi fetenti, se no cominciano a chiedere prestito, tu capisci.
I frequentatori del salone in coro fanno "uuhhh".
MIMI' Hai visto?
GIULIA (sorride, messa di buon umore dalla scena) Vado a prendere le sigarette, dal tabaccaio, poi dal giornalaio a comprare Vogue, ci vediamo là.
MIMI' O.K. Ragazzi, svelti, che non si fanno aspettare le signore…
Mette dentro la testa dal pantalonaio.
GIULIA Salvatore, quei pantaloni? Perché poi finirà che un giorno o l'altro partirò davvero senza pantaloni.
SALVATORE Eh, signorì, voi dite sempre che partite… Fortunatamente avete rimandato tante volte, ma domani sono pronti.
GIULIA Ciao, Salvatò… Domani, eh!
Ora passa davanti al negozio di un barbiere, e vede seduto, di profilo, uno con la faccia insaponata del tutto. Ma ha visto bene? Ritorna sui suoi passi e dà una sbirciata al negozio. Sicuro, non si sbaglia, è Mimì.
GIULIA Mimì!
Solo ora Mimì si volta e la vede. Felice la saluta con l'aria più naturale del mondo.
MIMI' Uhè, bellezza!
GIULIA Ma quando sei venuto?
MIMI' Ora non posso parlare. Poi ti racconto tutto. Notizie strabilianti. Giù. Ma preferisco non parlare davanti a questi fetenti, se no cominciano a chiedere prestito, tu capisci.
I frequentatori del salone in coro fanno "uuhhh".
MIMI' Hai visto?
GIULIA (sorride, messa di buon umore dalla scena) Vado a prendere le sigarette, dal tabaccaio, poi dal giornalaio a comprare Vogue, ci vediamo là.
MIMI' O.K. Ragazzi, svelti, che non si fanno aspettare le signore…
DISSOLVENZA
Dal giornalaio si vede Giulia che fuma una sigaretta e in P.P. il braccio di Mimì che cala sulla di lei spalla. Giulia si volta, sorride. Cerca nel borsellino i soldi, paga il giornalaio poi Mimì dice:
MIMI' Vieni, che ora ti racconto tutto. Facciamo due passi.
Il dialogo che seguirà sarà ripreso a stacchi, sullo sfondo di vari punti di Positano e paesaggi.
GIULIA Ma non mi hai ancora detto quando sei arrivato.
MIMI' (con naturalezza) Ieri col vaporetto delle cinque.
GIULIA (contrariamente e sorpresa) Come, sei venuto ieri?
MIMI' Sì, sul vaporetto ci stava pure il suocero di Sasà.
GIULIA Ma come, non sei venuto a cercarmi?
MIMI' E non t'ho visto alla Buca?
GIULIA Non abito alla Buca, io… ti pare?
MIMI' Uh, non cominciare, eh? Ma scusa, perché. Credevo che venissi alla Buca, non sei venuta e allora mi sono detto: uh, Giulia starà facendo qualche altra cosa. Che c'è di strano?
GIULIA (contrariata) Di strano non c'è mai niente. Tranne te.
… poi decide di non fare la scocciatrice. Tanto Mimì si sa com'è, e allora sorride e per cambiare argomento dice:
GIULIA Bè, e tutte le cose che mi dovevi raccontare?
MIMI' (felice della diversione, sorride) Pensa non ti dico altro: ho pagato tutti i debiti che tenevo. Una cosa che farà epoca.
GIULIA Dimmi piuttosto la cosa più importante, dove li hai presi?
MIMI' Una semplice formalità.
GIULIA Non avrai firmato delle carte, cambiali o altro spero.
MIMI' Io una firma l'ho messa. Ma non si tratta di cambiali. Non ti preoccupare. Un semplice atto pubblico.
GIULIA Per favore, adesso mi fai morire di curiosità.
MIMI' Mi sono sposato, no.
GIULIA (sconcertata) Sposato?
MIMI' (divertito dal suo stupore) Non ci avevi pensato, dì la verità.
GIULIA (quasi tra sé) No.
MIMI' E tengo pure un figlio.
GIULIA (sbotta un po') Ma insomma la finisci di fare lo stupido. Che stai dicendo?
MIMI' Vieni, che ora ti racconto tutto. Facciamo due passi.
Il dialogo che seguirà sarà ripreso a stacchi, sullo sfondo di vari punti di Positano e paesaggi.
GIULIA Ma non mi hai ancora detto quando sei arrivato.
MIMI' (con naturalezza) Ieri col vaporetto delle cinque.
GIULIA (contrariamente e sorpresa) Come, sei venuto ieri?
MIMI' Sì, sul vaporetto ci stava pure il suocero di Sasà.
GIULIA Ma come, non sei venuto a cercarmi?
MIMI' E non t'ho visto alla Buca?
GIULIA Non abito alla Buca, io… ti pare?
MIMI' Uh, non cominciare, eh? Ma scusa, perché. Credevo che venissi alla Buca, non sei venuta e allora mi sono detto: uh, Giulia starà facendo qualche altra cosa. Che c'è di strano?
GIULIA (contrariata) Di strano non c'è mai niente. Tranne te.
… poi decide di non fare la scocciatrice. Tanto Mimì si sa com'è, e allora sorride e per cambiare argomento dice:
GIULIA Bè, e tutte le cose che mi dovevi raccontare?
MIMI' (felice della diversione, sorride) Pensa non ti dico altro: ho pagato tutti i debiti che tenevo. Una cosa che farà epoca.
GIULIA Dimmi piuttosto la cosa più importante, dove li hai presi?
MIMI' Una semplice formalità.
GIULIA Non avrai firmato delle carte, cambiali o altro spero.
MIMI' Io una firma l'ho messa. Ma non si tratta di cambiali. Non ti preoccupare. Un semplice atto pubblico.
GIULIA Per favore, adesso mi fai morire di curiosità.
MIMI' Mi sono sposato, no.
GIULIA (sconcertata) Sposato?
MIMI' (divertito dal suo stupore) Non ci avevi pensato, dì la verità.
GIULIA (quasi tra sé) No.
MIMI' E tengo pure un figlio.
GIULIA (sbotta un po') Ma insomma la finisci di fare lo stupido. Che stai dicendo?
Mimì la guarda, forse comincia a capire, insomma la sua allegria scompare, diventa serio.
MIMI' Niente, mi sono sposato a una svizzera che teneva un figlio illegittimo, così col matrimonio il figlio ha un nome. Poi divorziamo, la cosa è semplice, e io torno libero come prima. Ecco tutto.
GIULIA E chi è questa… questa svizzera, questa signorina, come si chiama.
MIMI' E che ne so. Eva, mi pare. Io l'ho vista mezza volta. La cosa l'hanno fatta tutta gli avvocati. Ma quando siamo andati ai Galli l'hai vista?
GIULIA (di nuovo ferita) Ai Galli? Questo è l'affaruccio che dovevi fare?
MIMI' Eh, ma non fare quella faccia.
GIULIA Sicchè ho fatto la paraninfa.
MIMI' Mo che vuol dire sta parola?
GIULIA Oh, addio, gira col vocabolario… Ma a chi lo vuoi dar da bere tutto questo candore?
MIMI' Ma che dici, Giulia? Quella aveva bisogno di uno per i fatti suoi. Cosa mi interessa chi è, chi non è, la ninfa!…
Giulia si ferma guardando per terra come un toro. La sua voce è un po' tremante per pianto e per rabbia.
GIULIA (sbottando assurdamente) Ma è un caso umano, accidenti, c'è un bambino che gira col tuo nome, ma vorrei sapere chi è perché ce ne aveva bisogno del tuo nome, chi l'ha fatto sto bambino… (imitando grottescamente la voce di Mimì) mi sono sposato a una svizzera che tiene un figlio… L'ha risolta così lui… Fai pure lo spiritoso…
MIMI' (interrompendola in modo abbastanza perentorio) Giulia, è un lavoro… a te t'interessa il caso umano della "Cucine e posti d'Italia"?
GIULIA Ma non dire cretinate… Lo capisci che non si può essere così assurdi come te? Tu urti, passi, arraffi, afferri, ridi… Rubi diamanti… Fingi di trovarli… vai in Grecia e non vedi il … riconosci i figli e non sai neanche di chi … per cosa, per chi? Per stare a Positano a fare il bagno, con quattro…
MIMI' Perché a te ti pare che non ne vale la pena?
GIULIA (lo guarda con rancore) Come lo fai tu, no.
MIMI' (dopo una breve esitazione, tenta un tono conciliante) Giulia, che ti viene?
GIULIA Mi viene che sei un incosciente senza speranza… (poi aggiunge piano, come fosse in colpa) Anche sul piano dell'amicizia…
MIMI' Ma io ero venuto per darti una notizia allegra, se la pigli così, non ti capisco più. Che sei mia mamma? O sei papà. Se avessi detto a loro quello che ho detto a te, loro avrebbero reagito tale e quale. Ma tu no. Tu sei una ragazza spregiudicata, l'hai detto tu, eh. E poi non ho visto il Partenone, mica io faccio il tuo mestiere. A te ti pagano per vedere le cose, a me no. Perciò se lo voglio vedere lo vedo, se no, no.
GIULIA (sfiduciata dalla svolta che ha preso il discorso di Mimì) E' inutile, io credevo di conoscerti. Ma tu sei al di là dell'immaginazione. Io non ti conosco affatto.
MIMI' E va bè, tutti mi conoscono e tu non mi conosci, che ci posso fare?
La MACCHINA inquadra la faccia di Giulia e nei suoi occhi passa qualcosa di definitivo, ma senza l'animosità di prima, anzi c'è nel suo dolore una certa comprensione, una obbiettiva valutazione della sua storia.
MIMI' Niente, mi sono sposato a una svizzera che teneva un figlio illegittimo, così col matrimonio il figlio ha un nome. Poi divorziamo, la cosa è semplice, e io torno libero come prima. Ecco tutto.
GIULIA E chi è questa… questa svizzera, questa signorina, come si chiama.
MIMI' E che ne so. Eva, mi pare. Io l'ho vista mezza volta. La cosa l'hanno fatta tutta gli avvocati. Ma quando siamo andati ai Galli l'hai vista?
GIULIA (di nuovo ferita) Ai Galli? Questo è l'affaruccio che dovevi fare?
MIMI' Eh, ma non fare quella faccia.
GIULIA Sicchè ho fatto la paraninfa.
MIMI' Mo che vuol dire sta parola?
GIULIA Oh, addio, gira col vocabolario… Ma a chi lo vuoi dar da bere tutto questo candore?
MIMI' Ma che dici, Giulia? Quella aveva bisogno di uno per i fatti suoi. Cosa mi interessa chi è, chi non è, la ninfa!…
Giulia si ferma guardando per terra come un toro. La sua voce è un po' tremante per pianto e per rabbia.
GIULIA (sbottando assurdamente) Ma è un caso umano, accidenti, c'è un bambino che gira col tuo nome, ma vorrei sapere chi è perché ce ne aveva bisogno del tuo nome, chi l'ha fatto sto bambino… (imitando grottescamente la voce di Mimì) mi sono sposato a una svizzera che tiene un figlio… L'ha risolta così lui… Fai pure lo spiritoso…
MIMI' (interrompendola in modo abbastanza perentorio) Giulia, è un lavoro… a te t'interessa il caso umano della "Cucine e posti d'Italia"?
GIULIA Ma non dire cretinate… Lo capisci che non si può essere così assurdi come te? Tu urti, passi, arraffi, afferri, ridi… Rubi diamanti… Fingi di trovarli… vai in Grecia e non vedi il … riconosci i figli e non sai neanche di chi … per cosa, per chi? Per stare a Positano a fare il bagno, con quattro…
MIMI' Perché a te ti pare che non ne vale la pena?
GIULIA (lo guarda con rancore) Come lo fai tu, no.
MIMI' (dopo una breve esitazione, tenta un tono conciliante) Giulia, che ti viene?
GIULIA Mi viene che sei un incosciente senza speranza… (poi aggiunge piano, come fosse in colpa) Anche sul piano dell'amicizia…
MIMI' Ma io ero venuto per darti una notizia allegra, se la pigli così, non ti capisco più. Che sei mia mamma? O sei papà. Se avessi detto a loro quello che ho detto a te, loro avrebbero reagito tale e quale. Ma tu no. Tu sei una ragazza spregiudicata, l'hai detto tu, eh. E poi non ho visto il Partenone, mica io faccio il tuo mestiere. A te ti pagano per vedere le cose, a me no. Perciò se lo voglio vedere lo vedo, se no, no.
GIULIA (sfiduciata dalla svolta che ha preso il discorso di Mimì) E' inutile, io credevo di conoscerti. Ma tu sei al di là dell'immaginazione. Io non ti conosco affatto.
MIMI' E va bè, tutti mi conoscono e tu non mi conosci, che ci posso fare?
La MACCHINA inquadra la faccia di Giulia e nei suoi occhi passa qualcosa di definitivo, ma senza l'animosità di prima, anzi c'è nel suo dolore una certa comprensione, una obbiettiva valutazione della sua storia.
DISSOLVENZA
E' un tardo pomeriggio, ancora chiaro, ma il sole è già tramontato. La spiaggia a quest'ora ha un ambiente più autentico. Si vedono le paranze già pronte per l'uscita notturna, si sentono nell'aria richiami di marinai, si vede qualche bambino accompagnato dalla madre che porta la colazione - di solito un grosso pezzo di pane imbottito - al padre. Alcuni pescatori sovraccarichi di cumuli di reti e di attrezzi si dirigono verso le imbarcazioni. Qualche paranza prova la fiamma del carbuto per la lampara.
Mimì, con un maglione blu arrotolato al collo, sta seduto sopra la spiaggia di fronte alla paranza sulla quale i pescatori già stanno mettendo ordine, e aspetta i compagni. Fuma. Lo vediamo così, poi si volta e alza un braccio: stanno arrivando con l'aria allegra Cocò e Frichì. Frichì senza dire una parola tira fuori una bottiglia di cognac.
FRICHI' Pure a questo ho pensato. Carlos Primero. Se fa freddo.
Mimì piglia la bottiglia, la stappa e ne beve un sorso.
MIMI' Buono.
FRICHI' Dà qua, questo più tardi.
Mentre parlano così arriva anche Pelos con Giovannella. Appena lo vedono i tre prendono un'aria sufficiente e stanca. Pelos se ne accorge e dice:
PELOS Non vi preoccupate, lei vorrebbe venire, ma sa già che non viene.
GIOVANNELLA Come siete ridicoli, state sempre appresso alle ragazze e quelle nemmeno vi badano, poi tutt'a un tratto…
MIMI' Ci divertiamo di più tra di noi, va bene.
GIOVANNELLA Ma se vi vedete tutto il giorno, che divertimento ci sta?
COCO' Pure a te ti vediamo tutto il giorno?
PELOS In Inghilterra ci stanno i club dove le donne non possono accostare. Ogni tanto si sente il bisogno… il nostro club sta là…
Ed indica la barca in mezzo al mare, dalla quale già i pescatori li chiamano.
GIOVANNELLA Ciao.
Volta le spalle e se ne va. Pelos la rincorre e tra i sorrisi furbeschi dei ragazzi, si vede Pelos che le mette una mano sulla spalla, le parla all'orecchio come per rabbonirla, e poi soddisfatto, pacificato, ritorna nel gruppo.
MIMI' (con gesti di contenuta esasperazione, verso Pelos) Pelò… Uuuh! Io or ora me la sono scansata una, e tu, l'esempio mio non ti dice niente? E tu insisti, tu…
Intanto Mimì si arrotola il pantalone e mette i piedi nell'acqua diretto alla barca distante uno o due metri dalla spiaggia.
MIMI' Venite! Sentite come è calda! Stasera salgono a galla… i totani…
Ad uno ad uno salgono sulla barca. Si sentono nell'aria parole slegate, fuori campo: " Io direi alla secca del monacone". "Ciccì, che ne dici è meglio verso Nerano o verso Punta Furore?".
Intanto la barca si scosta dalla spiaggia, si sente il primo scoppio di motore, e dopo varie prove e controprove, tra urlati consigli e qualche risata, la barca si allontana verso l'alto mare.
E' buio adesso. Si sentono voci allegre, eccitate, risatine.
… E nasce tra le altre una voce che dice: "Come dice sempre il farmacista?"
Tutti in coro prima piano, poi ripetuto in varie scale musicali, come una fuga di Bach:
… e va bene
cosa da niente
tutto si accomoda
pacatamente.
Mimì, con un maglione blu arrotolato al collo, sta seduto sopra la spiaggia di fronte alla paranza sulla quale i pescatori già stanno mettendo ordine, e aspetta i compagni. Fuma. Lo vediamo così, poi si volta e alza un braccio: stanno arrivando con l'aria allegra Cocò e Frichì. Frichì senza dire una parola tira fuori una bottiglia di cognac.
FRICHI' Pure a questo ho pensato. Carlos Primero. Se fa freddo.
Mimì piglia la bottiglia, la stappa e ne beve un sorso.
MIMI' Buono.
FRICHI' Dà qua, questo più tardi.
Mentre parlano così arriva anche Pelos con Giovannella. Appena lo vedono i tre prendono un'aria sufficiente e stanca. Pelos se ne accorge e dice:
PELOS Non vi preoccupate, lei vorrebbe venire, ma sa già che non viene.
GIOVANNELLA Come siete ridicoli, state sempre appresso alle ragazze e quelle nemmeno vi badano, poi tutt'a un tratto…
MIMI' Ci divertiamo di più tra di noi, va bene.
GIOVANNELLA Ma se vi vedete tutto il giorno, che divertimento ci sta?
COCO' Pure a te ti vediamo tutto il giorno?
PELOS In Inghilterra ci stanno i club dove le donne non possono accostare. Ogni tanto si sente il bisogno… il nostro club sta là…
Ed indica la barca in mezzo al mare, dalla quale già i pescatori li chiamano.
GIOVANNELLA Ciao.
Volta le spalle e se ne va. Pelos la rincorre e tra i sorrisi furbeschi dei ragazzi, si vede Pelos che le mette una mano sulla spalla, le parla all'orecchio come per rabbonirla, e poi soddisfatto, pacificato, ritorna nel gruppo.
MIMI' (con gesti di contenuta esasperazione, verso Pelos) Pelò… Uuuh! Io or ora me la sono scansata una, e tu, l'esempio mio non ti dice niente? E tu insisti, tu…
Intanto Mimì si arrotola il pantalone e mette i piedi nell'acqua diretto alla barca distante uno o due metri dalla spiaggia.
MIMI' Venite! Sentite come è calda! Stasera salgono a galla… i totani…
Ad uno ad uno salgono sulla barca. Si sentono nell'aria parole slegate, fuori campo: " Io direi alla secca del monacone". "Ciccì, che ne dici è meglio verso Nerano o verso Punta Furore?".
Intanto la barca si scosta dalla spiaggia, si sente il primo scoppio di motore, e dopo varie prove e controprove, tra urlati consigli e qualche risata, la barca si allontana verso l'alto mare.
E' buio adesso. Si sentono voci allegre, eccitate, risatine.
… E nasce tra le altre una voce che dice: "Come dice sempre il farmacista?"
Tutti in coro prima piano, poi ripetuto in varie scale musicali, come una fuga di Bach:
… e va bene
cosa da niente
tutto si accomoda
pacatamente.
FINE
Mil gracias por tu generosidad al compartir..... Y no sólo tu esfuerzo, sino tu pericia. Llevaba tiempo buscando esta película y no había manera. Muchas gracias!
ResponderEliminarOjalá puedas volver a subir esta película. Desde ya, mil gracias...
ResponderEliminarCambiados los enlaces.
EliminarMaravilloso. Disfruto tanto de tu página con los comentarios, críticas y las películas. Gracias otra vez.
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