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jueves, 17 de octubre de 2013

Segreti segreti - Giuseppe Bertolucci (1985)


TITULO ORIGINAL Segreti segreti
AÑO 1985
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 92 min.
DIRECCION Giuseppe Bertolucci
GUION Giuseppe Bertolucci, Vincenzo Cerami
MUSICA Nicola Piovani
FOTOGRAFIA Renato Tafuri
PREMIOS 1984: Premios David di Donatello: Mejor actriz (Lina Sastri). 2 nominaciones
REPARTO Lina Sastri, Rossana Podestà, Giulia Boschi, Alida Valli, Stefania Sandrelli, Lea Massari, Mariangela Melato, Massimo Ghini, Pino Calabrese, Nicoletta Braschi, Nicola Di Pinto
PRODUCTORA A.M.A. Film / Istituto Luce / Ital-Noleggio Cinematografico
GENERO Drama | Terrorismo

SINOPSIS En Venecia, un grupo terrorista liderado por una mujer, Laura, mata a un juez. Uno de los tres tiene una crisis y la chica lo elimina. En Irpinia, una niña participa en el funeral de su hermano, muerto por los terroristas. La jefa de la banda terrorista llega a una villa veneciana, donde es recibido por su vieja ama de llaves. La reunión entre las dos mujeres es tierna y conmovedora, pero la institutriz se da cuenta de que algo anda mal. Pronto se da cuenta de que los terroristas la buscan. Mientras tanto, la madre de Laura ayuda a su amiga Renée, quien ha intentado suicidarse... (FILMAFFINITY)

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Giuseppe Bertolucci ha una qualità peculiare; saper scrivere fiabe cinematografiche rendendole naturali e vive, non sovraccariche di estetismi particolari (in questo si differenzia un poco dal fratello Bernardo) e dialoghi particolarmente artificiosi. Assieme a Bernardo Bertolucci sono i due registi italiani che meglio riescono a mettere a nudo ed evidenziare sogni, noia, vizi, utopie della classe borghese, ancor di più di Antonioni e poco meno di Bergman.. I due fratelli nella borghesia ci sono cresciuti, ci convivono e non raccontano mai il vero per il falso; non enfatizzano dialoghi o sequenze. Sono due uomini di sinistra, ma non si sono mai schierati con toni intellettuali verso le persone. Riconoscono il loro essere borghesi con pregi e difetti , senza ipocrisia, cosa che non riesce ad altri “intellettuali”. Mi piace la coerenza che li animano. E grazie alla coerenza i loro film sbocciano nel clima giusto, senza alcuna sbavatura e senza alcuna recitazione forzata.
Parlare di terrorismo è difficile e lo è stato soprattutto in quegli anni. La difficoltà era (ed è..) quella di non entrare in un vortice dove ci sono molti aspetti ed intrecci che, se non hai fonti o genio artistico, non ti aiutano a scrivere un’opera degna di nota. Succede difatti che molti film sono caduti in questa trappola. La meglio gioventù è film perfetto fino a quando si mantiene nel conflitto psicologico dei personaggi e della generazione di quegli anni, ma poi va in tilt quando deve condensare un tempo narrativo/storico dilungato (forse) per scelte stilistiche. Novecento (non a caso di Bernardo Bertolucci) viaggia su binari opposti, come la capacità tecnica e narrativa di Sorrentino che ha reso capolavoro un film difficilissimo su Giulio Andreotti, Il Divo, uomo che nel bene e nel male rappresenta la storia della nostra democrazia non partecipativa. Entrato nel dettaglio, soffermatosi nei lati oscuri, pensierosi, solitari del senatore a vita e colorando con toni grotteschi la sceneggiatura, ci lascia tutto lo spazio per riflettere sull’uomo e sull’Italia.
E la capacità stilistica di Sorrentino è stata quella di non aver operato con scelte ridondanti (ricordiamoci che sono i decenni della D.C, della prima repubblica, ma anche del boom economico, le stragi di stato, il caso Moro, ecc …)
Segreti, Segreti, è un film del 1984, scritto quindi dopo la fine degli anni ’70. E’ un film che il regista elabora nella fase calante del periodo e in un contesto storico per il cinema italiano sguaiato. Quale scelta migliore sarebbe stata quella di cimentarsi sul delitto Moro, per esempio, o su il movimento studentesco ? Quale miglior film sarebbe stato se non quello di cercar di condensare nella pellicola gli inciuci tra chiesa e stato o parlando di Andreotti, Spadolini, Cossiga e Craxi ? No, Bertolucci osserva le anime, la crescita, lo sviluppo e la morte di una classe; Bertolucci segue l’abbandono a se stessi di una generazione. Si accorge, che nei set cinematografici, fioriscono attori e attrici molto spesso investiti in parti che non li animano assolutamente. E in Segreti Segreti, sette personaggi prendono identità come due classi sociali a loro volta opposte: quella borghese e proletaria.
La prima sequenza ci narra che qualcosa sta per accadere: un piroscafo sta per attraccare ad un porticciolo di Venezia ed il volto ansioso di Pietro, il killer che dovrà sparare, segue l’arrivo del magistrato Andrea Sordi e lo pedinerà tra i vicoletti a labirinto. Con lui altri due complici. L’organizzazione è predisposta in modo tale che Pietro deve compiere il gesto crudo mentre gli altri loro coprono.
Il Killer non spara nel punto esatto, non colpisce il prescelto. I numerosi colpi gettano preoccupazione agli altri due addetti in quell’istante alla sorveglianza a pochi metri dalla piazza. Sentendo gli spari corrono verso la piazza notando che Pietro si è sparato su una gamba, colto probabilmente da uno stato forte di tensione. L’azione deve essere portata a buon fine e Laura uccide il collega ed il magistrato. Altri film avrebbero dato una razionalizzazione della realtà: chi sono i tre ? da quale matrice politica provengono? perché lo hanno fatto?. Bertolucci no. Sceglie la strada laterale, strutturando la storia a puzzle o destrutturandola. Segreti Segreti non analizza il percorso ma analizza gli effetti e non le grandi cause sociali. Dei terroristi non sappiamo più nulla, se non quando vedremo alla fine Laura essere arrestata e dirà solo i cognomi, perché i nomi non li conosce, indicando i quartieri dove risiedono: Monte Mario, Monte Verde, Gregorio VII e Pomezia, il luogo di aggregazione. Ma non li conosce ed il magistrato (Mariangela Melato) capisce che non sta raccontando balle in quel misto di disperazione e cinismo a pochi attimi dalla morte della madre, sconvolta per l’insurrezione nella notte prima della polizia ed incapace di credere nei segreti interiori della figlia, oramai spogliatasi dall’animo borghese. Marta si getta dalla finestra invasa dalla disperazione.
Laura è una ragazza che parla con le espressioni, le gestualità a tratti maschili e con poca femminilità. Ma gli sguardi a volte non nascondono nulla, i segreti solitamente li porta dentro se come gli altri personaggi che conosciamo durante il film. È chiusa, non nutre particolari affetti verso gli uomini, lo conferma all’ossessiva governate Gina (Alida Valli). Ed il segreto lo svela senza dichiararlo a voce, ma solamente dopo aver sottoposto la governante ad osservare attentamente il suo sguardo “per capire se realmente è sempre uguale”, come dice la donna, “o cambiata” , come afferma lei. Difatti l’indomani la signora, donna educatrice dai principi morali sani, lascerà la casa dopo 42 anni di servizio.
In questo mondo borghese fa parte la madre di Laura (Lea Massari), una donna attratta apparentemente dalla vita mondana, affascinante e ben vestita, narcisista bisognosa di continui riconoscimenti. Fa parte anche Renata (una bravissima Stefania Sandrelli), anch’essa in cerca di conferme, al punto tale di tagliarsi i polsi e finire in ospedale. Proprio Laura, di cui ha invidia, le confesserà che il gesto è lo stesso trucco compiuto dalle mogli abbandonate o i bambini per riconquistare la fiducia dei fidanzati e genitori. Renata è una ragazza viziata, sciocca, indecisa, annoiata, il cui motto è quello di giocare con la vita.
In occasioni rare si pone anche domande esistenziali, come quando prima di addormentarsi in ospedale chiede a Marta “ la differenza tra il tentato suicidio invece del suicidio fallito”, a cui l’affascinante signora risponde che“ siamo così stupidi, così stupidi, così presuntuosi, che l’idea di fallimento ci da noia sempre”.
Al senso di vuoto che ci comunica la classe borghese, si antepone quella proletaria, rappresentata dal Pietro, il ragazzo morto e dai compaesani irpini. In questa circostanza Bertolucci coglie appieno l’alienazione delle persone verso la televisione, il loro desideri inappagati e i sogni davanti il piccolo schermo. La morte di Pietro non è accolta con dolore da Maria (Rossana Podestà) la matrigna, una donna bisognosa di attrarre ripetutamente. Al contrario è sofferta dalla sorellastra Rosa (Giulia Boschi) un’eroina romantica che prova nei suoi limiti di scoprire la verità. Sarà lei che suonerà la porta di uno tra i mille appartamenti nel quartiere Corviale a Roma. Sarà lei che proverà a scovare Laura dopo aver avuto un colloquio e le prime tracce dal magistrato. E sarà più forte moralmente di Laura quando si troveranno nello stesso vagone per Napoli. In questa circostanza la giovane opterà per misconoscere l’assassina, risponderà alle domande dopo che le due osservano la foto caduta a terra di Pietro ritratto durante la prima comunione. Rosa inganna con la fantasia e pone domande senza avere risposta. Osserva che la maschera di Laura si scompone e, incapace di reggere il confronto, scende dal vagone.
Giuseppe Bertolucci ci rappresenta attraverso una costruzione eccezionale le fobie ed il senso di colpa di una generazione, quella dei terroristi, per buona parte proveniente dalle classi abbienti della società. Ma anche l’incredulità, il raziocinio e il bigottismo morale che la stessa classe è incapacitata a sciogliere. Rimangono scorie radioattive sulla pelle. Ma sopratutto l’incapacità di comunicare e la paura dell’altro che sconvolge la stabilità.
Alessandro Dionisi


Giuseppe Bertolucci in Segreti segreti tenta di raccontare un periodo storico che nel cinema italiano trova ancora oggi poco riscontro, cioè il terrorismo; e lo fa negli anni ottanta (periodo di ambientazione della stessa storia) quando regna quel cinema triviale, spazzatura che con il suo tanfo inquina ancora oggi le sale e i festival del bel paese.
Attraverso una chiave di lettura originale, la donna come custode del racconto a partire dalla sua forma elementare, intreccia diverse storie femminili sconvolte da un attentato brigatista avvenuto in una Venezia rappresentata come una prigione; un labirinto di vicoli bui e la piazza dell'attentato stretta da piccole case ammassate su essa. Laura (Sastri) è una brigatista autrice di un duplice omicidio (il magistrato obiettivo dell'attacco ed un compagno esitante) e filo conduttore della storia che attraversa sei donne diverse, in un film che sembra basarsi sul rapporto madre-figlia. Laura è altoborghese e idealista, si confronta prima con la tata (Alida Valli), custode della sua infanzia e innocenza, e prima donna ad essere travolta dagli effetti della sua azione estrema, infatti scappa apparentemente senza motivo lungo un sentiero sterrato chiudendo alle sue spalle il cancello del casolare, come ad indicare il destino della protagonista.
E' qui che il racconto si manifesta per la prima volta come strumento narrativo e depositario dei segreti; basta solo uno scambio di sguardi per svelare tutto, e se non importa sapere cosa si è diventati, importa invece la perdita di quella identità con la quale ci si conosceva. Ma l'effetto causato non è sempre la fuga, la madre Marta (Massari) non regge il confronto con la Storia che la schiaccia; si uccide gettandosi dalla finestra al momento dell'arresto della figlia. Occhi increduli di fronte agli eventi storici e personali sono quelli della giovanissima Francesca (Ceccarelli), che impietrita vede un suicidio riuscito, quello alla quale la depressa madre Renata (Sandrelli) era scampata. Gli occhi intensi della terrorista si confrontano ancora con quelli di Giuliana (Melato), giudice che esegue l'interrogatorio ma in forma distaccata, perché sconvolta dalla scoperta del tradimento da parte del marito. Ultima donna coinvolta nei fatti e costretta a tornare al passato è Rosa (Boschi), proletaria sorellastra del compagno terrorista ucciso. Qui come per la protagonista il conf ronto è duplice; quello con la madre, (Podestà) sullo sfondo dell'Irpinia distrutta dal terremoto (forma speculativa dove è evidente la chiave interpretativa basata sull'effetto provocato dall'avvenimento), che manifesta menefreghismo di fronte agli avvenimenti, e quello con la terrorista Laura; qui la protagonista esprime la necessità di dichiararsi ma tutto avviene sempre in modo velato, attraverso un sottile gioco di sguardi, avvolte intensi avvolte freddi. Tra tutte le interpretazioni quella della Sastri, indifesa e rapace, vola sulle altre rendendosi di incontenibile bravura.
Il regista affronta il fenomeno del terrorismo in un'ottica imprevedibile, ribaltando ogni fatto prima in un riverbero interiore e solo inseguito sociale; ma nonostante la costruzione a puzzle della storia, il risultato si perde in troppi segreti lasciando gli effetti ad un abile costruzione di sguardi e scenografie. Segerti segreti è in fine l'ennesima pellicola che si aggiunge a quel panorama scarno di cinema italiano che sul genere continua ad essere timido e distante.
Gabriele Perrone
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Pietro (Federico Pacifici) è un giovane terrorista a cui tocca uccidere un alto magistrato. Ma quando deve premere il grilletto tentenna, ha paura e si ferisce ad una gamba con un colpo di pistola partito accidentalmente. Laura (Lina Sastri) l’altra componente del commando, con lucida determinazione, fredda entrambi. Pietro è seppellito a Sant’Angelo dei Lombardi, un paese terremotato dell’Irpinia dove vivono accampati in un roulotte sua sorella Rosa (Giulia Boschi) e la sua matrigna Maria (Rossana Podestà). In fuga, Laura si rifugia a Bologna da Gina (Alida Valli) la sua vecchia tata ma la donna intuisce che lei nasconde qualche inquietante segreto e decide di andar via e di raggiungere la sorella. Laura va a Roma da sua madre Marta (Lea Massari) ma la polizia è sulle sue tracce e piomba in casa in piena notte. Un solerte capitano informa Marta che sua figlia è ricercata per associazione a banda armata; Marta non regge il colpo e si suicida. Catturata, a Giulia (Mariangela Melato) il magistrato che indaga sulla vicenda Laura rivela i nomi degli altri terroristi.
Film discontinuo che prova ad affrontare la difficile tematica degli anni di piombo in Italia. Bertolucci non ci fornisce alcuna ipotesi sulle motivazioni che avrebbero spinto Laura ad abbracciare la  lotta armata e donandole un carattere, fin troppo incline al pianto ed alla commozione, la descrive come la classica vicina della porta accanto. In una scena simbolo del film mentre brucia i volantini delle BR incappa, per caso, in un settimanale con le foto del matrimonio di Carlo e Diana e, commossa, ne resta rapita. Troppo smaccato il contrasto tra Pietro, il terrorista nato in un paesino povero ed abbandonato dell’entroterra irpino e Laura, una ricca borghese. Non convincono, infine, il suicidio di  Marta e la confessione di Laura al giudice.  Le cose migliori del film sono alcuni scambi secchi e taglienti tra Renata (Stefania Sandrelli), amica di  Renata ricoverata in una clinica per un tentato suicidio, e Marta: “Perché si dice “tentato suicidio” e non “suicido fallito”? e la sua amica, con estrema lucidità le risponde: “Perché siamo così stupidi, così presuntuosi che l’idea di un fallimento ci da noia sempre.”. A dispetto del titolo nel film d segreti non vi è neppure l’ombra ed appare troppo confusa e troppo cerebrale la spiegazione che Renata offre a Laura sui motivi che l’hanno spinta al (finto) tentato suicidio: “Mi amavo, amavo tutto di me, anche le tette troppo grosse quando andavano di moda le magre, anche i brufoli che ti sbucano proprio l’estate chetai trovato il primo ragazzino, anche quel carattere di merda che manda all’aria due matrimoni. Mai, anzi con gli anni, l’amore è aumentato, si è rafforzato fino al punto di scherzare con una lametta intorno ai polsi, di giocherellare con la mia vita, come il gatto con il topo. Sono il gatto e sono il topo; scappo e mi acchiappo, mi nascondo e mi stano. Se voglio mi mangio, se voglio mi ammazzo ma non perché mi odio ma perché mi voglio distruggere…No! Sto giocando da sola. Siccome quando sono nata non potevo guardarmi nascere, allora volevo guardarmi mentre morivo, guardarmi mentre me ne andavo perché in quel momento mi sarei amata più che in qualsiasi altro momento. Ma se fossi morta, allora, il gioco, davvero, si sarebbe interrotto per sempre.” 
Giuseppe Bertolucci racconta “Segreti segreti”
1 ottobre 2007
Incontro con Giuseppe Bertolucci condotto da Ugo Gregoretti

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