TITULO ORIGINAL Lo zio indegno
AÑO 1989
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 105 min.
DIRECCION Franco Brusati
GUION Franco Brusati, Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi
MUSICA Stefano Marcucci
FOTOGRAFIA Romano Albani
MONTAJE Gianfranco Amicucci
REPARTO Vittorio Gassman, Giancarlo Giannini, Andréa Férreol, Kim Rossi Stuart, Beatrice Palme, Simona Cavallari, Stefania Sandrelli, Massimiliano Palmese, David Maunsell, Paco Reconti, Caterina Boratto, Bruno Corazzari
PRODUCTORA Dania Film / Ellepi Film / PMV
GENERO Comedia / Drama
SINOPSIS Historia de una insólita relación entre tío y sobrino, ambos ya entrados en la madurez y separados por irreconciliables caracteres: mientras el joven es un individuo mediocre y alocado, el viejo se resiste a abandonar la ilusión y las ganas de vivir. (FILMAFFINITY)
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TRAMA:
Incontratisi dopo moltissimi anni, tra Luca e Riccardo viene a determinarsi una curiosa situazione. Sono praticamente due sconosciuti: il primo, che si autoproclama zio dell'altro e gli cita persone ed ambienti della sua infanzia (ne ha amato anche la madre), è un tipo stravagante, poeta più stimato all'estero che in Patria, chiacchierone, insidiatore di ragazzine nei cinema di periferia e affittuario di un alloggio miserabile, dove il disordine regna sovrano; Riccardo è uomo relativamente perfetto, piuttosto fedele alla moglie Teresa, piuttosto affettuoso con i figli, Andrea e Marina, abbastanza agiato e buon lavoratore. Quel presunto congiunto scapestrato gli scombina l'esistenza: Riccardo gli rimette a nuovo la casa (cui lo zio per distrazione dà fuoco) e finisce con il ritrovarsi perfino derubato in casa di un quadretto del '700, per cui Riccardo manda lo zio in galera; ma quello, uscito a tempo debito, ancora lo affascina con i modi spregiudicati e quella sua vita libera e, in fondo, per nulla infelice. Un giorno, dovendo partecipare a Venezia ad un convegno di affari, il nipote parte da Milano e porta con sé "zio" Luca. E là sulla spiaggia del Lido, il vecchio muore all'improvviso d'infarto, lasciando all'altro in suo ricordo solo una sciarpa.
Incontratisi dopo moltissimi anni, tra Luca e Riccardo viene a determinarsi una curiosa situazione. Sono praticamente due sconosciuti: il primo, che si autoproclama zio dell'altro e gli cita persone ed ambienti della sua infanzia (ne ha amato anche la madre), è un tipo stravagante, poeta più stimato all'estero che in Patria, chiacchierone, insidiatore di ragazzine nei cinema di periferia e affittuario di un alloggio miserabile, dove il disordine regna sovrano; Riccardo è uomo relativamente perfetto, piuttosto fedele alla moglie Teresa, piuttosto affettuoso con i figli, Andrea e Marina, abbastanza agiato e buon lavoratore. Quel presunto congiunto scapestrato gli scombina l'esistenza: Riccardo gli rimette a nuovo la casa (cui lo zio per distrazione dà fuoco) e finisce con il ritrovarsi perfino derubato in casa di un quadretto del '700, per cui Riccardo manda lo zio in galera; ma quello, uscito a tempo debito, ancora lo affascina con i modi spregiudicati e quella sua vita libera e, in fondo, per nulla infelice. Un giorno, dovendo partecipare a Venezia ad un convegno di affari, il nipote parte da Milano e porta con sé "zio" Luca. E là sulla spiaggia del Lido, il vecchio muore all'improvviso d'infarto, lasciando all'altro in suo ricordo solo una sciarpa.
CRITICA:
"Anche se il racconto è disuguale, qualche volta troppo ellittico, il risultato è accattivante e insolito." (Tullio Kezich - Il filmnovanta)
NOTE:
- PRESENTATO AL FESTIVAL DI MONTREAL (1989).
- NASTRO D'ARGENTO (1990) A VITTORIO GASSMAN COME MIGLIOR ATTORE.
GASSMAN E' 'LO ZIO INDEGNO'
ROMA ...Leggerezza, sorriso, tenerezza, affetto allegro...: Franco Brusati, più che raccontare le cose, le persone, i fatti del film Lo zio indegno (prodotto da Leo Pescarolo, Guido De Laurentiis e Luciano Martino, con la collaborazione di ReteItalia) che ha appena finito di girare, tiene a comunicare l' umore, gli umori, lo stato d' animo in cui la storia ha preso vita e si è sviluppata in qualche chilometro di pellicola che adesso è al montaggio. Sia più preciso. E' uno dei tanti ritratti di diversi, di non integrati, non all' unisono con la società in cui vivono, che io ho fatto per il cinema e per il teatro: l' emigrato di Pane e cioccolata , gli adulti ostinatamente adolescenti di Dimenticare Venezia, i ragazzi precocemente invecchiati de I tulipani di Harlem... I miei sono sempre ritratti di persone non a loro agio nel mondo: qui racconto di un personaggio che viene in qualche misura da un altro mondo, ed è il mondo della Poesia. E' un diverso per questo, e perché è anziano... Prosegue: Senza risalire a Villon e alla sua Forca, o a Verlaine, di cui Gide racconta di averlo visto picchiato all' uscita di una scuola dove insidiava un ragazzino, o allo stesso Sandro Penna, senza, insomma, pensare o citare nessuno di preciso, diciamo che ho rivolto genericamente il pensiero a quei tanti angeli che vengono sulla terra in veste di animali apparentemente privi di morale. L' angelo, vecchio, puttaniere e bugiardo, sullo schermo è quell' attore straordinario che è Vittorio Gassman. Il suo antagonista, iperintegrato, felice del suo successo e del suo danaro, è suo nipote: Giancarlo Giannini. Il film comincia quando i due si incontrano, per un caso della vita. Gassman, lo zio, si è sentito male. E' stato ricoverato in una clinica. Non ha i soldi per pagare le cure di cui necessita. Dalla clinica cercano un parente, e lo trovano nella persona di un nipote che non vede lo zio da quando era bambino. Questo nipote risponde alla chiamata, e si trova di fronte un uomo che quasi non conosce e che gli appare come un cane, un gatto o un uccello: un essere totalmente privo di senso morale. Giannini, il nipote, è fiero della propria superiorità, di fronte a quello che gli appare il malessere di vita del pover' uomo che sarebbe suo zio. Impara a conoscerlo. E pian piano succede che fa una scoperta per lui terribile: il rottame è pieno di qualità morali e artistiche che lui neanche si sogna. Non solo, ma in una ristretta cerchia internazionale di poeti e intellettuali, gode del rispetto che si dà unicamente alle persone rare. Questo lo fa diventare pazzo. E' da qui che comincia la storia di un' amicizia impossibile: il nipote a poco a poco si innamora dello zio, ma se ne innamora nel momento sbagliato, e cioè quando quest' ultimo, per beffa estrema, pur di non pagare la sua ultima scommessa, gli muore tra le braccia. Franco Brusati dà a Cesare quel ch' è di Cesare: Il soggetto è mio, ma il film l' ho scritto con Benvenuti e De Bernardi, che hanno i piedi sulla terra più di me, acciocché gli dessero quella corposità necessaria per controbilanciare la mia tendenza naturale verso lo slancio più lirico e leggero. E' soddisfatto dei suoi attori e li ringrazia: Gassman, che sembra fatto su misura per il personaggio, capace, com' è, per doti naturali, di essere, insieme, miserabile e di gran razza. E Giannini: incantevole, senza baffi, e senza eccessi. Poi c' è Andrea Ferréol. E la Sandrelli, nel ruolo di una creatura bizzarra e un po' mascalzona: deliziosa e brava, ogni giorno di più. Autobiografia? Non c' è uno solo dei miei film o delle mie commedie che sia autenticamente autobiografico. Certo, nascono tutti da sentimenti e umori che sono i miei, del momento. Prenda Pane e cioccolata, per esempio. Non è il ritratto di un emigrato. E' , bensì, con riferimento a me stesso, evidentemente, il ritratto di un uomo solo che non sta bene, né nel suo mondo, né in quello degli altri: diciamo che ho affidato la mia estraneità, per necessità di racconto, alla forma dell' emigrato. Qui, nello Zio indegno, sono l' anziano: il personaggio interpretato da Gassman, che gli presta la sua autentica disperazione e anche la sua allegria. Ma, visto che il mio umore del momento ha a che vedere soprattutto con la voglia di sbeffeggiare e sbeffeggiarmi, mi pare che il film racconti soprattutto questo: che metta in scena la mia allegria. E' per questo che ha la forma della commedia: il dramma e la tragedia credono in se stessi, la commedia non crede in niente. L' amarezza: Non so. Non avrei voluto. Se c' è, è forse quella che ho contro di me, per non aver scritto di più, fatto di più: sei commedie e otto film, non sono pochi, ma forse avrebbero potuto essere più numerosi. Avrebbe voluto lavorare di più, o non piuttosto ottenere maggiori riconoscimenti? Diciamo che io mi sento un po' un non-presenzialista del mondo: la mia solitudine, attribuita scioccamente a superbia, aristocrazia, spirito mitteleuropeo, tutte cose che non ho e non voglio avere, mi ha messo in condizione di dover vincere sempre... Io sono uno cui non vengono perdonate le eventuali sconfitte, a differenza di altri miei colleghi... Insomma sono uno cui non è stato regalato niente, o molto poco. In che modo il film, oltre che essere figlio suo, è anche figlio del nostro tempo, dell' aria politica e culturale che respiriamo, come lo sono sempre stati tutti i suoi film? Lo è proprio perché è una difesa di coloro che rifiutano di farsi assimilare, in un mondo e in un momento, quelli che stiamo tutti vivendo, in cui domina la gara al conformismo. Lo è in quanto si contrappone, attraverso il suo protagonista, a un mondo che sta diventando vergognosamente concreto, e in cui non si sente neanche più parlare di slanci e di ideali: più sento pesarmi addosso la noiosa concretezza del mondo, e più racconto di una fuga da tutto questo. Ma sì, lo confesso: il mio cinema e il mio teatro come continua presa di distanza da un mondo, in cui anch' io, come i miei personaggi, non mi sono trovato tanto bene.
Anna Maria Mori
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/01/20/gassman-lo-zio-indegno.html
ROMA ...Leggerezza, sorriso, tenerezza, affetto allegro...: Franco Brusati, più che raccontare le cose, le persone, i fatti del film Lo zio indegno (prodotto da Leo Pescarolo, Guido De Laurentiis e Luciano Martino, con la collaborazione di ReteItalia) che ha appena finito di girare, tiene a comunicare l' umore, gli umori, lo stato d' animo in cui la storia ha preso vita e si è sviluppata in qualche chilometro di pellicola che adesso è al montaggio. Sia più preciso. E' uno dei tanti ritratti di diversi, di non integrati, non all' unisono con la società in cui vivono, che io ho fatto per il cinema e per il teatro: l' emigrato di Pane e cioccolata , gli adulti ostinatamente adolescenti di Dimenticare Venezia, i ragazzi precocemente invecchiati de I tulipani di Harlem... I miei sono sempre ritratti di persone non a loro agio nel mondo: qui racconto di un personaggio che viene in qualche misura da un altro mondo, ed è il mondo della Poesia. E' un diverso per questo, e perché è anziano... Prosegue: Senza risalire a Villon e alla sua Forca, o a Verlaine, di cui Gide racconta di averlo visto picchiato all' uscita di una scuola dove insidiava un ragazzino, o allo stesso Sandro Penna, senza, insomma, pensare o citare nessuno di preciso, diciamo che ho rivolto genericamente il pensiero a quei tanti angeli che vengono sulla terra in veste di animali apparentemente privi di morale. L' angelo, vecchio, puttaniere e bugiardo, sullo schermo è quell' attore straordinario che è Vittorio Gassman. Il suo antagonista, iperintegrato, felice del suo successo e del suo danaro, è suo nipote: Giancarlo Giannini. Il film comincia quando i due si incontrano, per un caso della vita. Gassman, lo zio, si è sentito male. E' stato ricoverato in una clinica. Non ha i soldi per pagare le cure di cui necessita. Dalla clinica cercano un parente, e lo trovano nella persona di un nipote che non vede lo zio da quando era bambino. Questo nipote risponde alla chiamata, e si trova di fronte un uomo che quasi non conosce e che gli appare come un cane, un gatto o un uccello: un essere totalmente privo di senso morale. Giannini, il nipote, è fiero della propria superiorità, di fronte a quello che gli appare il malessere di vita del pover' uomo che sarebbe suo zio. Impara a conoscerlo. E pian piano succede che fa una scoperta per lui terribile: il rottame è pieno di qualità morali e artistiche che lui neanche si sogna. Non solo, ma in una ristretta cerchia internazionale di poeti e intellettuali, gode del rispetto che si dà unicamente alle persone rare. Questo lo fa diventare pazzo. E' da qui che comincia la storia di un' amicizia impossibile: il nipote a poco a poco si innamora dello zio, ma se ne innamora nel momento sbagliato, e cioè quando quest' ultimo, per beffa estrema, pur di non pagare la sua ultima scommessa, gli muore tra le braccia. Franco Brusati dà a Cesare quel ch' è di Cesare: Il soggetto è mio, ma il film l' ho scritto con Benvenuti e De Bernardi, che hanno i piedi sulla terra più di me, acciocché gli dessero quella corposità necessaria per controbilanciare la mia tendenza naturale verso lo slancio più lirico e leggero. E' soddisfatto dei suoi attori e li ringrazia: Gassman, che sembra fatto su misura per il personaggio, capace, com' è, per doti naturali, di essere, insieme, miserabile e di gran razza. E Giannini: incantevole, senza baffi, e senza eccessi. Poi c' è Andrea Ferréol. E la Sandrelli, nel ruolo di una creatura bizzarra e un po' mascalzona: deliziosa e brava, ogni giorno di più. Autobiografia? Non c' è uno solo dei miei film o delle mie commedie che sia autenticamente autobiografico. Certo, nascono tutti da sentimenti e umori che sono i miei, del momento. Prenda Pane e cioccolata, per esempio. Non è il ritratto di un emigrato. E' , bensì, con riferimento a me stesso, evidentemente, il ritratto di un uomo solo che non sta bene, né nel suo mondo, né in quello degli altri: diciamo che ho affidato la mia estraneità, per necessità di racconto, alla forma dell' emigrato. Qui, nello Zio indegno, sono l' anziano: il personaggio interpretato da Gassman, che gli presta la sua autentica disperazione e anche la sua allegria. Ma, visto che il mio umore del momento ha a che vedere soprattutto con la voglia di sbeffeggiare e sbeffeggiarmi, mi pare che il film racconti soprattutto questo: che metta in scena la mia allegria. E' per questo che ha la forma della commedia: il dramma e la tragedia credono in se stessi, la commedia non crede in niente. L' amarezza: Non so. Non avrei voluto. Se c' è, è forse quella che ho contro di me, per non aver scritto di più, fatto di più: sei commedie e otto film, non sono pochi, ma forse avrebbero potuto essere più numerosi. Avrebbe voluto lavorare di più, o non piuttosto ottenere maggiori riconoscimenti? Diciamo che io mi sento un po' un non-presenzialista del mondo: la mia solitudine, attribuita scioccamente a superbia, aristocrazia, spirito mitteleuropeo, tutte cose che non ho e non voglio avere, mi ha messo in condizione di dover vincere sempre... Io sono uno cui non vengono perdonate le eventuali sconfitte, a differenza di altri miei colleghi... Insomma sono uno cui non è stato regalato niente, o molto poco. In che modo il film, oltre che essere figlio suo, è anche figlio del nostro tempo, dell' aria politica e culturale che respiriamo, come lo sono sempre stati tutti i suoi film? Lo è proprio perché è una difesa di coloro che rifiutano di farsi assimilare, in un mondo e in un momento, quelli che stiamo tutti vivendo, in cui domina la gara al conformismo. Lo è in quanto si contrappone, attraverso il suo protagonista, a un mondo che sta diventando vergognosamente concreto, e in cui non si sente neanche più parlare di slanci e di ideali: più sento pesarmi addosso la noiosa concretezza del mondo, e più racconto di una fuga da tutto questo. Ma sì, lo confesso: il mio cinema e il mio teatro come continua presa di distanza da un mondo, in cui anch' io, come i miei personaggi, non mi sono trovato tanto bene.
Anna Maria Mori
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/01/20/gassman-lo-zio-indegno.html
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