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lunes, 5 de abril de 2021

L'uomo del labirinto - Donato Carrisi (2019)


TÍTULO ORIGINAL
L'uomo del labirinto
AÑO
2019
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español (Separados)
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Donato Carrisi
GUIÓN
Donato Carrisi
FOTOGRAFÍA
Federico Masiero
REPARTO
Dustin Hoffman, Toni Servillo, Valentina Bellè, Luis Gnecco, Vinicio Marchioni, Stefano Rossi, Katsiaryna Shulha, Riccardo Cicogna, Sergio Leone, Carla Cassola, Filippo Dini, Orlando Cinque, Sergio Grossini
PRODUCTORA
Gavila, Colorado Film Production
GÉNERO
Thriller

Sinopsis
Samantha (Valentina Bellè) es secuestrada en mitad del camino a casa por un conejo gigante. Quince años después se despierta en la cama de un hospital. Aunque está en shock, pronto comprende que lo más importante que está con vida, sobre todo gracias a la ayuda del Doctor Green (Dustin Hoffman), que intenta guiarla por el arduo camino de la recuperación de memoria. Entre los dos dibujan el diseño del laberinto, una prisión subterránea aparentemente sin salida en la que "alguien" obligó a la pobre Samantha a resolver puzles y acertijos. Bruno Genko (Toni Servillo), un inspector privado de enorme talento, decide participar también en el caso. Aunque no le queda mucho con vida, Bruno trata de ofrecer lo mejor de sí mismo dado que piensa que este será su último caso. (FILMAFFINITY)


Premios
2019: Premios David di Donatello: Nominada a Premio David Giovani

2 

Sono riuscito a vedere con ben un anno di ritardo rispetto alla sua uscita nei cinema "La ragazza nella nebbia", film diretto da Donato Carrisi e trasposizione cinematografica del suo omonimo romanzo, un film talmente uguale alla sua controparte letteraria - tranne per un dettaglio sul finale che veniva reinterpretato in una maniera cinematograficamente molto potente - e subito, all'uscita de "L'uomo del labirinto", mi sono fiondato al cinema per vedere come lo scrittore e regista aveva trasposto il romanzo che, letto un mesetto fa, mi era piaciuto moltissimo e presentava un finale fighissimo, che temo mi abbia leggermente spoilerato qualcosa su un'altra sua saga, che ancora non ho letto. Sto pian piano recuperando tutti i romanzi dello scrittore e devo dire che è uno dei narratori che preferisco negli ultimi anni, uno dei pochi di cui riesco a portare a termine ogni libro che incomincio. L'idea nella realizzazione di questa pellicola è quella, proprio come in quella precedente, di darle un respiro più internazionale, innanzitutto è caratteristica propria dello scrittore dare ai personaggi nomi in qualsiasi lingua europea, tanto che non si capisce mai bene dove siano ambientati i suoi lavori, in secondo luogo se nel film precedente avevamo nel cast Jean Reno, qui vi è un sensibile upgrade con l'ingaggio di Dustin Hoffman per interpretare il profiler Green. Torna Toni Servillo, nei panni del detective privato Bruno Genko, mentre Valentina Bellè interpreta Samantha Andretti, la protagonista - anche se forse il ruolo è abbastanza improprio dato che forse il protagonista potrebbe essere proprio Bruno Genko - della vicenda.
Samantha Andretti viene misteriosamente rapita, portata all'interno di un furgone, durante una mattina di quindici anni fa. Ai giorni d'oggi la ragazza è riuscita a liberarsi e, in ospedale, è sottoposta alle cure di un profiler, Green, uno psicologo che cerca di farle ricordare quando accaduto durante i suoi quindici anni di prigionia. Lei racconta di essere stata all'interno di un labirinto, sottoposta a diverse prove di intelligenza al termine delle quali riceveva sempre una ricompensa. Sempre ai giorni nostri Bruno Genko, detective privato con le ore contate a causa di una malattia al cuore per la quale gli avevano dato due mesi di vita esattamente due mesi prima degli eventi narrati nel film, ricorda di essere stato ingaggiato, quindici anni prima, dalla famiglia della ragazza, per indagare sul rapimento e ritrovarla, senza però che le sue indagini abbiano avuto successo. Si abbatte così da una parte nella reticenza della polizia, dall'altra in un testimone, che ha chiamato i soccorsi mentre la ragazza fuggiva al suo aguzzino, che afferma di aver visto un uomo con la testa da coniglio nel luogo in cui è stata ritrovata la ragazza.
Ammetto di aver avuto una grandissima curiosità per questa seconda trasposizione cinematografica di un romanzo di Donato Carrisi, da una parte perchè lo scrittore aveva dimostrato ampiamente di saperci fare anche dietro la macchina da presa con "La ragazza nella nebbia" - anche se il suo stile risultava ancora piuttosto acerbo -, mentre dall'altra veniva subito alla mente, anche alla luce del romanzo di cui questo film è trasposizione, la volontà da parte dello scrittore di creare un universo cinematografico-letterario condiviso. Molti sono infatti in questo romanzo i riferimenti ad altri suoi lavori e, soprattutto nel finale, anche nel film, si vede la volontà di collegare altre sue opere, idea che già di per sè mi mette l'acquolina in bocca - anche se non ho letto la trilogia cui si fa riferimento in questo libro/film. Cinematograficamente Donato Carrisi mostra ancora una volta la sua abilità dietro la macchina da presa, il ritmo della pellicola è volutamente lento e compassato, ma sempre coinvolgente, la fotografia è molto elaborata e cerca di ricreare quello stratagemma fine a se stesso a livello puramente narrativo, ma in grado di creare grandissima atmosfera, per cui la popolazione di questo paese non ben definito sia costretta a vivere di notte e a dormire di giorno a causa del caldo estivo infernale, cosa che nel film non viene spiegata, ma ci accorgiamo di come praticamente tutti gli eventi avvengano di notte. Il film è diviso in due tronconi narrativi paralleli: il primo è quello in cui Bruno Genko porta avanti le sue indagini, mentre il secondo è quello in cui Samantha Andretti viene interrogata da Green, ripercorrendo in vari flashback la sua vita all'interno del labirinto. Le sequenze del labirinto sono potentissime a livello narrativo e a volte riescono anche a mettere un po' di quella sana inquietudine che in un film del genere non guasta mai. Le sequenze delle indagini di Genko invece sono quelle che forse sono cinematograficamente meno interessanti, con Toni Servillo che però riesce a reggerle sulle sue spalle grazie ad un'ottima interpretazione. Anche Valentina Bellè - che spesso e volentieri non mi convince - riesce a rendere bene il personaggio di Samantha Andretti e l'interpretazione dell'attrice riesce a rendere molto bene la condizione del personaggio, drogata e turbata dalla sua esperienza nel labirinto parlando con il tono di voce adatto e con delle ottime espressioni del volto che rendono benissimo la sua condizione. Ottimo anche Dustin Hoffman - e manco c'è da dirlo, quando recita con voglia ne ha ancora da insegnare - il cui tono di voce durante le sedute psicologiche è sempre inebbriante e accondiscendente portando lo spettatore in quella stessa condizione di torpore psichico in cui si trova la sua paziente Samantha Andretti.
Dal punto di vista registico non ho quasi nulla di cui lamentarmi riguardo a "L'uomo del labirinto", con Donato Carrisi che è stato in grado di creare una storia senza luogo e senza tempo - sappiamo che è ambientata nei nostri giorni, ma ad esempio gli abiti dei protagonisti e le acconciature fanno tanto anni settanta -, ma a livello di narrazione a tratti mi è sembrato un film un po' slegato, con le indagini e l'interrogatorio a Samantha che talvolta mi sono sembrati piuttosto come dei diversi contenitori narrativi il cui legame non era sempre ben chiaro. Donato Carrisi regista ha poi rimaneggiato un po' la storia, omettendo alcuni dettagli che nel romanzo mi erano sembrati decisamente importanti. Nonostante i difetti, che ci sono, ho apprezzato particolarmente questo secondo lavoro cinematografico di Carrisi, innanzitutto per il livello qualitativo e narrativo, in secondo luogo perchè grazie anche a queste operazioni il cinema italiano sta tentando sempre di più di internazionalizzarsi e di puntare su generi cinematografici diversi dalle solite commedie e drammoni impegnati. Il mio consiglio è dunque quello di andare a vedere questa pellicola, perchè secondo me molto valida, ma anche di leggervi il romanzo da cui è tratta, perchè anche quello merita moltissimo.
Alfonso Maiorino
https://nonceparagonecinema.blogspot.com/2019/11/luomo-del-labirinto-di-donato-carrisi.html

Donato Carrisi, autore stesso del romanzo omonimo che è alla base del film, aveva avuto il suo folgorante esordio dietro la macchina da presa con “La ragazza nella nebbia”, datato 2017 e tratto anch’esso da un suo stesso libro. Se lì però ogni tassello del mosaico, composto da regia, sceneggiatura, montaggio etc., riusciva ad incastrarsi sinergicamente, il risultato, in questo caso, non è, secondo il parere di chi scrive, altrettanto convincente.
Con la sua opera seconda, il regista/autore sembra voler alzare il tiro ricercando una messa in scena dal notevole impatto visivo ed una fotografia talvolta alla ricerca di una forte saturazione e altre volte, meno spesso a onor del vero, tendente invece più verso una tonalità più tenue. L’ambientazione, un immaginario pastiche di elementi, soprattutto visivi, tipici di un certo tipo di cinema fantascientifico e ucronico, presenta dei fattori talvolta stranianti, ma non è quello il punto debole dell’opera di Carrisi. Se, infatti, parte di questi fattori possono essere ricondotti ad un interessante tentativo di cercare una strada personale ed originale nel mondo del cinema di genere, dall’altra parte il complesso e ingegnoso ingranaggio narrativo si incastra spesso. L’ambizioso tentativo di giocare con lo spettatore e di far perdere proprio questi nel labirinto della costruzione della storia, sembra ottenere in maniera altalenante il risultato sperato, senza riuscire fino in fondo nell’intento di sciogliere, verso il finale, tutti i nodi in maniera chiara e soprattutto verosimile.
Le interpretazioni, quella di Servillo su tutte, risultano convincenti e riescono a dare spessore ai personaggi comunque ben tratteggiati dalla sceneggiatura. Non mancano, inoltre, le sequenze riuscite e la volontà di spaziare attraverso i generi, dall’horror al thriller, riesce a regalare talvolta degli ottimi momenti di cinema; non bastano però questi a compensare appieno i difetti di un film altalenante che finisce, in un certo senso, per rimanere incastrato nel labirinto delle sue stesse ambizioni.
Marco Marra
https://www.universalmovies.it/uomo-labirinto-recensione-film-carrisi/

Pare che l’obiettivo principale di Donato Carrisi sia quello di giocare con lo spettatore inducendolo a ragionare e a scoprire la verità nascosta all’interno delle sue storie, ammesso sempre che ce ne sia una sola. Dopo il grande interrogativo posto con La ragazza nella nebbia, l’autore di Martina Franca propone un secondo film ancora più complesso: L’uomo del labirinto. Spiegarlo non è facile, così come non è stata semplice la sua comprensione per i lettori dell’omonimo romanzo da cui è tratto questo noir.
Dunque, se avete visto il film e siete pronti ad affrontare qualsiasi spoiler pur di capire il significato della pellicola con Toni Servillo e Dustin Hoffman, siete nel posto giusto. Cercheremo infatti di analizzare e spiegare il finale del film L’uomo del labirinto. Prima di procedere, è bene ricordare il contesto in cui l’autore ci immette: siamo in una città che potrebbe trovarsi ovunque, caratterizzata da caldo infernale, strade desolate, poliziotti un po’ tonti, prostitute che sembrano essere un omaggio a Dario Argento e persone dai nomi un po’ troppo italiani o abbastanza americani. Al centro della trama una ragazza: Samantha Andretti, scomparsa una mattina mentre andava a scuola e riapparsa 15 anni dopo. Al suo destino si incrocia quello di Bruno Genko (Toni Servillo): un uomo che puzza di alcool e che per una vita si è occupato di recupero crediti. I genitori di Sam l’avevano chiamato per aiutarli a trovare la figlia, ma aveva fallito (a quanto pare non si era neanche troppo impegnato) e adesso, esattamente il giorno in cui i notiziari riportano la ricomparsa della ragazza, Genko sente il bisogno di fare qualcosa, di capire chi è il rapitore. E ha poco tempo per farlo, perché esattamente quel giorno scadono i sue ultimi due mesi di vita.
Contemporaneamente, a Samantha è stato affiancato un profiler, il dottor Green, la cui strategia è quella di trovare il rapitore non fuori ma attraverso i ricordi della ragazza. Ma qui arriva il bello! All’inizio del film infatti e per tutta la sua durata ci viene fatto credere che Valentina Bellè è Samantha Andretti e Dustin Hoffman il dott. Green. Quest’ultimo glielo ripete fin dall’inizio: spiega alla ragazza, in stato confusionale, che è stata rapita 15 anni prima, che si chiama Samantha Andretti e che il suo rapitore l’ha drogata. Ha una gamba rotta ma per il resto sta bene; la flebo che ha al braccio la disintossicherà pian piano, solo che non c’è tempo per attendere che faccia effetto, bisogna che lei cerchi di ricordare subito!
E così per tutto il film lo spettatore ascolta il racconto di Sam (Bellè): non sa come è arrivata nel labirinto ma si ricorda bene le sue pareti “vive”, il fatto di aver iniziato a giocare e che ogni livello sbloccato le portava una ricompensa: cibo, acqua, letto e così via. Ricorda persino una bambina nel suo letto e, dopo aver visto la cicatrice sul suo ventre, emerge persino il ricordo di diversi stupri, che comunque non ci portano a vedere il volto del rapitore. Ha avuto una bambina mentre era prigioniera? E che fine ha fatto?
Su questo ritorneremo tra un po’, nel mentre la cosa fondamentale da capire è che in L’uomo del labirinto ci sono due storyline che corrono parallele. L’autore ci fa credere che l’unica protagonista sia Samantha Andretti, la ragazzina scomparsa, ma non è così: come anticipa anche nella sinossi la vera caccia è all’interno della mente, il labirinto è la trappola in cui è racchiusa la vittima ma è soprattutto una metafora della nostra psiche e di quello che siamo indotti a credere quando abbiamo a disposizione solo alcuni sensi (e per di più annebbiati).
Quindi la prima trama è quella che vede protagonista la vera Samantha Andretti e Bruno Genko ed è ambientata prima della seconda, che invece vede al centro la Sam interpretata da Valentina Bellè e il finto dott. Green di cui veste i panni Dustin Hoffman.
Esaminando la prima storyline, con l’indagine portata avanti da Genko, la domanda a cui si deve rispondere è soprattutto una: chi è Bunny? Prima di arrivare però a porsi tale quesito l’investigatore deve capire chi cercare e lo intuisce dopo aver ascoltato la chiamata arrivata alla polizia. La voce al telefono sembra metallica, modificata. Avverte le forze dell’ordine della presenza della presenza di una ragazza nella palude: è nuda e infreddolita e lui non vuole averne nulla a che fare. Genko va in quella palude, entra in una specie di pub in cui chiede da bere e lì ascolta la stessa voce sentita al telefono: è un uomo dal volto ustionato che ha subito una tracheotomia e, visto che ha piccoli precedenti, si è limitato a chiamare la polizia senza fornire le sue generalità. Ma mentre aspettava il loro arrivo ha visto qualcuno nel bosco: un uomo con la testa di coniglio e gli occhi a cuore. È evidentemente lui il rapitore.
Indagando proprio sulla figura del coniglio, Genko risale a un altro bambino scomparso moltissimi anni prima. Qui veniamo a conoscenza dei “figli del buio”, quei bambini che sono stati rapiti e, una volta liberati, è come se fossero rinati. Il bambino di cui Genko cerca le tracce era finito in una casa famiglia dopo un sequestro durato pochi giorni e del quale non aveva mai proferito parola. Lo stesso bambino che aveva sepolto dei conigli ancora vivi e che era affezionato a un fumetto in cui protagonista è un coniglio dagli occhi a cuore.
Mostrandolo a un collezionista, Genko scopre che si tratta di un fumetto apocrifo e che le sue immagini, allo specchio, rivelano cose tutt’altro che infantili.
Seguendo tale pista alla fine Genko arriverà a capire che ci sono stati diversi Bunny, tutti con lo stesso passato caratterizzato da un rapimento. Uno è l’ex sagrestano ormai malato, che ha consegnato il testimone al Bunny attuale, ovvero il dentista dalla vita perfetta che troviamo nella stanza di Linda (Caterina Shulha) e che è l’artefice del rapimento di Samantha Andretti e dell’omicidio della squillo. La giustizia alla fine viene a galla grazie al nastro registrato da Genko e consegnato alla polizia poco prima di morire.
Per inciso, visto che viene citato un uomo dalla strana voglia sul volto, è bene chiarire che non è lui il colpevole, viene solo usato dal vero Bunny per depistare la polizia.
Quanto portato a termine dalla prima storyline fa parte della chiusura di un cerchio che per certi versi si incastra alla seconda trama.
Nel finale infatti capiamo finalmente che la ragazza che abbiamo visto nella stanza d’ospedale, interpretata da Valentina Bellè, non è Samantha Andretti, ma l’investigatrice Mila Vasquez, sposata con Simon Berish (Vinicio Marchioni), l’uomo che lavora all’ufficio persone scomparse e che vediamo lamentarsi della scomparsa della collega, che non si fa sentire da qualche giorno per via di un caso a cui sta lavorando.
Chiaramente Dustin Hoffman non è Bunny, ma conosce la storia di Samantha Andretti e la sta usando per confondere la vittima. Quanto i due rapimenti siano collegati non ci è dato saperlo. Ma dopotutto non sappiamo nulla circa la vera Samantha, visto che alla fine scopriamo che il dottor Green è un ragazzo giovane e che Sam (quella vera) non ha mai detto neanche una parola e molto probabilmente questa storia l’ha segnata per il resto della sua vita.
Tornando a Mila Vasquez, la donna si accorge di chi è solo quando ha finalmente la possibilità di vedersi allo specchio. Scopre la falsità dello scenario in cui è immersa, di trovarsi ancora nel labirinto e che il dottore che promette di aiutarla in realtà l’ha drogata. Riesce a trovare la mappa e a liberarsi. Quando arriva in superficie è tutto innevato e lei, toccandosi la cicatrice del cesareo, si ricorda della sua bambina: Alice.
Ma perché scopriamo solo alla fine la sua vera identità? Perché Mila Vasquez è la protagonista di un altro romanzo del Carrisi, Il suggeritore, e farci capire che quella non era Sam ma Mila non avrebbe permesso all’autore di compiere il twist finale.
A proposito de Il suggeritore Donato Carrisi ci ha svelato qualcosa in merito a un futuro film. Ciò che ci ha portati a fargli la fatidica domanda è chiaramente custodito nella scena finale de L’uomo del labirinto, quella in cui Toni Servillo e Dustin Hoffman si incontrano in un bar e quest’ultimo legge all’altro il quesito di un cruciverba che riporta alla parola “suggeritore”. Dopo aver trovato la soluzione per compilare parte del suo gioco il personaggio di Hoffman dice anche che, oltre a essere appassionato di giochi, fabbrica labirinti. Ma Genko non sembra allarmato da ciò, non solo per un probabile distacco temporale, sottolineato dal fatto che è ancora vivo – mentre la prima storyline precedentemente esaminata si conclude col suo decesso in ospedale -, ma anche perché evidentemente nella sua indagine non ci sono labirinti, solo conigli!
Teresa Monaco
https://www.cinematographe.it/rubriche-cinema/focus/luomo-del-labirinto-film-spiegazione-finale/

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