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viernes, 31 de agosto de 2012

Il passato è una terra straniera - Daniele Vicari (2008)


TITULO ORIGINAL Il passato è una terra straniera
AÑO 2008
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Inglés (Separados)
DURACION 122 Min.
DIRECCION Daniele Vicari
ARGUMENTO Novela de Gianrico Carofiglio “Il passato è una terra straniera”
GUION Francesco Carofiglio, Gianrico Carofiglio, Massimo Gaudioso, Daniele Vicari
FOTOGRAFIA Gherardo Gossi
MONTAJE Marco Spoletini
ESCENOGRAFIA Beatrice Scarpato
PRODUCCION Tilde Corsi, Domenico Procacci, Giovanni Romoli
MUSICA Theo Teatro
REPARTO Elio Germano, Michele Riondino, Chiara Caselli, Valentina Lodovini, Daniela Poggi
GENERO Drama / Psicológico / Thriller

SINOPSIS La vita normale e noiosa da borghese contemporaneo di Giorgio, subisce una rigorosa iniezione di "brio", dopo che il ragazzo fa la conoscenza di Francesco che si mantiene imbrogliando al gioco. Il carisma e la forte personalità di Francesco, attirano Giorgio e fra i due nasce subito una forte amicizia. In poco tempo i due diventano complici, ma presto il gioco diventa pericoloso...



- Mi vuoi dire che cosa stai combinando, Giorgio?
- Niente mamma: mi drogo, scopo con donne sposate e baro alle carte... va bene?

Nella Bari delle bische, nel profondo silenzio e nei rumori improvvisi, Giorgio (interpretato da un fantastico ELIO GERMANO)è un ragazzo ventiduenne dedito allo studio e prossimo al suo ultimo esame universitario nella Facoltà di Giurisprudenza. Vive in una famiglia borghese che dietro a sé porta un piccolo dramma, la figlia fuggita di casa ed immersa nella droga , ma coperto adeguatamente da una maschera cinica. Giorgio vive una vita annoiata e monotona soprattutto con Giulia, la propria ragazza. Giunto in una festa all’interno di una villa, scatta in lui la parte animalesca e sconosciuta: colpire con la violenza.
Tutto si verifica in un flash, in un ciack, attraverso un’espressione. Un secondo che ti trascina in un mondo nuovo, inverosimile, morboso, inatteso.  Uno sguardo velocissimo lo attrae, quello di Francesco (MICHELE  RIONDINO), un ragazzo gretto, dai modi spocchiosi che si cimenta a vincere nel tavolo da poker grazie al baro. Giorgio soccorre Francesco in una rissa che si sta creando all’interno della festa per un conto in sospeso. I giochi qui potrebbero chiudersi, poiché Giorgio ha intravisto un paesaggio non rassomigliante alle sue aspettative. Potrebbe tranquillamente trascinare dietro a se Giulia e tornarsene a casa. Invece no. Il magnetismo che Francesco gli suscita è impressionante, senza sosta, incapace di calibrarsi e trovare un equilibrio. Nessuna giustificazione o domande specifiche sorgono tra i due ragazzi così diversi l’uno dall’altro. Da questo momento sono presi dal sentimento profondo contraddittorio, dalla loro somiglianza e dissomiglianza. I protagonisti cominciano un processo di continuo confondersi. I giorni, le ore, passano inesorabilmente e il regista Vicari mette in scena un’ ombrosità ed un’estrema luminosità negli ambienti e sui protagonisti  che segue  una linea perfetta, senza alcuna sbavatura . I due si spostano tra le bische e le ville di Bari, muovono somme di denaro altissime. Sono vittorie che  accompagnano esplosioni interiori in  Giorgio. Da questo momento conosce il lato oscuro e decide di viverlo mettendo in pericolo gli altri e in mostra se stesso.
Rompe i rapporti con i genitori, soprattutto quello con il padre di cui non ha avuto mai un briciolo di stima; chiude le relazioni con l’università e con la propria ragazza come se già tutto fosse rimosso da anni. La sua storia la annulla alla seconda o terza scena mantenendo un certo rigore con tutto ciò che gli accade e badando a non autoreprimersi rimuginando sul passato. Giorgio è deciso, forte interiormente. Il suo granello di curiosità si trasforma in rigore e in atteggiamenti deviati soprattutto nel sesso. Questo dualismo lo deresponsabilizza con il mondo quotidiano, fa finta di niente su quello che accade; semplicemente non lo vive più.  Francesco , contrariamente, è un’esibizionista, tende a rappresentare il meglio di sé, vive agiatamente negli ambienti cupi, poiché l’esperienza della strada gli fornisce le armi adatte per dominarli. Per lui l’ habitat che frequenta è  un’arena nella quale deve eccellere, avere un pubblico tutto per se, ma pronto a  deprimersi  se viene abbandonato. Quindi è in realtà un debole capace di non reggere altri luoghi o facce. Gioca nell’adescare la persona giusta, possibilmente in un momento di smarrimento. Un vulcano di egoismo rimuove i pensieri di Francesco. Giorgio diventa improvvisamente il suo pubblico. I due si incontrano in un momento particolare di bisogno, legandosi al limite, attraverso una morbosità invadente e un controllo dell’uno verso l’altro inscindibile. 
Ci sono attimi in cui Francesco si perde, fugge (soprattutto dopo aver manifestato la sua impotenza sessuale); attimi  eterni dove nasconde il suo vissuto [la madre inferma segregata in casa ].Il ragazzo vive situazioni nelle quali vuol far crollare Giorgio e spegne la propria aggressività quando il compagno raggiunge quel poco di lucidità tanto temuta. Francesco sa di essere il magnetizzatore, l’eroe che fa vincere denaro a Giorgio in situazioni di baro. Contrariamente sa di camminare sopra un filo sottile perché persona fragile. La loro complicità si soffoca quando Giorgio riesce ad avere relazioni sessuali con una signora da tavolo che paga il suo debito oltre al denaro con il  corpo. In questi casi la morbosità è accompagnata dalla gelosia:un viaggio difficile da gestire, perché si può perdere in primo luogo  lo scettro.  Se in Francesco i picchi di umore non si bilanciano e non trovano l’equilibrio giusto , contrariamente in Giorgio cresce la follia all’interno del vortice nel quale nuota. Paradossalmente ora proprio lui è il più pericoloso, poiché in certe occasioni è fermo, decisamente più intelligente e stratega. Vive in un nuovo mondo affascinante. Giorgio affronta il padre con crudezza nel momento in cui vuole attestargli le regole in casa : “ ecco l’illuminare della filologia romanza..lui pensa di saper tutto ma non sa un cazzo e dice Ecco Appunto..”..
In molte occasioni non rimane paralizzato di fronte alla figura che lo comanda. Al contrario riesce a sganciarsi, rafforzarsi (picchia un avvocato che non ha pagato il debito davanti il palazzo della giustizia), aumenta la propria autostima. Il viaggio per Barcellona per una partita di droga da indirizzare a Bari ne è l’esempio. Giorgio impaurisce Francesco fino a quando non ottiene la verità su quella partenza improvvisa e riuscirà, una volta arrivati, ad evitare uno stupro a tre con Angela, una giovane ragazza conosciuta in un pub. In quest’ultima occasione, nel puro stato lisergico comune, evita la violenza esasperata, dividendo i due corpi ed impossessandosi di quello della ragazza. La scena cruda mette in luce tutta la leggerezza di Francesco forte solo con le mani, ora impassibile a guardare la coppia ed arrivare alla masturbazione.  Un’impotenza sessuale già  verificatasi la notte prima quando abbordata Angela è scappato all’improvviso. Siamo giunti al preludio dell’abbandono definitivo: Francesco ha capito che il tempo ha un limite e il passato è una terra straniera. La sua vita prosegue nella solita routine ora più impotente per la perdita della madre. Giorgio si rimpossessa della dose necessaria per tornare nel mondo che gli appartiene. Ritrova la sorella e parla con lei. Il suo fisico è stravolto, gli occhi sono stanchi, l’incubo ha lasciato i suoi effetti collaterali , cicatrizzati ora nei ricordi.
Il mondo straordinario non l’ha definitivamente ucciso e in lui brama la volontà di cercare colui che lo ha trascinato. Spia Francesco dalla macchina ritrovata e sottratta dall’ex compagno  come ultima prova di forza, poi lo segue mentre rincorre una ragazza appena uscita dal suo turno di lavoro nella Bari vecchia. Nelle strade buie e calpestate di silenzio come una partita di poker i due si scontrano proprio nel momento in cui la giovane subisce la violenza. Una collusione forte al punto che la polizia ha il tempo necessario per portarli entrambi in questura e solo la testimonianza della ragazza non infliggerà danni ulteriori a Giorgio. Pochi secondi prima, malgrado le botte e le minacce subite dalle guardie,  testimonia flebilmente la sua innocenza e una volta riconosciuta definitivamente si limita a dire che il suo ex compagno lo conosceva solo per qualche partita di poker. Solo quando esce,  mentre il suo sguardo attraversa lo scuro vetro  divisorio,  si sofferma. Osserva Francesco stravolto e brama chissà quale pensiero..
Alessandro Dionisi
http://stradeperdute.wordpress.com/2009/06/03/il-passato-e-una-terra-straniera-2008-un-film-di-daniele-vicari/

I bari a Bari
Il passato è una terra straniera enuncia da subito una verità a questo punto impossibile da confutare: Daniele Vicari sta portando avanti, nella sua carriera divisa tra racconti di finzione e ripresa del reale, un discorso senza dubbio coerente sull'Italia dei nostri giorni. Se in Velocità massima ci si incuneava nella periferia romana dedita alle corse clandestine, ne L'orizzonte degli eventi si studiava con la lente d'ingrandimento la progressiva perdita dei pur minimi contatti umani e ne Il mio paese si riprendevano le fila del discorso intrapreso nel 1960 (con ben altri risultati, c'è da aggiungere) da Joris Ivens con L'Italia non è un paese povero, Il passato è una terra straniera ci immerge nel sottobosco criminale di Bari. Altrettanto indubbio è come sia inusuale la scelta di affidare lo sguardo su questo microcosmo notturno e laido a un personaggio dall'estrazione sociale completamente avulsa alla prassi: il giovane Giorgio, laureando in giurisprudenza, con il sogno di diventare magistrato, è un vero e proprio pesce fuor d'acqua rispetto agli squali che agitano il fondale nel quale si trova a sprofondare.
Detto ciò, non è certo possibile sottacere i grandi difetti che inficiano buona parte dell'intero script, rendendo il terzo lungometraggio di finzione di Vicari un'opera piatta, vagamente inutile, decisamente non calibrata a dovere. La caduta agli inferi del protagonista, interpretato da un Elio Germano convincente come sempre (magistrale nella sequenza in cui scopre di aver giocato a poker con un baro di professione: il suo sguardo stupefatto, iroso e impaurito allo stesso tempo è con ogni probabilità la cosa migliore dell'intero film), pur procedendo con una certa logica appare veramente schematica, e viene dilatata in maniera davvero ingiustificabile. L'incapacità di gestire i giusti tempi  e di donare un ritmo adeguato al film è forse il crimine più grande da imputare a Vicari, colpa che il regista dovrebbe dividere con il suo team di sceneggiatori (Gianrico e Francesco Carofiglio e Massimo Gaudioso); il film si trascina via senza che se ne senta alcuna reale necessità. Determinate parti appaiono francamente appiccicate con forza alla pellicola, arti a sé stanti che si trovano a dover cozzare tra loro, impossibilitati a trovare la compattezza necessaria a tener desta l'attenzione del pubblico: è così per l'incontro (che si vorrebbe risolutore, anche se non se ne conoscono i motivi) tra Giorgio e sua sorella, impacciato, goffo, addirittura irritabile. Peggio ancora va alla lunga digressione ambientata a Barcellona: ci verrà obiettato che è proprio grazie al viaggio in un altro paese che riescono a deflagrare definitivamente le pulsioni che sono state represse fino a quel momento, ma è una spiegazione che non riusciamo davvero a ritenere convincente. Tutto si svolge altresì in maniera gratuita, con l'unico risultato di appesantire ulteriormente un corpo già di per sé non certo snello o essenziale.
Da un punto di vista visivo Vicari non sembra sprecarsi più di tanto: la regia è piatta, adagiata su una prassi talmente stratificata da disperdersi nell' anonimato, e la messa in scena non riesce a trovare altro spunto d'interesse al di là dei volti degli attori. E sono proprio loro a salvare la barchetta e a condurla al sicuro in porto: abbiamo già avuto modo di citare l'ottimo Germano, ma anche Michele Riondino, pur colpevole di una certa fissità, si sforza fino a diventare credibile. Belli i volti scavati e inespressivi al punto di spaventare dei giocatori abituali del poker clandestino, accettabile perfino la ricca e dissoluta (pur senza abbandonare i canoni voluti dall'etichetta borghese) Chiara Caselli. Insomma, Il passato è una terra straniera è un film deludente che trova il suo riscatto nell'interpretazione dei suoi protagonisti: a suo modo anche questo, nell'Italia contemporanea, è un'anomalia.
Raffaele Meale
http://www.cineclandestino.it/articolo.asp?sez=21&art=1174
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Una delle scommesse della Fandango di Domenico Procacci per questo Festival di Roma è il nuovo film di Daniele Vicari Il passato è una terra straniera, ispirato all’omonimo romanzo di Gianrico Carofiglio e presentato nella sezione Cinema 2008.A interpretare Giorgio e Michele, i due protagonisti di questa cronaca di una discesa agli Inferi, il regista ha chiamato Elio Germano e Michele Riondino.
“La prima volta che ho incontrato Elio” – ha detto Michele Riondino – “è stato qualche anno fa a Roma, all’Isola Tiberina. Mi stavo già preparando per il film e Daniele mi aveva detto: voglio che tu ed Elio diventiate amici. Ero un po’ imbarazzato …”. “Ci siamo trovati molto bene” – ha continuato Elio Germano. “In comune abbiamo un grande amore per il nostro mestiere. Anche la nostra formazione è simile”. “Per me è molto importante avere un collega a cui potermi aggrappare” – ha detto Riondino – perché ti dà la possibilità essere in bilico. Quando sono in bilico, ma ho comunque un altro attore a cui appoggiarmi, allora mi sporgo di più, mi metto in gioco.”
Ne Il passato è una terra straniera, Michele Riondino è Francesco, un ragazzo di bassa estrazione sociale che si è arricchito barando al gioco d’azzardo. Interpretandolo, l’attore non ha puntato sul fascino del “lato oscuro”, sull’irresistibile appeal del crimine che rende seducenti, per esempio, i personaggi di alcuni thriller americani. “Francesco non deve essere bello, deve poter attrarre le persone solo per ingannarle. La sua prima preoccupazione è il potere, il denaro”. Elio Germano, che dà vita a un bravo studente universitario inghiottito dal gorgo del peccato, non difende il suo personaggio. “Francesco e Giorgio si confondono l’uno nell’altro, a un certo punto è difficile distinguerli. Ognuno prende i difetti peggiori dell’altro e non si può escludere che siano semplicemente due aspetti della stessa persona”.
Daniele Vicari considera Il passato una terra straniera l’ideale continuazione del suo cammino di regista cinematografico. “Nei miei film ci sono elementi che tornano: l’amicizia virile , la pericolosità e i conflitti che possono scaturirne, la duplicità degli esseri umani: tutte cose che mi affascinano e che ho trovato nel romanzo di Gianrico Carofiglio”. Carofiglio ha contribuito alla sceneggiatura del film, anche se la storia è cambiata molto rispetto al romanzo. Parlando della collaborazione con lo scrittore, Vicari ha detto: “E’ stato un affidarsi reciproco, ma la visione del mondo rappresentata è la mia”.
Il passato è una terra straniera è ambientato a Bari, una città che al cinema, soprattutto nelle commedie, è soprattutto un ricettacolo di malavitosi, spesso e volentieri raccontati in maniera caricaturale. Quest’abitudine non piace al regista: “Il pauperismo del cinema italiano nei confronti del sud è un po’ un limite, un peso. Ogni volta che si ambienta un film al Sud, si mette in luce la povertà. Invece, anche al sud c’è gente ricchissima”. Secondo il regista, a Bari povertà e ricchezza convivono, e lo si vede camminando per Via Dante, strada commerciale piena di prestigiosi negozi. Man mano che la si percorre, le case diventano sempre più misere, fino ad arrivare al tribunale, dove comincia la zona più povera della città. Sono luoghi che i due personaggi principali del film attraversano, passando da gigantesche case alto-borgesi a fumose bettole.
Fra i personaggi secondari de Il passato è una terra straniera, c’è una cameriera di nome Antonia che ha il volto di Valentina Lodovini, che ricordiamo al Festival di Roma, lo scorso anno, nel cast de La giusta distanza di Carlo Mazzacurati. L’attrice è convinta che, come Giorgio, tutti abbiano un lato oscuro. “Non è solo il male, la violenza. Semplicemente, ognuno di noi è attratto da ciò che non conosce. Io mi auguro che tutti cedano al proprio lato oscuro. C’è chi non si lascia andare, e non sempre è un bene”. Di Daniele Vicari, la Lodovini ha amato l’importanza che dà ad ogni ruolo, anche il meno significativo, e la sua raffinatezza e sensibilità. “Daniele è un regista che ti plasma” – ha concluso. “Non so come faccia, ma ci riesce, e l’attore dà il massimo”.
Carola Proto
http://www.comingsoon.it/News_Articoli/Festival/Page/?Key=448

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