TITULO ORIGINAL Non ti pago!
AÑO 1942
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 72 min.
DIRECCION Carlo Ludovico Bragaglia
ARGUMENTO Comedia de Eduardo De Filippo
GUION Carlo Ludovico Bragaglia
REPARTO Eduardo De Filippo, Titina De Filippo, Peppino De Filippo, Vanna Vanni, Paolo Stoppa, Giorgio De Rege, Vasco Creti, Italia Marchesini, Dolores Palumbo, Margherita Pisano, Rosita Pisano, Lina Marengo, Aristide Garbini, Ernesto Bianchi
FOTOGRAFIA Rodolfo Lombardi
MONTAJE Gabriele Varriale
MUSICA Giulio Bonnard
PRODUCCION CINES, JUVENTUS FILM
GENERO Comedia
SINOPSIS Il gestore di un banco del Lotto (E. De Filippo) ha un dipendente (P. De Filippo) che azzecca una vincita tutte le settimane. Ma si rifiuta di pagargli una grossa somma perché i numeri in sogno gli erano stati dati dal proprio padre, sbagliando il dormiente. La vicenda paradossale si affida alla bravura dei 3 attori che avevano già recitato la commedia (1940) di Eduardo sul palcoscenico. (Il Morandini)
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TRAMA
Don Ferdinando Quagliolo, gestore di un banco-lotto è un accanito giocatore, ma mentre egli, perseguitato dalla sfortuna, non imbrocca mai un numero, un suo dipendente, Procopio, tutte le settimane azzecca una vincita che, pur non essendo vistosa, gli permette di condurre una vita agiata. Don Ferdinando è furioso della fortuna del suo dipendente e cerca ogni pretesto per sfogare la sua bile, e quando Procopio vince una quaterna di quattrocentomila lire, Don Ferdinando non sa più contenersi e si rifiuta di pagare la somma asserendo che la vincita gli spetta di diritto perché i numeri vincenti furono dati in sogno dal suo defunto padre. Da qui nascono una serie di vicende comiche che si concludono con la riappacificazione dei due contendenti, suggellata dal matrimonio di Procopio con la figlia di Don Ferdinando.
CRITICA
"La vicenda paradossale è resa psicologicamente plausibile dalla bravura dei protagonisti che hanno saputo infondere al loro personaggio un carattere di immediatezza e spontaneità. Buona la regia e ottima la distribuzione dei personaggi di contorno." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 26, 1942)
I morti tornano per aiutare i vivi. La superstizione, i sogni, la possibilità di sbarcare il lunario con un colpo di fortuna, favoriti dall’interpretazione delle molteplici forme delle nuvole, nell’atavica ricerca napoletana di un posto al sole.
I fratelli De Filippo sono i protagonisti della commedia drammatica che vede Eduardo nel ruolo del proprietario di un banco lotto e Peppino in quello di un fortunato dipendente che arrotonda lo stipendio con vincite settimanali. L’invidia di Don Ferdinando Quagliolo lo porta a giocare sempre di più rischiando la rovina. La sua vecchia casa di famiglia è finita a Procopio, suo dipendente, e vederla riammobiliata grazie ad ambi incrociati con terni è fonte di profondo dispiacere. Procopio continua a vincere e a sperare di avere in moglie la figlia di Don Ferdinando. Per la signora Quagliolo, Titina de Filippo, il partito è buono, ma per il marito, oltraggiato da tanta fortuna, non se ne parla di imparentarsi con chi si arricchisce sotto al naso di chi si rovina.
La figura del padre, evocata attraverso un vecchio quadro di famiglia, porta al centro della vicenda il rapporto con i morti, la loro bontà nel seguire le sorti dei cari e la possibilità di influenzare la vita di chi si mostra ingiusto e irriverente nei confronti delle loro volontà. Il padre di Don Ferdinando appare in sogno a Procopio dandogli quattro numeri vincenti. Don Ferdinando rivendica la paternità dei numeri e la vincita, visto che il defunto genitore, non essendo a conoscenza del trasloco del figlio, pensava di trovare lui in quella casa.
L’amarezza si impossessa di Don Ferdinando e lo porta a reagire violentemente. L’opinione pubblica oscilla tra un avvocato pronto a stare dalla parte di chi vince ed un prete che non sa dare risposte sul perché la sfortuna si accanisca e sulla credibilità del mondo dei defunti. Don Ferdinando che non comanda nemmeno a casa sua - la moglie sostiene la figlia che vuole sposare il suo invidiato dipendente - si chiude nella sua folle rivendicazione e prega il padre di fare giustizia. La fiera rinuncia della vincita da parte del protagonista è seguita da una sequela di maledizioni che immancabilmente si traducono in realtà. L’esile confine tra fede e credenza popolare crolla, le disgrazie dell’altro permettono di rivalutare la propria condizione e la possibilità di essere magnanimo di fronte a tanta sfortuna riconduce il povero Don Ferdinando sulla via della fratellanza.
Eduardo asseconda il suo idealismo, la sua volontà di reagire ad un destino che si accanisce, la rabbia che chiude il protagonista in un mondo suo piuttosto che farlo cedere all’elemosina di una realtà che non accetta. Senza fare sconti alla Napoli che va dove soffia il vento, il drammaturgo traduce cinematograficamente una commedia di successo, puntando giustamente sull’affiatamento con i fratelli e sulla credibilità di personaggi tanto curiosi quanto ordinari. La dignità con la quale il suo protagonista persevera nell’errore piuttosto che piegarsi al buonsenso di chi è sempre pronto a speculare sulle disgrazie altrui, porta lo spettatore a prendere le parti di un uomo che sbaglia, ma per rigore e principio non cede alle lusinghe del denaro. Si sostiene chi cade nell’errore poiché si mostra puro, senza nessuna volontà di nascondere l’invidia, la frustrazione, la sfortuna di vivere accanto a chi non fa che raccogliere ciò che non ha seminato.
Andrea Monti
http://www.filmfilm.it/film.asp?idfilm=27219
I fratelli De Filippo sono i protagonisti della commedia drammatica che vede Eduardo nel ruolo del proprietario di un banco lotto e Peppino in quello di un fortunato dipendente che arrotonda lo stipendio con vincite settimanali. L’invidia di Don Ferdinando Quagliolo lo porta a giocare sempre di più rischiando la rovina. La sua vecchia casa di famiglia è finita a Procopio, suo dipendente, e vederla riammobiliata grazie ad ambi incrociati con terni è fonte di profondo dispiacere. Procopio continua a vincere e a sperare di avere in moglie la figlia di Don Ferdinando. Per la signora Quagliolo, Titina de Filippo, il partito è buono, ma per il marito, oltraggiato da tanta fortuna, non se ne parla di imparentarsi con chi si arricchisce sotto al naso di chi si rovina.
La figura del padre, evocata attraverso un vecchio quadro di famiglia, porta al centro della vicenda il rapporto con i morti, la loro bontà nel seguire le sorti dei cari e la possibilità di influenzare la vita di chi si mostra ingiusto e irriverente nei confronti delle loro volontà. Il padre di Don Ferdinando appare in sogno a Procopio dandogli quattro numeri vincenti. Don Ferdinando rivendica la paternità dei numeri e la vincita, visto che il defunto genitore, non essendo a conoscenza del trasloco del figlio, pensava di trovare lui in quella casa.
L’amarezza si impossessa di Don Ferdinando e lo porta a reagire violentemente. L’opinione pubblica oscilla tra un avvocato pronto a stare dalla parte di chi vince ed un prete che non sa dare risposte sul perché la sfortuna si accanisca e sulla credibilità del mondo dei defunti. Don Ferdinando che non comanda nemmeno a casa sua - la moglie sostiene la figlia che vuole sposare il suo invidiato dipendente - si chiude nella sua folle rivendicazione e prega il padre di fare giustizia. La fiera rinuncia della vincita da parte del protagonista è seguita da una sequela di maledizioni che immancabilmente si traducono in realtà. L’esile confine tra fede e credenza popolare crolla, le disgrazie dell’altro permettono di rivalutare la propria condizione e la possibilità di essere magnanimo di fronte a tanta sfortuna riconduce il povero Don Ferdinando sulla via della fratellanza.
Eduardo asseconda il suo idealismo, la sua volontà di reagire ad un destino che si accanisce, la rabbia che chiude il protagonista in un mondo suo piuttosto che farlo cedere all’elemosina di una realtà che non accetta. Senza fare sconti alla Napoli che va dove soffia il vento, il drammaturgo traduce cinematograficamente una commedia di successo, puntando giustamente sull’affiatamento con i fratelli e sulla credibilità di personaggi tanto curiosi quanto ordinari. La dignità con la quale il suo protagonista persevera nell’errore piuttosto che piegarsi al buonsenso di chi è sempre pronto a speculare sulle disgrazie altrui, porta lo spettatore a prendere le parti di un uomo che sbaglia, ma per rigore e principio non cede alle lusinghe del denaro. Si sostiene chi cade nell’errore poiché si mostra puro, senza nessuna volontà di nascondere l’invidia, la frustrazione, la sfortuna di vivere accanto a chi non fa che raccogliere ciò che non ha seminato.
Andrea Monti
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