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jueves, 18 de marzo de 2021

La Califfa - Alberto Bevilacqua (1970)

 TÍTULO ORIGINAL
La califfa
AÑO
1970
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
96 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Alberto Bevilacqua
GUIÓN
Alberto Bevilacqua
MÚSICA
Ennio Morricone
FOTOGRAFÍA
Roberto Gerardi
REPARTO
Ugo Tognazzi, Romy Schneider, Massimo Farinelli, Marina Berti, Guido Alberti, Roberto Bisacco, Gigi Ballista, Massimo Serato
PRODUCTORA
Co-production Italia-Francia; Fair Film, Labrador Films, Les Films Corona
GÉNERO
Drama

Sinopsis
La "Califa" es el apodo que se le da, en la región de Emilia, a una mujer volitiva y sin prejuicios. La "Califa" es una viuda cuyo marido fue asesinado por la policía durante una huelga. Ella odia a Doberdò, propietario de la fábrica en la que su marido trabajaba cuando fue asesinado. Ella se enfrenta a Doberdò varias veces, en cada ocasión ambos se sienten atraídos el uno por el otro, hasta que acaban siendo amantes. (FILMAFFINITY)

Premios
1970: Premios David di Donatello: Mejor actor (Ugo Tognazzi)

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Sub 

La califfa è il primo film di Alberto Bevilacqua, tratto dal suo terzo libro, edito nel 1964, un successo di vendite importante che anticipa la vittoria del Premio Campiello del 1966 con Questa specie d’amore. Romy Schneider è la sensuale interprete, che presta volto e corpo a Irene Corsini, la Califfa, vedova di un operaio ucciso dalla polizia, presentata con un intenso piano sequenza che tornerà nel drammatico finale. Ugo Tognazzi è l’imprenditore dal volto umano, stregato dalla proletaria contestatrice, che per amore va incontro agli operai e cerca di risolvere i problemi della fabbrica.

La califfa è ambientato a Parma, città natale di Bevilacqua, immortalata dall’autore in racconti, romanzi poesie e lungometraggi. Irene Corsini è la donna fortificata dal dolore, che si pone a capo di una protesta scoppiata all’interno della fabbrica di Doberdò (Tognazzi), ma finisce per innamorarsi dell’industriale. Accanto a lei il magnate scopre una nuova realtà, capisce che esiste un modo più umano di fare impresa. Non riesce a convincere i colleghi, che lo uccidono in un drammatico finale e gettano il suo cadavere accanto al muro della fabbrica. Sangue che scorre tra le mani di Irene, una nuova ferita della vita.  

La califfa non gode di un grande budget, motivo per cui Bevilacqua sceneggia soltanto la seconda parte del romanzo e utilizza più volte le stesse scene per alcune sequenze oniriche. Non solo, certi personaggi vengono del tutto omessi, incentrando l’attenzione soltanto sui protagonisti principali. Mancano molti dialoghi, importanti per capire la relazione tra Doberdò e Irene, persino il finale è diverso, più cinematografico, perché il romanzo si conclude con la morte dell’imprenditore per cause naturali. Le location della pellicola sono Parma, Spoleto, Terni, Colleferro e Cesano di Roma. Stupenda la colonna sonora di Ennio Morricone, a tratti dotata di sonorità western, che accompagna situazioni riconducibili ai duelli e alle rese dei conti tipiche del cinema di genere. Ottima la fotografia di Roberto Gerardi, soffusa e dai toni pastello. Bevilacqua è alla prima regia, mostra di saperci fare con i piani sequenza, usa troppo lo zoom (un male del periodo storico), sceneggia con tono poetico le situazioni iperrealistiche di un film metaforico e didascalico.

Gli attori sono straordinari. Ugo Tognazzi è un perfetto imprenditore figlio di contadini che, grazie all’amore, passa dal pragmatismo alla sfida romantica nei confronti del potere. Tognazzi non è nuovo a interpretare parti da imprenditore e da ricco borghese, ma Bevilacqua lo pone a confronto con un testo poetico. “Oggi il potere non ha più bisogno di eroi né di leoni. Oggi ha bisogno di poeti”, dirà l’imprenditore. E riferendosi a un passato da povero: “Me ne sono andato per non vedere più quella macchia di umidità sopra la mia testa”. Romy Schneider è di una bellezza sconvolgente, fotografata in stupendi primi piani, tra le cariche della polizia e il sangue che scorre. Un personaggio adatto alle sue caratteristiche femminili, una donna forte e innamorata, disposta a mettersi in gioco. Bevilacqua è molto bravo a raccontare l’animo femminile e a comporre insoliti ritratti di donne sopra le righe.

Tra i caratteristi Gigi Ballista è a suo agio come imprenditore, ruolo che ripeterà all’infinito nella commedia sexy, Stefano Satta Flores è un operaio che si vede lo spazio di una sequenza, Gigi Reder (il Fillini di Fantozzi) è un servile cameriere, Giancarlo Prete (il culturista dei postatomici) è l’amante sfruttato dalla califfa, Massimo Serato è l’industriale fallito che si suicida. Bevilacqua racconta la società italiana di fine anni Sessanta con gli imprenditori d’assalto, le fabbriche che chiudono, gli operai che occupano e chiedono rispetto per il lavoro. Vediamo le cariche della polizia, gli imprenditori suicidi dopo il fallimento, le proteste di piazza. Il quadro sociale è accompagnato da un’analisi spietata dei rapporti borghesi tra moglie e marito, la passione che si stempera, il tradimento, ma pure il contrasto generazionale padre - figlio non sfugge alla critica. “Se padre e figlio scappassero insieme per raggiungere non si sa quale meta, probabilmente non accadrebbe niente”, dice Tognazzi. Intensi, anche se retorici e ridondanti, i discorsi del padrone agli operai, così come le immagini della lotta di classe risultano a tratti troppo stilizzate. Notevole l’immagine della fabbrica come un dio pagano dove gli operai si recano ogni giorno per rendere omaggio davanti all’altare della produzione. Ricordiamo alcune sequenze oniriche: il fiore che blocca gli ingranaggi dell’azienda, la califfa che rinchiude il padrone in una stanza per farlo morire tra i miliardi…

Le scene erotiche sono molto soft ma ben recitate dai due interpreti, credibili e convincenti; la Schneider buca lo schermo in alcune sequenze che la vedono esibire plastici nudi a figura intera. Un difetto della pellicola è l’eccesso di ideologia sessantottina, ma resta un prodotto del suo tempo che va storicizzato. L’operaia ribelle e l’imprenditore hanno in comune il coraggio, le origini umili, la voglia di credere in un progetto e l’illusione di cambiare il mondo. Ma sarà la cruda realtà a vincere sui loro sogni.

Rassegna critica. Morando Morandini (tre stelle di critica e di pubblico): “La sorpresa di questa commedia a sfondo sociale è un Tognazzi che dà prova della sua inesauribile versatilità di attore straordinariamente padrone delle sue reazioni e dei suoi toni. Come operaia Romy Schneider convince meno. Il fico migliore nel bigoncio di Bevilacqua da Parma”.

Una recensione non condivisibile, a partire dalla conclusione, passando per i dubbi sulla Schneider, per finire con la definizione di commedia assegnata a un film drammatico e iperrealista. Paolo Mereghetti stronca senza pietà (una stella): “L’esordio di Bevilacqua, dal suo romanzo omonimo, è un ritratto femminile che si perde tra generici (e gratuiti) riferimenti alle tensioni sociali del periodo”. Pino Farinotti torna a concedere tre stelle, senza un giudizio critico, ma fornendo una valutazione condivisibile.
Gordiano Lupi
http://cinetecadicaino.blogspot.com/2013/09/la-califfa-1970.html

Las miserias del proletariado
En la primera escena vemos a Irene, llamada "La Califa" (sublime Romy Schneider) arrodillada junto al cadáver de su marido, obrero metalúrgico, asesinado a palos por la policía durante una manifestación (como en Barcelona, vaya). La mujer parece realmente abatida, aunque luego sabremos que se cepilla a todos los que se cruzan en su camino. Por otro lado está el gran empresario Dobberdò (sensacional Ugo Tognazzi), hombre hecho a sí mismo desde sus modestos orígenes proletarios, que se enfrentará a su CEOE particular tras encoñarse y mantener relaciones con la Califa, pues trata de recuperar una fábrica en quiebra para evitar despidos. El Rosell de turno decretará su ejecución. Alberto Bevilacqua, reputado novelista, debutaba en la dirección cinematográfica con esta transcripción de una de sus novelas, que somete a profundos cambios, cosa que no logra hacerla más comprensible. Los trascendentales diálogos entre la pareja de amantes no consiguen desentrañar los misterios de esta relación contra natura, ni el súbito cambio de ideas de Dobberdò. No obstante, con esos intérpretes en estado de gracia te zambulles en la película, que cuenta además con una magistral banda sonora del maestro Morricone. Película difícil de ver, vale la pena darle un tiento y disfrutar con el cuerpo, los ojos y la sensibilidad de la llorada Romy.
https://www.filmaffinity.com/es/reviews/1/325854.html


 

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