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viernes, 30 de julio de 2021

Banditi a Milano - Carlo Lizzani (1968)

 

TÍTULO ORIGINAL
Banditi a Milano
AÑO
1968
IDIOMA
Italiano y Español (Opcionales)
SUBTÍTULOS
Español e Inglés (Separados)
DURACIÓN
98 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Carlo Lizzani
GUIÓN
Massimo De Rita, Carlo Lizzani, Arduino Maiuri
MÚSICA
Riz Ortolani
FOTOGRAFÍA
Giuseppe Ruzzolini, Otello Spila
REPARTO
Gian Maria Volonté, Don Backy, Raymond Lovelock, Ezio Sancrotti, Piero Mazzarella, Tomas Milian, Laura Solari, Pietro Martellanza, Margaret Lee, Carla Gravina, Luigi Rossetti
PRODUCTORA
Dino de Laurentiis Cinematographica
GÉNERO
Drama | Crimen. Robos & Atracos. Basado en hechos reales

Sinopsis
Cavallero es un empresario aparentemente respetable que va a misa todos los domingos y que exige que sus empleadas que no lleven minifalda. Sin embargo, él y tres amigos forman una banda de ladrones que atracan bancos en distintas ciudades italianas. (FILMAFFINITY)

Premios
1968: Festival de Berlín: Sección oficial de largometrajes
1967: Premios David di Donatello: Mejor director y mejor producción (ex aequo)

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Attenzione, non fidatevi delle apparenze e non lasciatevi ingannare dalla prima impressione, dal titolo del film o dalla grafica dei titoli di testa. Non si tratta di un b-movie su scazzottate ed inseguimenti tra banditi e polizia, anche se del genere e’ considerato un onorevole precursore. E’ molto di più Banditi a Milano, non a caso presente fra i 100 film italiani da salvare selezionati da un progetto della Mostra del Cinema di Venezia, innovativo nello stile e nel ritmo, basato su un soggetto tratto un drammatico tema d’attualità (già storia italiana), con un cast d’eccellenza ed una ricercata colonna sonora. Ed e’ in memoria del regista Carlo Lizzani, recentemente scomparso a Roma che ne parliamo questa settimana.

Partigiano, resistente, e padre del cinema italiano, cui ha contribuito come regista, sceneggiatore e critico, di lui si e’ molto parlato questa settimana. Se ne sono ricordati gli esordi tra le file dei neorealisti, l’attività di critico cinematografico e l’impegno sociale dei suoi film. Con molto poco buon gusto il sito dagospia ha dato notizia della sua morte con il titolo ‘ Attenzione, caduta registi’ , ricordando anche la recente morte di Mario Monicelli avvenuta in simili circostanze.

Di Banditi a Milano invece si parla generalmente come un film chiave della storia del cinema italiano, e non soltanto perche’ precursore di un genere, ma per le sue qualità.

Il soggetto e’ tratto da un caso di cronaca di fine anni ’60, le vicende dei 4 banditi torinesi dalla banda Cavallero. Anarchici più che leninisti, in nome della giustizia sociale compirono diverse rapine, l’ultima delle quali, magnificamente ricostruita nel film ebbe luogo al Banco di Napoli in una brulla e nebbiosa Milano. Durante la rapina ed il successivo inseguimento persero la vita 6 persone in totale ed i rapinatori furono arrestati di li’ a qualche giorno.

Come al solito, ed abbondantemente ribadito, valore aggiunto alla qualità della pellicola e’ dato dall’interpretazione di Gian Maria Volonte’, ben accompagnato da Tomas Millian, irriconoscibile, agli esordi (nel ruolo di commissario della polizia), oltre che dalle musiche vagamente prog e psichedeliche di Riz Ortolani.
Giulia Pirrone
https://resistenzainternazionale.wordpress.com/2013/10/11/banditi-a-milano-1968-carlo-lizzani/


Ed eccola, dall'oblò panoramico della rapidissima imbarcazione, spuntare la prima cupola di Nuova Avalon, e con essa, il Palazzo Conduttore, l'edificio più importante della città, sede del computer principale che mantiene l'omeostasi dell'isola Stato. Dopo pochi minuti la vediamo nella sua interezza, ancora distanti varie miglia marine a largo, è una cittadella chiusa da una lente in vetro. "La cupola resta chiusa quando i motori gravitazionali sono in funzione, e sono in funzione per favorire il nostro imbarco".

Afferma sicuro il Prof.Grampasso.
"E' stato bello teorizzarlo, ma vederlo messo in pratica è qualcosa di indescrivibile...".

Nuova valon ci attrae a se come con un magnete, l'aggancio è veloce ma senza alcuno scossone. Destreet e gli altri giovani ci avvisano che potremmo sbarcare fra due ore, poichè occorre attendere il raffreddamento dei motori gravitazionali dell'isola. Giusto il tempo di volare con la mente sulle strade di una Milano post-Boom economico. Sprofondiamo nei nostri divani con Banditi a Milano.

BANDITI A MILANO del 1968 può essere considerato a buon titolo il primo vero "polizziottesco".
L'antesignano del genere che in Italia spopolerà per tutti i Settanta e oltre, mutuando i divi e protagonisti del cinema Western
in divi e miti Metropolitani. Una pellicola alla cui estetica, fotografia e messaggio di fondo tanti registi, soprattutto italiani ma non solo, si sono dovuti in qualche modo riferire, quando hanno deciso di raccontare storie poliziesco/noir. Ma c'è sicuramente qualcosa di più, e cioè il marchio di fabbrica, documentaristico, verista, adeso alla realtà come in un'inchiesta giornalistica, del grande Carlo Lizzani, come a manifestare la timidezza di inventare di sana pianta una storia, poiché la realtà ha infiniti più spunti, ed è sconfortante ma urgente rifugiarsi in essa.
La pellicola, prendendo spunto e approfondendo un fatto di Cronaca che sconvolse l'Italia del tempo, ci fa fare un excursus sulla criminalità e la violenza del dopo boom economico in Italia, e nella fattispecie nella ricca Milano. Intrecciando sapienti flashback a delle vere proprie interviste col piglio dell'inchiesta sui temi della prostituzione, del taglieggio, della tragica criminalità in genere. Fino a sezionare i particolari a volte banali della vita dei personaggi, i loro frammenti di ultima vita prima dell'ultima, tragica, sanguinosa rapina al banco Di Napoli della Banda Cavallera.
Banda di rapinatori che imperversò a Milano per tutto il 1967,capeggiata dal carismatico, coltissimo ed ipertimico  Pietro Cavallera detto il Piero (un "nonsopiùaggettivizzarelasuagrandezza" GianMaria Volontè), il secondo mite ed efficente Sante Notarnicola (un buon Don Backy cantante e attore, e che attore!!  feticcio di molti registi del cinema di genere), il massiccio Adriano Rovoletto detto Bartolini ( Ezio Sancrotti), ed un praticamente adolescente Raymond (Ray) Loveloc (già visto in "Avere Vent'Anni" e "Milano odia, laPolizia...") nella parte di Donato Lopez detto Tuccio.
Come un cane attaccato all'osso sta alle loro calcagna, il Commissario Basevi (un Tomas Milian giovanissimo con capigliatura da "perfettino") e tutta la polizia di Milano

La banda è composta  da ex soldati e partigiani provenienti dagli ambienti Leninisti e Anarchici della Torino operaia, nasce con intenti rivoluzionari ed ebbe il suo picco realizzando una tripletta (3 banche rapinate in 40 minuti!!!). 16 rapine riuscite, fino alla drammatica 17esima, che si conclude con una scia di sangue lunga una diecina di chilometri, lunga un inseguimento tra banditi e poliziotti dentro e fuori il centro di Milano. Bollettino di Guerra 3 morti (che poi diverranno 4) e due dozzine di feriti. Ed è a questo punto che Lizzani ci pone la domanda più importante: "Perchè  nei Milanesi solo a questo punto scatta la reazione?". Il tentato linciaggio è l'arma della folla, che viene usata solo quando tutto è troppo irreversibile. Non si posero il problema prima, quando furono omertosi, ed ora esplodono in tutta la loro violenza. Cosa li ha portato fuori dalla dimensione del loro "Orticello", fuori dal farsi gli "affari propri"?

Carlo Lizzani è stato  prima un importante critico cinematografico e animatore, insieme a signori del calibro di Fellini, ennio Flaiano, della rivista Cinema fin dai tempi del ventennio fascista. Pur essendo un "covo di antifascisti" la rivista aveva tutta la fiducia di Vittorio Mussolini (figlio del Mascellone) ed anche una certa indipendenza di pensiero e critica, una sorta di oasi in un deserto di libertà negate.
Finita la guerra e la barbarie nazifascista, nel periodo della ricostruzione, comincia a sedere dietro la macchina da scrivere sceneggiando in prevalenza  il cinema neorealista di Rossellini, Lattuada etc etc.
Il suo esordio dietro la macchina da presa lo fa con un Documentario, genere da lui molto amato e intelligentemente integrato in tutto il suo cinema, e al quale ha donato innovazione, freschezza e piglio contestatario e rivoluzionario (in controtendenza allo stile propugnato dal vetusto Istituto Luce).
In questo film snocciola una capacità tecnica ed una fotografia che hanno fatto scuola, chi ha visto Romanzo Criminale la serie potrà cogliere tante affinità (scelta delle inquadrature, campi lunghi sulle camminate dei criminali), ma anche gli amanti dell' Exploitaction e del cinema poliziesco in genere potranno trovare i mille riferimenti che questo gioiello della cinematografia Italica ha lasciato, come gemme, nel suo cammino.

GianMaria Volontè nel suo anno di grazia 1968, ormai nel mito dopo aver interpretato i western di Leone, ma sempre più politicamente impegnato, nello stesso anno del magnifico western "Quien sabe?" (in "Banditi a Milano" conserva la folle poesia de El Chuncho), contribuisce alla nascita del poliziesco all'italiana tracciandone poi la meravigliosa sintesi  in "Indagine su un cittadino..." , disilluso e fatalista come in "La Classe operaia va in paradiso". Un GianMaria per tanti versi embrionale ma nel contempo già formato, nei suoi guizzi espressivi, nella forza che riescono a darti quegli occhi da demonio, nella completa aderenza al criminale. Il personaggio del Piero è umanissimo e ambiguo, capace di tutto.
Grandissimo anche Tomas Milian giovane e già in grado di gestire una parte così importante in un film ancora più importante, dimostra grande professionalità non riuscendo a manifestare il suo enorme carisma in una parte difficile. Anche per lui 1968 ricchissimo di grandi personaggi come ad esempio il bellismo peones di  "Vamos a Matar Comapaneros...". Andando proprio a cercare il capello, tre cose  straniscono di lui: 1) il fatto che  stia completamente dalla parte dei buoni, sembra gli levino l'anima quando deve fare il buono!!!, 2) il doppiaggio, che non è quello di Amendola padre, e perde tantissimo.3) il suo personaggio fuma le zizze con il bocchino....orrendologico...
Curioso il cameo della grande Carla Gravina nella ninfomane mitomane che chiama la polizia, da ricovero, eccelsa.

E veniamo alle gaudenti note..La colonna sonora è qualcosa di eccelso. L'anno è sempre quello (68).
il maestro Riz Ortolani vi prepara una doccia Rock Lisergica e Ritm'Blues venata di tanto Jazz e dell'insostituibile voce di Nino Ferrer, che nel film canta una versione di "Vorrei la pelle nera!!!" da far diventare tutto il mondo nero (risolvendo cosi almeno uno degli annosi problemi del nostro mondo malato!!!).
Una folle sperimentazione da origine ad un qualcosa di completamente nuovo e avvincente. un film che presegna i tempi, enfatizza la posizione di potenza che ha un artista nell'indovinare il nostro futuro. Gli occhi di Volontè qualunque cosa egli ti stia proponendo. La risata del Piero ,sopra le urla di tutta la Milano che, ora, lo vuole linciare.
http://cinematografiapatologica.blogspot.com/2011/09/banditi-milano-1968-di-carlo-lizzani.html


LOS OLVIDADOS: DESDE ITALIA: CARLO LIZZANI

Carlo Lizzani es uno de los nombres del cine italiano que, tal vez por los motivos que señalaremos más adelante -a pesar de haber desarrollado una carrera de seis décadas y de haber sido, además de realizador, guionista, actor, historiador y crítico-, la atención hacia su obra ha quedado circunscripta a un reducido número de críticos y cinéfilos.

Nacido en Roma en 1922, desde muy joven se mostró interesado por el cine y después del final de la guerra llamó la atención por los guiones que escribió para Rossellini (Alemania año cero) y Giuseppe De Santis (Arroz amargo) ganando por esta última un premio al mejor guion del año. Afiliado desde joven al Partido Comunista, gran parte de su obra muestra un gran compromiso político.


Luego de rodar desde fines de los 40 algunos cortos y documentales, debutó en el largometraje de ficción en 1951 con Atención, bandidos!, un film en el que bastante tiene que ver su historia personal como partisano resistente al nazismo y fascismo. Este fue el primero de una serie de títulos que forman el núcleo central de su obra, recreando diversos episodios de la historia de su país.

En 1969 ganó el David de Donatello (Oscar italiano) por Bandidos en Milán, galardón que repitió en 1996 con Celuloide.

Director del Festival de Cine de Venecia entre 1979 y 1992, desde la década del 80 realizó varios trabajos para la televisión siendo su último film de 2011.

Carlo Lizzani, se suicidó nonagenario en el año 2013 arrojándose desde el balcón de su casa (del mismo modo que lo hizo su gran amigo Mario Monicelli) quedando trunco un proyecto de filmar una novela de Giulio Andreotti, líder de la Democracia Cristiana.

Se mencionaba más arriba posibles razones por las que Carlos Lizzani ha quedado bastante relegado en el ranking de los directores italianos de posguerra y dos de ellas pueden ser su postura ideológica de izquierda que se refleja en la mayoría de sus películas y el hecho de adscribir, aunque no de manera lineal, a la estética del neorrealismo. Es sabido que a los realizadores que responden a aquella ideología, gran parte de la crítica tiende a calificarlos de dogmáticos y panfletarios y en cuanto al gran movimiento surgido en el cine italiano de posguerra, también una buena porción de la crítica tiende –sin demasiadas razones atendibles- a considerarlo envejecido y superado, omitiendo que gran parte de las mejores películas italianas de esa etapa forman parte de esa escuela. Lo cierto es que el cine de Lizzani muestra un gran compromiso y sus películas pueden verse como un recorrido por diversos aspectos de la historia política y social de Italia, debiendo señalarse que siempre trató de filmar esas obras en los lugares donde transcurrieron los hechos, algo que le otorga a esos títulos un carácter semi documental.

Pero sería un error reducir a Lizzani al papel un director meramente “contenidista”, ya que hay en él una preocupación formal que se puede apreciar, vg, en su manejo de la tensión dentro de cada plano, su utilización fluida y nerviosa de la cámara, expresada en vigorosos travellings, el montaje preciso (en la mayoría de sus películas trabajó con el mismo editor, Franco Fraticelli), en el uso dramático de los primeros planos y en la excelente utilización de los exteriores.

Además hay otro rasgo que lo identifica y es la postura políticamente “incorrecta” que aparece en sus films, como es el caso de mostrar la aceptación mayoritaria de los judíos de su destino (El oro de Roma) o el de rodar películas desde el punto de vista de personajes fascistas, en una suerte de intento de mostrar la conducta de ellos desde “adentro” (ejemplo de esto son obras como San Babilo, hora 11 y Mussolini: último acto).

Hay que decir también que Lizzani participaba activamente en los guiones de sus films y, si bien sus títulos abiertamente políticos constituyen el corazón de su obra, también rodó policiales, comedias (un género en el que los resultados no siempre fueron felices) y hasta un par de spaghetti westerns, en uno de los cuales (Requiencast) tiene un papel importante como actor Pier Paolo Pasolini.

La extensa carrera de Carlo Lizzani cuenta con una buena cantidad de films valiosos por lo que, como es habitual, recomendaremos algunos de ellos.

Atención, bandidos! (Achtung, banditi!, 1951) es el primer largometraje de ficción de Lizzani y está ambientad en Génova, donde un grupo de partisanos resisten a los alemanes y los fascistas. Filmada con gran nervio, al que el director le agregó su experiencia como resistente, la película, basada en hechos reales, está rodada en los lugares donde ocurrieron, con un muy buen aprovechamiento de la aridez de las locaciones.

Crónica de pobres amantes (Croniche de poveri amanti, 1954) es una adaptación de la famosa novela de Vasco Pratolini, ambientada en Florencia en los años 20, durante los comienzos del fascismo. Gran parte del film transcurre en una calle, una suerte de microcosmos de la Italia de esos años, con sus grandezas y miserias, y cuenta con una muy buena delineación de caracteres, entre los que se destaca el de la usurera que vive en su cama mientras su criada le cuenta, mirando por la ventana, lo que pasa afuera.

El oro de Roma (L´oro di Roma, 1961) está inspirada en otro suceso real, la exigencia de los ocupantes alemanes de que los judíos les entreguen en 48 horas cincuenta kilos de oro a cambio de respetar su libertad. Obviamente la promesa no es cumplida y los judíos serán deportados y Lizzani pone el acento en la conducta sumisa que adopta mayoritariamente la población de ese origen, expuesta con crudeza en el rol de la protagonista femenina.

El proceso de Verona (Il proceso di Verona, 1963) recrea con intensidad un hecho histórico en los días de la caída de Mussolini, cuando un grupo de fascistas de su gabinete, encabezados por el Conde Ciano, esposo de la hija del dictador (una excelente Silvana Mangano) son acusados de haberlo traicionado y serán juzgados y condenados  por sus propios compañeros, con el diario del Conde como McGuffin del relato.

Frente al amor y la muerte (Svegliati e uccidi, 1966) toma como personaje central a Luciano Lutring, un ladrón que se dedica a romper vidrieras para efectuar sus robos y luego se embarca en un golpe de mayor magnitud. Con una conflictiva relación con su pareja, una cantante de cabaret, el film oscila entre el policial y el drama, con un muy buen trabajo de Lisa Gastoni y uno menos convincente de Robert Hofman en el protagónico.

Bandidos en Milán (Banditi a Milano, 1968) registra con gran vigor y un gran trabajo de cámara y de montaje las andanzas de un grupo de delincuentes liderados por un respetable empresario que va a misa todos los domingos y no permite el uso de minifaldas en su trabajo y en el que Milán está presentada como un auténtico nido de mafiosos y corruptos donde cualquiera, como el protagonista, puede convertirse en un líder del hampa.

La amante de Gramigna (La amanti di Gramigna, 1969) está ambientada en Sicilia en 1865, época de enfrentamientos entre monárquicos y partidario de Garibaldi, donde Gramigna, un ex garibaldino, luego de ser estafados él y su padre por un noble, mandamás del lugar, decide convertirse en una suerte de justiciero solitario, fugándose con la muchacha a quien le habían alquilado su casa. El film más violento y visceral del director.

Mussolini: último acto (Mussolini: ultimo atto, 1974) describe los últimos días de Mussolini (un excelente Rod Steiger) luego de su fuga e intento de irse a Suiza con su amante tras la rendición de las tropas fascistas y el abandono a que lo someten. Un tenso thriller político en el que el director patea al tablero presentando los hechos desde el punto de vista del dictador, con la curiosa relación con Clarissa Pettacci en el medio.

San Babilo, hora 11, un delito inútil ( San Babilo, un delitto inutile, 1976) sigue las andanzas de una pandilla de jóvenes fascistas en Milán que se dedican al robo, las violaciones y los atentados, hasta llegar al crimen gratuito. Otra vez Lizzani se mete en la intimidad del grupo en un relato con varias secuencias notables, lastrado por momentos por el trazo grueso con el que están delineados los personajes secundarios.

Celuloide (Celluloide, 1995) es una vívida recreación de los avatares de la filmación de Roma, ciudad abierta, las dificultades con los productores y los enfrentamientos de Rossellini con su guionista Sergio Amidei. La película más entrañable, y una de las mejores, del director que es también un homenaje a los comienzos del neorrealismo. Un reparto excelente con una Lina Sastri inolvidable interpretando a Anna Magnani.

Hotel Meina (2007) reconstruye un trágico hecho ocurrido hacia el final de la guerra cercano a la frontera de Italia con Suiza, en el que un grupo de judíos es primero encerrado en las habitaciones de un hotel, siendo luego la mayoría de ellos asesinados por los alemanes. Un film duro y de gran tensión dramática, en el que los esfuerzos de una alemana infiltrada y un grupo de partisanos no alcanzan para evitar el desolador final.
Jorge García
http://www.conlosojosabiertos.com/los-olvidados-desde-italia-carlo-lizzani/


A Carlo Lizzani, que murió a finales del año pasado, se le suele asociar con el neorrealismo italiano, sobre todo porque participó en el guión de Bitter Rice de Giuseppe de Santis. Esto no está mal, pero es limitado. Lizzani tiene dos peculiaridades bien definidas: por un lado sacó gran parte de su inspiración de la guerra que fue la Resistencia en la que participó, y por otro lado se interesó muy temprano, desde principios de los años sesenta, por las nuevas formas de delincuencia en Italia. Por tanto, es uno de los primeros directores de cine negro en la Italia de la posguerra. Por supuesto siempre con una preocupación por la realidad que da un lado casi documental a sus películas.

La historia es relativamente trivial. A medida que la delincuencia sigue aumentando en Milán, una banda de ladrones de bancos está sembrando el terror mediante el uso de la violencia. La pandilla de Piero es un trío bastante unido, al que se sumará un aprendiz muy joven que sueña con millones y aventuras. Pero su último atraco se convertirá en un fiasco. Le disparan a un empleado del banco. Se avista el auto en el que huyen, sigue una larga cacería sangrienta que terminará con la captura de los cuatro mafiosos.

La originalidad no está ahí, sino en la forma de cortar la historia y en la de filmar. Comienza con una introducción muy larga que nos muestra a la policía enfrentando el aumento de la violencia y el crimen en una ciudad que experimenta una rápida modernización. De allí nos topamos con unos bandidos que huyen, pero uno de ellos es detenido y finalmente hablará. Es uno de los pandilleros de Piero. Por lo tanto, tendremos derecho a la historia de la génesis de la pandilla, una historia de sus actividades. Esta es la oportunidad de pintar un retrato de este curioso equipo. Piero es el chef indiscutible. Dirige a sus tropas de una manera brutal e irresponsable. Sante obedece, sin hacer preguntas, simplemente porque Piro es el jefe y, recién casado, necesita dinero. Adriano es quien conduce los autos, quien también los roba y quien es capturado por la policía primero. Y luego está Tuccio que apenas ha salido de la adolescencia y que lamentablemente descubre el alijo de armas de Piero y por lo tanto se verá enredado en estas ensaladas.

Una vez que se establece el escenario, que hemos hecho un balance del viaje de la pandilla, la película se centra en el final de la pandilla. Primero el atraco que falla, luego la larga búsqueda de la pandilla por parte del comisionado Basevi. La pandilla se separa, luego parte intenta huir de Milán y se encuentran varados en un pueblo, mientras que Tuccio simplemente es recogido de sus padres donde ha regresado para refugiarse. Entre la inconsciencia, el miedo y la jactancia, la pandilla será destruida. Solo Piero encontrará la fuerza para hacer reír a la galería durante su arresto. Pero la pandilla habrá dejado varios cadáveres mientras tanto.

Lizzani no da una lección moral. Y creo que es esta forma muy distante de dar cuenta de un problema social lo que aseguró el éxito internacional de la película en su estreno. También es muy tarde, después de media hora que vemos aparecer en la pantalla al personaje central de la historia, Piero. Esta forma de hacer las cosas elimina cualquier posibilidad de dar un toque de romanticismo a estos bandidos. Pero incluso si no nos detenemos en la psicología de esta pandilla, hay suficientes elementos que nos permiten captarlos en lo que tienen de humano. Son capaces de reír, de disfrutar de las cosas de la vida. Incluso Piero que se enamora de la secretaria que contrató en la falsa empresa que ha montado como tapadera de sus ilícitas actividades.

Técnicamente, es un estilo frío y un poco impersonal, casi documental, que le da a la ciudad una personalidad particular. Porque el Milán industrial y moderno es, en última instancia, el tema real. Milán y sus fábricas que se ven humeando a lo lejos, sus almacenes donde Piero intenta esconderse. También es una ciudad moderna impulsada demasiado rápido con sus rascacielos como la marca del milagro italiano de la posguerra.

La película se rodó en 1968 y la forma en que opera esta banda recuerda a la de Mesrine. Además, cuando ataca los bancos, ¡adquieren el acento francés detrás de sus máscaras! Las escenas de acción son particularmente exitosas, ya sean robos o persecuciones de autos, el uso de escenarios reales es juicioso. Hay una escena de acecho en el campo milanés, un despliegue de fusileros, que parece haber inspirado a Jean-Pierre Melville para El círculo rojo. Es muy probable que Melville viera esta película y ahí es donde descubrió el potencial de Gian Mario Volonte 'que ostenta en la película de Melville un papel algo parecido. Por supuesto que está exagerando, pero también es el tipo de personaje que quiere eso. Haciendo muecas a voluntad, incluso burlándose, es bastante asombroso, al borde de la locura. Thomas Milian interpreta casualmente al comisionado Basevi. Y el resto del elenco también está bien. En el sentido de que los actores se funden por completo en el anonimato de este paisaje urbano milanés.

En definitiva, un éxito que abrirá el camino a toda una sección del cine negro a la italiana, del que Umberto Lenzi será uno de los representantes más prolíficos.
http://alexandreclement.eklablog.com/bandits-a-milan-banditi-a-milano-carlo-lizzani-1968-a114844652

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