TÍTULO ORIGINAL
La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia
AÑO
1978
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
104 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Lina Wertmuller
GUIÓN
Lina Wertmuller
MÚSICA
Roberto De Simone
FOTOGRAFÍA
Giuseppe Rotunno
REPARTO
Giancarlo Giannini, Candice Bergen
PRODUCTORA
Coproducción Italia-Canadá; Liberty Film, Canafox, Warner Bros.
GÉNERO
Drama. Romance | Años 60
Premios
1978: Festival de Berlín: Sección oficial de largometrajes
Alla riscoperta di Lina Wertmüller | La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia (1978)
Il Lina’s Touch pare essere formula buona per tutte le latitudini, a partire da un titolo chilometrico che mette insieme la suggestione apocalittica e le tempeste ormonali, la pioggia e la notte. Il feticcio di Giancarlo Giannini, reduce anche lui dalla consacrazione degli Oscar, ma non quello di Mariangela Melato, a cui viene preferita la più glamour Candice Bergen, più appetibile per il pubblico americano e, molto semplicemente, adatta al ruolo.
La storia, infatti, è quella dell’amore tormentato tra un giornalista italiano di fede comunista e una studentessa americana radical chic, consumato dapprima nell’abbandonata Certosa di San Lorenzo a Padula, paese del salernitano dove s’incontrano per assistere entrambi a una processione religiosa che finisce in una scazzottata, e poi a Los Angeles, luogo d’origine di lei in cui si trasferiscono e mettono su famiglia, per approdare infine a Roma, teatro della crisi.
I temi sono quelli cari a Lina: i conflitti sociali, il sesso, le relazioni tra uomo e donna, il femminismo, la rivoluzione impossibile, l’allegoria politico-sociale attraverso la prospettiva sentimentale. Con una corale di amici senza nome che commenta, interviene come un coro greco che ride, sghignazza, glossa, interviene seguendo il ritmo sincopato del montaggio di Franco Fraticelli, mentre Roberto De Simone lascia che musiche ancestrali ed etniche diano il tessuto sonoro su cui argomentare questo ennesimo non-musical erotico e politico del cinema della Wertmüller.
E, invece, il fallimento. Non solo per il successo nullo. Tutto racchiuso nel verboso titolo, La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia inizia con le immagini di un disastro ecologico che annunciano i molti riferimenti storico-politici del film, dalla rivoluzione cubana alle porcherie di Nixon passando per i fremiti sessantottini, ovviamente modulati sull’emancipazione sessuale e sulla nuova disinvoltura dei costumi.
Lina ha ambizioni altissime e sceglie di adattare il suo sguardo al melodramma, ma non sa bene da che parte andare, arrivando ad una seconda parte italiana quasi tutta in notturna sulla carta piuttosto interessante. Eppure il gioco al massacro coniugale, tra Chi ha paura di Virginia Woolf? e molti racconti americani “turistici” da Noi due sconosciuti a By The Sea, è troppo cannibalizzato dalle parole, e lo stile sovraeccitato della regista tocca il primo zenit ridondante con un profluvio di specchi metaforici, vetri solo in apparenza trasparenti, primi piani benché non più grotteschi.
La Bergen non trova mai una vera nota personale e si percepisce quanto Lina cerchi nel suo corpo qualcosa che le ricordi l’amata Melato. Giannini immola il suo istrionismo ad una performance sopra le righe quasi fumettistica, giocando fin troppo sulla sua iconografia da intellettuale comunista che arriva in America e disegna falce e martello sui pali per strada. A che ora è la rivoluzione? Come si deve venire, già mangiati?
https://lorciofani.com/2019/08/20/lina-wertmuller-la-fine-del-mondo-nel-nostro-solito-letto-in-una-notte-piena-di-pioggia-1978/
Grazie ad un ciclo natalizio di Cine34 (Mediaset) dedicato a Lina Wertmüller ho potuto beccare per puro caso alcune ghiotte citazioni di libri e riviste d’annata in uno dei noti film dal titolo chilometrico che è sempre stata la firma dell’autrice: “La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia“, uscito nel gennaio del 1978 ma (come vedremo) sicuramente girato molto prima.
Quello che mi è sempre rimasto impresso dei film italiani anni Settanta è il fatto che i personaggi leggano molto: libri, riviste, fumetti, tutti oggetti scomparsi dalla modernità ma che all’epoca conoscevano un successo oggi inconcepibile. In fondo erano l’internet del loro tempo.
Sono del 1974 quindi la mia infanzia è stata tutta negli anni Ottanta, quando per informarsi non esisteva altro sistema che la carta stampata: la TV era per divertimento, quel po’ di approfondimento che andava in onda su Mamma RAI non diceva gran che. Quindi io ho sempre visto i miei genitori, i genitori dei miei amici e tutti i personaggi dei film italiani anni Settanta informarsi su libri e riviste.
Quando c’era una scottante questione internazionale, state sicuri che in libreria o in edicola avreste trovato un saggio che la spiegava con dovizia di particolari. Magari quello che oggi chiamano instant book, cioè un libro scritto velocemente proprio per cavalcare l’onda di interesse su un argomento, comunque potete stare certi che una sola pagina di quei libri valeva quanto l’intero internet. Semplicemente perché i lettori erano così attenti ed esigenti era più difficile intortarli. (Anche se ci si riusciva ugualmente.)
Così nella scena del film in questione, quando i protagonisti Giancarlo Giannini e Candice Bergen si preparano per andare a letto, girando per casa con le mani piene di riviste, e con i comodini pieni di libri, mi è sembrata una situazione così fortemente familiare che mi ha commosso. Forse perché all’epoca anche a casa mia si andava a dormire così, dopo aver visto un film o un telefilm: tra riviste, fumetti e libri, c’era parecchio da fare prima di smorzare la luce.
Come nel consueto stile della Wertmüller, la storia alterna uno sguardo generale sul mondo con uno più particolare sul rapporto dei due protagonisti. Quindi sbirciando la rivista che sta leggendo la Bergen capiamo che si sta informando su un bruttissimo disastro ecologico italiano.
Non ho capito se l’articolo di cui leggiamo il titolo, “20 km di veleno”, sia quello a cui fa riferimento la copertina del settimanale “Epoca” (Mondadori) del 12 gennaio 1977, inquadrata in un altro punto della scena…
… comunque quest’ultima a sei mesi dagli eventi ricorda ancora gli effetti del disastro di Seveso del luglio 1976, quando dall’azienda ICMESA di Meda (MB) è fuoriuscita una nube tossica che ha investito le zone limitrofe, in particolar modo la zona di Seveso. Una lettura non proprio distensiva per chiudere la giornata.
Decisamente di tutt’altro genere è la lettura del mensile di moda “L’Uomo Vogue” (Condé Nast Italia), nel suo numero doppio del dicembre 1976 / gennaio 1977, con Robert Redford in copertina. L’argomento serve a presentare il dilemma della donna emancipata che però non lo è così tanto da pensare a scappatelle come invece fanno i mariti, storicamente emancipatissimi.
Malgrado giri per casa con il pieno di riviste sotto braccio, il nostro Giancarlo Giannini d’un tratto viene visto a studiare attentamente una rivista d’approfondimento molto in voga all’epoca…
All’epoca la rivista “Playmen” era ampiamente pubblicizzata dai film italiani, e in questo caso viene mostrato il numero dell’ottobre 1976 (Anno X, n. 10) con in copertina la giovane Lilli Carati (anche se nel film è riportata con il suo vero nome, Ileana Caravati)
La divertente trovata della regista è di chiamare la Carati in persona a ricreare la posa della copertina di “Playmen”, proprio nel bagno di casa del protagonista, che però storce la bocca: a quanto pare preferisce le donne con forme più generose, il che fa scatenare i “fantasmi femministi” che abitano la casa.
...
https://nonquelmarlowe.wordpress.com/2021/01/25/archeo-edicola-la-fine-del-mondo-1978/
Ciao, è possibile ripristinare i link?
ResponderEliminarGrazie
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