TÍTULO ORIGINAL
Un ragazzo di Calabria
AÑO
1987
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Italiano (Opcional) e Inglés (Separado)
DURACIÓN
106 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Luigi Comencini
GUIÓN
Ugo Pirro, Luigi Comencini, Francesca Comencini
MÚSICA
Antonio Vivaldi
FOTOGRAFÍA
Franco Di Giacomo
REPARTO
Santo Polimeno, Gian Maria Volonté, Diego Abatantuono, Thérèse Liotard, Giada Fiaggioli
PRODUCTORA
Coproducción Italia-Francia; Canal+, Carthago Films S.a.r.l, General Image, Italian International Film, Radiotelevisione Italiana (RAI), U.P. Schermo Video
GÉNERO
Drama | Deporte. Atletismo
Critica
« Malgrado le buone intenzioni del regista il film, dalla trama estremamente fragile si rivela senza alcuna introspezione psicologica o approfondimento sociale. Gli attori sono stati diretti in modo carente; il ragazzo poi 'brilla' per la sua inespressività: la sua vicenda non coinvolge affatto in quanto manca di tensione ed è infarcita di incongruenze e retorica ».
Segnalazioni Cinematografiche 1987 ©
« La corsa, al cinema, è mito, è poesia. Ne ricordo qualcuna, alla rinfusa. Mi viene in mente quella di Antonio das Mortes nel sertão di Il dio nero e il diavolo biondo. O quella disperata di Mel Gibson, per salvare la vita messa a rischio dalla guerra. O, ancora, la sfida nel chiostro del college in Momenti di gloria. O quella di Cary Grant inseguito dall’aereo in Intrigo internazionale. E cosa dire del jogging di Dustin Hoffman in Il maratoneta? E così per mille film, per mille sequenze. Qui la corsa non è un momento del film ».
Walter Veltroni ©
Voce alle Maestranze
« Ho parlato di cose che mi stanno molto a cuore: un ragazzo, la campagna, la civiltà contadina, la voglia di evadere... No, non conoscevo la Calabria prima. Mi ci ha condotto il racconto di Casile. L'ho girato tutto dal vero e la favola che mi piaceva raccontare si è arricchita di immagini di cose stupende e tragiche... Si, in Calabria c'è molta violenza. E' un paese in guerra con se stesso, è una terra che attira per la sua bellezza ma fa paura. La mia è una favola gentile ... Si, in Calabria ho incontrato solo persone gentili... ».
da un'intervista rilasciata da Luigi Comencini, regista del film
Curiosità
In una scena del film si vede, trasmessa in televisione, una scena del film "Tormento" del regista romano Raffaello Matarazzo.
Nella parte della ragazza bionda e figlia di ricchi c'è una giovanissima Giada Desideri (accreditata come Giada Faggioli) qui al suo debutto, e che in seguitò diverrà apprezzata interprete di numerose serie televisive.
http://www.calabriainciak.it/2010/12/un-ragazzo-di-calabria-italiafrancia.html
Trama
In un paesino agricolo della provincia di Reggio Calabria vive la famiglia di Mimì, un ragazzo tredicenne, primo di tre fratelli con la passione per la corsa a piedi scalzi. Il padre Nicola, ex contadino attualmente guardiano in un ospedale psichiatrico, dai modi bruschi, amante della caccia, vorrebbe che il primogenito studiasse, si facesse strada nella vita meglio di quanto ha fatto lui e quindi ostacola in ogni modo le aspirazioni sportive del ragazzo, anche con sistemi alquanto discutibili. La madre, dolce e riservata, cerca di proteggere il figlio dalle ire paterne e di nascosto lo aiuta nelle sue speranze di gloria. A spronare di più Mimì c'è anche la simpatia che egli nutre per Crisalinda, una bella giovinetta del luogo che gli sorride durante le sue corse libere fra il verde della campagna calabrese. Ad incoraggiare maggiormente Mimì e a dargli consigli tecnici veri e propri c'è pure Felice, l'autista della vecchia corriera del paese, zoppo dalla nascita, solo, emarginato e malvisto dalla gente del luogo per le sue idee comuniste, il quale nelle aspirazioni sportive del ragazzo rivede i suoi sogni e i suoi ideali giovanili miseramente irrealizzati. Mimì deve vincere tante difficoltà: le prime gare sono un fallimento poichè non è abbastanza allenato e non sa ancora ben calibrare le sue energie. A scuola ha uno scontro violento con l'insegnante di italiano per cui è costretto a ritirarsi. Il padre padrone è sempre più irato contro di lui per la sua ostinazione nel voler correre a tutti i costi, per cui lo porta a lavorare duramente da un cordaio. Però la mamma, dopo essere stata convinta da Felice che il ragazzo ha veramente la stoffa del maratoneta, si reca da zio Peppino, il capo indiscusso del paese, rispettato da tutti, e gli propone di persuadere Nicola a far correre Mimì. Il vecchio è d'accordo; se Mimì si classificherà fra i primi sarà lui stesso poi ad aiutarlo anche in seguito a diventare un vero campione. Il giovinetto vince le qualificazioni in Calabria e a Roma, in gare nazionali arriva addirittura primo. Finalmente il suo sogno è realizzato: Felice esulta poichè era sicuro delle sue capacità; la madre è commossa perchè quasi non crede che suo figlio sia così in gamba; il padre è pentito e senza parole, convinto ormai che Mimì aveva ragione.
Crítica
Poche cose sono difficili da filmare come l'infanzia. Le smorfie adolescenziali, e soprattutto l'orribile caricatura della loro parlata rappresenta, assieme agli spot sui biscottini in scatola per cani e gatti, uno degli abissi che ci riserva la pubblicità televisiva. Con ogni probabilità, quando fra un secolo vorranno dipingere la nostra era in tutto il suo splendore, avranno a disposizione una buona scorta di spezzoni con ragazzini paffuti e ben pettinati.
Ecco perché un artista come l'autore di Incompreso ha diritto a tutta la nostra ammirazione: ancora una volta, anche se questo Ragazzo di Calabria è lungi dall'essere un capolavoro, egli sa avvicinarsi al mondo degli adolescenti con incomparabile facilità.
La sua prospettiva cinematografica non si limita, semplicisticamente, a mostrare il mondo dei grandi dal basso all'alto; visto, cioè, con gli occhi di chi è più piccolo. Ma piuttosto in modo che il mondo degli adulti venga costantemente ridimensionato. La visione di Comencini ha in comune, con quella dei suoi giovani protagonisti, la purezza e la semplicità: e lo sguardo che la cinepresa pone sulla vita smaschera costantemente la relatività dei valori, per non dire l'ipocrisia e la vuotaggine delle idee preconcette.
In questo raccontino, a tratti melodrammatico e trionfalisticamente televisivo, ci sono momenti autentici: gli sguardi sulla civiltà meridionale, con le sue contraddizioni ma anche coi suoi valori. L'inserimento - lirico, ritmato - delle corse del ragazzino nella natura.
Ma i momenti più originali sono quelli nei quali la cinepresa si avvicina al viso del giovane esordiente: allora l'estetica ed i tempi del telefilm sembrano perdere importanza, e solo sembra levitare la grazia e la verità di una dimensione ritrovata.
Fabio Fumagalli, rtsi.ch/filmselezione (19/11/87)
https://www.comune.re.it/cinema/catfilm.nsf/PES_PerTitolo/D5CAD7C81E67D32DC1256FB400329924?opendocument
TRACCIA TEMATICA
Attraverso una specie di favola realistica il film dispiega un evidente impianto metaforico: il giovane Mimì simboleggia le speranze di rinascita di un meridione italiano ancora sottosviluppato e arretrato e il comunista Felice il tramite politico dell’affermarsi di questa volontà di riscatto del Mezzogiorno. Lo sfondo ambientale evidenzia i segni della secolare arretratezza del sud: le marcate divisioni di classe fra ricchi e poveri, lo sfruttamento del lavoro minorile, l’aspirazione all’impiego statale, una concezione patriarcale della famiglia.
La figura dell’etiope Abebe Bikila, vincitore scalzo della maratona olimpica di Roma del 1960 e modello eroico-mitico di Mimì, acquista precise risonanze simboliche, assurgendo ad emblema del Terzo Mondo (corrispettivo sul piano mondiale del nostro meridione) che compete e vince (anche se solo nello sport) sui paesi ricchi.
La stessa corsa ben si addice nel suo essere sport di elementare e primitiva spontaneità ad una pratica povera (si può correre anche scalzi, come Bikila e Mimì), ma ricca di risonanze nobili e antiche (era l’attività fisica prediletta dagli antichi greci).
VALUTAZIONE CRITICA
Comencini risulta più convincente sul piano del coinvolgimento emotivo ed emozionale, lavorando con la consueta sensibilità nel penetrare nella dimensione psicologica dell’adolescenza (tematica prediletta dal regista) e nella trama dei rapporti genitori-figli (qui risolta attraverso la contrapposizione tra un padre-padrone ed un padre-guida) che non nell’affrontare in chiave metaforica la questione meridionale (dove finisce per risultare un po’ schematico e troppo didascalico). I conflitti generazionali e i rapporti umani sembrano, insomma, più congeniali al registro comenciniano dei riferimenti politico-sociali, spesso risolti in modo banale e affrettato, e di alcune soluzioni linguistiche all’insegna di un’abusata e stereotipata convenzionalità (il ralenti sulle corse di Mimì e la musica di Vivaldi che le enfatizza), che mal si concilia la dominante scelta di una sobrietà espressiva di stampo quasi neorealista.
http://pacioli-dogali.myfirewall.co/www/paciolicinemaecineteca/PacioliCinema/3-Film/Film2006-07/7framefilm015.htm
COMENCINI RACCONTA UN BAMBINO DEL '60
ROMA - Lunedì, in un paesino arroccato sulle montagne, vicino Reggio Calabria, Luigi Comencini inizia a girare il suo nuovo film: il titolo è "Un ragazzo di Calabria", lo interpretano un adolescente esordiente, Santo Polimeno, trovato dall' aiuto del regista a Reggio Calabria, e poi Gian Maria Volontè, Diego Abatantuono nel ruolo del padre del ragazzo e, in quello della madre, Thèrèse Lyotard. La storia è quella di un ragazzo di tredici anni nella Calabria degli anni ' 60, e del suo sogno di diventare atleta, un maratoneta da medaglia d' oro alle Olimpiadi. Fin qui l' annuncio. Per andare avanti, per capire e sapere di più, la domanda più ovvia e banale è: perchè? Perchè un film, un racconto come questo, oggi, per il regista della "Storia"? E Comencini che evidentemente rispetta anche come persona, nella vita, il comandamento al quale dichiara profonda obbedienza come regista, e cioè "vietato raccontare senza ironia, significherebbe raccontare, in pratica, senza intelligenza", risponde scartando ogni possibile enfasi: "Dirò semplicemente che me l' hanno offerto. E siccome il mio mestiere è fare i film, ho preso in considerazione l' offerta, nata da un copione che Ugo Pirro aveva individuato nel suo ruolo di giurato al premio Solinas". Il copione originario erano i ricordi, scritti sotto forma di sceneggiatura, di un calabrese, si chiama Demetrio Casile, che da bambino, e nato povero, si era scoperto la vocazione di vincere le gare di corsa: "Il film, così come ha preso vita nella nuova sceneggiatura cui poi ho lavorato anche con mia figlia Francesca, racconta un anno di vita del protagonista: quello delle Olimpiadi, con la televisione dell' epoca che inondava il pubblico delle immagini in bianco e nero del maratoneta Abebe Bikila che correva scalzo e vinceva... Il ragazzo prima sogna, poi combatte con un ambiente anche familiare ostile, poi vince: la sua passione si trasforma nella realtà di una medaglia, a Roma...". Non sapevamo dell' interesse di Comencini per l' atletica leggera, lo sport: "Infatti non c' è, non c' è mai stato... Tant' è che sono molto contento del titolo che abbiamo scelto Un ragazzo di Calabria che mi consente fin dall' inizio di dichiarare allo spettatore qual è il mio vero interesse ed è quello di raccontare di un bambino di tredici anni, trent' anni fa, che rompe con le convenzioni del suo ambiente". Il ruolo di Volontè? "Quello di un autista della corriera che il bambino prende tutti i giorni per andare a scuola. A lui il bambino confida la sua passione. L' autista gli rivela, a sua volta, che è stata anche la sua, di passione, cui ha dovuto rinunciare perchè un incidente lo ha reso sciancato: in realtà è una favola che lui racconta, a se stesso, perchè la sua menomazione è tale fin dalla nascita. Sta di fatto che i due diventano amici, Volontè protegge il ragazzo e lo allena, la sera... E' l' incontro tra un ribelle bambino e un ribelle anziano che si alleano contro il mondo...". Abatantuono? "Me ne sono innamorato dopo averlo visto nel "Tango della gelosia" e nel film di Avati: lo trovo una persona e un attore di straordinarie intelligenza e sensibilità". Ultima presentazione, quella del produttore: Lucisano. Com' è che un produttore privato si lascia convincere da un film di questo genere? La risposta di Comencini: "Come sempre, le ragioni per le quali si fanno i film sono un mucchio di malintesi, che però, tutti insieme, finiscono per costituire una "ragione positiva". Questo Un ragazzo di Calabria, per esempio. Da parte del produttore c' è la convinzione che si debba fare perchè è il momento dell' atletica leggera: un film su questo tema, dal suo punto di vista, almeno in partenza, sarebbe anche un successo di botteghino. Io ho accettato perchè è una storia che mi consente di mettere in scena uno degli argomenti che preferisco: il rapporto tra un ragazzo e il suo ambiente... Ho fatto "Lo scopone scientifico" senza conoscere e tanto meno amare il gioco delle carte: è venuto un film di cui non si è detto male. Perchè non dovrei fare un buon lavoro anche parlando di un' altra cosa che non so, come lo sport?". Il filo rosso con il passato, la coerenza, è chiaro, sono da cercare nel fatto che il protagonista della vicenda è ancora una volta un bambino, come nella "Finestra sul Luna Park", in "Pinocchio", "Incompreso", "Cuore" e perfino "La Storia": Comencini è sicuro come prima, come venti o trent' anni fa, che adolescenza è uguale a innocenza, che l' essere bambino è garanzia di rivoluzione morale rispetto al cinismo e conformismo del mondo degli adulti? "Cominciamo col dire che io metto in scena, e forse non a caso, un tredicenne di ventisette anni fa, quando la televisione e il consumismo non avevano ancora corrotto tutto e tutti, in prima battuta soprattutto i giovani... E poi? E poi diciamo che io credo in un bambino ideale. Anche Proust si è reinventato il suo mondo per poterlo raccontare. Io mi reinvento, forse, l' innocenza dell' infanzia per poterne parlare come se fosse cosa certa, laddove magari è incerta... Io non voglio tornare su quello che ho detto dei ragazzi in tanti anni: non mi piace, mi parrebbe poco elegante, detesto a settant' anni essere poco discreto nelle dichiarazioni...". Comencini è uomo che pensa molto, ma quasi si vergogna dei pensieri, di raccontarli con la nudità delle parole senza nasconderli, su uno schermo, dietro le immagini. Annuncia un nuovo film, e vorrebbe parlare della sua crisi di uomo che produce immagini, in una società che gli sembra malata, per l' appunto, di eccesso di immagini "che alla lunga provocano cinismo, indifferenza, distrazione". Ma poi subito si censura: "No, è un discorso che non voglio fare, almeno in questo momento... Sa che cosa ho scoperto, a settant' anni? Che non puoi fare un film se non sei entusiasta. Sei costretto a un entusiasmo anche se non ce l' hai. E poi ti viene sul serio. Per fortuna". Ma il cinema, dica la verità, le piace ancora? "E' l' unico mestiere che conosco. L' unico mezzo per esprimermi. E' un bellissimo mestiere che mi ha permesso di vivere bene. Ma da qui a pensare che sia anche una cosa importante... Le cose importanti sono altre: io non ho vissuto per il cinema, ma per le mie figlie, per il rapporto con mia moglie, che ha contato e conta molto di più del cinema... Il probema dell' esistenza di Dio è più importante, per esempio, del cinema...". Ma lei, non era un laico? "Sì, un laico molto religioso". Pessimista? "Sì, in quanto sono un ottimista molto ben informato". Un laico religioso e pessimista, che si è servito del cinema per raccontare a tutti la sua speranza nel cambiamento: le va bene questa definizione? "Non so, forse, una volta... La speranza, oggi, è sempre più tenue...".
ANNA MARIA MORI (04/04/1987)
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/04/04/comencini-racconta-un-bambino-del-60.html
Except for part 1, the links do not work. Could you use 1 fichier or uptobox. Thank you, Mary
ResponderEliminarCambiados todos los enlaces y alojados en otro servidor.
EliminarI link 2,3,4 per mediafire non esistono
ResponderEliminarModificati tutti i link. (Un altro server)
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