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viernes, 4 de mayo de 2012

Racconti Romani - Gianni Franciolini (1955)


TÍTULO ORIGINAL Racconti romani
AÑO 1955
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Italiano (Separados) 
DURACIÓN 110 min. 
DIRECTOR Gianni Franciolini
GUIÓN Sergio Amidei, Agenore Incrocci, Francesco Rosi, Furio Scarpelli (Novela: Alberto Moravia)
MÚSICA Mario Nascimbene
FOTOGRAFÍA Mario Montuori
REPARTO Antonio Cifariello, Franco Fabrizi, Giovanna Ralli, Totò, Vittorio De Sica, Silvana Pampanini, Maurizio Arena, Maria Pia Casilio, Eloisa Cianni, Giancarlo Costa, Margherita Autuori, Sergio Raimondi, Nando Bruno, Anita Durante
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia; Cormoran Films / Industrie Cinematografiche Sociali (ICS) PREMIOS 1955: Premios David di Donatello: Mejor director y producción
GÉNERO Comedia 

SINOPSIS Álvaro está en la cárcel y por eso se considera a sí mismo el más adecuado para liderar a sus tres amigos: Mario, Otello y Spartaco. Los cuatro jóvenes deciden iniciar un negocio. Sólo necesitan una furgoneta para iniciar una empresa de transporte, pero les falta el dinero. ¿Cómo lo conseguirán? (FILMAFFINITY)


Il film è un ritratto amaro di personaggi marginali, tratto da alcuni dei "Racconti romani" di Alberto Moravia. La sceneggiatura è firmata da Amidei, Age, Scarpelli e Rosi. Più "Poveri ma belli" che "Ragazzi di vita". Particina per Totò.
Presa una mezza dozzina di Racconti romani (1954) di A. Moravia, li hanno cuciti insieme attraverso le sollazzevoli e poco edificanti imprese di quattro giovanotti sfaticati. A una ingegneria narrativa indubbiamente efficace corrisponde il trionfo del becerismo romanesco, del bozzettismo più sbracato, del meridionalismo più smaccato. Oltre a un impareggiabile Totò, da notare la prova del bassetto Giancarlo Costa: qualcosa di più di una macchietta. Qua e là la tematica moraviana affiora. I personaggi positivi sono tutti femminili: fidanzate, mogli, sorelle.
Il film è ispirato all'omonimo libro di Albero Moravia, Racconti Romani. Per l'esattezza dai seguenti capitoli: Il biglietto falso, Il godi godi, Arrivederci, Il terrore di Roma, Il bassetto, La parola mamma, La voglia di vino e Prepotenti per forza, riaggiustati secondo il gusto e la bonarietà propri della commedia all'italiana. Tredicesimo film diretto da Gianni Franciolini, che esordisce dietro la macchina da presa nel 1941 con "Fari nella nebbia". Per il grande Totò , invece, è la quarantaquattresima interpretazione.
Terzo film, dopo "Yvonne la nuit" e "I pompieri di Viggiù", in cui Totò non è protagonista, questo "Racconti Romani" è tratto dal testo letterario omonimo di Alberto Moravia, rielaborato da Sergio Amidei, che ha anche "ricucito" e sceneggiato insieme a Rosi, Age, Scarpelli e lo stesso Moravia, i racconti "Il biglietto falso", "Il godi godi", "Arrivederci", "Il terrore di Roma", "Il bassetto", "La parola mamma", "La voglia di vino" e "Prepotenti per forza", dando forma ad una struttura narrativa per quanto possibile omogenea e unitaria, centrata su un gruppo di quattro ragazzi sbandati che cercano in tutti i modi, senza mai riuscirvi e con una disarmante ingenuità di imbrogliare il prossimo con piccole truffe e raggiri di ogni tipo. Il film anticipa di qualche mese "Poveri ma belli" di Risi, di tre anni "I dritti", di Amendola e "I soliti ignoti" di Monicelli e di 21 anni "Febbre da cavallo" di Steno, tutti film con i quali "Racconti Romani" presenta analogie e spunti narrativi. Totò interpreta il ruolo di un attempato e squattrinato "professore", che viene consultato dal capo del gruppo (Franco Fabrizi) per scrivere una lettera commovente e lacrimevole, da usare per una truffa a un avvocato. Utilizzato solo in due scene, di cui la seconda è con Vittorio De Sica (l'avvocato), Totò costruisce un inserto che è una vera e propria gemma nel film, per altro dignitoso, ma piuttosto mediocre. Il personaggio del professor Semprini, interpretato da Totò, appartiene al genere che vedremo poi ne "I soliti ignoti" (Dante Cruciani), in "Risate di gioia" (Infortunio), di Monicelli e in "Operazione San Gennaro" (don Vincenzo 'o fenomeno) e che richiama  il già visto Pasquale Miele di "Napoli milionaria" e solo vagamente il professòr Tromboni de "Il ratto delle Sabine": un povero diavolo che mette a frutto la sua esperienza del mondo per campare. Dunque un cinico per necessità, un opportunista e un imbroglione, che non ha più nulla della maschera e della marionetta, ma è un volto reale, umano, che suscita immediatamente simpatia e umana pietà.

Nella prima scena, quando scrive la lettera seduto in un bar davanti a un panino imbottito e un cappuccino caldo, il personaggio è fortemente caratterizzato per una fame atavica (tratto ricorrente in Totò) e per una scaltra abilità di imbrogliare gli imbroglioni; nella seconda si misura in un duetto eccezionale con De Sica, dove la sua figura si stempera e quasi si denuda di fronte all'ambigua follia della sua vittima, ossessionata da alcune parole, fra le quali soprattutto "mamma", perchè contiene tre "m". La scena è la cosa più bella del film, Totò, assecondato da De Sica lascia il Plano patetico e sta al gioco delle parole, che a sua volta deforma per adattarle alla nevrosi del suo interlocutore: "mama" invece di "mamma", togliendo quella "m" che tanto fa impazzire l'avvocato. Il dialogo è giocato su un piano paradossale e surreale, perchè non si sa più chi dei due tiene in pugno l'altro: se il professore ha capito che l'avvocato ha capito o, al contrario, se l'avvocato ha capito che il professore ha capito ecc. , Totò dimostra la sua eccezionale bravura dando corpo ad un personaggio che si imprime in modo indelebile nella memoria, diventando centrale nell'economia generale del film.
Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione
http://www.antoniodecurtis.org/racconti.htm

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