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domingo, 7 de marzo de 2021

La valigia dei sogni - Luigi Comencini (1953)

TÍTULO ORIGINAL
La valigia dei sogni
AÑO
1953
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
84 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Luigi Comencini
GUIÓN
Luigi Comencini, Giuseppe Bennati, Ettore M. Margadonna
MÚSICA
Mario Nascimbene
FOTOGRAFÍA
Václav Vích (B&W)
REPARTO
Umberto Melnati, Maria Pia Casilio, Roberto Risso, Ludmilla Dudarova, Helena Mankowska, Flora Mariel, Giulio Cali, Xenia Valderi, Giuseppe Chinnici, Marinita, Nino Vingelli, Marcello Mastroianni
PRODUCTORA
Mambretti Film
GÉNERO
Comedia | Cine dentro del cine

Sinopsis
Ettore Omeri, viejo actor de cine mudo, sobrevive gracias a las proyecciones de películas que salva de la destrucción. Pero no todo el mundo comparte su pasión por el cine antañón. (FILMAFFINITY)
 
2 

Alcune immagini sono riprese da un vecchio cortometraggio dello stesso regista (così come la voce dello speaker che apre e chiude il film), ovvero Il museo dei sogni (1949).

L’ex attore del cinema muto Ettore Omeri ha salvato dal macero vecchie pellicole dei suoi tempi. Con la proiezione di questi film Omeri allestisce degli spettacoli ricreativi negli istituti d’educazione. Dopo alcune vicende, per sbaglio le pellicole prendono fuoco, e Omeri viene imprigionato per “detenzione di materiale infiammabile”. Per fortuna l’intervento di un ricco produttore riesce a farlo liberare. Non solo: egli ottiene del lavoro dal suo protettore e può quindi costruire un vero museo del cinema.
https://www.roma2pass.it/film/film-la-valigia-dei-sogni/

Il cavaliere Ettore Omeri (Umberto Melnati), ex attore del cinema muto, ha raccolto, sottraendole al macero, vecchie pellicole dei suoi tempi. Con la proiezione di questi film, collegati mediante un montaggio d’eccezione, il cav. Omeri allestisce degli spettacoli ricreativi negli istituti d’educazione. Un giorno viene invitato ad allestire uno di questi spettacoli in occasione di una serata mondana. Egli vi proietta quanto ha di meglio ma gli atteggiamenti appassionati di una Borelli o di una Bertini provocano la sfrenata ilarità dei molti giovani che affollano il salotto. Tra gli spettatori c’è anche una signora anziana, già celebre attrice del muto, ora moglie di un ricco produttore, la quale si è riconosciuta nella protagonista di uno dei film. Il contegno dei giovani l’ha profondamente offesa e il giorno seguente, suo figlio tenta di farsi cedere dal cav. Omeri tutti i brani di pellicola che la riguardano. Non riuscendovi, il giovanotto si rivolge alla segretaria, che promette di consegnargli le pellicole ma nel maneggiarle, ne provoca l’incendio, che ben presto si propaga a tutto il deposito. «A Milano, la Cineteca Italiana, costituita da pochi anni, stava attraversando una grave crisi finanziaria; in cassa non c’erano più soldi per le spese correnti, e si resisteva solo grazie ai contributi (modesti ma indispensabili alla sopravvivenza) che arrivavano dai circoli del cinema, affamati allora di classici, dai film sovietici ancora mai visti in Italia alle opere dell’espressionismo tedesco, dai “noir” francesi d’anteguerra ai film sperimentali e a tutte le opere che la Cineteca conservava gelosamente. Mio fratello, che con Alberto Lattuada aveva iniziato la raccolta dei film negli anni ’38 e ’39, si era ormai incamminato sulla strada della regia e aveva già realizzato alcuni lungometraggi per la Lux Film di Carlo Ponti. Occorreva fare qualcosa per impedire la chiusura della Cineteca, e così nacque l’idea di un film a basso costo in cui nessun compenso andava al regista, e gli unici a venir pagati erano i tecnici» (Gianni Comencini).
http://www.casadelcinema.it/?event=la-valigia-dei-sogni-di-luigi-comencini

Nello stesso anno del trionfo nazionalpopolare di Pane, amore e fantasia, Luigi Comencini girò un film più piccolo, meno appariscente, modernissimo, davvero prezioso. Mentre, secondo alcuni, su copione di Ettore M. Margadonna, chiudeva l’esperienza neorealista ipotizzando la nascita della commedia di costume in contesto strapaesano, con La valigia dei sogni mise in campo un’idea di cinema fino ad allora del tutto sconosciuta.

Assieme ad altri, tra cui il fratello Gianni, Comencini fondò la Cineteca Italiana di Milano, primo ente nazionale dedicato alla conservazione delle pellicole, nato soprattutto per salvarle dal macero al quale erano destinate per motivi economici, pratici e culturali: come si vede nella scena del museo, non si era ancora imposta l’idea che anche il cinema potesse essere una forma d’arte.

All’atto pionieristico dell’operatore culturale Comencini corrisponde un gesto artistico del cineasta ancor’oggi imprescindibile sia per capire un panorama storico in cui un archivista di pellicole era considerato un bizzarro feticista un po’ fuori di testa sia per godere di una raffinata ed intelligente operazione di montaggio, che attraverso il film si pone anche come occasione per mitizzare la memoria di un tempo perduto.

Per quanto a ridosso della guerra – come si evince da una grigia Milano quasi spettrale, ribaltata concettualmente due anni dopo da Lo svitato di Carlo Lizzani, in cui l’industriosa città in fieri si reinventa set comico pieno di potenziali gags – siamo già, comunque, in un’epoca che generalmente non mette più in conto la dismissione di un film. Un film può perdersi, degradarsi, essere dimenticato: ma non ucciso.

Per sottolineare questo pensiero, Comencini richiama Umberto Melnati: l’anziano divo del muto interpreta un suo avatar, Ettore, un ex attore con la missione di raccogliere e salvare i frammenti dei silent movie, che poi monta in centoni tematici e proietta in spettacoli privati. In assenza di colonna sonora, la voce del vecchio attore accompagna le proiezioni, continuando così la propria professione… ma usando l’unico elemento che prima non utilizzava!

Mentre Norma Swanson prepara il suo ritorno nonostante il cinema sia diventato troppo piccolo, Ettore fa un passo avanti, immaginando nuove strategie per ripensare un cinema smembrato e perduto facendolo rivivere su grandi schermi improvvisati, domestici. Non solo mette in campo l’ipotesi della cinefilia che verrà, ma si pone addirittura come esploratore degli archivi componendo miscellanee non dissimili dalla pratica del found foutage.

Al contempo, è un personaggio che sperimenta gli errori della futura cinefilia da cineclub: quando il pubblico giovane ride spietato allo stile recitativo del muto, Comencini non sta mettendo in scena il disincanto nei confronti della sua villana generazione. Sta piuttosto avvertendo sui rischi della somministrazione di questo cinema senza una guida che prepari spettatori giustamente lontani da quel mondo.

Melnati finisce così per assumere una funzione polivalente: non solo un vero attore che interpreta una sua copia conforme, non solo un cinefilo d’avanguardia che codifica il ruolo del conservatore e del cinetecaro, ma anche un testimone del passato che si reinventa saggista a partire dalla propria autobiografia. Trova una sponda nell’ex partner Helena Makowska, che recita un’ipotesi di se stessa conservando il proprio nome.

I due si ritrovano nella triste proiezione mondana in cui l’ex diva è ospite d’onore e, segretamente, zimbello dei salottieri che prendono in giro le moine di Francesca Bertini, Lyda Borelli e di lei stessa: struggenti gli sguardi sconfortati di un’attrice che ha sempre recitato con la mimica facciale e si ritrova nel cinema sonoro icona mortificata dal nuovo gusto; e struggente è pure il commento di Melnati, più avvilito che furibondo.

Benché sia, fondamentalmente, un montaggio di vecchi frammenti – che di per sé valgono la visione: specialmente all’epoca, quando questi spezzoni erano invisibili – quasi vicino al documentario, è nei raccordi che La valigia dei sogni trova la sua dimensione più intima e sublime: un gioco metalinguistico sul doppio e un’ode nostalgica ma vitalissima, che trova un’immagine meravigliosa nel finale, con Melnati gioiosamente immerso nelle pellicole da salvare.
https://lorciofani.com/2018/10/03/italia-50s-3-la-valigia-dei-sogni-luigi-comencini-1953/


 

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