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lunes, 18 de marzo de 2013

Natale al Campo 119 - Pietro Francisci (1947)


TITULO ORIGINAL Natale al Campo 119
AÑO 1947
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 80 min.
DIRECCION Pietro Francisci
REPARTO Dante Bisio, Nando Bruno, Carlo Campanini, Vera Carmi, Adolfo Celi, Rocco D'Assunta, Peppino De Filippo, Vittorio De Sica, Margherita Bagni, Aldo Fabrizi, Aldo Fiorelli, Carlo Mazzarella, Ave Ninchi, Alberto Rabagliati, Giacomo Rondinella, Roberto Sichetti, Olga Villi, Michael Tor, Massimo Girotti, Maria Mercader
FOTOGRAFIA Mario Bava
MONTAJE Gabriele Varriale
MUSICA Angelo Francesco Lavagnino
PRODUCCION GIUSEPPE AMATO PER EXCELSA FILM- DE SICA - FABRIZI
GENERO Comedia

SINOPSIS La guerra è terminata, ma in un campo di prigionia statunitense alcuni prigionieri italiani aspettano ancora di essere liberati e trascorrono il Natale rievocando nostalgicamente, anche grazie ad un grammofono e ad una collezione di canzoni popolari italiane donati dal comandante del campo, le loro città e la loro vita prima della guerra.


IL FILM
La guerra è terminata, ma in un campo di prigionia statunitense, il campo 119, alcuni prigionieri italiani aspettano ancora di essere liberati e trascorrono il Natale rievocando nostalgicamente, anche grazie ad un grammofono e ad una collezione di canzoni popolari italiane donati dal comandante del campo, le loro città e la loro vita prima della guerra. Pietro Francisci, supportato da una sceneggiatura scritta tra gli altri da Giuseppe Amato, Aldo Fabrizi e Vittorio De Sica, tenta di tracciare sullo schermo un ritratto corale, dove le ferite lasciate dalla guerra, l’incertezza del presente e il rapporto contraddittorio con l’America, s’intrecciano con la comicità bonaria dei personaggi, tutti fortemente caratterizzati, e con il sentimentalismo rassicurate, buffonesco e malinconico delle loro storie. Ma Natale al campo 119 finisce per essere una banale, dispersiva e superficiale narrazione per episodi, scanditi dall’intrecciarsi delle canzoni popolari e orchestrati attorno al più riuscito nucleo narrativo centrale del film, ambientato nel campo di prigionia. Le rievocazioni dei protagonisti, anche se proiezioni nostalgiche e volutamente idealizzate, rimangono piccoli affreschi senza vita, superficialmente sentimentali e malinconicamente comici. Il paese che prende forma attraverso la memoria dei prigionieri, nella maggior parte dei casi l’Italia non ancora piagata dalla guerra, è uno spazio vuoto, banalmente popolato di stereotipi, la bellezza delle città ricordate è un paesaggio freddo, da cartolina, solo occasionalmente attraversato da uno squarcio di realtà o scosso da una vena di amarezza. Pur senza una reale profondità di sguardo, ulteriormente svilito dalla troppo pacificatoria conclusione, la vicenda all’interno del campo di prigionia è invece di maggior spessore, capace di restituire l’insofferenza e la frustrazione provate nei confronti di un paese straniero, l’America che ha liberato l’Italia, ma al tempo stesso l’ha invasa. Attraverso la comicità che scaturisce dal confronto tra prigionieri e carcerieri e dalla divertente sovrapposizione di personaggi che, in un’orchestrazione perfetta di tempi e di battute, incarnano le diverse realtà italiane, sia sociali che dialettali, emerge l’incertezza provata nei confronti di un destino ancora non delineato e privo di punti di riferimento, prende corpo l’immagine di un paese frammentato, che si confronta dolorosamente con la distruzione lasciata dalla guerra.


TRAMA:
La guerra è finita da un pezzo; ma i prigionieri italiani del campo 119, in California, aspettano ancora l'invocata liberazione e intanto s'apprestano a festeggiare, lontani dalle famiglie, un triste Natale. Sono rappresentate tra loro le varie regioni italiane. Per dare un po' di sfogo alla nostalgia, rievocano ricordi lontani della patria. Un romano ricorda episodi poco edificanti della sua disgraziata vita coniugale. Un soldato napoletano racconta i casi del suo tenente, un duca napoletano squattrinato, e le gherminelle escogitate per venirgli in aiuto. Il comandante del campo ha regalato ai prigionieri un grammofono, e ai racconti s'intrecciano le canzoni. Così un siciliano ricorda le feste e i canti della primavera siciliana e un gondoliere veneziano rievoca una sua avventura amorosa. Vediamo sullo schermo belle vedute di città e di paese, ma gli episodi evocati vi creano una atmosfera sciaguratamente falsa. Non mancano le battute commoventi, le notizie di casa attraverso la radio, quando per caso funziona, i discorsi del cappellano. Finalmente giunge l'invocata liberazione.

CRITICA:
"Come quasi tutti i film italiani, è accuratissimo e quasi perfetto nei particolari, mentre nell'insieme lascia un pò a desiderare. E' innegabile che le scene migliori sono quelle che si svolgono al campo, la prima parte; mentre nella seconda, il film assume un tono da "settimana Incom", con il passare in rivista le città dei vari protagonisti e quel mostrarci i monumenti principali (...)". (A. Manganelli, "Hollywood", n. 124 del 31/1/1948).

NOTE:

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