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jueves, 25 de julio de 2013

La proprietà non è più un furto - Elio Petri (1973)


TITULO ORIGINAL La proprietà non e più un furto
AÑO 1973
IDIOMA Italiano (dos pistas de audio separadas, ambas en italiano pero una con traducción simuntánea al ruso)
SUBTITULOS Español e inglés (Separados)
DURACION 120 min.
DIRECCION Elio Petri
GUION Elio Petri, Ugo Pirro
MUSICA Ennio Morricone
FOTOGRAFIA Luigi Kuveiller, Ubaldo Terzano
MONTAJE Ruggero Mastroianni
REPARTO Ugo Tognazzi, Flavio Bucci, Daria Nicolodi, Mario Scaccia, Orazio Orlando, Julien Guiomar, Cecilia Polizzi, Jacques Herlin, Gino Milli, Ettore Garofalo, Gigi Proietti, Salvo Randone, Ada Pometti
PREMIOS 1973: Festival de Berlín: Sección oficial de largometrajes
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia; Titanus
GENERO Drama. Comedia | Comedia negra

SINOPSIS Un joven cajero de banco, alérgico a los billetes, se convierte en la pesadilla del mejor cliente de la entidad, un adinerado carnicero poco escrupuloso en sus negocios. Después de despedirse, el cajero roba al carnicero su mejor cuchillo y su sombrero. Entra en su domicilio y se apodera de algunas joyas. A continuación secuestra a la que es cajera y amante del carnicero. (FILMAFFINITY)




Quando osservo i bambini, sento che lo prima cosa che esprimono è lo volontà di appropriazione, dicono subito “no” e “è mio”; il rifiuto e il possesso per poter appoggiare su qualcosa lo loro identità. Credo che il senso della proprietà nasca dai problemi del territorio; anche gli animali hanno dei legami molto forti con alcuni oggetti. In un certo senso il denaro è Dio: è il Deus ex machina della nostra esistenza storica, per questo merita di essere conservato in luoghi (le banche) che somigliano un pò alle chiese.
Elio Petri (dal libro “L’avventurosa storia del cinema italiano”)

TRAMA:
Total, giovane impiegato di banca, è allergico al denaro: lo ripugna toccarlo; disprezza chi ne ha. Convinto che il mondo sia fatto di ladri - quelli autentici, che si professano tali, e quelli dissimulati, che si arricchiscono, in modo apparentemente legale, sulla pelle altrui - ritiene che il più tipico ed esecrabile rappresentante della seconda specie sia un volgare macellaio, cliente della sua stessa banca. Lo prende dunque di mira, rubandogli oggi il coltello, domani l'automobile e i gioielli, infine la sua concubina. Avvezzo a furti di ben altra natura e consistenza, il macellaio non comprende il perché di quella strana persecuzione; finché, identificato il ladro, lo blandisce offrendogli quarti di bue, denaro, una lucrosa sistemazione. Ma Total non cede, non accetta compromessi. Decide, anzi, di dedicarsi professionalmente alla spoliazione dell'altrui proprietà, associandosi a un ladro di mestiere. A questo punto, il macellaio decide di farla finita, uccidendo con le sue mani Total nella cabina di un'ascensore.

CRITICA:
"Il film regge sull'assunto che nella nostra società, inguaribilmente egoista, non si vive per 'essere' ma per 'avere' e che nella corsa alla proprietà vince chi è più forte: chi, cioè, sa meglio rubare. La conclusione è che questo tipo di società va cambiato. Svolta attraverso i modi del 'grottesco', la vicenda ha sequenze stimolanti e tecnicamente pregevoli, ma nell'insieme, stenta - per sovrabbondanza di argomenti - a trovare un punto focale, capace di dare unità all'affollarsi di situazioni e motivi spesso soltanto sussidiari o superflui." ('Segnalazioni cinematografiche', vol. 76, 1974)
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=6929&film=La-proprieta-non-e-piu-un-furto

Elio Petri, l'ultima rivoluzione
L'impiegato di banca Total, interpretato da Flavio Bucci fresco di studi accademici, è affetto da una singolare ed epidermica idiosincrasia per il denaro, sintomo della sua nevrosi tra l'essere e l'avere. Decide quindi di compiere una personale rivoluzione nei confronti del capitalismo, percepito come il maggior responsabile della mancanza di parità tra gli uomini. La personificazione demoniaca del capitalismo, come possessione egoistica, è interpretata dal magistrale Ugo Tognazzi nei panni di un macellaio avido e senza scrupoli, che si rivelerà vittima e carnefice di questa meccanizzazione del possesso. La combattività di Total si dispiega in continue azioni di attacco nei conforti del macellaio fino ad arrivare a prendere lezioni di “ladroneria” dall'attore Albertone (Mario Scaccia). Scopre così, e con enorme delusione, che anche il mondo dei disonesti ha una sua burocrazia fatta di compromessi. Total si ribella anche alla ladroneria organizzata pur di rincorrere il suo ideale anarchico...
Elio Petri, uno dei registi più importanti e impegnati del nostro cinema, torna a parlare della mancanza di uguaglianza tra gli individui nella nostra società. Problematica sceneggiata a 4 mani da Ugo Pirro e dallo stesso Petri in questo “episodio” filmico che chiude la “trilogia della nevrosi”, insieme a Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) e La classe operaia va in paradiso (1971), tra i più surreali del regista romano insieme al successivo Todo Modo.
Ancora una volta ritroviamo la voce pirandelliana del celebre Salvo Randone, attore feticcio di Elio Petri, che porterà avanti la scissione dell'uomo nelle fauci della società capitalista iniziata ne La Classe operaia va in paradiso. Come in tutta la trilogia anche questo film è permeato da un senso totale di follia, quest'ultima percepita come ultima speranza di una resusurrezione che non avverrà mai perché gli individui sono cose, come “l'acqua minerale chiusa nel frigorifero”. Nei titoli di testa scorrono volti urlanti e disperati dei personaggi simili a mummie - su disegni di Renzo Vespigiani - che sussurano bestemmie laiche. Per la colonna sonora è d'obbligo sottolineare Ennio Morricone, con le sue acute composizioni industrial; quelle, per intenderci, che fanno tanto impazzire Mike Patton e John Zorn.
Daniela Nativio
http://www.bizzarrocinema.it/component/option,com_jmovies/task,detail/id,389/

Sorprendente visión de la sociedad del bienestar
Nos encontramos aquí ante una muy recomendable película. En este caso se nos muestra el choque entre clases sociales a través de dos personajes al límite: un carnicero exitoso y un neurótico empleado de un banco desposeído de cualquier propiedad.
La historia se complica de forma imparable y asistimos a un auténtico duelo de interpretaciones entre los dos protagonistas.
Alrededor de estos dos personajes condenados a odiarse se suceden escenas de surrealismo fantástico llenas de humor y sentimiento.
Puede que haya perdido su fuerza inicial (es del año 1973) debido a la evolución del lenguaje cinematográfico y a que otros puntos de vista se han ido imponiendo en el cine, pero no deja de aportarnos datos actuales para pensar y ubicarnos en un mundo donde la confrontación entre las y los que lo tienen todo y las y los que no tienen nada es inevitable.
barri el
http://www.filmaffinity.com/es/reviews/1/880212.html

Protagonista di questo film è Total, un impiegato allergico al denaro e a tutti coloro che dimostrano di considerarlo come la cosa più importante della propria esistenza.
Ecco che allora Total assume come simbolo da punire un ricco macellaio e comincia a privarlo di tutto ciò che ha di più caro: moglie, gioielli, soldi, macchina ecc..
Il macellaio resosi conto della situazione e, individuato il ladro Total cerca di farsi spiegare le ragioni di tale accanimento e gli offre carne, soldi ed una sistemazione in cambio della libertà, ma l'impiegato non è d'accordo.
Film del 1973 diretto e sceneggiato dal grande Elio Petri insieme al suo compagno di sempre Ugo Pirro e facente parte di una specie di Trilogia della Nevrosi; iniziato con " Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto " (nevrosi del potere); continuato con " La Classe operaia va in paradiso " ( nevrosi del lavoro ) e finito con " La Proprietà non è più un furto " ( nevrosi del denaro ).
La caratteristica principale della pellicola, ed è una cosa che si nota subito, è l'impronta data alla struttura del film; vengono introdotti dei monologhi all'interno della narrazione che fanno assomigliare il film quasi ad un'opera teatrale; caratteristica davvero interessante e innovativa sia ai tempi del film che adesso.
Il tema centrale del film è la Proprietà intesa come una malattia, malattia che si trasforma e prende le sembianza di pessimismo e l'accompagna lungo tutto il film.
In più il periodo era caldo dal punto di vista ideologico e politico e Petri è stato notoriamente un regista che esprimeva molto chiaramente ciò che pensava in merito, opinione forte che viene sottolineata anche in questo film; forse un po accentuata per poter fare il verso ai critici dei tempi che usavano un metro di giudizio pressochè uguale, per cui il regista impegnato era di sinistra.
Ottimo cast che vede Ugo Tognazzi nella parte del macellaio malato e avido di denaro; Flavio Bucci nella parte di Total, il banchiere allergico al denaro; poi ci sono Salvo Randone, Daria Nicolodi, Mario Scaccia, Gigi Proietti.
Le musiche sono di Ennio Morricone; montaggio di Ruggero Mastroianni.
Il Film, facendo una chiusa, non è assolutamente per tutti, difficile, impegnato ed ha bisogno di una grande concentrazione e predisposizione alla visione.
Una volta entrati in quest'ottica il film può dare delle soddisfazioni anche se può essere definito il minore ( seppur di poco ) della trilogia della nevrosi e se presenta qualche buco narrativo.
Torrance
http://dvd.forumcommunity.net/?t=4822673


La filosofia dell’aguzzino – Riflessioni sul film ‘La proprietà privata non è più un furto’

“ … Te metto su una macelleria, un mattatoio clandestino, una fabbrica de salumi, semo soci, te faccio fa li sordi!”
Quando guardo i film di Elio Petri ho come la sensazione di essere catapultato in veri e propri circuiti chiusi, ingranaggi come quelle piste con le macchinine elettriche degli anni ’70. E’ come se il regista, attraverso l’uso della cinepresa, rimpicciolisse lo spettatore trasportandolo, come Alice in Wonderland, dentro i confini delle sue rappresentazioni allo scopo di incatenarlo. Veri e propri labirinti senza via d’uscita: trappole.
“ […] L’egoismo è il sentimento principale della religione della proprietà. Io sento che questa condizione mi sta diventando insopportabile, così come lo sta diventando per molti di voi!”
“La grande industria al servizio della sicurezza sociale, sottopone alla vostra attenzione le sue ultime conquiste. Aiutateci a difendervi. Aiutateci a difendervi. Aiutateci a difendervi”
Nonostante la questione animale sia entrata nel dibattito politico soltanto da poco, credere che gli artisti del passato non avessero rappresentato il rapporto tra uomo e animale in modi multiformi, a partire dalle rappresentazioni antropomorfiche dei miti, dei racconti popolari, delle fiabe, dei cartoni animati etc. ma anche come allegoria per trattare tematiche di stampo sociale (si pensi al celebre romanzo di George Orwell Animal Farm), è alquanto fuorviante. In tutte le società di tutte le epoche l’animale assume sempre un ruolo simbolico nelle rappresentazioni umane, e un regista come Petri, che gioca molto con i doppi sensi, con la metafora, con il grottesco (come suggerisce wikipedia), non poteva non servirsi di questi esseri per “potenziare” i messaggi allegorici dei propri film.
Se in La classe operaia va in paradiso il regista usa la pelliccia come simbolo dello status sociale borghese (la moglie del protagonista operaio ambisce all’acquisto della pelliccia per imitare il ceto medio), simbolo tra l’altro, insieme a quello della bistecca, onnipresente già nei vecchi film in bianco e nero degli anni ’40 e ’50 in stile Toto’, con La proprietà non è più un furto (1973) Petri va oltre, unendo sintagmaticamente la carne con il potere, vestendo il protagonista del film (uomo assetato di potere) con gli abiti di un ricco macellaio capitalista.
“Ma che ce farò io con tutto quel denaro che accumulo dal momento che ormai sono in grado, e da molto tempo, di provvedere a tutti i bisogni della mia vita. Beh, lo utilizzerò per farne altro, altro ancora, milioni, miliardi, perché il mio bisogno fondamentale è quello di arricchire. Quando penso ai cassieri de banca, che rischiano di morire per difendere il capitale altrui. Oppure al fattorino del tramme, che ogni sera immancabilmente, consegna l’incasso della giornata. O a quei morti de fame che accettano passivamente la loro disgrazia per rispetto della legge in difesa della proprietà. Embe allora c’ho proprio il sospetto che in questi nullatenenti avanzi la pazzia, aleggi la stronzagine ahahah. Ciò mi tranquillizza, perché è su di loro che io mi arricchisco. Ma malgrado tutto, io non so felice, e no, perché anche io come il denaro vorrei essere eterno.”
Il ruolo sociale del protagonista del film è quello dell’aguzzino, che si arricchisce attraverso le sue “vittime” (animali e umane, nel film non è chiara la distinzione – un ritratto di Marx è posizionato tra quelli di alcune scimmie) in catene di (s)montaggio. Nella società capitalistica, basata sulla proprietà, i “ladri di visone” adesso sono visti come sciacalli, vittime del sistema rispetto al sistema industriale organizzato che reifica i corpi animali e umani. Allo stesso tempo il capitalista, oltre ad essere il boia che determina la morte dei soggetti “commestibili”, dà “lavoro” (o meglio da mangiare) agli altri facendo dimenticar loro di essere anche loro stessi parte del sistema, dell’ingranaggio che prevede vittime e aguzzini, e quindi indirettamente aguzzini proprio come lui. Il suo ruolo è chiaro: è capo espiatorio e padrone contemporaneamente (simbolo del capitalismo, indica forza e virilità).
“ … per arricchire bisogna rubare, sopraffare, etc. etc. Insomma che devo dire di più per difendermi? Posso dire che lavoro. Si lavoro, e svolgo la mia funzione sociale, che è quella di ammazzare animali commestibili perché gli altri se li magnino, se nutrino. Senza de me, voialtri, sareste costretti ad andà a caccià in cerca di preda, per magnà. Te lo immagini tre milioni de romani a caccia per i Castelli. Io me sporco le mani perché gli altri si scordino quello che sono: assassini. E non me volete paga’, per questa essenziale, grande, fondamentale funzione che è quella di uccidere per voi? Si, è un mestiere che rende, d’accordo. Ma lo faccia lei vada ad ammazzare animali. Il commercio è libero, la concorrenza è lecita basta solo un capitale iniziale.”
La realtà viene dunque quantificata in termini numerici e gli individui trasformati in pezzi di carne chiusi in vere e proprie gabbie (o anche “scatole”) sociali – la proprietà – da cui è impossibile uscire: i soggetti appartengono ai loro aguzzini. Tant’è che sul muro della macelleria è riportata, a caratteri cubitali, la scritta “L’uomo è un animale carnivoro” ma non in quanto mangiatore di bistecche (o non solo), ma in quanto mangiatore di uomini di cui la bistecca ne è simbolo. Perfino la donna è “ferma, come una bistecca” e sta dentro il frigorifero.
“Io me sento come una cosa. Anzi io so tante cose. Tette, cosce, pancia, bocca. Io so tanti pezzi, tanti pezzi de na cosa. […] E io rido, perché rido? Rido perché siete come me, ma fate finta di niente. Eppure come me siete chiusi in un frigorifero, insieme all’acqua minerale, gassata!”
La carne simboleggia dunque l’uomo vittima del sistema, ma anche lo stesso denaro di cui ci si nutre (e che permette di nutrirsi degli altrui corpi), trasportato nelle banche (difeso dai cani pastore tedesco) attraverso delle valigette legate al polso dei ricchi borghesi grazie a delle manette: il denaro diventa dunque fonte di potere, cibo carneo ma anche una gabbia esso stesso. Nel film prende il nome di “filetto” o “fiorentine” con l’unica differenza che “non olet” (non puzza).
“Ti ho portato un chilo di fettine e un ossobuco”
“Vi ho portato carne per tutta la settimana …”
In definitiva appare chiaro come l’animale (o meglio la sua carne) in quest’opera di Petri rappresenti una società decadente e schiavista dove i potenti si “nutrono” (letteralmente e metaforicamente) dei corpi delle proprie vittime. In questo contesto, l’uomo non può essere che un animale carnivoro.
Andrea Romeo
http://webzinepecoranera.wordpress.com/2013/04/07/la-filosofia-dellaguzzino-riflessioni-sul-film-la-proprieta-privata-non-e-piu-un-furto/

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