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domingo, 28 de julio de 2013

La Sconosciuta - Giuseppe Tornatore (2006)


TITULO ORIGINAL La sconosciuta 
AÑO 2006
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACION 118 min.
DIRECCION Giuseppe Tornatore
GUION Giuseppe Tornatore, Massimo De Rita
MUSICA Ennio Morricone
FOTOGRAFIA Fabio Zamarion
REPARTO Kseniya Rappoport, Michele Placido, Claudia Gerini, Margherita Buy, Piera Degli Esposti, Pierfrancesco Favino, Clara Dossena, Alessandro Haber, Ángela Molina, Pino Calabrese, Nicola Di Pinto
PREMIOS
2006: Premios David di Donatello: 5 premios, incluyendo mejor película. 13 nominaciones
2007: Premios del Cine Europeo: Premio del Público
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia; Medusa Film / Manigolda Film
GENERO Drama. Intriga

SINOPSIS Irena, una inmigrante ucraniana asentada en Italia hace muchos años, combina la vida cotidiana con los fantasmas del pasado, lo que da lugar a un inquietante rompecabezas. Tras sobrevivir a un viaje dramático, Irena fue víctima de hombres brutales y sin escrúpulos. Las humillaciones y malos tratos sufridos vuelven constantemente a su memoria y no le permiten vivir en paz. Sólo permanece en su memoria un recuerdo hermoso: el de un melancólico y desgarrador amor perdido. (FILMAFFINITY)

Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)
CD 1
Subtítulos (Español)

CD 2
Subtítulos (Español)


Meno enigmatico, più chabroliano nel suo inserire la protagonista come un detonatore d’esplosivo all’interno di una famiglia borghese, il film ha il grande pregio di presentarsi più secco e nudo degli altri, spoglio d’enfasi espressive e non costruttive. Un cast di attori noti –Favino, Gerini, Degli Esposti, Buy, Molina- vortica senza protagonismi attorno alla “sconosciuta” Xenia Rappoport, interprete russa di scuola teatrale, cuore e corpo del film, che sulla sua figura si regge senza barcollare. La schiavitù sessuale delle ragazze che entrano nel nostro paese dalla frontiera orientale non è qui materia da denuncia sociale ma sfondo di un incalzante thriller psicologico macchiato di orrore che ci aggancia fino agli ultimi minuti, quando fa capolino qualche inquadratura troppo lunga, sussulti di sentimentalismo che, in coda, non inquinano ormai più. L’emozione nasce dalla centralità di Irena, dalla forza di un personaggio femminile che cerca di riconquistare un pezzo della sua vita e della sua femminilità che le è stato rubato con il ricatto e la violenza. Nell’inquadrarla, nel seguirla, nel calibrare il proprio ritmo sul suo respiro sospeso dalla paura, Tornatore dà prova di riuscire a nascondere, per una volta, i virtuosismi della macchina da presa e a farli sparire dentro la storia che racconta, a tutto vantaggio del godimento dello spettatore.
Marianna Cappi

Irena, una ragazza ucraina che vive già da molti anni in Italia, arriva in una città del Nord per cercare lavoro come cameriera. Tornatore ha una notevole fluidità di racconto: solo qualche sbavatura, qualche minuto di troppo. Si entra nel film in pochissimi istanti, scaraventati da una forza centripeta che con afflizioni e pene (e un cinema forte e compatto, sicuro e spavaldo) ti accompagna in un regno di morti viventi e di mostri. E la russa Kseniya Rappoport, assai nota in patria, per noi è una rivelazione.
Film TV

(…) un film, scritto da Massimo De Rita, imperniato sulla suspense che è anche un melodramma e un thriller. Il 9° film di Tornatore ha disorientato il pubblico e spaccato in 2 i critici anche perché, distratti dai soliti eccessi (dovuti alla sua bêtise di narratore di razza) e da qualche inverosimiglianza, i più ne hanno trascurato l’attualità: “raccontare l’arrivo, nella parte più intima e privata della borghesia italiana, di estranei, badanti, baby-sitter o colf che ci si sforza di non percepire ma che ormai costituiscono l’ossatura del quotidiano” (Emiliano Morreale). Non a caso gli scontenti/dissenzienti hanno sorvolato o ignorato la straordinaria interpretazione in presa diretta della Rappoport (premiata con un David di Donatello) che fa da architrave alla storia, trascurando il distacco critico verso i personaggi di contorno e l’incisiva energia con cui disegna quelli negativi: il rapato, infame Muffa di M. Placido e il torvo, servile portiere di A. Haber.
Morandini

Un thriller al femminile, prigioniero di uno sguardo che opprime la narrazione e impedisce ai sentimenti di rivelarsi con la libertà necessaria. Resta soltanto un ibrido, sin troppo chiarificatore della situazione in cui versa il nostro cinema. Ripubblichiamo la recensione al film vincitore del David di Donatello.

Giuseppe Tornatore torna al genere (nel caso specifico il thriller), dal quale peraltro non si era mai distaccato del tutto, stante la tendenza del suo cinema a elaborare sempre storie che partono da meccanismi codificati. E' dunque con un certo nervosismo che ogni volta ci si accosta a un modo di concepire la narrazione che è familiare eppure stranamente distante da quella tensione che normalmente richiederemmo (e ci aspetteremmo) da questi film. Il nuovo La sconosciuta è in realtà un thriller iscritto nel cuore di una città italiana del Nord Est, laddove i redditi sono alti e i contrasti con realtà meno felici appaiono maggiormente incisivi: in quest'angolo di mondo giunge Irena, una ragazza ucraina, ex prostituta, vessata da un passato infelice, in cerca di qualcosa. Il meccanismo thriller scatta allorquando lo spettatore comprende che Irena è fuggita da una situazione molto dura ed è braccata da qualcuno che conosce il suo passato, fatto di violenze, ma anche di un unico amore infelice, la cui eredità costituisce l'obiettivo della ricerca che la ragazza conduce nella città italiana.
Più che al giallo all'italiana e a Dario Argento bisognerebbe pensare al Cuore Sacro di Ozpetek o al sottogenere del gotico italiano per come il film cerca di trarre la sua componente più manifestamente misteriosa dall'austerità di un contesto alto-borghese, fatto di arredamenti dal sapore antico e quasi nobiliare, nel quale si iscrivono famiglie percorse da nevrosi, e gli ambienti si caricano di una pesantezza labirintica che opprime le figure.Il resto sono puri artifici di tensione, giocati attraverso la presenza di un pericolo incombente e di situazioni rischiose nelle quali la protagonista viene spesso a trovarsi. Con il prosieguo della narrazione, comunque, la componente gotica si ridimensiona progressivamente, lasciando spazio a un dramma femminile che sottolinea ogni cedimento psicologico con un'enfasi assordante, mescolando il passato e il presente della protagonista con una nonchalanche che vorrebbe testimoniare un'idea di cinema fluida e capace di amalgamare gli estremi, implementando l'aspetto drammatico: ma è in realtà il sintomo di uno sguardo che ritiene l'eccesso come unico elemento caratterizzante della messinscena, dove la musica di Morricone enfatizza ogni passaggio in maniera didascalica e l'amalgama di stili (mistery, gotico, dramma) nasconde un deficit di fiducia nei confronti dello spettatore.
Non è uno sguardo generoso quello di Tornatore, piuttosto sembra nascondere il timore di non essere compreso, di dover offrire al pubblico continue "scene madri", camei illustri e situazioni forti (tensione, splatter, dolore, erotismo). E' un peccato poiché l'idea di affrontare il genere del thriller in chiave femminile avrebbe potuto rappresentare un'interessante prospettiva per un genere di norma poco incline all'indagine dei sentimenti: maggior pudore, maggiore capacità di porsi all'altezza dei protagonisti e non al di sopra degli stessi, avrebbe certamente sortito un risultato significativo. Non è un caso se gli elementi più convincenti sono tutti da ascrivere alla performance dei singoli attori, dalla brava protagonista Ksenia Rappoport, alla veterana Piera Degli Esposti. Tornatore finisce suo malgrado per essere non soltanto vittima del suo narcisismo, ma anche per assumere il proprio cinema a paradigma della situazione italiana, dove farsi notare alzando il tono della discussione è ritenuta l'unica ipotesi perseguibile, dove l'autorialità esibita pare essere l'unica direttrice di molti cineasti. Un cinema "muscolare", dunque, che pretende però di essere intimo; ma anche un cinema "di genere" che però ancora una volta non ha il coraggio di essere tale, ma non ha neppure la sincerità per poter offrire un'ipotesi differente.

Giuseppe Tornatore ya no es más tierno o erótico, su último filme titulado La Desconocida (La Sconosciuta) no tiene de él más que su cinematografía y su firma. El lado desconocido de Tornatore resulta ser una maravilla, no todo lo distinto es malo.
Como en un rompecabezas, sin un final posible en la mente del espectador, esta Desconocida se siente eternamente larga, aunque su metraje es de apenas 118 minutos, la manera como se cuenta somete la imaginación del que la vea sin darle ni un segundo de respiro, ni alguna pista de cómo pueda llegar a feliz termino, de hecho, en principio hay una escena de prostitución muy similar a la orgia de la película de Stanley Kubrick Ojos Bien Cerrados aunque las escenas siguientes no tienen nada de erótico ni enigmático, raya en lo asquiento a tal punto que hay escenas en las que hay que voltear la mirada, aun ahora, cuando ya en cine casi nada impacta o golpea la sensibilidad, algunas escenas de trata de blancas y de sexo descomunal resultan mas agresivas e implacables que la recordada violación de Monica Belucci en la película de el director argentino Gaspar Noé, Irreversible.
Cambiada totalmente de apariencia, Irena, la actriz rusa Ksenya Rappaport, desconocida tal y como la quería el director, interpreta el papel de una domestica de un apartamento que se gana la confianza y el favor de una mucama y de su familia, a tal punto de involucrarse de forma tal, que pasada la primera hora ya el espectador tiene que haberse enterado cuales eran las intenciones de esta mujer proveniente de Ucrania para con esta familia y el porque de su cariño desmesurado con la hija de su jefa.
Un thriller inquietante, una película que proporciona emociones contradictorias y fuertes al espectador.
Calificación: Extraordinaria.
Ivan Dario Hernandez Jaramillo 

Giunta anni prima dall'Ucraina, Irena si muove in una grigia città nordica portando con sé una pena segreta. La sua vita trascorsa assomiglia irresistibilmente a quella d'altre ragazze provenienti dai paesi dell'Est: violenze e umiliazioni in serie, lo sfruttamento, le giornate sempre uguali. Solo ricordo positivo, quello di un amore intenso, troncato in modo brusco. Divenuta adesso una bella donna sulla trentina, ella s'aggira in cerca di lavoro, a tutti chiedendo d'aiutarla: si sistema infine presso un'agiata famiglia d'orafi, gli Adacher, diventando ben presto un'importante presenza per la loro figlioletta Tea. Purtroppo, l'apparente equilibrio raggiunto è destinato ad infrangersi: dal passato non s'affacciano più solamente incubi e visioni, si materializza anche il proprio aguzzino d'un tempo, noto come "Muffa", che la trascina in una catena di nuovi orrori. Ma Irena è vicina a raggiungere il proprio obiettivo, e non vuole fermarsi... Erano più di cinque anni ("Malèna" porta la data del 2000) che Giuseppe Tornatore non dava segnali di vita artistica: oltre un lustro speso a inseguir un progetto ambizioso - il kolossal su Leningrado concepito da Sergio Leone - e che, per ora, figlia questo "La sconosciuta", difficile da ascrivere a un qualunque genere. Se le atmosfere iniziali, infatti, rimandano al cinema di Hitchcock (e la colonna di Ennio Morricone fa palesemente il verso a quelle di Bernard Herrmann), poi il film pare collocarsi nei territori del mélo di tradizione indigena: Matarazzo, certo, ma ancor più certi drammi a sfondo erotico tipici degli anni '70 (si pensa - absit iniuria verbis - al Brunello Rondi di "Valeria dentro e fuori" o, meglio, di "Ingrid sulla strada"). La differenza rispetto a quei lontani - e all'epoca disprezzati dalla critica - prodotti sta nel fatto che è diventato oggi impossibile fare film per adulti, grazie alla dittatura dei diritti d'antenna: la pellicola appare così assai sbilanciata, violenta in taluni passaggi ma inspiegabilmente castigata e priva di morbosità sessuale. ll risultato è un'operina di convincente atmosfera, con momenti efficaci (la brutale educazione della bambina, ad esempio) e personaggi azzeccati (la protagonista, tratteggiata con finezza da Xenia Rappoport, e Valeria, un'intensa prova di Claudia Gerini), ma pure gravata da una scrittura debole, figure risibili (il grottesco Muffa, al quale Placido soccombe incolpevole) ed uno scioglimento finale che è un autentico infortunio narrativo.
Francesco Troiano


Intervista a Giuseppe Tornatore

Com'è nata La sconosciuta?
La storia nasce da un fatto di cronaca che avevo letto molti anni fa: una donna che, d'accordo con il marito, aveva partorito dei figli su ordinazione. Poi ho raccontato una storia diversa, ma mi sono documentato su questa realtà. Ho scelto il mistero come chiave del racconto perché penso che oggi non abbia molto senso fare dei film di denuncia. Non è un film di giudizi, gli elementi di sociale e di denuncia che ci sono non erano importanti per me, ma necessariamente mi sono dovuto documentare sulla drammaticità dei fatti. 

Il film è ambientato a Trieste, ma la città non è riconoscibile, perché?
La città doveva essere immaginaria per evitare il rischio di dare ai personaggi uan connotazione precisa. Trieste mi sembrava la città giusta ma mi sono divertito a trasfigurare il palcoscenico realistico della vicenda.

Ha pensato alle eroine russe del grande romanzo popolare ottocentesco nel costruire il personaggio di Irena?
L'elemento legato alla tradizione russa delle eroine ottocentesche non è stato determinante nella costruzione del personaggio, anzi quando mi rendevo conto di subire quella suggestione cambiavo tutto. La presenza scenica di Xenia, il suo volto ricordano quelle eroine, il suo carattere, così forte e determinato, la volontà di riconquistare una parte della sua vita che le era sfuggita appartiene a quel filone, ma ho lavorato più " a togliere" rispetto a questo elemento.

Come ha scelto i protagonisti?
Scegliere il cast è stato semplice, volevo che rispecchiasse il cuore della storia: avevo bisogno di uan sconosciuta e di un coro di volti noti che facessero risaltare questo elemento. Sono stati tutti generosi, hanno accettato ruooli anche scomodi e difficili.

A chi si è ispirato per un film così violento e cruento?
Il mio primo film era molto duro e violento, non è un elemento che mi è estraneo, anzi mi piace. La storia era molto semplice e si è sviluppata da sola. Non mi sono ispirato consapevolmente a nessun modello per lo stile del racconto, poi è chiaro che i film che facciamo risentono del nostro percorso di formazione. Anche prima di Tarantino nel cinema ci sono state scene di violenza e di sangue. 

Com'è nato il finale?
Uno dei temi del film è che oggi deleghiamo tutto agli altri, anche la gestione degli affetti. Mi piaceva far vedere cosa succede a chi viene investito della gestione degli affetti da parte degli altri. La protagonista fa un grosso investimento affettivo e mi sembrava giusto che le servisse a qualcosa, al di là della drammaticità della storia.

Qual è stato il lavoro più difficile durante le riprese?
La cosa più difficile è stata lavorare con la bambina, e io sono un esperto...questa volta mi tremavano i polsi...sono stato fortunato a trovare una bambina così piccola eppure così intelligente e dei genitori così generosi che mi hanno aiutato a lavorare con lei.

4 comentarios:

  1. Los primeros tres enlaces de cada disco estan rotos. Gracias

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  2. En línea. En estos casos, hay que comprobar copiando y pegando cada link en nueva pestaña (no pinchando), y así sí sale bien.
    Zeb.

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