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sábado, 22 de mayo de 2021

Scipione, detto anche l'africano - Luigi Magni (1971)

 

TÍTULO ORIGINAL
Scipione, detto anche l'africano
AÑO
1971
IDIOMA
Italiano
SUBTITULOS
Español (Separados)
DUIRACIÓN
114 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Luigi Magni
GUIÓN
Luigi Magni
MÚSICA
Severino Gazzelloni
FOTOGRAFÍA
Arturo Zavattini
REPARTO
Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Ruggero Mastroianni, Turi Ferro, Enzo Fiermonte, Gianni Solaro, Woody Strode
PRODUCTORA
F.I.C, Filmgesellschaft, Ultra Film
GÉNERO
Comedia | Antigua Roma

Sinopsis
Publio Cornelio Escipión, llamado "el africano", y su hermano Lucio, llamado "el asiático", son acusados en el Senado por Catón, el Censor, de haberse adueñado de quinientos talentos, tributo de Antioco, rey de Siria. En realidad Catón no le preocupa tanto saber dónde ha ido a parar ese dinero, sino que le interesa inflingir un golpe al prestigio del Africano para evitar que, en un periodo en el que en Roma escasean los grandes hombres, la personalidad del célebre caudillo pueda hacer correr a la República el riesgo de una dictadura. (FILMAFFINITY)
 
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LOS POLÍTICOS PROCESAN A ESCIPIÓN EL AFRICANO

Publio Cornelio Escipión, llamado "el Africano", y su hermano Lucio, llamado "el Asiático", son acusados en el Senado por Catón, el Censor, de haberse adueñado de quinientos talentos, tributo de Antioco, rey de Siria. En realidad Catón no le preocupa tanto saber dónde ha ido a parar ese dinero, sino que le interesa inflingir un golpe al prestigio del Africano.
Luigi Magni (Roma, 21 de marzo de 1928) es considerado el rey del cine romano. Inicia su carrera como guionista en colaboración con Age & Scarpelli. En 1956 se abre paso definitivamente en el mundo del cine trabajando con los más importantes directores italianos de la época: Mario Monicelli, Luciano Salce, Mauro Bolognini, Camillo Mastrocinque y Giorgio Bianchi.
En 1968, se estrena como director, dirigiendo a Vonetta McGee, Enzo Cerusico y Renzo Montagnani en la comedia Faustina. Pero el gran éxito le llegará a Magni con su segundo trabajo, Nell'anno del Signore ("En el año del Señor", 1969), la película que delinea su sello de fábrica: comedias ambientadas en la Roma papal y renacentista, fluctuando entre el aspecto de farsa y el dramático, sin olvidar el lenguaje exquisitamente "romano". A partir de esta película comienza la colaboración de Luigi Magni con Nino Manfredi, que se convertiría en su actor fetiche. Después de La Tosca (1973) con Monica Vitti, In nome del Papa Re ("En nombre del Papa Rey", 1977) hará ganar al director el David de Donatello a la mejor dirección. Siguen Secondo Ponzio Pilato ("Según Poncio Pilato", 1987), ´O Re ("Oh Rey", 1988), In nome del popolo sovrano ("En nombre del pueblo soberano", 1991), Nemici d'infanzia ("Enemigos de infancia", 1995), que le hace ganar el segundo David de Donatello por la dirección, y La Carbonara (1999). Luigi Magni forma parte de los directores que han hecho grande el género del cine popular italiano. Considerado, erróneamente, anticlerical, el director narra el periodo renacentista mezclando verdad histórica y farsa, con tonos satíricos siempre bien mirados. Si se excluye a Mario Monicelli, ningún otro director italiano ha afrontado temáticas como el poder temporal. En realidad, Luigi Magni adopta el anticlericalismo para hablar del poder en general, como forma de dominio del hombre sobre el hombre, de cómo ello explota la ignorancia de la gente. Las reconstrucciones de la Roma papal eran efectuadas en Cinecittà; otras de gira por ciudades italianas: Los políticos procesan a Escisión el Africano, por ejemplo, fue rodada casi íntegramente en Pompeya, así como In nome del Papa Re rodada en el Alto Lazio, en Montefiascone. Tras la película para televisión La notte di Pasquino ("La noche de Pasquino", 2003) y después de la muerte de Nino Manfredi (2004), Luigi Magni no ha vuelto a dirigir película alguna. En 2008 recibe el David de Donatello a su carrera, para celebrar sus 80 años de vida y 40 de actividad como director.

(Cine Club Núcleo, 15/08/2013)

Publio Cornelio Scipione, detto l'Africano, e suo fratello Lucio, detto l'Asiatico, sono accusati in Senato da Catone il Censore di essersi appropriati di cinquecento talenti, tributo di Antioco, re della Siria. In realtà Catone non è tanto preoccupato di sapere quale fine abbia fatto quel denaro quanto di infliggere un colpo al prestigio dell'Africano per evitare che, in un periodo in cui a Roma scarseggiano i grandi uomini, la personalità del celebre condottiero faccia correre alla Repubblica il rischio di una dittatura. Da uomo profondamente integerrimo - lo è tanto che Emilia, sua moglie, stanca della sua disumana perfezione ha chiesto il divorzio - l'Africano si accende di sdegno all'accusa di Catone e continua a proclamarsi innocente anche quando il Censore, trionfante, esibisce davanti al Senato una ricevuta del versamento fatto da Antioco, firmata Scipione A. Ma si tratta dell'Africano o dell'Asiatico? Durante un incontro con quest'ultimo, Publio Cornelio Scipione scopre che ad appropriarsi dei cinquecento talenti è stato proprio suo fratello per cui, in nome della romana fierezza, lo denuncia a Catone. Rendendosi conto che il nobile gesto dell'Africano può aumentarne ancora pericolosamente il prestigio, Catone trama per impedirglielo. Consapevole che la Repubblica non tollera uomini della sua levatura, Scipione si accusa, davanti al Senato di essere il colpevole e di aver compiuto inesistenti soprusi e ruberie. I senatori che ora lo considerano un comune mortale, lo perdonano ma l'Africano preferisce prendere, subito dopo, la triste via dell'esilio.

CRITICA
"Il gusto di ritrovare nei due Scipioni (...) gli acciacchi e le piccole furberie e le grandi disonestà che il romano medio ricerca ancor oggi, con furore scettico, nei suoi governanti è di sicuro un'operazione popolare nella capitale. Ma condita con la scarsa fantasia e la monotona allegria goliardica di Magni non può che dare dei frutti mediocri e prevedibili." (Claudio G. Fava, 'Corriere Mercantile', 17 marzo 1971)
 
 
Film solo apparentemente storico, commedia solo apparentemente leggera. Ambientato, con molte licenze “poetiche”, nella Roma repubblicana, questa pellicola, diretta nel 1971 da Luigi Magni (specializzato in affreschi storici: un film per tutti: “Nell’anno del Signore”), ci narra di un Publio Cornelio Scipione (interpretato da un grande Marcello Mastroianni) accusato da Catone il Censore (Vittorio Gassman, l’altro protagonista) di essersi appropriato di un tributo in danaro destinato all’Erario di Roma.
L’opera strizza fin troppo chiaramente l’occhio ai giorni nostri: in romanesco la recitazione, ambientata tra vere rovine anziché tra i fondali di Cinecittà, infarcita di battute caustiche e di tristissime verità, tale pellicola ci mostra, manifestandosi attualissima ed universale, uno Scipione immenso e distante agli occhi di molti (e perciò “fastidioso”), ed umanissimo al tempo stesso.
A Mastroianni, tra mille facezie, il compito di raffigurare un uomo ormai fuori dal tempo sotto tutti i punti di vista, un “gigante assediato dai nani”, e da un fiero avversario, Catone, che conoscendone il valore, vuole immolarlo sull’altare del bene supremo dello stato.
Eccezionale il personaggio tratteggiato da Silvana Mangano, nei panni di Emilia, moglie di Scipione; spassosissimo quello del fratello di Scipione, dipinto qui come una simpatica canaglia, ed interpretato dal vero fratello di Marcello Mastroianni, Ruggero, che ha curato il montaggio di questo (e di innumerevoli altri) film.
Si ride amaro. Un bel film da riscoprire (e pazienza se la verità storica, tra “errori” voluti e non, a volte latita un po’ troppo).

 
 

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