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sábado, 15 de mayo de 2021

Qui comincia l'avventura - Carlo Di Palma (1975)

 

TÍTULO ORIGINAL
Qui comincia l'avventura
AÑO
1975
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Italiano e Inglés (Separados)
DURACIÓN
100 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Carlo Di Palma
GUIÓN
Barbara Alberti, Carlo Di Palma, Amedeo Pagani (Historia: Barbara Alberti, Amedeo Pagani)
MÚSICA
Riz Ortolani
FOTOGRAFÍA
Dario Di Palma
REPARTO
Monica Vitti, Claudia Cardinale, Ninetto Davoli, Guido Leontini, Fernando Camerini, Mario Danieli, Salvatore Baccaro, Santo Triolo, Franco Vienna, Alfredo D'Ippolito, Viviana Pezzani, Gennaro Ombra, Marcello Fiocchetti, Luciano Fiocchetti, Paolo Zilli
PRODUCTORA
Vides Cinematografica
GÉNERO
Comedia. Drama. Thriller | Road Movie

Sinopsis
Una joven recorre Italia en una moto con el fin de llegar hasta Milán, donde vive el hombre que ama. En el camino encuentra a una mujer que, admirada, decide dejar su empleo y a su marido para seguirla. Cuando la moto se rompe, siguen su camino en auto-stop. (FILMAFFINITY)
 
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Vitti e Cardinale nel '74 a Gravina, antesignane di Thelma & Louise

«Ma tu chi sei?», è la domanda che Claudia Cardinale rivolge a Monica Vitti, quasi avesse visto un extraterrestre sceso nelle contrade di Gravina. La Vitti risponde: «Una volta ero come te, tanto tempo fa, poi via libera per il mondo».

Questo film del 1975, «Qui comincia l’avventura» è la metafora della riconquista della parità tra i generi. È il paradigma della libertà come valore supremo e assoluto, quasi in stile americano, alla maniera di «Easy Rider», una intera generazione che ha percorso in lungo e in largo le strade d’America a bordo di una Harley Davidson. Incarna la contestazione di un modello ormai superato di famiglia in cui la donna deve essere sottomessa all’uomo padrone, con ruoli predefiniti. Mette in discussione i ruoli di genere, con il maschio forte, sicuro e determinato, e la donna fragile, incerta e bisognosa di protezione.

La pellicola è girata in parte tra Gravina, Altamura e Matera. Guido Leontini interpreta il marito rozzo e meschino della Cardinale che nemmeno si avvede che nella lavanderia-stireria gestita da sua moglie ha fatto ingresso un motociclista che in realtà è donna.

Le due protagoniste hanno caratteri forti, tali da ribaltare gli stereotipi sessisti, a metà degli anni Settanta, mentre entrava in vigore la riforma del diritto di famiglia.

La trama. Una giovane donna, Miele (Monica Vitti), gira per l’Italia in sella a una Honda. Per caso giunge a Gravina, una delle tante tappe di un lungo percorso che la condurrà a Milano, dall’uomo che ama. Laura (la Cardinale), stanca di una vita sempre uguale a se stessa, succube di un marito padrone, vuole seguirla in questo suo itinerario verso la libertà. Chiede spiegazioni e Miele le risponde: «Da me dipendono i destini di un uomo». La Cardinale ancora: «Fidanzata?». La bionda motociclista replica con un ghigno: «Man in love». Per la prima volta è l’uomo, più fragile, a inseguire la donna, che domina.

Lo sguardo della stiratrice diventa sognante. Per la prima volta apprende che esiste un’alternativa, solo che la si voglia con determinazione. Miele è una donna reduce da avventure in ogni parte del mondo, o almeno così dice. Laura ne viene sedotta e abbandona stireria e famiglia per seguirla a bordo della moto.

Un film che apparentemente precorre i tempi. Qualche anno più tardi, Susan Sarandon e Geena Davis saranno Thelma e Louise, due donne che prendono in mano completamente le redini della propria vita, con un finale tragico.

Torniamo al film italiano, diretto da Carlo Di Palma (allora compagno della Vitti). Durante il viaggio, le due fuggitive hanno un incidente, finiscono con la moto in un dirupo. Proseguono con un’auto rubata. Giungono a Napoli, giocano d’azzardo, vincono 500 milioni di lire che perdono subito dopo. Infine arrivano a Milano. A questo punto, la triste scoperta. Miele (Vitti) non è la donna in moto che vuole girare il mondo. Per sopravvivere fa la «maschera» in una sala cinematografica.

«Qui comincia l’avventura» viene girato nell’autunno del 1974. A Gravina tre location, tutte attorno al quartiere Giulianello, oggi una zona densamente abitata alle spalle dell’attuale cinema teatro Sidion, all’epoca poche case sparse e strade in gran parte sterrate: la lavanderia, la casa di Laura e la partenza delle fuggiasche a bordo della motocicletta.

Proprio la sequenza della partenza è nitida nella memoria di Pinuccio Massari, uno storico locale. «Avevano poco più di vent’anni - racconta - e in città si era sparsa la voce che si stava girando un film con due delle attrici più belle e famose, la Cardinale e la Vitti. Sarà stato ottobre, massimo novembre. Mi precipitai nella zona di via Casale - continua Massari - e fui fermato da alcuni addetti alla produzione che avevano il compito di tenere i curiosi lontani dalle riprese. C’era una donna bionda con il casco in sella a una moto, di spalle (probabilmente una controfigura della Vitti), con il motore acceso, e all’”azione!” arrivava Claudia Cardinale, con addosso un giubbotto di pelle scura, quindi le due sgommavano alzando un polverone. Tutto questo per ripetuti ciak».

Un altro testimone è il fotografo Francesco Santamaria, allora 25enne: «Salii in cima a un palazzo in costruzione, forse correndo qualche rischio - ricorda a distanza di 46 anni - e con il teleobiettivo scattai molte immagini della stireria e della casa, e naturalmente delle due dive del cinema. Lo feci per conto di un collega di un settimanale che mi aveva chiesto la cortesia». Come reagivano le attrici ai «clic»? «A dire il vero - risponde Santamaria - la Vitti non gradiva, invece la Cardinale mi sembrava più accondiscendente, al punto che una volta, a giornata terminata, si offrì sorridente in camera mentre saliva in auto per rientrare in albergo. Indossava un soprabito chiaro e al mio invito non si sottrasse alla fotografia».

Santamaria rivela un altro episodio: «Il set si spostò poi alla stazione ferroviaria di Venusio, in territorio di Matera. Lì non andai. Un amico mi raccontò che, durante una pausa della lavorazione, alla Vitti, mentre camminava con Di Palma lungo i binari, si ruppe un tacco. La sua reazione a quanto pare fu stizzita, con espressioni molto vivaci». A Gravina il film, che era prodotto da Franco Cristaldi, allora marito della Cardinale, fu poi proiettano al cinema Centrone, che oggi non esiste più.

Coprotagonista del lungometraggio è Ninetto Davoli, l’attore romano di origine calabrese scoperto dal grande Pier Paolo Pasolini che lo aveva voluto, giovanissimo, in capolavori come «Uccellacci e uccellini» al fianco di un crepuscolare Totò e «Il Vangelo secondo Matteo».

Il ruolo di Davoli nella pellicola di Di Palma è quello di Mister Nick, un saltimbanco. «Interpreto un personaggio che lavora in un circo e viene lanciato con un cannone - ricorda Davoli al telefono dalla capitale -. Nella trama, Monica Vitti e Claudia Cardinale a un certo punto subiscono un incidente e giacciono su un prato, prive di sensi. Per risvegliarsi la Vitti ha bisogno del bacio di un angioletto e la Cardinale del bacio di un diavoletto. Quindi io mi calo nei panni di entrambi, l’angelo e il diavolo».
Davoli, oggi 71enne, aggiunge: «Con entrambe le attrici ebbi un ottimo rapporto durante la produzione del film. La Cardinale forse appariva un po’ più affabile della Vitti, e del resto io ero un ragazzo un po’ timido. Se non ricordo male, la scena del bacio fu registrata in studio. In ogni caso, riconosco che fu molto emozionante per me lavorare con queste due grandi attrici che all’epoca erano mostri sacri del cinema».

L’attore pasoliniano per eccellenza sta lavorando a un progetto televisivo: «Posso solo dire che è imminente una mia presenza su Raiuno».
Valentino Sgaramella
https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/gallery/cinema-e-spettacoli/1242623/vitti-e-cardinale-nel-74-a-gravina-antesignane-di-thelma-louise.html


Carlo Di Palma, “autore non solo della fotografia”

Michelangelo Antonioni affidò a Carlo Di Palma la responsabilità della fotografia nel suo primo film a colori, caposaldo della storia della fotografia cinematografica, Deserto rosso, partorito dopo lunghi provini in formato ridotto per testare la flessibilità delle emulsioni. Come scrive Stefano Masi, nel suo imprescindibile Dizionario mondiale dei direttori della fotografia. A-K (Le Mani, Genova, 2007) «per assecondare l'ambizione antonioniana di trasfigurare il croma, gli interventi fotochimici sul negativo furono integrati con quelli pittorici sul set, trattando la natura come una scenografia in studio e dipingendo il colore direttamente sulle cose, perfino sugli alberi, verniciati di bianco in una celebre sequenza». Nipote di un capo-officina degli stabilimenti romani della Safa-Palatino, dove suo fratello era capo-elettricista, sin da ragazzo frequentava i set e poco più che sedicenne cominciò a lavorare come aiutante di Gianni Di Venanzo, sostituendolo come assistente ai fuochi sul set di Ossessione (1943). Quando Di Venanzo esordisce come direttore della fotografia per Achtung banditi! (1951) di Lizzani, Di Palma è promosso a operatore alla macchina. Il suo esordio da direttore della fotografia avvenne con La lunga notte del '43 (1960) di Vancini attraverso un misterioso bianco e nero, capace di delineare e tratteggiare la costruzione dei personaggi. Nei primi anni Sessanta alternò il lavoro come operatore alla macchina nella troupe di Leonida Barboni con la direzione della fotografia di film diretti da esordienti eccellenti come Elio Petri per L'assassino (1961), Giuliano Montaldo per Tiro al piccione (1961), Vittorio Caprioli per Leoni al sole (1961), Marco Vicario per Le ore nude (1964). Ma è con Deserto rosso (che gli valse il primo Nastro d'Argento, il secondo lo vinse con L'armata Brancaleone di Monicelli) che Di Palma riscosse un grandissimo successo presso la critica e i cineasti italiani, firmando poi le immagini di un altro capolavoro antonioniano, Blow-up (1968). Il successo del direttore della fotografia si intreccia con quello della musa antonioniana Monica Vitti, della quale egli era diventato il direttore della fotografia preferito, seguendo la transizione dell'attrice verso la commedia: da La cintura di castità (1967) di Pasquale Festa Campanile a Ti ho sposato per allegria (1967) di Luciano Salce, da La ragazza con la pistola (1968) di Mario Monicelli ad Amore aiutami (1969) di Alberto Sordi, da Dramma della gelosia (1970) di Ettore Scola a Ninì Tirabusciò (1970) di Marcello Fondato, da La supertestimone (1971) di Franco Giraldi a La pacifista (1971) di Miklos Jancso. E probabilmente fu proprio il legame professionale e sentimentale con la celebre attrice che lo indusse a tentare la strada della regia con tre film, ovvero tre affettuosi e deliziosi omaggi alla Vitti: Teresa la ladra, Qui comincia l'avventura, Mimì Bluette, fiore del mio giardino. Poi, dopo l'avventura registica, tornerà a lavorare con i maestri del cinema italiano come Bernardo Bertolucci (La tragedia di un uomo ridicolo) e lo stesso Antonioni (Identificazione di una donna) e in opere di grande successo internazionale: Gabriela (1983) di Bruno Barreto e Black Stallion Returns (1983) di Robert Dalva, intrecciando infine un lungo sodalizio artistico con Woody Allen. Carlo Di Palma, scrive ancora Masi, «fu uno dei precursori del passaggio dall'illuminazione diretta a quella diffusa e riflessa [...]. Insieme a Pasqualino De Sanctis, portò alle estreme conseguenze la ricerca del suo maestro Gianni Di Venanzo, soprattutto nel campo del colore, conferendo dignità alle lampade al quarzo. Grazie all'istintivo talento per la manipolazione della luce naturale, fu uno dei pochi direttori della fotografia in grado di filtrare la temperatura colore direttamente in fase di riprese». Carlo Di Palma ha inoltre lavorato con registi del calibro di Gianni Puccini, Alessandro Blasetti, Gian Luigi Polidoro, Luigi Zampa, Ugo Gregoretti, Sidney Lumet, Herbert Ross e Roberto Benigni.
https://www.fondazionecsc.it/l11-febbraio-al-cinema-trevi-giornata-dedicata-a-carlo-di-palma-autore-non-solo-della-fotografia/


 
 

 

 

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