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domingo, 27 de junio de 2021

Il carabiniere a cavallo - Carlo Lizzani (1961)

TÍTULO ORIGINAL
Il carabiniere a cavallo
AÑO
1961
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
95 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Carlo Lizzani
GUIÓN
Ruggero Maccari, Ettore Scola. Historia: Ruggero Maccari, Ettore Scola, Antonio Pietrangeli
MÚSICA
Carlo Rustichelli
FOTOGRAFÍA
Gianni Di Venanzo (B&W)
REPARTO
Nino Manfredi, Annette Vadim, Peppino De Filippo, Maurizio Arena, Eugenio Maggi, Aldo Giuffrè, Clelia Matania, Luciano Salce, Anthea Nocera, Franco Pesce, Silvio Anselmo, Fanfulla, Guido Celano, Leopoldo Valentini, Luciano Bonanni
PRODUCTORA
Maxima Film Compagnia Cinematografica
GÉNERO
Comedia | Robos & Atracos

Sinopsis
El carabiniere Francesco está obligado a casarse a escondidas con su novia Letizia porque el reglamento le prohibe casarse antes de 15 años de servicio. Pero el día antes de la boda le roban el caballo... (FILMAFFINITY)
 
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Il carabiniere a cavallo..censurato

L’anno scorso tenni un seminario di sei incontri sul cinema comico e il rapporto – mai raccontato così approfonditamente – con la censura, dai tempi del Codice Hays in America ai fratelli Marx, dal salace Totò alle imitazioni coraggiose di Chaplin dei grandi dittatori, fino agli apparentemente innocui Don Camillo e Peppone. Ottenendo l’interesse del pubblico accorso, è stato anche per me un continuo riscoprire e in molti casi conoscere lo zoccolo duro dei censori nei confronti della satira e delle battute che oggi potremmo definire innocue, ma all’epoca capaci di farli arrabbiare. E siccome avevano il potere del timbro del Ministero dello Spettacolo, erano dolori: nel mirino non c'era solo il nudo, le parolacce o l’eccessiva violenza. Bastavano un Totò che interpretava un funzionario pubblico ignorante obbligato ad ottenere la licenza elementare, o un giudice troppo buono con le prostitute, come Peppino De Filippo in un “Giorno in pretura”, che questi alfieri saltavano sulle loro sedie. Esagero? Quando si diffuse la notizia che Mario Monicelli avrebbe iniziato un film sulla Grande Guerra con Alberto Sordi e Vittorio Gassman, si scatenarono le polemiche più assurde, per un accostamento di “commedianti” ad un tema storico così importante per il nostro paese. Sono tante le commedie censurate che avrei voluto approfondire a più riprese, e oggi ho analizzato la disavventura censoria di un film diretto da Carlo Lizzani, Il carabiniere a cavallo, prodotto da De Laurentiis e interpretato da Nino Manfredi.

E’ un film del 1961, molto godibile grazie soprattutto alla inedita coppia Manfredi – Peppino De Filippo, e spalleggiati dall’attrice svedese Annette Strøyberg e da Maurizio Arena, che nonostante la pubblicità lo riportasse come spalla di Nino, sullo schermo appariva ben poco. La esile storia raccontava le disavventure di un giovane carabiniere, in servizio a cavallo, che si sposa di nascosto per evitare il trasferimento di sede in caso di matrimonio, come previsto dal regolamento dell’Arma. Il giorno prima delle nozze, però, le cose si complicano perché alcuni zingari gli rubano il cavallo durante il servizio e assieme al suo amico ex brigadiere Tarquinio (De Filippo) girerà tutta Roma per ritrovarlo.

Scritto da Antonio Pietrangeli con la coppia di sceneggiatori Ettore Scola (inizialmente previsto come regista) e Ruggero Maccari, il film, intitolato semplicemente “Il carabiniere”, viene girato fra gennaio e febbraio del 1961 a Roma, con esterni a Mentana, e pronto per uscire per Pasqua. Viene richiesto il visto censura dichiarando 2600 metri di pellicola, ma il 18 marzo viene respinto per la proiezione in pubblico. Firma il decreto il Ministero dello Spettacolo Renzo Helfer, che alla fine del 1961 si scaglierà pesantemente contro Pasolini con il suo Accattone. Il 3 aprile il Corriere della Sera titola: Sequestrato a Viareggio il film "Il carabiniere", e si limita a scrivere, “Secondo voci che  circolano, il sequestro sarebbe  avvenuto su richiesta del comando dell'Arma”. Storicamente, era il primo film dove un carabiniere era protagonista, e l’argomento era troppo delicato per passar inosservato: le divise e le fiamme sul berretto non dovevano essere derise, e la storia raccontava di un giovane carabiniere che fa una figuraccia che si porta appresso un ex brigadiere, radiato dall’Arma perché colpevole di essersi rubato delle coperte previste per gli alloggi in caserma.. La produzione cerca una soluzione e chiede una nuova revisione.

Il 15 giugno 1961, sono presenti ad una proiezione Helfer, la commissione al completo, e, come rappresentante del Ministero dell'Interno, il Dottor Vincenzo Agnesina, Vice Capo della Polizia. La commissione si prude le mani con alcune scene, come quella della confessione e quella del villico che sequestra la sua fidanzata nel fienile. La sequenza rispecchiava fedelmente le faide familiari tra la gente semplice di campagna, ma la censura impose la modifica di alcune battute:

Rita: "No, Lazzaro, no, così non voglio, io, no, no, lasciami, Lazzaro lasciami"
Lazzaro: "Tu m'hai detto che nun so bono a gnente eh! e mo te lo faccio vedè io"
Rita: "Lazzaro! Ti prego! ah così roviniamo tutto, non l capisci?"
Lazzaro: "Ci ho pensato!E' l'unica maniera Ritarè!".

Nel film, la minaccia di compromettere la ragazza è decisamente più velata anche se rimane chiara. E inoltre: la scena che si svolge nell'interno del casale assediato, tra Rita e Lazzaro, deve iniziare con l'ingresso di Manfredi nella stalla o con la battuta di Lazzaro: “M’hanno voluto fa incattivì peggio pe loro” e deve terminare con l'uscita di Lazzaro arrestato dal brigadiere (Peppino De Filippo). Detta scena deve essere di complessivi mt. 72.
Al doppiaggio viene richiesto di modificare altre battute:

Letizia: “Non ha combinato niente lui e non vuole far combinare niente agli altri”.

“Buongiorno Signora!”
Letizia: “Prego, Signorina, e lei lo dovrebbe sapere!”

Maniscalco: “Io ai cavalli gli guardo il culo e non la faccia!” (e il “culo” viene coperto da un nitrito del cavallo).


Tuttavia, il Vice Capo della Polizia non è d’accordo. Non è questione di qualche parolaccia o di due villici sporcaccioni, ma di altro. Si legge: “…nel suo complesso, permane lesivo del prestigio di una Istituzione dello Stato e fa presente quanto segue: 1) - la lieve modifica del titolo originario "Il carabiniere" accentua e non sminuisce la ridicolarizzazione del personaggio principale, militare dell'Arma Benemerita, in quanto i carabinieri dei reparti a cavallo fanno parte di una "specialità", i cui componenti sono sottoposti a selezione ed addestramento ancor più rigorosi; 2) – l’eliminazione della scena della confessione e le modifiche di altre due scene, che si propongono in questa sede, non valgono ad impedire che le figure e le azioni dei protagonisti – l’uno, carabiniere scelto, in servizio attivo, e l'altro, sottoufficiale dell’Arma, collocato in pensione a seguito di furto di oggetti di casermaggio - si riflettano, nel loro complesso negativamente, sul prestigio e sulla dignità dell’Arma dei Carabinieri”. E imperterrito chiedeva la conferma del primo giudizio della Commissione, vietando la proiezione in pubblico.

La proiezione si scalda, e si decide di togliere tutte le sequenze dove viene (apparentemente) offesa la divisa, e il film viene accorciato di 200 metri di pellicola, circa 8 minuti di film buttati sul pavimento della moviola, per un totale di ben 19 tagli. Saltano così alcuni bambini che deridono Franco, carabiniere a cavallo, o lui che viene ripreso dalla cinepresa con la testa che ritmicamente va su e giù, con effetto comico, tutta una sequenza dove Franco viene convocato a rapporto per una spiata che un commilitone ha fatto i superiori, dove il capitano interroga Franco e un suo commilitone a proposito della fidanzata di quest’ultimo che in realtà afferma Franco è “fidanzata dell’intero squadrone”, o sempre lui che si lamenta perché gli è sparita la roba in camerata, esclamando, “Meno male che siamo in caserma di carabinieri, figuriamoci se stavamo a Regina Coeli!”. Viene pesantemente accorciata la scena della confessione con Don Roberto (interpretato da Luciano Salce), specie quando il parroco prende in giro Franco che in dieci anni di fidanzamento non ha mai tradito la sua ragazza e gli consiglia di non sposarsi, che tanto ci sono molte ragazze in giro. Oppure il collega Renato (interpretato da Arena) che si congratula scherzosamente con Franco dicendogli, “Da domani c’è un cornuto in più”; l’ex brigadiere Tarquinio che da del cretino a Franco per essersi fatto rubare il cavallo; qualche “culo” di troppo, le già citate battute delle scene nel casale, fino a Letizia in “baby doll” nella scena finale, circa 14 metri che saltano così, rinchiusi in una scatoletta finita chissà dove.

Lizzani, per cercare un ulteriore compromesso, cambia il titolo specificando che il Carabiniere è “A cavallo”, cambiando goffamente manifesti e trailer (ma la brochure è rimasta col titolo originale), e viene così approvato per il nulla osta il 15 giugno.
Il 29 luglio, partecipa al Festival Internazionale del Film Comico e Umoristico di Bordighera , e ottiene come premio speciale la “Targa d’oro”. Il 31 agosto finalmente esce nelle sale.
La critica lo tratta con sufficienza. Il Corriere della sera, si è divertito: “Una indovinata  sceneggiatura di Scola e Maccari, fertile di trovate e di invenzioni e abbondantemente innaffiata di battute imbroccate. Qualche volta la pellicola va fuori tema, come nell’episodio dell’energumeno nella fattoria, ma  anche questi capitoli si salvano grazie alla rapidità e scioltezza dell’esecuzione. Nino Manfredi ha in quest’occasione  incontrato il personaggio che gli si addice e Peppino De Filippo gli dà la replica con la sua nota bravura”. Invece buio per La notte: “Il film certamente diverte in più di un punto: ma non oseremmo proprio darne il merito alla regia e meno ancora agli sceneggiatori. È un film su misura per permettere a Nino Manfredi di sfruttare ancora una volta la nota macchietta del ciociaro: e Manfredi lo fa con ineccepibile mestiere, coadiuvato del resto da un ottimo Peppino de Filippo. Ma basta la bravura di due attori e qualche battuta divertente per mettere insieme un film comico?”. Lo stesso Manfredi, imprigionato in un contratto con De Laurentiis che stava cominciando ad andargli stretto, non ricordava l’operazione con affetto: “Era un film di cui non mi importava niente, un film minore, fatto con un Lizzani che con un film comico come questo aveva ben poco a che fare. Eppure aveva dei collaboratori incredibili: Di Venanzo, Scola, Maccari, Gherardi, tutti per fare un filmetto; mi sembrava una presa in giro; tutti infatti lo fecero non con la mano sinistra ma con il piede sinistro”.
Tutto sommato, anche se non graffia come gli sceneggiatori avrebbero voluto, e l’arma dei carabinieri ha sopportato film ben peggiori di questo, le ambizioni satiriche in parte stravolte dalla censura sono comunque godibili ancora oggi, e se vi dovesse capitare di vederlo, mi ringrazierete.
Andrea Ciaffaroni
http://andreaciaffa.blogspot.com/2018/01/il-carabiniere-cavallocensurato.html


CARLO LIZZANI

Carlo Lizzani è nato a Roma il 3 aprile del 1922. Regista di decine di film da Viaggio al sud -il suo documentario d’esordio del 1949- fino a Scossa, pellicola ad episodi girata insieme a Citto Maselli, Ugo Gregoretti e Nino Russo e presentata fuori concorso all’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

Ancora prima di diventare regista, Carlo Lizzani è stato critico e grande studioso di cinema, sceneggiatore (ottiene anche una nomination all’Oscar per la sceneggiatura di Riso Amaro, 1949,  diretto da Giuseppe De Santis) e aiuto-regista.

E’ stato direttore della Mostra di Venezia tra la fine degli anni ’70 ed i primi anni ’80; ha lavorato nella redazione della rivista “Cinema”; ha pubblicato un libro dal titolo “Storia del cinema italiano”; ha iniziato -soprattutto negli ultimi anni- un enorme lavoro di recupero della memoria del cinema italiano, in modo particolare con monografie su De Santis, Roberto Rossellini (con cui ha lavorato alla sceneggiatura di Germania anno zero) e Luchino Visconti. Ex presidente dell’Anac (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) ha ceduto il suo posto ad Ugo Gregoretti.

Carlo Lizzani ha raccontato storie di cronaca e avvenimenti storici attraverso il cinema, in un insieme di lavori che vanno dal dramma, al documentario, passando per l’inchiesta giornalistica e la commedia. Narratore della sinistra di un tempo, ha raccontato la storia dei grandi leader della sinistra italiana, da Togliatti a Berlinguer, è stato documentarista per il PCI fino al 1957. Ogni tanto si è allontanato dal suo status di autore impegnato per osservare i mutamenti di costume dell’Italietta operaia, inoltrandosi nello spaghetti western (Un fiume di dollari, 1966) o nella commedia comica con film come Il carabiniere a cavallo (1961) che racconta la storia di un carabiniere -sposato segretamente poiché il regolamento vieta il matrimonio prima del quindicesimo anno di servizio- che passa la luna di miele alla ricerca del cavallo che gli è stato rubato. È una delle rare incursioni di Lizzani nel genere comico, con la sceneggiatura di Antonio Pietrangeli, Ettore Scola e Ruggero Maccari, una commedia disuguale quanto la carriera registica di Carlo Lizzani.

Tra gli altri suoi lavori da ricordare c’è sicuramente il suo primo film di finzione, il bellico Achtung! Banditi! (1951) con Gina Lollobrigida, Andrea Checchi, Lamberto Maggiorani e Giuliano Montaldo coinvolti in una storia di guerra partigiana fra Genova e l’Appennino ligure. Nel 1953 invece, vince il Premio Internazionale di Cannes per la pellicola Cronache di poveri amanti con Marcello Mastroianni, che aveva realizzato simultaneamente al drammatico Ai margini della metropoli (1953) con Giulietta Masina. Coinvolto nel progetto di Cesare Zavattini Amore in città (1953), Lizzani avrà l’occasione di collaborare con Michelangelo Antonioni, Federico Fellini, Dino Risi e Alberto Lattuada in una mininchiesta sull’amore in Italia. Dirige poi: Il gobbo (1960) con Pier Paolo Pasolini -che ritroverà anche in Requiescant (1966)-, il già citato Il carabiniere a cavallo (1961) con Nino Manfredi, Il processo di Verona (1963) con la Mangano e Claudio Gora e La vita agra (1964) con Ugo Tognazzi.

Nel 1965, lavora con Ettore Scola nella commedia Thrilling con Alberto Sordi e, nel 1968, dirige Stefania Sandrelli nel troppo sottovalutato L’amante di Gramigna. Vincitore del David di Donatello per la miglior regia e di un Nastro d’Argento per la migliore sceneggiatura per Banditi a Milano (1968), collabora con Jean-Luc Godard, Marco Bellocchio, Bernardo Bertolucci e l’amico Pasolini nella pellicola corale Amore e rabbia (1969), riemergendo dal mucchio nel 1971 con Roma bene e con Mussolini: ultimo atto (1974) che racconta gli ultimi giorni prima della morte di Benito Mussolini basandosi sulla versione ufficiale della sua fucilazione e ha come protagonisti Rod Steiger ed Henry Fonda. Nel 1977 invece Lizzani gira il film Fontamara, tratto dall’opera più famosa di Ignazio Silone, sui contadini di Fontamara (paese dell’Abruzzo) che subiscono la repressione fascista.

Ha lavorato poi nel piccolo schermo con alcune fiction, alternandosi comunque con documentari e lungometraggi al cinema come Mamma Ebe (1985), Caro Gorbaciov (1988), Celluloide (1995); l’opera corale Un altro mondo è possibile (2001) con Francesca Archibugi, Bellocchio, Marco Tullio Giordana, Franco Giraldi, Monicelli, Pontecorvo, Gabriele Salvatores, Scola e i fratelli Taviani; Hotel Meina (2007) fino all’ultimo Scossa.

Muore a 91 anni,  il 5 ottobre 2013, gettandosi dal balcone dell’appartamento in cui viveva, nel quartiere Prati a Roma.
https://www.archivioriccardi.it/tag/gobbo/ 

 



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