TÍTULO ORIGINAL
La vita possibile
AÑO
2016
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
102 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Ivano De Matteo
GUIÓN
Valentina Ferlan, Ivano De Matteo
MÚSICA
Francesco Cerasi
FOTOGRAFÍA
Duccio Cimatti
REPARTO
Margherita Buy, Valeria Golino, Andrea Pittorino, Bruno Todeschini, Caterina Shulha
PRODUCTORA
Co-production Italia-Francia; Rodeo Drive
GÉNERO
Drama
Premios
2016: Premios David di Donatello: Nominada a mejor actriz secundaria (Golino)
“Credo che il cinema possa avere una missione culturale e terapeutica, come nei tempi antichi, quando la gente si riuniva per vedere una tragedia e accresceva la conoscenza, imparava a vivere meglio. E’ questo il cinema che cerco di fare” (Emir Kusturica, regista serbo)
Dopo Gli equilibristi e I nostri ragazzi, Ivano De Matteo torna alla regia con una storia d’amore e di amicizia, di speranza e cambiamento, un racconto emozionante sull’Italia di oggi con due protagoniste straordinarie: Margherita Buy e Valeria Golino. In fuga da un marito violento, Anna (Buy) e il figlio Valerio (Pittorino) sono accolti a Torino in casa di Carla (Golino), attrice di teatro e amica di Anna di vecchia data. I due cercano di adattarsi alla nuova vita tra tante difficoltà e incomprensioni, ma l’aiuto di Carla e quello inaspettato di Mathieu (Todeschini), un ristoratore francese che vive nel quartiere, gli faranno trovare la forza per ricominciare.
La vita possibile è un film sulla speranza, sulla forza delle donne, sulla capacità di nascere e rinascere ancora. Anna e suo figlio Valerio scappano da un uomo che ha demolito l’amore con le sue mani, che ha reso suo figlio un ragazzo chiuso, fragile, pieno di risentimento. Anna sarebbe potuta finire tra le colonne di un giornale, una notizia tra le notizie, il corpo spezzato di una donna che va ad aggiungersi alle centinaia di corpi di donne che ogni anno cadono nelle nostre case, nelle nostre strade. Vittime dell’inganno di sentimenti malati. Ma Anna non sarà lì. La “vita possibile” esiste, la via d’uscita c’è. Ribellarsi è non solo necessario ma anche doveroso. La possibilità è quella di trovare una folle e dolce amica che ti aiuta, una casa anche se piccola che ti accoglie, un lavoro seppur duro che ti sostiene. Un futuro. Magari ancora amore. Anna e Valerio lo sanno, sono convinti di poter tornare a vivere e lo vogliono con tutte le forze.
http://www.teodorafilm.com/film/la-vita-possibile/
Ivano De Matteo ha confermato negli anni un indiscutibile capacità di affrontare temi di grosso impatto sociale. Lo ha sempre fatto con il dovuto approfondimento, tenendosi al largo da retorica o sentimentalismi, ma soprattutto con grande semplicità di linguaggio ed una chiarezza espositiva che non scivola mai nel banale: un cronista, o meglio un divulgatore, dei mali del nostro tempo.
Giunto di fronte alla prova più importante, al tema più insidioso e al contempo drammaticamente attuale, quello della violenza sulle donne, De Matteo realizza la sua opera più riuscita. “La vita possibile” è un film dalla misura perfetta, in cui ogni battuta ed ogni inquadratura è pesata con un bilancino di precisione.
Una storia lineare, quasi spoglia, ma che contiene in maniera esaustiva tutti i termini del problema. Una moglie che subisce ripetutamente la violenza del marito, un figlio adolescente che assiste inerme al dramma, la fuga, una città, Torino, dove cercare di costruire una nuova vita. Anna (Margherita Buy) e Valerio (Andrea Pittorino) vengono accolti da un’amica di vecchia data, Carla (Valeria Golino), attrice squattrinata e naif. Il seguito è vita quotidiana: la difficoltà di Anna a trovare un nuovo lavoro, quelle di Valerio ad integrarsi in un contesto nuovo e all’apparenza ostile, il richiamo, che a volte pare irresistibile, a ricadere nel gorgo del proprio destino di vittima sacrificale. Un solo filo di narrazione: l’infatuazione di Valerio per una prostituta dell’Est (Caterina Shulha), attraverso la quale il ragazzo esperirà drammaticamente la sua educazione sentimentale. Un episodio che però è funzionale al tema principale dell’analisi di De Matteo.
Tutti sono, siamo quotidianamente aggrediti. C’è violenza sulle donne, sembra dire De Matteo, perché c’è violenza ovunque: nell’aggressione verbale di un genitore che difende un figlio teppista, nelle avances insistite di un corteggiatore molesto, nella discriminazione, nel lavoro massacrante e mal pagato, persino nelle trappole dei vuoti legislativi, nel linguaggio dei ragazzi, nei manifesti giganteschi che sparano bocche carnose e prominenti. Fino ad arrivare inevitabilmente al sesso subito dalla prostituta, di cui Valerio è spettatore nell’episodio in cui il film ha il suo climax, e che ricorda, nella sua bestialità, la violenza fisica cui ha da sempre assistito.
Violenza che ha solo varie forme, magari non penalmente rilevanti, ma che ferisce nell’identica maniera; violenza che ha una sola madre: questa società. Ed è per questo che solo fuori da essa si può cercare una vita possibile. Come i protagonisti in fuga, che cercano riparo in personaggi ai margini: nell’amica folle e generosa che non si è mai sposata (una critica all’istituto della famiglia?); nel ristoratore, anch’esso straniero, emarginato per via di un passato oscuro; o, all’estremo limite, in una donna di strada, ma che di giorno è solo una ragazza normale, con il normale desiderio di divertirsi al Luna Park.
Il racconto di De Matteo, alla cui penna si è affiancata, come al solito, quella di Valentina Ferlan, agisce come un bisturi: minimo, essenziale, ma taglientissimo e preciso. Il suo film però non è solo sceneggiatura; è una regia attentissima a sottolineare, con le inquadrature e i movimenti della macchina, ogni particolare importante e a cancellare il superfluo; a scavare nei volti, drammaticamente denudati dal trucco; a cercare l’esatto punto di vista da cui osservare.
Il cast asseconda l’impostazione stilistica del regista, tutti intensi e al contempo misurati. Se è pleonastico elogiare per l’ennesima volta la Buy, efficacissima nel descrivere, per una volta, non solo la fragilità, ma anche la determinazione nel cercare il riscatto, se la Golino dà l’ennesima conferma di una raggiunta maturità, parole di plauso vanno spese per il giovanissimo Andrea Pittorino, non solo per il suo viso perfettamente cinematografico, ma per una interpretazione straordinariamente aderente al vero. Bravi anche i comprimari, Bruno Todeschini e Caterina Shulha; toccante in particolare quest’ultima nel rappresentare il contrasto fra una donna indurita dalla vita e la ragazza ancora in cerca di sogni.
“La vita possibile” è un film da vedere e far vedere. Perché è un bel film. Ma soprattutto per non fermare mai la riflessione, per non far tacere mai il discorso sulla violenza. È un mostro che ci assale ogni giorno e qualcuno sembra dirci che è un frutto inevitabile dei nostri tempi. No, non è così.
Dobbiamo, ne abbiamo il diritto, continuare a cercare e magari conquistare una vita possibile.
Valter Chiappa
https://rivegauche-filmecritica.com/2016/10/03/la-vita-possibile-it-2016-di-ivan-de-matteo/
Con La vita possibile Ivano De Matteo torna a raccontare la borghesia italiana; stavolta però non tutto gira come dovrebbe, anche per via di un’ambientazione che rimane solo in superficie.
Vivere in fuga
In fuga da un marito violento, Anna e il figlio Valerio sono accolti a Torino in casa di Carla, attrice di teatro e amica di Anna di vecchia data. I due cercano di adattarsi alla nuova vita tra tante difficoltà e incomprensioni, ma l’aiuto di Carla e quello inaspettato di Mathieu, un ristoratore francese che vive nel quartiere, gli faranno trovare la forza per ricominciare… [sinossi]
Tra i pregi principali del cinema di Ivano De Matteo c’è la volontà di puntare lo sguardo sulla borghesia italiana, svelandone lati nascosti, ipocrisie, smarrimenti e tentativi (mai semplici) di rinascita. Un tema, quello della classe media e dei suoi turbamenti, per niente usuale nella produzione italiana e che emerge con forza anche durante la visione de La vita possibile, che prende il via con la fuga di Anna/Margherita Buy – con figlioletto – dalle violenze del marito. Un cambio di vita e di città che rappresenta il cuore pulsante del film. L’incapacità a (ri)connettersi con il quotidiano e il reale era in fin dei conti alla base di tutti i precedenti lavori del regista e attore, eccezion fatta per l’esordio nel cinema di finzione di De Matteo, Ultimo stadio. Per il resto, tra sensi di colpa dell’intellighenzia “sinistrata” (La bella gente, tutt’ora l’opera più compiuta di De Matteo, uscito con ben sei anni di ritardo e solo alla fine d’agosto, con il pubblico ancora in ferie, materiali e mentali) e famiglie pronte a esplodere sparpagliando i pezzi (Gli equilibristi, sulla crisi di coppia, e I nostri ragazzi, sul tema dell’educazione), il regista romano si è dimostrato acuto osservatore di un microcoso con troppa facilità ridotto a stereotipo nella produzione italiana di questi ultimi anni.
La vita possibile si presentava dunque già in fase di sceneggiatura come un’ottima occasione per condurre il discorso un passo oltre, scandagliando una volta di più con durezza l’Italia solo all’apparenza bene. Se le buone intenzioni rimangono per lo più sulla carta, la “colpa” non è certo attribuibile ai caratterei protagonisti: Anna e Carla, grazie anche all’ottimo lavoro di Buy e Valeria Golino, sono due personaggi sfaccettati, ricchi delle necessarie ambiguità, umani. E De Matteo ben coglie la necessità di non approfondire in maniera eccessiva la storia dei personaggi, lasciando allo spettatore il compito di accedere al loro “mistero”.
Un’attenzione simile in fase di scrittura cozza purtroppo con una descrizione d’ambiente meno compatta e a fuoco del solito, quasi che De Matteo sia vittima dello stesso spaesamento che attanaglia Anna, costretta a ripartire da zero portando su di sé cicatrici non solo metaforiche, in una città in cui si sente aliena. Se Torino sembra una location adatta alle esigenze del film (e non solo per la presenza della film commission), La vita possibile arranca proprio quando si approssima a un altro topos di De Matteo: la coralità. Le sottotrame che dovrebbero irrobustire La vita possibile, proponendo uno spaccato delle classi sociali fondamentale per la lettura etica del film, finiscono invece per confondere lo spettatore, deviando lo sguardo verso traiettorie quasi smarrite, confuse, disperse in un magma indistinto.
Ne viene fuori un’opera squilibrata, che si regge solo sulle spalle – per fortuna forti – delle due attrici protagoniste, ma non riesce a incidere quanto dovrebbe, ed era senza dubbio nelle intenzioni. Tra situazioni inessenziali e reiterazioni poco convincenti, quel che rimane negli occhi è solo il messaggio, o come lo si vuol chiamare. Lodevole, per carità. Ma sarebbe stato lecito pretendere di più; le occasioni, per De Matteo, non mancheranno.
Raffaele Meale
https://quinlan.it/2016/09/22/la-vita-possibile/
Alla vigilia di Venezia 73 il toto-italiani in gara aveva coinvolto anche La Vita Possibile, atteso ritorno in sala di Ivano De Matteo, negli ultimi anni particolarmente apprezzato con La bella gente, Gli Equilibristi e I nostri ragazzi. Peccato che alla fine De Matteo sia rimasto fuori dal ricco programma festivaliero (per scelta di Barbera&Co, come confessato dallo stesso regista), anche se trainato da due tra le più apprezzate e premiate attrici italiane: Margherita Buy e Valeria Golino.
Ancora una volta centrato sulla ‘famiglia’, ma in questo caso chiamata a ricostruirsi dopo essersi sfasciata, La Vita Possibile racconta il quanto mai attuale tema della violenza sulle donne. Anna, madre e moglie, fugge da un marito violento che continua a picchiarla, anche dopo ripetute denunce. Al termine dell’ennesimo pestaggio, questa volta avvenuto davanti agli scioccati occhi del figlio 13enne Valerio, la donna scappa da Roma per trovare rifugio da un’amica di vecchia data, a Torino, attrice di teatro nonché single. Catapultati in una nuova città, mamma e figlio dovranno quindi provare a ripartire, archiviando una volta per tutte l’incubo vissuto nella Capitale a causa del padre di famiglia.
Soggetto scottante e da trattare con i guanti, quello sceneggiato dallo stesso De Matteo e da Valentina Ferlan, qui autori di una storia drammatica vista attraverso gli occhi di un adolescente. Perché la violenza subita dalla madre, che vediamo immediatamente ad inizio film al termine di un piano-sequenza introduttivo, si riflette sull’esistenza di questo ragazzino improvvisamente sradicato dalla propria casa e allontanato dai propri amici. E’ la rabbia repressa del bravo Andrea Pittorino, fagocitato dall’inattesa solitudine, su cui De Matteo si focalizza, per poi tratteggiare i lineamenti di una storia d’amicizia, di speranza e cambiamenti. Un titolo che fa leva sulla forza innata delle donne a resistere, reagire e a rialzarsi, denunciando in modo chiaro anche quello Stato che legislativamente parlando le penalizza persino dinanzi alla violenza, vietando loro un aiuto psicologico per il figlio minore.
Un tema importante, come detto, che fa però fatica a trovare un’adeguata amalgama all’interno di una storia minimalista costruita sui rapporti. Quello tra mamma e figlio, entrato in crisi dopo la fuga da Roma; quello tra il 13enne Valerio ed una giovane prostituta conosciuta al parco; quello tra Anna e la migliore amica che li ha accolti con calore; quello di Anna e Valerio con un’ex calciatore francese del Torino reinventatosi ristoratore. La Vita Possibile del titolo non è altro che la via d’uscita che qualsiasi donna vittima di violenza dovrebbe provare ad imboccare, ribellandosi ai pugni per ricominciare a vivere. Emotivamente ricattatorio nello sviluppo della storia, il film di De Matteo vive di strappi, di lunghi silenzi e di blanda quotidianità. Se a Venezia Margherita Buy era stata l’unica a salvarsi dal disastroso Questi Giorni di Piccioni, dimostrando ancora una volta tutta la propria straordinaria versatilità, in questo caso è proprio lei a stonare, anche se struccata, affranta ed umile mamma pronta ad accettare qualsiasi lavoro per poter provare a ripartire. Una Buy intensa ma recitativamente parlando sovraccarica, e non a caso oscurata da un’abbagliante Valeria Golino, travolgente e luminosa amica del cuore che accende la pellicola ad ogni ingresso in scena. Un ruolo minore per l’attrice ma centrato, e fondamentale nel dar luce ad un cupo film dei sentimenti che dopo aver seminato lacrime e dolore per 100 minuti saluta lo spettatore con un doppio messaggio di speranza, onestamente doveroso dopo tanto accanimento.
Attraverso la metafora calcistica/sportiva, che di fatto accompagna l’amaro film in tutta la sua durata, De Matteo sottolinea come chiunque di noi abbia la possibilità di rialzarsi dopo qualsiasi caduta, per quanto sia dolorosa e terrificante, riprendendo per mano la partita della vita. Nel farlo, però, si lascia troppo spesso andare a scene madri sentimentalmente parlando eccessive, deragliando visibilmente dinanzi a sottotrame mal gestite e a ripetute nonché esagerate rappresentazioni di violenza, tanto fisica quanto verbale, diretta e/o indiretta. Limiti strutturali nei confronti di una pellicola narrativamente imperfetta quanto tristemente attuale.
federico40
https://www.cineblog.it/post/715201/la-vita-possibile-di-ivano-de-matteo-recensione-in-anteprima
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