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miércoles, 16 de junio de 2021

Il disordine - Franco Brusati (1962)

TÍTULO ORIGINAL
Il disordine
AÑO
1962
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Inglés (Separados)
DURACIÓN
96 min
DIRECCIÓN
Franco Brusati
GUIÓN
Franco Brusati, Francesco Ghedini, Félicien Marceau
FOTOGRAFÍA
Leonida Barboni
MÚSICA
Mario Nascimbene
MONTAJE
Ruggero Mastroianni
REPARTO
Sami Frey - Carlo, Louis Jourdan - Tom, Curd Jürgens - Padre di Carlo, Antonella Lualdi - Malì, Tomas Milian - Bruno, Renato Salvatori - Mario, Susan Strasberg - Isabella, Jean Sorel - Andrea, Alida Valli - Madre di Carlo, Emma Baron - Madre di Mario, Georges Wilson - Don Giuseppe, il falso prete, Adriana Asti - Lina, Lia Angeleri - Infermiera, Marisa Belli - Cameriera di Tom, Luciana Angiolillo - Benefattrice, Inger Milton - Stella, Jacopo Tecchio, Gianna Pacetti, Elisabetta Welinsky, Nino Nini, Renato Mambor, Giulio Tomassini, Jole Mauro
PRODUCTORA
TITANUS (ROMA), SOCIETE NOUVELLE PATHE' CINEMA (PARIS)
GÉNERO
Drama

Sinópsis
Retratos de personajes pertenecientes a la burguesía milanesa que un joven escalador social conoce en su ascenso al éxito. Egoísta, frustrado, inconcluso, estos individuos involucran en su trastorno mental al joven que logra escapar de su influencia negativa por casualidad. (MYMOVIES.IT)
 
2 
4 

“Ho l’impressione che tutti noi siamo alla ricerca di qualche cosa nella vita, che esiste perfetta e intangibile altrove, e di cui viviamo soltanto una pallida copia. Ecco per me l’incanto della vita è quel qualcosa che mi sfugge
Franco Brusati


L’incipit di Il disordine di Franco Brusati è sorprendente: arriva un auto in una lussuosa villa, ne scende Susan Strasberg (Isabella) snella ed elegante; intanto Alida Valli (madre di Isabella), si agita intorno al letto del marito (nel film Curd Jürgens). La macchina da presa che segue la ragazza sulla splendida scalinata e si insinua negli ampi spazi della sontuosa villa, l’efficace bianco e nero delle immagini: la regia si avverte e sembra preannunciare una storia avvincente, un classico dramma a tinte forti, visto i primi toni che sembrano accesi sin da subito. Ma è una clamorosa falsa partenza; il protagonista di questo film non è il vecchio allettato, e nemmeno la moglie interpretata dalla diva italiana, come neppure la bella figlia o l’altro figlio, Carlo (Sami Frey). No, il centro della scena in realtà è vuoto, per così dire, ma ad aggirarsi quasi continuamente per tutto il film è Mario (Renato Salvadori), inizialmente figura di contorno (è un semplice cameriere a chiamata), che si ritaglia, nel corso del lungometraggio, uno spazio che si snoda tra alcune delle varie storie raccontate da Brusati. Una teoria narrativa piuttosto curiosa e un po’ caotica, ma d’altra parte il film si intitola Il disordine e a quello, evidentemente, aspira il regista come idea formale della sua opera. Sotto accusa è il modello borghese, imperante nella Milano del boom economico, ma il film lascia più che altro sospesi i suoi motivi di perplessità circa la società italiana. Si diceva del presunto protagonista: presunto, perché Mario non partecipa a tutte le varie vicende raccontate; in quel caso, ci sarebbe almeno una sorta di ordine nella scaletta di Brusati.

Il protagonista del suo film sarebbe il personaggio comune a tutte le diverse sottotrame, in alcuni casi in veste di protagonista, in altri di comparsa; ma non è così. In ossequio al titolo ed, evidentemente, al suo intendimento, il regista evita una matrice comune per tutti i risvolti dell’opera, per cui anche il personaggio di Mario, che come si è detto prende spesso il centro della scena, in alcuni segmenti del lungometraggio rimane estraneo. Ma quello del protagonista è solo un aspetto, si potrebbe quasi dire un pretesto di analisi, nel senso che permette di cristallizzare in breve l’impressione scomposta dell’opera nel suo complesso.

Se era questo quello a cui ambiva Brusati, certamente c’è riuscito: Il disordine lascia lo spettatore con una sensazione di spaesamento, di mancanza. E’ mancata la storia, sono mancati i protagonisti; e quello che succede appare perlopiù fuori luogo e anche ingiusto, forse anche senza una ragione (che Brusati non si premura certo di chiarire). E’ un problema se la coppia di giovani eterosessuali non si ricompone, ma lo fa quella omo? E’ giusto che il prete dia tutti i soldi alla vecchia madre di Mario, lasciando le altre povere donne nella miseria? E lo stesso falso prete non sembrava certo un modello di rettitudine, visto che permetteva la prostituzione nella sua casa: ma quando vediamo le ruspe abbattergliela, possiamo dirci soddisfatti?
Questi interrogativi lasciati sospesi, se è vero che le domande sono spesso più interessanti delle risposte, sono una testimonianza del valore de Il disordine.
http://quandolacittadorme.blogspot.com/2019/08/il-disordine.html


Il film parte con un inizio con dei falsi protagonisti: una famiglia aristocratica, pronta a dare una sontuosa festa in un’antica villa brianzola mentre il suo patriarca è in agonia, fa da apertura alle vicende di Mario, un giovane alla ricerca di un lavoro per aiutare se stesso e la madre malata.

Mario si muove in una società del benessere piena di malessere sperando di fare il salto di qualità e di affermarsi socialmente ed economicamente, frequentando le “persone che contano” in una caotica Milano notturna, quasi metafisica, che si muove frenetica ma fredda e algida sulle note jazz di Nascimbene e cerca di farsi strada, ingenuo e insoddisfatto, tra la decomposizione morale dei vari personaggi che incontra, mai troppo maligni ma semplicemente persi, a volte poco ma a volte molto simili a tutti noi in ogni loro sfaccettatura immorale.
In realtà nemmeno Mario è il vero protagonista di questa storia, ma quasi un pretesto di analisi.

I personaggi principali del film, della vita stessa, non sono i fatti, ma i sentimenti: l’ambiguità, l’incertezza, la disgregazione che confonde il confine (mai netto) tra il bene e il male.

La vecchia società è in agonia, sta morendo come il patriarca della famiglia aristocratica all’inizio del film, il sontuoso banchetto quasi surreale prima della festa sembra un preambolo a un funerale, le antiche credenze e gli antichi pilastri della società stanno cambiando e non sono di certo da rimpiangere, arroganti e incapaci di mostrarsi per quello che erano veramente, ma il cambiamento lascia sempre spiazzati soprattutto inizialmente, ci rende spaventati e incapaci di rimpiazzare le nostre antiche religioni.

Abbandonati di fronte ai mutamenti, ognuno prova confusamente ad adattarsi alla propria vita, chi cercando di sbarcare il lunario, chi dimenticando il passato, chi non accettando la fine di un amore, chi rompendo il tabù sulla propria omosessualità.

Anche il finto prete ci prova, un altro ambiguo personaggio di questa amara pellicola, un uomo che non nega pietà a nessuno, che cerca di aiutare Mario forse più per salvare la sua stessa anima, dannata per non essere riuscito a salvare davvero le persone che ha accolto nella sua specie di comune e che accettandole così come sono si accorge di non aver aiutato davvero.

Tutti tentativi a fin di bene, ma la domanda fondamentale verrà fatta da una delle anziane signore che vivono nell’ospizio da cui sta per uscire la madre di Mario, grazie all’aiuto di Don Giovanni: “Perché lei sì e noi no?”

Non c’è quasi mai spazio per la solidarietà in mezzo all’ingiustizia e alla sofferenza, di qualsiasi tipo essa sia.

Franco Brusati, con taglienti pennellate in bianco e nero e con una regia realista negli intenti ma surreale nei modi, ritrae un affresco di vari personaggi appartenenti alla Milano degli anni del boom economico, senza volerli giudicare severamente ma rappresentandoli per quello che sono, che siamo: egoisti e soli, preoccupati soltanto di noi stessi, disordinati.

Nemmeno il (quasi) lieto fine riesce a toglierci totalmente tutto l’amaro in bocca che ci siamo ormai abituati a degustare: per ottenere qualcosa, qualcosa si distrugge.
Greta Boschetto
https://re-movies.com/2020/03/07/il-disordine-1962-di-f-brusati/

Franco Brusati

(n. Milano il 4 agosto 1920, m. Roma il 28 febbraio 1993).
Laureatosi in scienze politiche a Ginevra e in giurisprudenza a Milano, dopo un lungo apprendistato di giornalista (lavorò a "Corrente" e a "L'Europeo" di A. Benedetti), nel 1949 Brusati si trasferì a Roma, dove cominciò a lavorare nel cinema come aiuto regista di Renato Castellani, Roberto Rossellini e Mario Camerini e come sceneggiatore per numerosi film, tra i quali: Il brigante Musolino, dello stesso Camerini, e Domenica d'agosto di Luciano Emmer, entrambi del 1950, Anna di Alberto Lattuada (1951), La macchina ammazzacattivi di Rossellini (1952), Le infedeli di Steno e Mario Monicelli (1953), Ulisse ancora di Camerini (1954). Nel 1955 esordì nella regia con Il padrone sono me!, tratto dal romanzo di Alfredo Panzini, un film di sapore antico che si snoda con grazia accattivante, nascondendo tra le righe significati e allusioni originali.

I film di Brusati (fra le prove più interessanti, oltre a Pane e cioccolata, Il disordine, 1962, Tenderly, 1968; I tulipani di Haarlem, 1970; Dimenticare Venezia, 1979, candidato all'Oscar per il migliore film straniero nel 1980), si sviluppano su due immagini-guida: la casa e il viaggio. La casa indica una possibilità già esaurita che si può recuperare solo come nostalgia del passato (Dimenticare Venezia); il viaggio esprime proprio la ricerca di una nuova casa, ancora, forse per sempre, negata (gli emigranti di Pane e cioccolata che, dal pollaio dove vivono, guardano i padroncini della villa).

Il cinema di Brusati, colto e di respiro europeo, pretese e spesso trovò attori duttili e maturi, tra cui spiccano, oltre a Nino Manfredi interprete di Pane e cioccolata, Vittorio Gassman e Giancarlo Giannini, protagonisti di Lo zio indegno (1989), commedia pervasa da una vena patetica, o Mariangela Melato di Il buon soldato (1982). Attività prolifica fu anche quella di sceneggiatore, che Brusati proseguì per tutti gli anni Sessanta, collaborando a film di rilievo, tra cui Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli (1968), Seduto alla sua destra di Valerio Zurlini (1968), e Il giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica (1970).

Lo stesso avvenne con i copioni teatrali che, a partire dal 1959, Brusati scrisse e mise in scena con una drammaturgia felice, avvalendosi di interpreti di matura esperienza scenica: Il benessere, in collaborazione con Fabio Mauri (1959), La fastidiosa (1963), Pietà di novembre (1966), Le rose del lago (1974), La donna sul letto (1984), Conversazione galante (1987).
http://www.francobrusati.com/biografia.php?lang=it

 


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