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viernes, 15 de octubre de 2021

Che ora è? - Ettore Scola (1989)

 

TÍTULO ORIGINAL
Che ora è?  
AÑO
1989
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español, Inglés y Portugués (Separados)
DURACIÓN
93 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Ettore Scola
GUIÓN
Ettore Scola, Beatrice Ravaglioli, Silvia Scola
MÚSICA
Armando Trovajoli
FOTOGRAFÍA
Luciano Tovoli
REPARTO
Marcello Mastroianni, Massimo Troisi, Anne Parillaud, Renato Moretti, Lou Castel
PRODUCTOR
Coproducción Italia-Francia; Cecchi Gori Group Tiger Cinematografica, Gaumont International Television
GÉNERO
Drama. Comedia | Familia

Sinopsis
Relato sobre los problemas de comunicación (o incomunicación) entre un padre y un hijo. (FILMAFFINITY)

Premios
1989: Venecia: Mejor actor (Marcello Mastroianni, Massimo Troisi)
1989: Premios David di Donatello: 3 nominaciones, incluyendo mejor actor (Troisi)

1 
2 

"Incisivo y luminoso viaje por los atribulados tiempos que corren. Antes que dos actores, dos golpes de vida" Luis Martínez: Diario El País

 

“Parlare di tutto per non parlare di niente”

In questo numero mensile è sembrato doveroso fare omaggio a un regista e sceneggiatore famosissimo nel panorama del cinema italiano che ci ha lasciato gli scorsi giorni, il Maestro Ettore Scola. Se ricordate, almeno per chi legge la mia rubrica, parlammo in passato di due capolavori di Ettore Scola: Una giornata particolare del 1977 con Marcello Mastroianni e Sofia Loren, dirimpettai nel grande caseggiato dei palazzi Federici del periodo fascista, quadrilatero in Via XXI aprile a Roma; Maccheroni del 1985 con Marcello Mastroianni e Jack Lemmon ambientato a Napoli.

Oggi invece vi presento Che ora è?, regia di Ettore Scola, anno 1989 cronologicamente successivo a Maccheroni.

Nel cast è presente Marcello Mastroianni nel ruolo di Marcello Ridolfi, avvocato Romano, sessantenne sposato con una Napoletana e due figli, Michele e Paoletta. Ha lo studio nel quartiere “Prati” in via Paolo Emilio 47 Interno 5- 6 con abitazione adiacente. E’ un uomo molto invasivo non curante dei rapporti con i figli, ma allo stesso tempo molto generoso Soffre di enfisema polmonare con attacchi di tosse secca, fuma molto e usa una sveglietta per ricordarsi le medicine da prendere. Michele, Massimo Troisi, militare a Civitavecchia alla caserma Piave, laureato in lettere non ha idea chiara del suo futuro come neanche delle sue relazioni sentimentali. Come tutti ha, sarebbe un guaio se non fosse così, delle passioni: ama andare al bar del Sor Pietro per giocare schedina ed elaborare dati coni computer della caserma e usare macchina del caffè; andare in biblioteca e imparare opere a memoria in modo che se uno gli dice una frase celebre di un opera lui appia dire titolo, opera, data e tutti i dati più impensabili su di essa e viceversa.

Il film è ambientato a Civitavecchia. In molte scene si vedono le navi della Tirrenia. Tra i vari location che appaiono, possiamo ricordare: la caserma Piave (dove Michele fa servizio militare e viene inquadrata all’arrivo di Marcello sul taxi); il forte Michelangelo (scena in cui padre e figlio salgono le scale e il padre gli parla dei regali della macchina e dell’attico); la Galleria Garibaldi (nella scena dell’acquisto nel negozio di scarpe e del cinema); la scultura dei Vanvitelli (a pochi minuti dalla fine del film loro hanno un brutto litigio rievocando ricordi spiacevoli forse anche tradimenti e coreograficamente si lasciano vedendosi uno andare verso destra e uno a sinistra con Campo medio esterno e infine la trattoria del Gobbo ora diventata una banca dove è presente la scena del regalo dell’orologio del nono con la locomotiva, e la memorabile frase con litigio annesso di allucinante al massimo.

Molti di ni pensano che il rapporto tra padre e figlio sia sempre tutto tranquillo ma nella realtà, spesso, l’eccezione prevale sulla regola. Come dai precedenti articoli sul filone Ettore Scola, abbiamo capito che questo è il filo conduttore in tutti i suoi film che per rinfrescare la memoria sono principalmente due: il rapporto tra padre – figlio o più esteso all’ambiente familiare; l’esistenza di un qualcosa che discrimina una determina classe sociale, oppure particolari tendenze di Gender, ad esempio l’omosessualità o la donna priva di potere in casa, impotente nei confronti del coniuge e irrilevante nella vita politica come accede in una Una giornata particolare, 1977.
Il racconto filmico è collocato in una fascia oraria precisa. Il padre (Marcello Ridolfi) arriva a Civitavecchia in taxi verso le 12:00 A.m. e riparte alle 22:00 Pm in treno.

In questo arco di tempo il padre e il figlio si incontrano si dicono tante cose ma in concreto niente. Il padre gli racconta molto dei tempi della guerra, delle sirene. Vorrebbe che il figlio facesse lo stesso ma essendo carattere introverso non si sa cosa voglia fare della sua vita soprattutto una volta finito il servizio militare. Nelle poche ore a loro disposizione nel loro itinerare per le vie della città si accavallano momenti di gioia, di dialogo ma anche di scontri forti e accesi. Tra i tanti momenti uno particolarmente bello vorrei metterlo alla vostra attenzione. E’ ora di pranzo e si recano alla trattoria del Gobbo. Mentre Michele si assenta per lavarsi le mani, com’è buona usanza prima di sedersi a tavola, il padre mette un pacchettino sul piatto del figlio. Michele torna lo apre e vede con sua immensa gioia che era il vecchio orologio del nono con la locomotiva dietro che Michele da bambino adorava tenere in mano e chiedere sempre che ora è?.

Questa scena dà il titolo dee film e possiamo configurare i due personaggi come padre e figlio veri che si raccontano, che esprimono reciproche emozioni del presente e del passato. Proprio pochi secondi dopo litigano perché il padre dice la battuta “Allucinante al massimo” per dirvi come il rapporto e molto precario.
Rimane sempre però in tutto il film, l’incognita sul futuro di Michele da lui non espresso, il regista omette, non sono presenti istanze narranti diegetiche (interne al racconto filmico) e ci lascia con questa lacuna o suspanse per lo spettatore.

Altra scena a mio avviso molto divertente per farvi capire sempre i padri fin dove possono arrivare con le loro domande e indiscrezioni è quando Marcello e Michele si recano da Loredana. Il padre non solo alla presenza del figlio si mette a spiare agenda della fidanzata chiedendo spiegazioni, dando come scusante il voler conoscere carattere della ragazza, ma più clamoroso è questo fatto: mentre Michele va a comprare del caffè il padre le chiede com’erano a letto, insomma se nel sesso erano apposto.
La ragazza attacca a ridere, nello stesso tempo rientra Michele che sente battuta, ma non dice niente e come i due vanno via il figlio, dice a chiare lettere al padre di farsi i cxxxi suoi e se era la prima volta che un figlio parla così al padre, avevano fatto male a non dirglielo prima.
Elemento positivo del film è il lieto fine del film. I due si riappacificano seduti sulle poltrone del treno e giocando a che ora è? Mentre treno è in cammino scorrono i tioi di coda.

La colonna sonora è composta da strumenti a percussione, a fiato e a corda: Alto sax, basso, Flicorno, batteria e al piano il noto Armando Trovajoli.

Claudio Castaldi
http://www.cinemecum.it/newsite/index.php?option=com_content&view=article&id=4899%3Ache-ora-e-di-ettore-scola-1989&catid=130&Itemid=426

 

L’affermato avvocato Marcello Rinaldi (Marcello Mastroianni), sessantenne separato da anni dalla moglie, accanito fumatore e con un infarto alle spalle, parte da Roma per raggiungere il figlio Michele (Massimo Troisi), laureato in lettere, che sta terminando il servizio di leva a Civitavecchia. Marcello sogna per lui un futuro radioso e gli comunica di avergli comprato una fiammeggiante auto sportiva ed un attico in un quartiere residenziale di Roma. Massimo è imbarazzato, lo ringrazia affettuosamente ma, dopo avergli ricordato che non ha nemmeno la patente, gli lascia intendere che non è ancora pronto per programmare il proprio futuro. Marcello rinvanga il passato, racconta aneddoti ed episodi; Massimo, dal canto suo, chiuso ed introverso, non senza qualche difficoltà, gli confida che Gloria, la sua ex  fidanzata, l’ha lasciato per un altro uomo. Con il trascorrere delle ore, affiorano piccole amarezze ed incomprensioni e, con un pizzico d’invidia, Marcello scopre che Massimo si nutre di piccole abitudini e che ha legato con i pescatori della zona e con Sor Pietro, appassionato lettore di libri e proprietario di un bar, luogo di ritrovo di amici. Massimo ha una nuova compagna Loredana (Anne Parillaud); Marcello vuole conoscerla a tutti i costi e, dopo aver scambiato con lei quattro chiacchiere, goffamente, le chiede se il figlio se la cava bene a letto. Prima di salutarsi Massimo confida al padre di voler rimanere a Civitavecchia e, nel corso di un aspro e serrato faccia a faccia, esplodono conflitti e rancori, torti e dissapori. Sul finale i due si riconciliano; Massimo è in treno con il padre e, contento e soddisfatto, estrae dalla tasca l’orologio del nonno ferroviere, ricordo dell’infanzia al quale è molto legato, regalo del papà, che per gioco gli chiede: “Che ora è?”.

Scola ambienta la vicenda in una Civitavecchia fredda ed invernale e, con toni intimi ed ovattati, mostra il più classico dei confronti generazionale; da un lato un padre estroverso, affettuoso ma invadente ed indiscreto che, invece di comprendere i bisogni del figlio e di confrontarsi con lui, vorrebbe pianificargli la vita, imporgli le sue scelte e spingerlo a ripercorrere le sue stesse orme; dall’altra, un trentenne timido e taciturno, alla ricerca di se stesso, che ha scelto di non sposare il modello di vita convulso e nevrotico del padre e che ama, invece, la vita sornione, tranquilla e sonnecchiante della provincia. Cameo di Lou Castel.

Ignazio Senatore
https://www.cinemaepsicoanalisi.com/it/che-ora-e-di-ettore-scola-1989/

Ho scoperto Troisi qualche anno fa guardando Ricomincio da tre, uno splendido film. Da lì mi sonno innamorata del genio di questo grande artista e mi sono messa alla ricerca di tutta la sua filmografia. Il suo talento e la sua unicità è nota alla critica e sopratutto al pubblico  già dai suoi inizi, tuttavia penso che oggigiorno bisogna ricordarlo più spesso, perché la ricchezza che ha lasciato al cinema, non solo italiano, non ha uguali. Il frammento che condivido in forma di testo scritto, ossia trascrizione, in questo articolo è estratto dal film di E. Scola Che ora è?, che al mio modesto parere può essere considerato un capolavoro. Sostanzialmente nel film si parla del rapporto tra padre e figlio, un rapporto conflittuale, complesso, imperfetto ma comunque profondo. E per di più senza tempo..!

Riassumere in una frase la trama del film: Dedicato alla incomunicabilità generazionale, il film vive un rapporto incontro padre-figlio strutturato sull’arco di una sola giornata…(Da Wikipedia)

Michele: E poi ti lamenti tu che il nonno di Napoli faceva a pigliare informazioni su di te dai carabinieri. Tu sei uguale a lui, 50 anni dopo però.

Il padre: Scusa.

Michele: No scusa, che scusa, bastasse che ti facessi i cazzi tuoi, no? ..e porta 5!

Il padre: Io non mi sarei mai permesso di dire a mio padre di farsi i cazzi suoi.

Michele: Si vede che se li faceva. Se non se li faceva hai fatto male a non dirli di farseli.

Il padre: Io mi preoccupavo di sapere se fra te e lei andava tutto bene, era una premura, una carineria.

Michele: Io non lo vedo questo tipo di carineria, per piacere. Anzi io preferirei…

Il padre: “Preferirei di no”. Chi lo dice? Lo sai o non lo sai, e? Non lo sai. Bartleby, lo scrivano, Herman Melville, 1851.

Michele: Moby Dick è del ’51, Bartleby penso sarà del ’53.

Il padre: Va be, mi fido, mi fido. Ah, Da Pietro Bar del Porto, ho capito… la telefonata a sor Pietro, i tartufi del sor Pietro… Andiamolo a trovare questo mitico sor Pietro.

Michele: Lasci stare papà andiamo.

Il padre: Dai Michele andiamo. Mi fa piacere di conoscerlo.

Michele: Perché sei storto?

Il padre: Non si è storto nessuno.

Michele: Sei uscito dal bar così…

Il padre: Così come? Da maleducato, ti ho fatto fare una brutta figura con tuo amico.

Michele: No, chi ha detto niente..

Il padre: Del resto dovresti esserci abituato, da stamattina che ti faccio fare brutte figure. Io come dico sbaglio, sbaglio tutto, non lo so…non ti va bene niente.

Michele: Io non ti capisco.

Il padre:  Tu non mi capisci?

Michele: No.

Il padre: Ah, invece io ti capisco?

Michele: Non so.

Il padre: Fra un mese è finito il servizio militare e non siamo riusciti a capire cosa vuoi fare. Sai qual è il guaio? Che forse non lo sai neanche tu.

Michele: No, io lo so, lo so benissimo io. Io lo so che almeno per un certo momento, per un certo periodo, so che a Roma, credo che almeno per ora non ci voglio tornare.

Il padre: Ah no, non ci vuoi tornar…

Michele: No.

Il padre: E… ho capito! Tu vuoi andare in Islanda, con il 13 miliardario. E’ in Islanda che devi andare, ma certo, al aeroporto di Reykjavik non c’è pericolo  che ti perdi, vai vai a Reykjavik.

Michele: Ma che Reykjavik, Reykjavik era perché hanno fatto questa cosa del tredici, ognuno di loro esprimeva un desiderio e io facevo quello senza desideri. Ho detto Islanda perché mi è venuto Islanda.

Il padre: A ah, adesso tutto è chiaro. E sì. Meno male figlio mio, adesso sto proprio tranquillo, perché tu a Roma non ci vieni, in Islanda non ci vai…e mi vuoi dire dove vai?

Michele: Non lo so, credo che, almeno per ora forse resto qua.

Il padre: Qua?! A Civitavecchia? Ma tu.. forse tu sei diventato pazzo. A fare che?

Michele: Non lo so, qualche cosa…qualche cosa farò.

Il padre: Il caffè, e sì il caffè dal signor Pietro. Il caffè per i marinai dal volto segnato dalla salsedine, nel bar delle nebbie col fumo, le pipe, i mostri imbalsamati, atmosfera…lì sarebbe il tuo futuro. “Ma mi faccia il piacere”, come diceva  Toto.

Michele: Il mio futuro…Ma perché ho parlato di futuro? Sto dicendo il futuro..?Solo che… Senti, tanto è inutile a parlare con te, è inutile, meglio che andiamo se no perdi pure il treno. Vai, vai…

Il padre: Certo tu concludi sempre così, ti chiudi come un riccio, tronchi e te ne vai.

Michele: Ah io?!

Il padre: Anche da bambino facevi così. Mi eri ostile, non so mi evitavi. Appena restavamo soli subito scappavi da qualche altra parte dicendo che avevi da fare, non lo so, inventavi tutte le scuse per scomparire. E anche a Napoli eri tu che ci volevi stare.

Michele: Ma che… bravo, hai capito tutto. Bravo, mi piace sta cosa, mi hai capito già da piccolo a me, sempre m’hai capito. Ma lo vuoi sapere perché scappavo io da te, eh? Perché mi mettevi soggezione, va bene? Sì, mio padre mi metteva soggezione. Non mi trovavo a mio aggio con te. Pensa un po! E poi quando stavo solo cercavo di imitarti, volevo essere come te, perché ti vedevo chissà come. E poi invece niente, quando stavo vicino a te, accanto a te non ce la facevo..

Il padre: E già. Forse non ho mai saputo metterti a tuo aggio..Neanche oggi, e neanche per poche ore.

Michele: Va be, mica tanto poche… e poi, poi a parlare con un estraneo che ci vuole. A parlare con il padre che è difficile. Ma poi chi l’ha detto che padre e figlio devono parlare?

Il padre: No, no, bisogna parlare Michele, bisogna dirsele le cose. Ma che ne so io che un figlio che vuole fare il guru in un posto come questo, se non me lo dice? C’è un muro.

Michele: Oggi abbiamo parlato, no?

Il padre: Abbiamo parlato sì, ci siamo detti un mare di parole per non dirci niente. Io ti ho ammorbato con i tedeschi, tu a me con La Certosa di Parma. Abbiamo parlato di tutto, pur di non parlare di niente.

https://ilmioangoloditraduzioni.com/tag/cinema-ettore-scola-massimo-troisi-traduzione-albanese-italiano-marcello-mastroianni-trascrizione-linguaggio-cinematografico-film-perkthim/

“Scusi, che ora è?”. “Sono le tre, quindici minuti e ventotto secondi”. Con questo siparietto della richiesta dell’ora, due fuoriclasse del cinema italiano, quali furono Marcello Mastroianni e Massimo Troisi, avrebbero potuto andare avanti a oltranza, senza annoiare mai, donando ad ogni nuova modulazione del tormentone una sfumatura diversa, incantando, ipnotizzando, calamitando l’attenzione di uno spettatore a quel punto della narrazione pronto a qualsiasi variazione, anche millimetrica, di tono. La collaborazione artistica tra i due grandi attori era cominciata proprio grazie a Ettore Scola, che li aveva diretti in Splendor (1989), amara presa di coscienza della fine di un’epoca, quella della sala cinematografica, un tempo sede di una ritualità comunitaria, purtroppo fatalmente terminata.

In Che ora è? (1989) Mastroianni e Troisi sono padre e figlio, il loro è un rapporto complicato, dato che si sono frequentati poco in passato, non si conoscono davvero, e l’arrivo improvviso del genitore a Civitavecchia, dove Michele sta svolgendo il servizio militare, costituisce l’occasione per tentare di fare il punto della situazione, di capire se esiste ancora una possibilità di dialogo. Come fa notare lo stesso Scola nella bella intervista all’interno dei contenuti speciali del dvd, i ruoli nel film sembrano invertiti, laddove il padre è un uomo rampante, godereccio, attratto dal consumo e dai piaceri (anche frivoli) della vita, mentre il figlio è una persona riservata, contenuta, che ama frequentare la biblioteca del paese, oltre che un nebbioso bar a ridosso del porto, bazzicato da umili pescatori che eroicamente resistono alla colonizzazione di una degenerazione antropologica drammaticamente alle porte.

Ciò che interessava Scola era registrare gli effetti di un periodo storico, quello a ridosso degli anni novanta, sulla dimensione intima di un rapporto difficile, e non poche, infatti, sono le allusioni alla storia del paese, alla corruzione dilagante (di lì a poco sarebbe esplosa Tangentopoli), alla diffusione di uno stile di vita tutto incentrato su un aumento esponenziale del tempo dedicato al lavoro, in una forsennata ricerca di un benessere che appariva come la panacea di tutti i mali. E Michele, rappresentante della nuova generazione (una volta tanto tratteggiata positivamente rispetto alla precedente), si oppone a questo sfrenato ‘discorso capitalista’, non è interessato al successo, al denaro, all’accumulo massivo di compagne, vuole solo essere libero di fermarsi, di interrompere quel movimento frenetico che lo ridurrebbe al ruolo di marionetta. Eppure, al di là delle insormontabili differenze che li separano, c’è un atavico legame di sangue che unisce i due protagonisti, un bene che supera tutte le incomprensioni. Ma, ebbene, sottolinearlo, Scola non risolve affatto il rapporto con un colpo di spugna, si guarda bene dalla soluzione facile, piuttosto si sofferma sulla problematicità, forse insuperabile, di questa relazione, riuscendo, con un abile lavoro di scrittura, a cogliere le tante sfumature che la caratterizzano.

Il film ha superato con scioltezza l’esame del tempo, e a rivederlo provoca non poche riflessioni sullo stato attuale della nostra condizione. Chi siamo? Cosa vogliamo? Dove stiamo andando? Tante sono le domande poste in questa preziosa opera di Scola che a tutt’oggi rimangono senza una definitiva risposta, a dimostrazione del fatto che era state ben formulate. Un film necessario, dunque, entrato di diritto nella storia del nostro cinema.

Luca Biscontini
https://www.taxidrivers.it/80223/review/in-sala/preview/dvdbluray/ora-ettore-scola-dvd.html
 

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