TITULO ORIGINAL A cavallo della tigre
AÑO 1961
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español e inglés (Separados)
DURACION 104 min.
DIRECCION Luigi Comencini
GUION Luigi Comencini, Agenore Incrocci, Mario Monicelli, Furio Scarpelli
MUSICA Piero Umiliani
FOTOGRAFIA Aldo Scavarda (B&W)
REPARTO Nino Manfredi, Mario Adorf, Valeria Moriconi, Gian Maria Volontè, Raymond Bussières, Luciana Buzzanca, Ferruccio De Ceresa
PRODUCTORA Film 5 / Titanus
GENERO Comedia | Comedia dramática
SINOPSIS Giacinto Rossi es un infeliz condenado a tres años de prisión por simular un robo. Cuando sólo le quedan 10 meses para salir y volver con su mujer e hijos, sus tres compañeros de celda lo incluyen a la fuerza en sus planes de fuga. (FILMAFFINITY)
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Sinossi
Giacinto Rossi è in carcere per simulazione di reato, deve scontare solo pochi mesi, ma si vede costretto a evadere contro la sua volontà da altri tre detenuti suoi compagni di cella. Una volta fuori, i quattro si dividono in due gruppi e qui cominciano i problemi. A corto di soldi per realizzare il progetto di fuga all’estero, Giacinto si lascia convincere a tornare a casa sua per cercare aiuto e così scopre che la moglie si è messa con un altro. Smarrito, braccato dalla polizia, il poveruomo continuerà a farsi sfruttare dal mondo di lupi che lo circonda.
Riproponiamo uno dei titoli meno conosciuti di Luigi Comencini, maestro della commedia all’italiana classica di cui A cavallo della tigre rappresenta uno degli esempi più originali e riusciti. Opera avanti sui tempi – come dichiarato dagli stessi sceneggiatori Age e Scarpelli -, il film non fu certo un successo commeraciale ma, rivisto oggi, mostra forse meglio di allora, i primissimi anni Sessanta, tutta la sua modernità. Nel raccontare senza mai una caduta di ritmo né di incisività espressiva la parabola di un pover’uomo senza qualità (uno straordinario Nino Manfredi) circondato da un mondo di lupi, Comencini ha costruito un film di amara e caustica ironia, in cui il registro drammatico a quello comico risultano perfettamente miscelati e che fonda il suo impianto drammaturgico sulla volontà di sopraffazione della natura umana. Come nel cinema migliore, la storia raccontata nel film invece di scadere nella caricatura si eleva a metafora impietosa e profetica di una società ottusamente protesa verso le sirene di quello sfrenato consumismo che tanti guasti avrebbe provocato negli anni a venire.
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La amplitud de la sátira.
Una de las mejores películas de Comencini, una comedia dramática excelente, en clave de sátira social, que cuenta la historia de un pobre hombre encarcelado por fingir un delito, que se verá paulatinamente metido en más y más líos (se fuga coaccionado de la cárcel y se le persigue por una lista de delitos que le hacen uno de lo más buscados y peligrosos delincuentes del país).
Comedia excelentemente dirigida, escrita y estudiada, tributaria del cine de pícaros italiano, dónde la amplitud de la sátira es magnífica, pues es tan sangrante, profunda e íntegra como amarga, melancólica e íntima, haciendo que el espectador se encariñe e identifique absolutamente con este Juan Nadie (espléndido Nino Manfredi), un perdedor resignado, una víctima individual de la sociedad que crean la paradoja de que para él la cárcel es mejor que la calle. Una admirable película, muy desconocida, del más que interesante Comencini.
kafka
Il carcerato Giacinto Rossi (Nino Manfredi) ha ottenuto di poter svolgere la mansione di aiuto infermiere. Lo si vede, nell'immagine di apertura del post, mentre maneggia dei raccoglitori di urina (comunemente detti pappagalli). Lo fa tutte le mattine. E' stato condannato a tre anni di prigione per simulazione di rapina. Il vecchio pescatore che l'ha denunciato ai carabinieri, poi si è pentito, perché Giacinto ha una famiglia (moglie e due figli) che adesso è rimasta in mezzo alla strada. Il pescatore, per farsi perdonare, spesso manda delle vongole a Giacinto, però le vongole arrivano in carcere marce e puzzolenti. Giacinto apprezza il gesto, ma le butta via.
Giacinto, di per sé, non sarebbe un delinquente. Solo che nella vita le sbaglia tutte. Cerca di comportarsi bene in carcere perché vede la possibilità di uscire dal carcere sei mesi prima per buona condotta. Così a Natale rivedrebbe la famiglia a cui è molto affezionato. E' ricco di sentimento ed ha una bella voce. Qui lo vediamo durante l'ora d'aria mentre esegue questa canzone (di Pugliese-Vian):
Il mare
è la voce del mio cuore,
è la voce del tuo cuore
che ci unisce ancora.
I miei baci a te,
i tuoi baci a me
ce li porta
il mare
L'accompagnamento musicale lo fanno due detenuti: uno con il pettine e l'altro con rumori ascellari. Solo che, regolarmente, nel momento di maggiore commozione, sulla nuca di Giacinto arriva un oggetto contundente tirato da qualche detenuto dal cuore duro.
All'interno del carcere c'è una gerarchia occulta fra i detenuti. Qui vediamo (in canottiera bianca), vicino a Giacinto, uno dei tre componenti del gruppo più temuto e rispettato: si tratta de Il Sorcio (Raymond Bussières), noto per la sua furberia e per l'abilità manuale nel costruire aggeggi di ogni tipo.
Un altro componente del gruppo dei tre è il terribile Mario Tagliabue (Mario Adorf), condannato ad una lunga pena per aver ucciso il compare che l'aveva tradito con diciotto biciclettate dopo averlo inseguito per trenta chilometri. Nell'immagine ha l'espressione ancora più cattiva del solito perché un ascesso dentario lo sta facendo soffrire ferocemente.
Il terzo appartenente al gruppo è Papaleo (Gian Maria Volontè), un professionista laureato che ha ucciso con una fucilata un uomo che aveva rapporti con la sua fidanzata. Un forte senso dell'onore, naturalmente, ed una gran voglia di evadere per completare il delitto d'onore: la sua fidanzata, per il momento, l'ha passata liscia. A suo tempo, sul quel delitto d'onore, uscì un paginone su La Tribuna Illustrata.
Tagliabue, Papaleo e il Sorcio hanno preparato un piano di evasione in cui coinvolgono Giacinto, che di per sé non vorrebbe evadere perché spera nella buona condotta. Giacinto serve ai tre perché, raccontandogli delle storie, sanno che finirà per dirle al capo dei custodi, così loro potranno realizzare il piano vero, depistando i custodi. Il piano incredibilmente funziona, solo che i tre si trovano con un evaso in più, proprio Giacinto, che costituisce un inciampo.
Come si vede, il Sorcio non c'è: è andato a Roma promettendo di tornare da loro, ma chi s'è visto s'è visto (riapparirà più tardi). Dei tre che sono rimasti, l'unico ad avere le idee chiare è Papaleo, che vuole ritrovare la fidanzata fedifraga. Gli altri due non sanno esattamente cosa fare. Tagliabue e Papaleo vorrebbero liberarsi di Giacinto.
Ma quando si accorgono che Giacinto, rimasto da solo in mezzo alla strada, è un obiettivo troppo facile per le forze dell'ordine, lo chiamano e lo riprendono con loro.
Nello sguardo di Papaleo si coglie una assoluta determinazione: è riuscito a sapere dove sta attualmente la sua fidanzata. Lascia i due compagni di fuga perché deve vendicare del tutto il suo onore.
Nella fuga si inserisce un episodio drammatico. Giacinto e Tagliabue hanno bisogno di procurarsi degli abiti, per non girare vestiti da carcerati. In una cascina di campagna trovano una giovane donna con un figlio piccolo (il nome dell'attrice non lo so). Tagliabue, in camera, minaccia la madre prendendole il figlio piccolo, così la madre è costretta a dire al carabiniere di passaggio che non ha visto nessun evaso.
Successivamente Tagliabue cerca addirittura di usare violenza alla donna, ma interviene Giacinto, che quando ci sono dei bambini di mezzo diventa un altro uomo e che sottrae la donna a Tagliabue.
Papaleo è arrivato al posto dove si trova la sua fidanzata Olga (Luciana Buzzanca). Si tratta di una colonia estiva in cui la ragazza, che è con la madre, fa la cuciniera. Papaleo penetra nella stanza di Olga, che viene sorpresa mentre si sta lavando la testa e guarda atterrita Papaleo. Che succederà, adesso?
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Ero arrivato alla scena drammatica in cui Papaleo (Gian Maria Volontè) ha finalmente ritrovato la fedigrafa fidanzata Olga (Luciana Buzzanca) e fra un po' racconterò gli sviluppi di questa intricata situazione. Intanto Tagliabue (Mario Adorf) e Giacinto (Nino Manfredi) hanno rintracciato a Roma (in Via Traversone 21) il Sorcio (Raymond Bussières) che cercava di nascondere il malloppo di una precedente azione criminosa. Naturalmente Tagliabue, come fa sempre in tali evenienze, gli dà un ben meritato liscio e busso. Tagliabue non è un perdonista: durante il film mena di brutto Giacinto almeno tre o quattro volte. Piccole colpe, quelle di Giacinto, Tagliabue cerca soltanto di insegnargli a vivere, ma non è facile, con Giacinto.
La fedifraga Olga è atterrita, e Papaleo (che deve completare il delitto d'onore) l'assale impugnando un coltello... no, si tratta di un cucchiaio carcerario trasformato in coltello, quindi Olga rimane leggermente ferita vicino alla spalla. Sorpresa! Malgrado che la ferita sanguini copiosamente, Olga capisce le ragioni di Papaleo, il fidanzato tradito: lei doveva nascondersi e lui doveva rintracciarla, ad ognuno il suo mestiere.
Infatti fra i sue c'è uno scambio in fondo affettuoso: Papaleo, non essendo riuscito ad ucciderla col cucchiaio carcerario, le versa l'alcool sulla ferita. Olga, rendendosi conto che Papaleo è affamato, gli porta un piatto coperto che contiene polpette preparate da lei per i bambini della colonia. Papaleo sembra gradire, le dice che le polpette hanno un sapore simile a quelle che mangiava in carcere. Non so se sia un complimento o no, ma la situazione fra di loro si tranquillizza: non essendo riuscito il delitto d'onore, Papaleo ed Olga decidono di andarsene insieme: riempiono una valigia e si portano dietro la madre di Olga. Andranno anche loro dal Sorcio.
Quando Papaleo entra in casa del Sorcio, ha l'aria del distinto professionista che è stato prima del delitto d'onore. Gli apre la porta la donna del Sorcio. Dopo una serie di qui pro quo vediamo di nuovo insieme i quattro evasi. Tutto bene, apparentemente.
Ma del Sorcio non ci si può fidare. Già aveva cercato di sottrarsi. Ora, poiché le forze dell'ordine hanno scoperto dove abita, è disposto a tradire, conducendo i poliziotti in casa sua dove ci sono ancora i compagni di evasione. Da cui un tentativo di fuga. Riescono a nascondersi Tagliabue e Giacinto. Papaleo è impicciato dalla moglie, dalla futura suocera, dalla valigia. Mentre sale sulla copertura del cinema , gli si apre la copertura sotto i piedi e Papaleo cade all'interno del cinema: c'est fini.
Tagliabue e Giacinto si nascondono all'interno di una vecchia nave praticamente in disarmo. Giacinto viene a sapere che sua moglie Ileana (Valeria Moriconi), sfrattata da dove abitavano prima, vive in una casa di fortuna non lontana da lì. Mentre Tagliabue, di nuovo in preda all'ascesso dentario, rimane sulla nave, Giacinto va a trovare la famiglia. Scopre che la moglie adesso vive con un certo Coppola (Ferruccio De Ceresa), un poveraccio malato di silicosi, che però è una fortuna che ci sia. D'accordo, è l'amante di Ileana, ma senza di lui non saprebbero neppure dove andare a sbattere la testa. E' affezionato sia ad Ileana che ai bambini, fa quello che può per loro. Dopo qualche schermaglia Ileana e Coppola vengono al dunque: è stata messa una taglia sui due evasi. Basterebbe che ci si mettesse d'accordo: Giacinto racconta a loro dove sta nascosto con Tagliabue e loro incassano la taglia. Giacinto per un po' nicchia, poi si rende conto che è l'unica soluzione: chi penserebbe altrimenti a sua moglie ed ai figli? La taglia su Giacinto è di un milione, ma Ileana e Coppola dicono che serve anche la taglia su Tagliabue, un altro bel milione, così un bambino va a scuola in un buon istituto. Giacinto non vorrebbe tradire l'amico Tagliabue, ma non c'è niente da fare: quei soldi servono. Così Giacinto torna alla vecchia nave in disarmo, estrae con le tenaglie il dente a Tagliague ed aspetta. Dopo un po' arrivano le forze dell'ordine, i giornalisti sono tutti attorno a Giacinto, che hanno individuato come il vero capo della banda degli evasi.
Giacinto si volta e vede la sua famiglia (compreso Coppola) che ha appena beneficato che lo guarda dal molo. Chissà quando li rivedrà e se li rivedrà.
Un film in cui si ride giustamente poco, ma una fusione quasi pefetta fra due generi: il picaresco e il tragico. Solo Luigi Comencini poteva riuscirci. Nel 1960, un anno prima, aveva girato Tutti a casa, un film a cui in fondo A cavallo della tigre è molto simile.
otra de Manfredi...me la llevo...gracias!
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