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jueves, 26 de diciembre de 2013

Viaggio segreto - Roberto Andò (2006)


TITULO ORIGINAL Viaggio segreto
AÑO 2006
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACION 107 min.
DIRECCION Roberto Andò
GUION Roberto Andò, Salvatore Marcarelli (Novela: Josephine Hart)
MUSICA Marco Betta
FOTOGRAFIA Maurizio Calvesi
REPARTO Alessio Boni, Donatella Finocchiaro, Valeria Solarino, Claudia Gerini, Marco Baliani, Emir Kusturica, Roberto Herlitzka, Giselda Volodi, Fausto Russo Alesi
PRODUCTORA Coproducción Italia-Francia; Rodeo Drive / Medusa Film / Manigolda Film
GENERO Drama

SINOPSIS Tras ser testigos del asesinato de su madre hace treinta años, un hombre y su hermana luchan en el día a día de los desafíos de la vida adulta. (FILMAFFINITY)

Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)

Subtítulos (Español)


Si potrebbe anche fare un gioco di parole con un altro bel film e dire che si tratta di un "Viaggio segreto, nelle Vite degli altri" e per continuare il gioco con il film di Sorrentino, un "Viaggio segreto, nelle Vite degli altri, attraverso Le conseguenze dell’amore".
Dice lo stesso Roberto Andò: "Mi interessava la storia di un uomo che ritrova la capacità di emozionarsi. Il "VIAGGIO" è un ritorno alle emozioni".
E’ un film che dichiaratamente cerca di dare rappresentazione alle emozioni, di dar loro nomi e immagini, coinvolgendoci nel Viaggio dei protagonisti dentro di esse, cercando anche di indurci ad empatizzare, a commuoverci, a turbarci, per quello che lui stesso descrive come uno struggente tentativo di sopravvivere ad un dolore mentale.
"Le intense passioni ci distruggono la vita nello stesso tempo in cui ce ne svelano la plenitudine e la bellezza. (Yeats)…. Questa frase che uno dei personaggi dirà ad un certo punto del film, mi ricorda molto una frase di Meltzer: "La mente umana nasce impreparata a viere emozioni, passioni e sentimenti e occorre un’intera vita per imparare a non farsi travolgere"
Il protagonista del film, uno psicoanalista, non è certo immune da questa fatica. 
Lo vediamo all’inizio che si muove nella sua collezione di acquari e questa immagine è da subito la descrizione del suo rapporto con il suo mondo interno: un mondo muto, "sbacqueo", dove le emozioni, rese innoque come pesci multicolori, vengono nutrite quel tanto che basta per muoversi dentro un piccolo spazio contenibile.
Il VIAGGIO appunto che si troverà a compiere, sarà un viaggio non solo di RICOSTRUZIONI, come dice il titolo del romanzo di Josephine Hart da cui è tratto (la stessa de "Il Danno" da cui Louis Malle ha tratto a sua volta un film), e di recupero dei ricodi di un trauma, ma sarà un viaggio di "alfabettizzazione" delle emozioni, di recupero di un contatto con esse, attraverso anche la scoperta di un legame emotivo nuovo, che permetterà alle passioni che travolgono e uccidono, di venire convertite in sentimenti che arrichiscono di possibilità la vita.
E’ come se l’acquario si rompesse e tutti i personaggi potessero riprendere a muoversi verso nuove traiettorie e nuove storie, in quel mare aperto in cui alla fine potrà nuovamente tuffarsi.
Attraverso il film, soprattutto attraverso le sue immagini e l’atmosfera sospesa e non risolta, anche noi entriamo in contatto con immagini, parole, situazioni, atmosfere, che prendono vita e ci parlano di una storia passata che è anche e soprattutto una storia presente, di parti uccise che tornano pian piano a prendere vita. Quello che crea Andò con la costruzione del ritmo e dell’atmosfera del film è il racconto per immagini, di una trasformazione interiore. 
Il film si apre su una casa abbandonata, non più abitata, vedremo che è ferma su un’immagine, una scena, l’immagine di una coppia che non sappiamo ben decifrare. Tutto è lento all’inizio, come è lento e pesante il tempo della depressione, il protagonista, attraverso i cui ricordi anche noi vediamo i frammenti del suo mondo interno, è quasi catatonico, come se una parte di lui fosse emotivamente altrove. Un po’ alla volta, frammento dopo frammento, quella scena iniziale e i suoi personaggi, cominciano ad avere un senso, ad arricchirsi di particolari, ad avere una storia. Contemporaneamente il protagonista cambia espressione, cambia i suoi gesti, comportamenti, si arricchisce lui stesso di emozioni e di storia. Questo "eterno ritorno" sulla scena del trauma è accompagnato e sottolineato da una musica che comincia, prepara la melodia e poi si interrompe ogni volta, come un’overture, un’inizio, che non riesce mai a trovare le note per continuare.
Non c’è nel film un passato che meccanicamente deve essere recuperato, c’è invece un’interazione continua tra passato e presente, tra personaggi del passato (oggetti interni) e personaggi del presente (relazioni attuali). Questa sovrapposizione continua, questa assenza di separazione netta, questa mancanza di giudizio, inteso come atto conclusivo, questa lenta assunzione di responsabilità del protagonista, sono secondo me la cosa più bella e più commovente che Andò riesce a restituirci. 
Sarà l’artista Kusturiza (rappresentante in questo caso del regista stesso) ad avere questa funzione "visualizzante", "rappresentativa" che mostrerà (con la Mostra conclusiva) attraverso il suo sguardo, che è comunque uno sguardo amoroso e non morboso, il difficile lavoro di rappresentazione e distanziamento da una storia che non tiene più in ostaggio i suoi personaggi, ma li libera verso altre storie.
Andò ci mostra un’altra alternaza: quella tra oblio e memoria, illustrata anche dalle diverse figure dei due fratelli profondamente e necessariamente legati tra loro. Quando Leo torna in Sicilia e gira da solo per la casa della sua infanzia, ancora tutto è fermo, morto, impolverato come il suo mondo interno. Un po’ alla volta entrano in scena i personaggi e non c’è distinzione tra passato e presente. In una scena che ben rappresenta il materializzarsi dei ricordi,vediamo Leo aggirarsi per le stanze e sua madre passargli accanto come se lo stesse facendo ora. Questo riaffiorare emotivo è troppo per il Leo che vuole dimenticare. Gli manca il respiro, è uscito dalla placenta protettiva, dall’acquario dentro cui stava e come il neonato che viene alla luce, deve trovare il ritmo del proprio respiro. Leo non vuole che tutto torni vivo, non vuole che tutto si rianimi di emozione per dover poi ri-sentire il dolore e la perdita, i suoi attacchi d’asma e di panico sono un’improvviso eccesso di Emozione che toglie il respiro.
Accanto alla coppia di adulti che vediamo nudi nella prima scena, compare subito un’altra coppia: due bambini seduti accanto, in una spiaggia, a loro volta "guardati" da qualcuno. Una foto importante che sarà come un simbolo per tutto il film e che passerà di mano in mano, di sguardo in sguardo.
Una foto usata dal regista come traccia di qualcosa di vivo, un po’ come la foto in cui scruta il replicante di Blade runner. 
Quei bambini sono stati guardati dai genitori che, un giorno lontano e ancora presente, hanno scattato la foto. (Ce lo mostra Andò rovesciando, come il cinema può fare, il punto di vista della foto).
Quegli stessi bambini fermati insieme da quello scatto lontano, riusciranno a "rianimarsi" e ad allontanarsi piano piano… (Di nuovo ce lo mostra il regista in uno dei momenti più poetici del film)..
A quella e alle altre foto, così come alle belle immagini del film "è affidata la speciale missione di essere reperti di una materia singolare in cui posso specchiandomi riconoscere il mondo" (Andò), un po’ come fa appunto il cinema. 
Che rapporto c’è allora tra quelle due coppie?
L’amore degli uni e quello degli altri è separato da un pesante velo che ne impedisce uno sguardo chiaro.
E’ sempre così l’amore dei genitori per i figli, o l’odio naturalmente, o è così sempre l’amore e l’odio di per sé?
Andò fa un trattato mitico sull’amore tra fratelli, sull’amore genitoriale e sul rapporto edipico. 
Quello tra i due fratelli è un legame intimo e complesso tra due persone che sono rimaste sole, che si danno la mano e camminano insieme come pollicino e i suoi fratelli sperduti nel bosco. Il VIAGGIO SEGRETO, è indubbiamente anche il loro viaggio. Chi ha condiviso un grande dolore, una grande paura, può capire il legame che li unisce e che li porterà, alla fine del film, ad un dolcissimo congedo che restituirà ad entrambi nuove possibilità di vita. La loro speciale DANZA, è un poetico segno di questo appoggiarsi reciprogo, di un accordare i passi l’uno con l’altro, di un cercare un ritmo protettivo e un legame armonioso che tenga lontana la rottura e la perdita. E’ la loro forma speciale per ricreare un legame e una bellezza che hanno conosciuto un tempo e che sono andati improvvisamente in pezzi.
Memoria (Leo) e oblio (Ale) servono l’uno all’altra, si susseguono incessantemente come il ritmo del cuore, per permettere di sopravvivere e per fondare strati di conoscenza possibile su cui costruire la propria biografia.

("Com’erano i bambini" "Innocenti come lo sono sempre i bambini"….)

Andò, parlando del suo film, esclude a priori l’incesto tra i due fratelli, non è questo che gli interessa raccontare. Proporrei lo stesso criterio per la "scena primaria", lasciando da parte quindi l’idea che l’OSCENITA’ sia nella sessualità o nell’atto concreto della scena primaria. Penso sia altro che rimane "fuori scena" e quindi "osceno". 
In questo il film di Andò rivisita appunto in termini nuovi e creativi il tema della sessualità e della scena primaria in particolare.
Da un punto di vista strettamente mentale, come potremo anche leggere la scena primaria? La scena primaria è un pensiero, un’idea, un’emozione che cercano di essere accolte e contenute da una Mente.
Cos’è quella scena per i due bambini nel film? La rappresentazione di qualcosa di grande e di indecifrabile, di ambiguo, che li spaventa che li fa sentire piccoli davanti ad un processo mentale non elaborabile.
E’ una scena CALDA che la bambina letteralmente FREDDA con un colpo di fucile. Quella scena calda si ripropone tale e quale molte volte durante il film, in cerca di elaborazione, anche per noi spettattori, sicuramente turbati dalla forza cruda delle immagini che Andò ha voluto significativamente e poeticamente mostrare, in cerca di rappresentazione mentale, anche per noi, in cerca di una nuova, possibile, "scena primaria" che si compia e giunga a conclusione, fornendoci il modello di qualcosa di fecondo e vitale.
La possibilità di rivivere in modo digeribile quell’esperienza, è il lavoro successivo che spetta ai bambini-adulti. Poter uscire in un certo senso dalla condizione di "bambini" che non capiscono o subiscono per diventare SOGGETTI dell’esperienza.
Il dolore più struggente è il loro SMARRIMENTO di fronte a qualcosa che non sanno leggere e che non sono aiutati a leggere.
Attendono su quelle due sedie di poter raccontare la loro storia, attendono che la loro storia venga ascoltata, ma solo dopo tanto tempo potranno raccontare, non ciò che gli è stato detto di dire, ma il proprio racconto.
Per quanto il padre, che si assume la responsabilità degli eventi, volesse proteggerli, per quanto il suo sacrificio sia un grande gesto d’amore verso i figli, non è stato comunque un aiuto a comprendere.
L’omertà, forse dice Andò, non aiuta a crescere.
Il film di Andò ci lascia con una scena solare di speranza che la propria vita, la propria storia, si possa comunque faticosamente ri-sognare.
Antonella Faganello
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Nel film del regista palermitano, liberamente tratto dal romanzo Ricostruzioni di Josephine Hart, vengono sviluppati molti dei temi affrontati dai film in programma in questa prima edizione di Cinema. Festa internazionale di Roma. Troviamo infatti il rapporto tra padre e figlio (Aria Salata di Angelini, Dopo il matrimonio di Bier, Bes Vakit di Erdem, Fu zi di Tam), l’essere costretti a fare i conti con i fantasmi di un passato doloroso (La sconosciuta di Tornatore, Nacido y criado di Trapero) e un viaggio nella propria terra di origine (Le voyage en Arménie di Guédiguian, Salvatore - questa è la vita di Cugno).
Il viaggio segreto è quello che compie Leonardo Ferri (Alessio Boni), psicanalista quarantenne, nel suo paese di origine in Sicilia. Lì quando aveva 13 anni, assieme alla sorella minore, è stato protagonista di un dramma che ha per sempre traumatizzato la sua vita: i due bambini hanno assistito all’uccisione della madre (Claudia Gerini) nella loro villa nella campagna siracusana, ad opera, stando ai fatti, del loro padre (Marco Baliani). A spingerlo a ritornare in Sicilia è la lettera inviatagli dal parroco del paese (Roberto Herlitzka) che lo informa che qualcuno è interessato a comprare la casa della sua infanzia. Il possibile acquirente non è altro che un artista serbo (Emir Kusturica), fidanzato della sorella di Leonardo, Ale (Valeria Solarino), modella e aspirante attrice che vive a Roma nello stesso palazzo del fratello. Il legame che si è instaurato tra il fratello e la sorella, in seguito all’abbandono della loro terra d’origine dopo la tragedia familiare, è un legame intimo, ambiguo, ai limiti dell’incestuoso. Leonardo intraprende quindi il viaggio per evitare che il doloroso passato possa tornare ad insidiare la vita della sorella. Il padre, incolpato e accusato dell’omicidio infatti, prima di lasciare i figli, ha chiesto loro di dimenticare per sempre (ma solo la ragazza pare esserci riuscita) e ha stretto con il figlio un patto segreto per proteggere la sorella per tutta la vita.
Il viaggio dell’uomo è l’occasione per immergersi dentro se stesso e nel segreto e nell’intimità della sua famiglia. Attraverso i flashback degli incubi di Leonardo, lo spettatore ricostruisce il delitto ed il movente che lo ha generato. In una Sicilia fatta di contraddizioni, dove si respira allo stesso tempo la bellezza per la vita e la natura e un’aria di morte, orrore civile e decadenza, il protagonista può innescare un processo di ricostruzione interiore per guarire e riappropriarsi della propria vita. Elemento fondamentale per questo processo di rinascita è l’incontro con Anna (Donatella Finocchiaro), responsabile della vendita della villa, donna solare e generosa, che riuscirà ad aiutare quello psicanalista incapace di parlare dei propri problemi.
Dopo la resa dei conti con il proprio passato, dopo essersi tolto dalle spalle il peso enorme che il padre gli aveva addossato, Leonardo potrà andare avanti nella sua vita attraverso una separazione dalla sorella, dolorosa quanto necessaria per un’effettiva ricostruzione. Non prima però di un ultimo ballo straziante con lei, sui passi della danza erotica dei genitori, “scena primaria” freudiana stampata per sempre nella mente dei due bambini.
Per raccontare le diverse strade possibili della memoria e della rimozione, e per riflettere su coscienza e inconscio e sull’alterata ricostruzione personale di un passato altrimenti insostenibile, Andò mette in scena un doloroso noir psicologico, ricco di mistero e allusione, con una pomposità forse eccessiva e uno sguardo un po’ troppo voyeuristico, e dove lo scavare nella psiche dei protagonisti passa però in secondo piano rispetto ad un simbolismo che non aiuta lo spettatore a farsi coinvolgere dalla vicenda.
Giovanni Santoro


"Viaggio segreto" sembra vittima dello stesso male che immobilizza i suoi personaggi. Una storia 'lontana', in potenza, può fare più male del proprio vissuto personale. Ma questo non avviene e resta solo, come nella storia stessa, una coltre reiterata di silenzio

Non sa bene che direzione prendere il Viaggio segreto di Andò. Eternamente sospeso tra più strade - scavo psicologico, mistero giallo a indizi, dramma familiare - non ne imbocca nessuna. Perché i personaggi sono senza spessore: non per mancanza di capacità interpretative ma per scelta o necessità narrativa. Perché la rivelazione finale è inequivocabilmente anticipata. Perché eventi tragici non lasciano segni. Appesantito e senza angoscia, il film percorre case senz'anima, insiste sul gelo dei volti ma anche sull'ostentazione della nudità. Alcuni spunti sono interessanti e regalano un sussulto minimo - l'angoscia palpabile nel viaggio in treno di Leonardo (Alessio Boni), la vegetazione silenziosa a sfondo dei luoghi della memoria, la fissità dello sguardo che tutto cela. Viaggio segreto sembra vittima dello stesso male che immobilizza i suoi personaggi. Forse questa poteva essere la chiave della sua grandezza. Ma diventa un gap tra il film e lo spettatore, vuoto di empatia e muto di emozioni. Vero che la storia è stra-ordinaria. Vero anche, però, che bisogna rivestirsi di strati di lastre di ghiaccio per annullare completamente la possibile partecipazione a certi totalizzanti dolori. E in effetti, così sono i due fratelli: Leo con i suoi pesci e i suoi acquari, Ale con una voce che protegge sia lei che gli altri da se stessa. Se Andò voleva giocare su oblìo, chiusura, indicibilità, non si capisce allora il continuo, morboso mostrare i rapporti tra i genitori; se il tema di fondo era (anche) l'incesto, la cosa si complica di più. Infatti, sarebbe degna di nota la soluzione che lascia a parte il rapporto tra i due fratelli, scegliendo di non mostrare: perché quello che si vede può essere vero o falso, e nessuno, nessuno può andare oltre la superficie visibile in questi casi. Sacrosanto, coerente, giusto. Ma se per tutto l'arco del film ogni segno è polisemico (quindi, in definitiva, tende a non significare), il finale è talmente 'aperto' alle interpretazioni da risultare appiccicato di forza al resto dell'opera, quasi immotivato. Un senso doveva essere almeno sospeso; mancando le condizioni minime, il tutto - purtroppo - si disperde. Il filo della memoria emerge a inserti, puntuale, congiungendo segmenti ordinati e sequenziali, fin troppo classicamente. Il resto si perde spesso in inquadrature e profondità televisive. Una storia 'lontana', in potenza, può fare più male del proprio vissuto personale. Questo qui non avviene, e resta solo, come nella storia stessa, una coltre reiterata di silenzio.
Annarita Guidi

3 comentarios:

  1. Tutti i link di Viaggio Segreto sono morti. Peccato e grazie comunque per le belle recensioni :-)

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    1. Los enlaces están en línea. Tratá de descargarlos con JDownloader o copiando cada enlace y luego pegarlo en una ventana nueva.
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