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martes, 10 de diciembre de 2013

Il volto di un’altra - Pappi Corsicato (2012)


TITULO ORIGINAL Il volto di un'altra
AÑO 2012
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 83 min.
DIRECCION Pappi Corsicato
GUION Pappi Corsicato, Monica Rametta e Gianni Romoli
FOTOGRAFIA Italo Petriccione
MONTAJE Cristiano Travaglioli
ESCENOGRAFIA Andrea Crisanti e Lily Pungitore
REPARTO Laura Chiatti, Alessandro Preziosi, Lino Guanciale, Iaia Forte, Angela Goodwin, Franco Giacobini, Fabrizio Contri, Giancarlo Cauteruccio, Armando Ninchi, Paolo Graziosi, Elisa Di Eusanio, Rosalina Neri, Clelia Piscitello
GENERO Comedia

SINOPSIS Bella conduce una famosa trasmissione televisiva sulla chirurgia plastica in cui bizzarri e surreali ospiti si sottopongono a interventi di chirurgia estetica eseguiti dal chirurgo suo marito René, gestore di un’esclusiva clinica privata situata tra i boschi dell’Alto Adige ma pieno di debiti. Licenziata a causa del crollo degli ascolti, Bella fugge via dagli studi televisivi e ha un grave incidente automobilistico. Anziché scoraggiarsi, decide di sfruttare la situazione a proprio vantaggio e chiede al marito di trasformarle il volto in diretta televisiva per rilanciare la sua immagine. Con un ritorno mediatico ed economico senza precedenti, i due sottovalutano le conseguenze che l’operazione comporterà nella vita di tutti i giorni. (Film Scoop)

Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)


Citazioni e Riferimenti
Il film ha un carattere prettamente onirico con scene in bianco e nero ispirate al cinema muto, accenni ai deliri visionari felliniani, al mondo della pubblicità, al carrierismo plastificato e falso della televisione e al macabro "turismo dell'orrore".
Le scene legate agli artificiosi mutamenti del viso fanno facilmente pensare ad un omaggio agli estremi cambiamenti facciali cosmetici di Brazil (film 1985) di Terry Gilliam. (Wikipedia)
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Pappi Corsicato continua a non essere preso sul serio dal cinema italiano. Passata la sbornia per i Vesuviani, il movimento-non-movimento inventato dalla stampa per raccontare cosa succedeva a Napoli quando Corsicato, Martone, Capuano, Dionisio e De Lillo muovevano i loro passi nel mondo del cinema italiano, il regista de I buchi neri non solo ha continuato a muoversi ai margini della produzione nazionale, ma ha progressivamente sviluppato un cinema fortemente politico e formalmente avanzato.
Guai, però, a dirlo troppo forte. Per molti, troppi, Corsicato è ancora il pazzariello che gioca a fare l’Almodovar napoletano anche se fra i due esistono differenze abissali. Tanto per dirne una, lo spagnolo non ha mai osato un film visionario e sperimentale come Chimera. Ma tant’è. 
A osservare da vicino la filmografia di Corsicato, dall’esordio di Libera che regalò al nostro cinema la geniale Iaia Forte, si nota una progressione formale irresistibile. Sempre renitente alla tentazione di ripetersi, il regista ha dato corpo a un universo filmico unico e originale.
Dotato di uno sguardo strategicamente impuro, in grado di coniugare la cinefilia più esigente con le innovazioni del design e dell’alta moda, Corsicato ha dato vita a un vero e proprio cinema dell’inorganico attraversato da profonde scosse di erotismo insurrezionale. 
Nel suo cinema gli oggetti, in perfetta coerenza con i presupposti di una società terminalmente capitalista, hanno usurpato il posto dei corpi. I corpi, di conseguenza, diventano oggetti, del desiderio o meno, entrando, di fatto, a far parte di un’agghiacciante panorama post-umano dove la cristallizzazione della vita è messa in scena come in una sfilata di zombi d’haute couture.
In tutto questo il cinema si offre, ancora una volta, come il segno di una passione insopprimibile. Una passione che ovviamente è anche una disubbidienza, un’insopprimibile tensione al caos. 
In questo senso Il volto di un’altra, ispirato alla lontana al classico Tanin no kao di Hiroshi Teshigahara, esplicita il pensiero-cinema di Corsicato con una precisione ineccepibile. Mettendo in luce, ancora una volta, per coloro che ancora non hanno compreso, la natura politica del suo cinema.
Con una leggerezza da puro genio situazionista della pop-art, Corsicato racconta la storia di una diva sul viale del tramonto dell’audience, sposata con un chirurgo plastico, che dopo essere miracolosamente scampata a un’incidente, decide comunque di fingere di essere sfigurata pur di rilanciare la trasmissione tv del cinico consorte.
Detto della geniale performance di Laura Chiatti che pronuncia probabilmente la più bella battuta dell’anno (ammesso che odiate le ballerine) e di un Preziosi che tira fuori uno charme infido e velenoso come un Karlheinz Böhm d’antan, Corsicato, giocando di citazioni e rimandi visivi, mena fendenti con gioia assoluta coadiuvato dalla complicità di Iaia Forte che si presta per una meravigliosa gag che nemmeno Bombolo e Nando Cicero dei tempi d’oro!
Il volto di un’altra è il cinema italiano che brucia gli steccati fra impegno e divertimento, producendo una geniale ventata d’irriverenza che urla il primato dello stile e dello sguardo.
Il cinema secondo Pappi Corsicato è la resistenza all’idiozia e alla banalità. È il piacere dell’intelligenza che si fa segno e provocazione. È il rifiuto di cedere al discorso dominante. 
Insomma: Pappi Corsicato continua a fare cinema in un paese in cui se ne fa sempre meno ma in compenso se ne parla tantissimo.
Giona A. Nazzaro
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Il volto di un'altra, una divertida película de terror de Pappi Corsicato

El director de Nápoles vuelve cuatro años después de Il seme della discordia con una comedia sobre la cirugía plástica interpretada por Laura Chiatti y Alessandro Preziosi, presentada a concurso en Roma

La película inicia con lo que parece un baile de fantasmas en un bosque encantado. Bien mirada, la escena parece sacada más bien de La noche de los muertos vivientes. Il volto di un'altra [+] (lit.: “El rostro de otra”), de Pappi Corsicato, segunda película italiana presentada a concurso en el Festival Internacional de Cine de Roma (del 9 al 17 de noviembre), va enseguida al grano al mostrar personas encapuchadas que avanzan por el sendero que conduce a la clínica estética Belle Vie. Son pacientes de operaciones de cirugía estética, en nariz, senos o párpados. Parecen momias. Les vemos luego en los pasillos de la clínica: unas figuras grotescas, masculinas y femeninas, vendadas, pero felices de haberse dado un retoque.
A través de este desfile macabro, Corsicato consigue su objetivo de impresionar al espectador con una imagen potente. Lo que viene después, sobre estos mártires de la perfección, es una comedia irónica sobre las apariencias, la cirugía plástica y la espectacularización de las noticias, repleta de referencias cinematográficas (Almodóvar, los hermanos Coen, Billy Wilder, por citar sólo algunos) y con una fotografía colorida y surrealista (obra de Italo Petriccione, colaborador habitual de Gabriele Salvatores). Y sin embargo algo no funciona.
Bella (Laura Chiatti) es la atractiva presentadora de una programa de televisión sobre la cirugía estética, donde su marido cirujano (Alessandro Preziosi) opera en directo. Es despedida porque la audiencia ha bajado, el público se ha cansado de ver su cara. De vuelta a casa, sufre un accidente que le desfigura el rostro. Bella decide entonces que su marido le reconstruya una cara nueva, para poder volver a conquistar el cariño del público. La noticia genera mucho interés y la gente se concentra enfrente de la clínica donde tendrá lugar la operación. Es precisamente esta clínica, situada entre las montañas salvajes del Tirol del Sur, el escenario de la acción, hogar de personajes como una monja fácil de corromper y obsesionada con las purgas (Iaia Forte, actriz fetiche de Corsicato) o un limpiador con ambiciones de cantante y de revolucionario (Lino Guanciale, protagonista de la nueva película de Susanna Nicchiarelli, que forma parte asimismo de la presente edición del certamen romano).
Corsicato no se ahorra irreverencia y claridad de ideas. Sin embargo, nos preguntamos qué habría pasado si la diabólica pareja protagonista hubiese sido interpretada por actores menos jóvenes y guapos. “He escrito el guión pensando en una protagonista más madura”, ha revelado el director, “pero luego he pensado que una mujer joven y guapa que quisiese operarse era más divertido. Alessandro Preziosi está perfecto en el papel del doctor. Quería que fuese aún más guapo que sus pacientes”. Al margen de la belleza, unos protagonistas más expresivos y con algún matiz más no habrían dañado el producto final: si hay algo que no funciona en la película de Corsicato, son ellos.
Vittoria Scarpa
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Forbici e bisturi: la chirurgia estetica torna al cinema. “Il volto di un’altra”, ultimo film del regista Pappi Corsicato, tratteggia gli eccessi di un mondo patinato e illusorio. Direttamente sul corpo delle pazienti. E dei pazienti anche. Sì, perché la ricerca dell’eterna gioventù non è una questione di genere.

Nella clinica Belle Vie, immersa nel verde dei monti, scorre una vita parallela e surreale. Donne e uomini, lividi in viso e bendati qua e là, aspettano di cancellare le proprie imperfezioni fisiche e assurgere a vita nuova. Intanto i proprietari della struttura, la conduttrice televisiva Bella – interpretata da Laura Chiatti – e suo marito René, chirurgo estetico – un convincente Alessandro Preziosi –, sono ormai sul lastrico, quando apprendono che Bella è stata rimossa dalla conduzione dello show televisivo in cui René pratica interventi chirurgici agli ospiti. Bella minaccia vendetta, offesa dalla rivelazione inaccettabile che il suo viso ha stancato il pubblico, e a René tocca dover contenere le ire della moglie. Ma con scarsi risultati: Bella si infila in auto e sparisce inviperita, dirigendosi verso la clinica.
Mentre la radio trasmette la minaccia di un asteroide che si abbatte sulla terra, ben altro oggetto si schianta contro il parabrezza della sua vettura: una tazza del water, schizzata dal furgone di Tru Tru – Lino Guanciale –, addetto all’impianto fognario di Belle Vie. Accortosi dell’incidente che ha involontariamente provocato e per non far ricadere la colpa su di sé, Tru Tru raccoglie Bella dall’auto in una maschera di sangue e la accompagna in clinica, raccontando di averla trovata così ridotta passando di lì per caso.
In una sala operatoria in bianco e nero, dove si esorcizza il senso del macabro e persino il sangue non sembra più sangue, allontanate tre infermiere che osservano la scena dietro una grottesca vetrina di occhi, orecchie e labbra posticci – stile non vedo-non sento-non parlo –, in completa solitudine René interviene sul viso di Bella. Completamente fasciato in seguito all’intervento, a nessuno è permesso di vedere quello che René ha annunciato come un volto del tutto sfigurato. Intanto il destino avverso toccato alla donna attira curiosi, giornalisti e fotografi, che si appostano all’esterno della clinica, trasformandola in una sorta di luna park del voyeurismo.
Ne Il volto di un’altra si assiste al trionfo del grottesco. Le pareti avorio della clinica e i suoi luminosissimi corridoi contrastano con i colori accesi e lo stile pop che caratterizzano certe scene. Il film è una continua ricostruzione del surreale. A partire da ciò che causa l’incidente di Bella, il vaso sanitario infranto contro il vetro. Surreale è la cinica suora – interpretata da Iaia Forte – che si aggira per la struttura con l’intento di somministrare purghe ai pazienti. Surreale è la scena degli obesi che tentano, saltellando, di levarsi dal suolo per addentare una mela sospesa in aria. Surreale è l’esibizione dei ventriloqui canterini, capitanati da Tru Tru. E chi più ne ha più ne metta.
In questo mondo ovattato, in cui non esiste un confine netto tra essere e apparire, l’unica cosa che conta sembra essere il successo, da raggiungere – e mantenere – ad ogni costo. Pur di tenere accese le luci di ribalta, Bella è disposta a farsi cambiare i connotati. Pur di arricchirsi e diventare famoso, Tru Tru cede al ricatto e alla tentazione di imboccare facili scorciatoie. Pur di non vivere più all’ombra di sua moglie e di diventare egli stesso protagonista, René trama alle sue spalle ed è disposto a sacrificarla.
Così, mentre si svelano le debolezze e le miserie umane, un pubblico amorfo e sedato sciuperà la possibilità di scoprire la menzogna e smascherare i bugiardi, applaudendo all’inganno come fosse una trovata geniale. Incredula di fronte a tanta ottusità, persino Bella abbandonerà questa platea compiaciuta e compiacente, inevitabilmente destinata ad essere sommersa da litri di feci sgorganti dalle fognature impazzite. In una scena che rende ovvia ogni metafora.
Nadia Ruggiero


Il volto di un'altra: una commedia un po' horror e molto surreale sui nostri tempi

Dopo l'anteprima ufficiale in occasione dello scorso festival di Roma, Pappi Corsicato, assieme allo sceneggiatore Gianni Romoli – anche coproduttore del film - e agli attori Laura Chiatti,  Alessandro Preziosi,  Iaia Forte e Lino Guanciale, presenta Il volto di un'altra alla stampa, in attesa di incontrare il pubblico in sala l'11 aprile, con una distribuzione (Officine Ubu) di un centinaio di copie. Un film raffinato, dalla sceneggiatura semplice, che parla, attraverso i volti, i corpi, gli abiti, le scenografie e le suggestioni dei generi cinematografici, anche dei nostri tempi e dei tempi del cinema. 
E' così che Pappi Corsicato cerca di definirlo: "E' una variazione sui temi della chirurgia plastica e dei media, e anche un po' una metafora di quello che succede oggi. Uno dei temi è che oggi va bene tutto, ogni cosa e il suo contrario, perciò volevo raccontare questo senso di totale sbandamento in cui passa tutto, anche il cambiare faccia, anche il motivo per cui all'ultimo momento la si sta cambiando. Io trovo che quello che succede oggi sia tragicomico, quindi questo film alla fine è un po' una summa dei miei scombinati pensieri su questo. Inoltre mi sono divertito a metterci dentro tutto quello che mi piace: l'arte, la musica, l'estetica e il cinema”. Parlando dei suoi attori, Corsicato dice: “al di là della bravura che dovrebbe essere sempre alla base, per me è importante che abbiano un forte senso dell'ironia e dell'autoironia, altrimenti avrebbero difficoltà a fare certe cose. Mi è capitato che alcuni abbiano rifiutato un ruolo. Credo che loro abbiano accettato di fare il film anche perché ne hanno capito l'ironia”. 
Bellissima, su un paio di tacchi 12 come la conduttrice cattiva del film, Laura Chiatti commenta il suo lavoro col regista: "Per la prima volta ho trovato un personaggio femminile davvero interessante e completo, in grado di esprimere molti aspetti. Quando ho letto la sceneggiatura la cosa che mi ha incuriosito di più e che la visione del film ha confermato, è che ogni scena racconta un genere diverso. E' un film che mi ha arricchito moltissimo perché Pappi mi ha molto bacchettato. Io sono molto pigra e quindi anche nella recitazione tendo sempre ad amare i personaggi realistici perché mi sforzo di meno e invece lui è riuscito a farmi entrare nei panni di questa donna molto lontana da me perché sicura di sé e molto ambiziosa, che vuole essere sempre perfetta ed è disposta a far di tutto pur di arrivare”. 
L'altro superbello del film, il bravissimo Alessandro Preziosi, parla del momento particolare in cui il suo personaggio e quello della moglie, in feroce e sotterranea competizione per le luci della ribalta, sembrano ritrovarsi: “mi piace raccontare la scena del balletto, di questo ballo molto simmetrico e già cult, evocativo di un mondo cinematografico andato, che poi lascia il posto a una grande tenerezza, a un valzer alla massima potenza, un'occasione in cui i due di questa coppia in grande competizione possono ritrovarsi. La scena a letto mi ha ricordato quella tra Tom Cruise e Nicole Kidman in Eyes Wide Shut, e non sto scherzando. Ci sono registi che lavorano con grande determinazione e grande cinismo sui temi che vogliono raccontare, dove gli attori sono solo una funzione rispetto all'immagine del cinema che è più alta in questo tipo di film, poi c'è un momento in cui il regista si avvicina con grande intimità ai personaggi perché deve riuscire a trovare il modo di raccontare il risvolto del loro cinismo: quello è forse l'unico momento del film in cui tutti e tre ci siamo trovati a cercare il modo, sia a livello estetico che a livello umano. per trasmettere quel calore”. 
Iaia Forte, vera e propria musa del regista napoletano di cui ha interpretato - da protagonista o in ruoli minori - tutti i film, parla di cosa le piace tanto nel suo cinema: “Al di là dell'amicizia che ci lega io ammiro molto Pappi perché trovo che in un paese conformista come il nostro è una fortuna che lui riesca ancora ad avere uno sguardo così personale e così libero. Continuo ad ammirare questa sua costante anarchia, perché è molto facile invece farsi inglobare e appiattire dal pensiero comune, e dunque al di là del divertimento come attrice, sempre fortissimo, ho per lui un'ammirazione scevra dall'amicizia”. 
Infine, Gianni Romoli commenta il lavoro particolare fatto sul copione per questo film: “è stato molto lungo, perché è un film che è stato costruito seguendo due piste, una puramente narrativa a cui abbiamo lavorato io, Monica Rametta e Daniele Orlando, e un'altra (forse quella più interessante) solo di Pappi, che era la costruzione di un film il cui contenuto reale non era tanto la narrazione quanto le forme del raccontare. Quando noi ci vedevamo perciò non discutevamo solo della storia, ma dei film visti, delle musiche che suggerivano a Pappi certe situazioni, delle suggestioni strettamente di forma. Il film è una grande contaminazione di forme e di generi molto alti ma anche molto bassi, perché c'è la commedia sofisticata ma anche il trash, l'horror ecc. e questo richiedeva un equilibrio molto forte perché si rischiava di svaccare troppo da un lato o di diventare troppo ostici o raffinati dall'altro. Proprio perché nel film di Pappi c'era un contenuto legato alla forma, era necessario che il plot fosse estremamente semplice e lineare. Per arrivarci però abbiamo dovuto fornire moltissimi materiali e andare all'eccesso per permettergli di asciugare al massimo, perché lui era l'unico che poteva far combaciare questo doppio racconto”.
Daniela Catelli 
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Corsicato fa esplodere il suo mondo senza un attimo di ripensamento, lo fa crollare sotto il peso delle sue luci e della sua plastica. E il suo film, nonostante i vezzi e i vizi, sembra davvero la purga tanto attesa, necessaria a spazzare via le incrostazioni di un cinema "intelligente"

il volto di un'altraIl momento in cui la grande esplosione dei liquami inonda la linda e illuminata sala di gala della clinica Belle Vie, viene fuori tutto lo sdegno accumulato da Pappi Corsicato per l'ignobile farsa orchestrata sino a quel momento davanti ai suoi occhi. Contrappasso morale necessario. Ma ovviamente quell'esplosione era stata prevista a monte, annunciata e ignorata a più riprese, come una sentenza emessa da una Cassandra completamente impazzita. E ci piace pensare che, prima ancora che i personaggi, quella sentenza riguardasse proprio l'artificio ipercontrollato, la chiusura perfetta. Una sorta di risposta 'immonda' e liberatoria a quello stanco reality che si è impadronito del cinema, andando a posizionarsi nel pericoloso punto di contatto e frizione tra l'immagine e la realtà, tra la menzogna spettacolare e l'esigenza della verità, fino a far prevalere le ambizioni autoriali e le esigenze dittatoriali dello stile sul richiamo sincero e caotico dell'ispirazione. La verità non è tanto il contrario della menzogna, della finzione, quanto della perfezione. Ed è questo l'altro volto mostrato da Corsicato oltre il velo del comune buon senso (la vista?).
La truffa dissimulata, narrativamente parlando, è quella orchestrata dal bel Renè (Alessandro Preziosi), celebre chirurgo estetico e da sua moglie, Bella (Laura Chiatti), una star televisiva di prim'ordine, ma a rischio di licenziamento. Dopo che gli sponsor le hanno tolto la conduzione del programma di prima serata, "la tua faccia ha stancato", il fallimento è prossimo. Ma un incidente rimette in gioco tutto.
Corsicato costruisce un mondo narrativo scintillante, ambientato in una clinica estetica/set televisivo, regno della finzione alla massima potenza. Costruisce dei personaggi finti fuori e dentro. E il suo racconto si apre in un mirabolante "fuoco d'artificio" (letteralmente), capace di passare ironicamente da un genere all'altro, il musical e la commedia romantica, il thriller e il disaster movie, e da un'epoca all'altra del cinema, dal muto a oggi. Un armamentario visivo e una varietà di toni e suggestioni che mostra non solo la profonda vocazione pop-retrò (che dio ci perdoni) di Corsicato, ma soprattutto la sua agilità nel controllo dei materiali, quella capacità di passare con leggerezza attraverso i riferimenti più disparati, da The Artist ad Almodovar, Fellini e Ferreri, facendo convivere l'impossibile. Ma quello che affascina davvero è la continua messa in discussione di questo apparato spettacolare, quest'ostentazione di stile, che invece di diventare una maniera asettica, è sottoposto alla pressione di una critica ironica, a un rovesciamento (e)scatologico. Corsicato fa esplodere il suo mondo senza un attimo di ripensamento, lo fa crollare sotto il peso delle sue luci e della sua plastica. E Il volto di un'altra, nonostante i vezzi e i vizi, sembra davvero la purga tanto attesa, necessaria a spazzare via le incrostazioni di un cinema "intelligente", impegnato a raccontare la decadenza del reale, eppure inevitabilmente condannato a condividerne le paure e le cecità.
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Bella è l'affascinante conduttrice di un programma che mostra gli interventi di chirurgia plastica. Le operazioni sono eseguite in diretta dal marito René, proprietario di una clinica nel Sudtirolo. Irritata per il suo licenziamento, causato dal calo degli ascolti, viene coinvolta in un incidente d'auto che le sfigura il viso. Quello che sembrerebbe un dramma si rivela però un'occasione di rilancio...

 “Vi sarebbe un modo per risolvere tutti i problemi economici: basterebbe tassare la vanità”. (Jacques Tati).  Questa storia è la rappresentazione della società che odia le scarpe ballerine. È un Narciso 2.0, che, invece che contemplare la propria immagine, contempla il gradimento popolare della propria immagine.
Dopo Il seme della discordia, Pappi Corsicato prosegue sulla stessa linea e raccoglie i suoi personaggi nella casetta di Hansel e Gretel (tra i prati e le mele fiammeggianti del Sudtirolo) appetibile all’esterno quanto inevitabilmente mostruosa. La società delle vetrine, l’essere inteso (solo e unicamente) come essere percepiti, la corsa alla bellezza assoluta sono trattati con i toni della commedia nera. Il regista napoletano dichiara di essersi divertito a rimescolare e ridisegnare i generi: rom-com hollywoodiana, noir, grottesco, farsa, satira di costume, echi almodovariani per produrre un patchwork di citazioni che danno un’idea di cinema figlia dei tempi postmoderni. La locandina stessa è un richiamo nostalgico ai tempi perduti.
La clinica di René, una fabbrica di bellezza dove si svolgono gli interventi di chirurgia plastica, è ritratta come un ridicolo ospedale psichiatrico. I suoi personaggi, sia i pazienti che il personale, sono volutamente tipizzati e arrancano tra oggetti e costumi nel terreno dell’esagerazione. I degenti bendati che saltano insensatamente per il prato come animali allo scopo di rassodare le rotondità ricordano molto le atmosfere di Morti di salute (Alan Parker, 1994) e il salutismo sfrenato del dottor Kellogg, precedente analogo sul discorso dell’ibrido medical-comedy-horror. Lo humor è onnipresente e affidato a situazioni paradossali e slapstick, in un film che colpisce per l’originalità visiva (alcune inquadrature ricordano opere della pop-art). La protagonista Laura Chiatti dà vita a una Bella-bambola sintetica che parte da pellicce e grossi occhiali da sole e si ritrova a vagare per i lussuosi corridoi della clinica in vestaglie di seta e decolleté pitonate: una presentatrice il cui volto ha stufato ma che poi, colpita al viso da un water (!) e sfigurata, si troverà ad affondare in una pozzanghera con un’inattesa possibilità di riscatto. Il marito Preziosi, per l’occasione biondo e semi-intellettuale (una maschera adatta al ruolo del medico star che partecipa a un programma televisivo), un dottore con la sala operatoria in bianco e nero, la tratta proprio come una Barbie, finché lei da oggetto non diventa soggetto, nonché avversaria di visibilità e fama. Scrostando la presentazione dei personaggi da Commedia dell’Arte rimane ben poco: non c’è un’anima, c’è la possibilità di un riscatto non punitivo, ma alla fine nessuno di loro fa un percorso di redenzione.
Il tema è pre-masticato e frequente nei film degli ultimi decenni: per apparire chiunque farebbe qualunque cosa, come infrangere la legge, tradire la propria famiglia, i propri ideali (la sottotrama dell’operaio-cantante Tru Tru, pieno di ideali ma in fondo meschino come gli altri). L’Italietta degli approfittatori ormai è un cliché. Più interessante è il discorso, solo accennato, della stupidità di una massa schiava dell’agenda setting, che interiorizza qualunque messaggio venga passato dai media. Il pubblico viene sedotto con la bellezza ed è facilissimo da ingannare, se allestisci uno spettacolo con le luci giuste e gli abiti di scena sontuosi (per questi ultimi il regista dichiara di essersi ispirato al mondo della moda e al cinema giapponese). Ancora più meritevole, a un livello più profondo, è la riflessione sul volto, sull’identità celata , camuffata e svelata, la necessità di mascherarsi per ritrovare sé stessi e ri-svelarsi, affine a La pelle che abito di Almodovar ma con sostanziali differenze: se il regista spagnolo incantava con una poesia vagamente surreale e dai toni delicati, ne Il volto di un’altra si enfatizza tutto giocando con il simbolismo e la bulimia degli oggetti (wc, animali impagliati, camper, scarpe, giostra, zucchero filato). Emerge una rappresentazione della realtà visivamente molto caricata(come nella particolare “esplosione” finale) ma non altrettanto nel discorso di fondo; forse Corsicato avrebbe dovuto osare di più. Il risultato è comunque godibile e non perde mai il suo status di fiaba grottesca, come se i mostri fossero disegnati con gli Uni Posca dei bambini.
alicegrisa

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