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lunes, 29 de noviembre de 2021

Piccolo mondo antico - Mario Soldati (1941)

TÍTULO ORIGINAL
Piccolo mondo antico
AÑO
1941
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
106 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Mario Soldati
GUIÓN
Mario Bonfantini, Emilio Cecchi, Alberto Lattuada, Mario Soldati. Novela Antonio Fogazzaro
MÚSICA
Enzo Masetti
FOTOGRAFÍA
Arturo Gallea, Carlo Montuori (B&W)
REPARTO
Alida Valli, Massimo Serato, Ada Dondini, Annibale Betrone, Mariù Pascoli, Giacinto Molteni, Elvira Bonecchi, Enzo Biliotti, Renato Cialente, Adele Garavaglia, Carlo Tamberlani, Giovanni Barrella, Nino Marchetti, Giorgio Constantini, Jone Morino
PRODUCTORA
Artisti Tecnici Associati (ATA), Industrie Cinematografiche Italiane
GÉNERO
Drama  Melodrama. Siglo XIX

Sinopsis
Franco, un hombre joven de ascendencia noble, decide casarse con Luisa, hija de un humilde oficinista, contra la voluntad de su abuela. Pero una terrible tragedia trastorna la vida de la pareja de recién casados su pequeña hija Ombretta se ahoga en el lago de Como y Luisa va al borde de la locura. (FILMAFFINITY)
 
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Sub 

Cinema letterario che si avvale della regia di uno dei letterati più importanti del Novecento italiano – quel Mario Soldati che solo recentemente sta godendo di una vera considerazione – Piccolo mondo antico è uno dei rari classici di cui possiamo fregiarci, uno di quei film che non subirà mai l’invecchiamento tanto ha qualcosa da dire ancor’oggi (e anche in futuro).

Dal romanzo più celebre di Antonio Fogazzaro, questo esempio di postromanticismo lagunare in senso lombardo è un melodramma appassionante (e non di rado appassionato) in cui quasi tutto è architettato con classe e misura, dalla sceneggiatura di Soldati, Emilio Cecchi, Mario Bofantini ed Alberto Lattuada alla finezza del reparto tecnico (scenografie e costumi pertinenti ed attendibili) fino all’ottimo cast, in cui accanto ad una stupenda Alida Valli sofferta e fiera (Coppa Volpi a Venezia ed amore incondizionato da parte del regista) non si possono non segnalare lo zio Piero dell’amabile Annibale Betrone e una Ada Dondini da urlo nell’ingrata parte della spietata nonna.

Almeno tre o quattro scene restano nella memoria: su tutte, il rifiuto dei cortigiani della nonna di giocare a carte e la straziante scoperta della morte di Ombretta. Che poi è anche una metafora del suo tempo, con l’oppressione austriaca che ha più di un’affinità col regime fascista e i sentimenti risorgimentali, ai cui corrispettivi partigiani non potevano non aderire gli autori. Ah, altri tempi.

https://lorciofani.com/2013/07/20/piccolo-mondo-antico-mario-soldati-1941/

Mario Soldati nasce a Torino nel novembre 1917. Laureatosi nel 1927 in Storia dell’arte si trasferisce a Roma dove frequenta corsi di perfezionamento. Alla fine del decennio è a New York dove tiene anche una serie di lezioni presso la Columbia University. Rientrato in Italia si introduce alla Cines dove lavora tra l’altro sui set di alcuni film di Mario Camerini. Nella seconda metà degli anni trenta inaugura sia la propria attività di scrittore, sia quella di regista dapprima con un paio di pellicole minori (1938), poi con la garbata commedia Due milioni per un sorriso (codiretta da carlo Borghesio) e con Dora Nelson (1939), lavoro in buona parte ispirato al film omonimo (1935) del francese Renè Guissart. L’anno successivo Soldati dirige Tutto per la donna (1940), riduzione filmica della commedia omonima di Nicola Manzari.
Il regista torinese giunge a una prima compiuta affermazione del proprio stile con l’acclamata versione di Piccolo mondo antico (aprile 1941; 107 min), fedele trascrizione in immagini (sceneggiato con l’aiuto di Mario Bonfandini, Emilio Checchi e Alberto Lattuada) del popolare romanzo (1895) di Antonio Fogazzaro. La vicenda é nota: intorno al 1850 nella Lombardia lacustre confinante con la Svizzera Franco Maironi, discendente di una famiglia nobile e Luisa Rigey, figlia di un semplice funzionario dello stato si amano e si sposano contro il parere della nonna del giovane, marchesa autoritaria ed austriacante e vanno a vivere a Oria sul lago di Lugano. Il giovane è in conflitto con la vecchia signora anche in questioni politiche essendo un acceso patriota, impegnato nella lotta risorgimentale per la cacciata degli austriaci dal Lombardo Veneto. La stizzita nobildonna perseguita in ogni modo la coppia “ribelle” dopo avere naturalmente diseredato il nipote; questo scontro culmina, cinque anni dopo, nel tragico evento della morte accidentale della piccola Ombretta, figlia dei due coniugi, affogata nel lago proprio mentre la madre, accecata dall’odio, era corsa a chiedere giustizia alla marchesa intorno alle complicate questioni di un testamento segreto. Il lutto divide i coniugi, porta la madre, quasi folle, ad isolarsi dal mondo mentre Franco, trasferitosi a Torino, si impegna sempre più nella lotta per l’Italia. Nel sereno epilogo il giovane, arruolatosi nell’esercito sabaudo, rivede (dopo quattro anni) la moglie la quale va a salutarlo all’Isola Bella dove Franco transita, in partenza per la decisiva campagna bellica del 1859.
La scrittura di Soldati è meticolosa, elegante, giocata sulla valorizzazione di ampie scenografie di interni, del suggestivo paesaggio lacustre e di una fotografia improntata ad espressivi chiaroscuri. C’è qualcosa del futuro Visconti in questa scrittura solenne ed a tratti melodrammatica, capace di rievocare un universo lontano di ambienti e di cose con proprietà e verosimiglianza. Purtroppo c’è poco altro all’attivo dell’operazione: la recitazione ed i dialoghi si snodano scolastici e prevedibili, senza poter contare su alcuna pagina realmente creativa. La recitazione è generica quando non francamente imbarazzante: così la retorica patriottica di Franco si materializza negli atteggiamenti artificiosi e stereotipati di Massimo Serato mentre il terrificante dolore materno di Luisa (Alida Valli) giunge alla fine di una pellicola in cui la povera Ombretta, figura disegnata con evidente impaccio, è stata regolarmente tenuta a distanza, quando non apertamente trascurata, dalla madre, nelle precedenti sequenze. Solo la grande sequenza tragica della morte della piccola resta realmente nella memoria grazie soprattutto alla cupa, impressionante atmosfera temporalesca che spazza cose e persone sulla riva del lago e all’uso incisivo del montaggio alternato che accosta la corsa indemoniata di Luisa che si ferma solo dinanzi alla portantina della marchesa e il gioco solitario e fatale della bambina con la sua barchetta nel porticciolo di casa.
La pagina conclusiva, con quelle masse di soldati felici di andare alla guerra di liberazione del nord Italia, non solo è quento di più convenzionale si possa immaginare ma costituisce ovviamente un episodio di sottintesa propaganda bellica. Come per Una romantica avventura (1940) di Camerini, il Risorgimento viene presentato come epoca di rigenerazione nazionale di un popolo e, come tale, in perfetta continuità con l’era fascista; le guerre ottocentesche alludono a quelle del regime nell’ambito di un’ideale continuità volta a costruire la presenza di un’Italia forte e autorevole nel consesso delle nazioni europee. Il fascismo fu per certi aspetti la realizzazione dell’opinabile ideale mazziniano del sorgere della terza Roma, erede di quella imperiale e pagana di duemila anni prima nonché contrapposta a quella imbelle e cattolica del Vaticano: le numerose pellicole di argomento risorgimentale girate durante gli anni trenta costituiscono una netta conferma di tale concezione storico-politica. Inoltre, come è logico, nel film di Soldati il nemico austriaco è una presenza quasi invisibile (per evitare di indisporre l’animo italiano nei confronti dell’alleato hitleriano) cui si sostituisce una lunga fila di mediocri italiani felici di collaborare con il padrone di lingua tedesca, a cominciare dalla figura della terribile marchesa.
E’ in definitiva quello il nemico contro cui lottano Franco e Luisa, un nemico quieto e opportunista, indolente e legato alle proprie abitudini quotidiane nel quale si può intravedere, spostandosi nel presente storico, l’ostacolo più efficace alla sciacurata politica del duce in quegli anni turbolenti ovvero l’attendismo e l’atteggiamento lassista di chi assiste con distacco e scetticismo all’intervento italiano nel conflitto europeo. E si tratta ormai (dopo Taranto, la Grecia e la perdita della Cirenaica) di una fetta crescente di popolazione. Ancora una volta il cinema si allinea con la politica antiborghese del regime indispettito nei confronti di un ceto medio pacifista ed insensibile al disegno mussoliniano della fascistizzazione integrale e della creazione dell’ “Uomo Nuovo”

...
http://www.giusepperausa.it/piccolo_mondo_antico__tragica_.html 

 


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