ESPACIO DE HOMENAJE Y DIFUSION DEL CINE ITALIANO DE TODOS LOS TIEMPOS



Si alguién piensa o cree que algún material vulnera los derechos de autor y es el propietario o el gestor de esos derechos, póngase en contacto a través del correo electrónico y procederé a su retiro.




domingo, 21 de noviembre de 2021

Un'avventura di Salvator Rosa - Alessandro Blasetti (1939)

TÍTULO ORIGINAL
Un'avventura di Salvator Rosa
AÑO
1939
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Italiano e Inglés (Separados)
DURACIÓN
97 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Alessandro Blasetti
GUIÓN
Alessandro Blasetti, Renato Castellani, Corrado Pavolini, Giuseppe Zucca. Historia: Ugo Scotti Berni
MÚSICA
Alessandro Cicognini
FOTOGRAFÍA
Václav Vích (B&W)
REPARTO
Gino Cervi, Luisa Ferida, Rina Morelli, Osvaldo Valenti, Ugo Ceseri, Umberto Sacripante, Paolo Stoppa, Piero Mazza, Piero Pastore, Jone Salinas, Enzo Biliotti, Carlo Duse
PRODUCTORA
Stella Film
GÉNERO
Aventuras | Capa y espada. Siglo XVII

Sinopsis
Todo se desarrolla en el Nápoles del siglo XVII, cuando un misterioso espadachín con el rostro cubierto que se hace llamar Salvador Rossa se convierte en paladín de los más necesitados y lucha en solitario contra el cruel tirano que atemoriza al país. (FILMAFFINITY)
 
2 

Gli estremi bagliori della rivoluzione napoletana del 1647 e le conseguenze del gesto di Masaniello nei confronti del popolo, anelante ad un’idea, se non ad una concreta forma di libertà e ansioso di un principio almeno di giustizia sociale, in- corniciano questo film su Salvator Rosa che la Stella ha ultimato in questi giorni di girare a Cinecittà e che l’Enit presenterà nella prossima stagione. Esso può considerarsi perfetto in quel genere romanzesco e romantico che esercita sempre uno speciale e profondo fascino sugli appassionati del cinema, per gli elementi avventurosi, passionali e umani che lo muovono e per la dinamica serrata dell’azione.

«Salvator Rosa » è una interpretazione poetica della vita e dei costumi del seicento e un emozionante romanzo d’avventure. Esso rievocherà figure storiche come il Duca d’Arcos e Salvator Rosa e figure di fantasia come il « Formica », la bella Lucrezia, la Duchessa di Torniano.

La lavorazione del film su Salvator Rosa, per la quale sono previsti circa settanta giorni, procede rapidamente nei teatri numero otto e nove di Cinecittà. S. E. Alfieri in una recente visita a Cinecittà si è reso conto personalmente del perfetto ordine con cui questa lavorazione procede. Sono stati girati tre dei principali gruppi di sequenze dominati dai complessi caratteri di Salvator Rosa (Gino Cervi), e di Lucrezia (Luisa Ferida). Questi importantissimi interni si sono svolti in un gruppo di ambienti seicenteschi curati fino al più minuto dettaglio dall’architetto Virgilio Marchi. L’ampio salone, che nel castello dei Duchi di Torniano è abitazione e studio di Salvator Rosa, e la vasta e principesca anticamera che lo precede, sono stati costruiti in modo che non una sola inquadratura dia, nemmeno per un istante, l’idea della quinta teatrale e dell’artificio. Questa invenzione di una vera e propria architettura scenografica applicata alla cinematografia, consente al regista Alessandro Blasetti di sfruttare nel miglior modo possibile le risorse del suo temperamento. Infatti, appariranno in questo film le più audaci e le più lunghe « carrellate » che si siano mai viste sullo schermo italiano.

Possiamo già dire che mentre Gino Cervi, in questo gruppo di sequenze riconferma la sua alta classe di attore, Luisa Ferida lascia sorpresi, ammirati e quasi increduli quelli stessi che avevano propugnata questa sua interpretazione, quelli stessi che facevano grande assegnamento sul suo forte temperamento. Questa giovane attrice, se riuscirà a sentire una parte e ad aderire ad un personaggio con la potenza con la quale rende in questi giorni il carattere della contadina Lucrezia, raggiungerà una vetta non mai toccata finora da attrice italiana.

Nel terzo gruppo di sequenze dell’« appartamento giallo », e nel primo è stato impostato il carattere del Conte Lamberto, impersonato da Osvaldo Valenti. La maestria di Gino Sensani e l’intuito dell’attore hanno materializzato la fantasia di Alessandro Blasetti in un personaggio di grande sapore e di grande efficacia spettacolare.

Questa realtà interpretata, questo sforzo di evocare un secolo, un personaggio, un ambiente, un costume attraverso una finzione è la formula di tutto il film. A questo scopo la regìa si serve non solo delle architetture di Virgilio Marchi e dei sontuosi costumi di Gino Sensani, ma anche delle musiche che il maestro Alessandro Cicognini va appositamente componendo per il film. È facile comprendere che in tale lavoro la musica ha una funzione strutturale di capitale importanza: il secolo che il film della Stella evoca più che un secolo musicale è addirittura quello in cui si forma la musica.

Particolarmente intensa, e tale da colpire di viva ammirazione i suoi compagni di lavoro, è la recitazione di Rina Morelli. Nessuno certo, metteva in dubbio le grandi capacità artistiche di questa giovane artista, che ha già un posto di primo piano nel teatro di prosa. Tuttavia, è risaputo che non sempre il rendimento cinematografico di un attore corrisponde al rendimento teatrale. Oseremo dire che il rendimento di Rina Morelli sullo schermo è persino superiore che sul palcoscenico.

Una delle caratteristiche spettacolari di questo film, sulle quali conviene fare maggiore assegnamento, è il magnifico contrasto tra i tipi delle due attrici: Rina Morelli riesce ad incarnare alla perfezione un tipo di giovane duchessa seicentesca, un po’ immateriale, un po’ fiabesca; Luisa Ferida, dal canto suo, è uno splendido tipo di sana e carnale bellezza. Insieme, pare che rappresentino, le due facce di un secolo sontuoso e popolano.

Questo contrasto delle due parti femminili trova riscontro in un contrasto altrettanto intenso tra Gino Cervi e Osvaldo Valenti, personificazione della malizia e della perfidia l’uno della forza e della eleganza l’altro.

Autore del soggetto è Ugo Scotti Berni; autori della sceneggiatura Corrado Pavolini, Alessandro Blasetti e Renato Castellani; autori dei dialoghi Giuseppe Zucca e Alberto Consiglio; regista Alessandro Blasetti; aiuto regista Renato Castellani; direttore di produzione Leo Menardi; operatore Vaclaw Vich; aiuto operatore Gábor Pagány.

Le scene sono di Virgilio Marchi e i costumi di Gino Sensani.

Gili interpreti: Gino Cervi nella doppia parte di Salvator Rosa e di Formica, Luisa Ferida in quella di Lucrezia, Rina Morelli in quella di Isabella di Torniano, Osvaldo Valenti in quella del Conte Lamberto. E inoltre Umberto Sacripante, Ugo Ceseri, Carlo Duse, Mario Mazza, Enzo Billiotti.

Alessandro Alesiani (Roma, Ottobre 1939)
https://annamagnanieilsuotempo.com/2021/02/25/unavventura-di-salvator-rosa/

...
I film successivi, da Aldebaran (1935) a Ettore Fieramosca (1938), da Un’avventura di Salvator Rosa (1940) a La cena delle beffe (1941), a La corona di ferro (1941) e Quattro passi tra le nuvole (1942), mostrano, accanto a un crescente piacere di raccontare, il suo adattarsi con straordinaria duttilità a modi e forme diverse e il suo progressivo distacco dall’ideologia di regime. Film dopo film, Blasetti si rivela un talento espressivo capace di esprimersi ai livelli piú diversi e di confrontarsi con tutti i modelli cinematografici coevi del cinema internazionale, un grande direttore d’attori che sa anche rilanciare il divismo, adattare la macchina da presa a tutte le esigenze drammaturgiche e stilistiche, e dimostra di sapersi muovere con assoluta sicurezza sia nel film di costume, o nella trascrizione cinematografica di un’opera teatrale, che nel film legato al presente. Il piú rappresentativo in questo senso è La corona di ferro, centone di miti e racconti popolari e fantastici, felice contaminazione d’epica mediterranea e saghe nordiche. Sostenuto da una delirante invenzione scenografica di Virgilio Marchi, che sembra immaginare Kandahar quasi in controparte rispetto alla Metropolis futurista del film omonimo di Fritz Lang, il film propone, all’indomani dell’entrata in guerra dell’Italia, una morale pacifista centrifuga e controcorrente.
...
Brunetta, Gian Piero - Guida alla storia del cinema italiano 1905-2003 (Piccola Biblioteca Einaudi, 2003)
 
 
...
Alessandro Blasetti nasce a Roma il 3 luglio 1900, figlio di Cesare, oboista e professore di conservatorio e di Augusta Luliani. Si laurea in legge nel 1924, ma intanto svolge attività di giornalista e di critico cinematografico. Esordisce alla regia cinematografica con Sole (1929), lavoro volto a esaltare la coeva politica delle bonifiche posta in atto dal fascismo. Negli anni trenta, dopo il severo e poco fortunato 1860 (1933), Blasetti celebra la marcia su Roma con Vecchia guardia (1934), film troppo realistico che divide un regime nel quale si preferisce non rievocare in modo troppo dettagliato l’ascesa al potere avvenuta in un clima di diffuse violenze.
Nel 1939 Blasetti dirige uno dei suoi film più noti, Un’avventura di Salvator Rosa (gennaio 1940; 95 min.), pellicola che riscuote ampio successo di critica e di pubblico. Si arriva a definirlo il suo film migliore, sebbene si tratti sostanzialmente di un lavoro di mero intrattenimento, destinato a un pubblico di ragazzini e di adulti quanto mai pazienti e disponibili (non a caso il Centro Cattolico definisce il film ”per tutti”, fatto abbastanza insolito).
Nella Napoli in cui è appena declinata la stella di Masaniello (1647), il pittore Salvator Rosa (Gino Cervi) aiuta il popolo partenopeo, maltrattato da nobili, vicerè spagnoli e potenti ottusi di ogni sorta, intervenendo nascosto dietro la maschera nello spadaccino Formica. Il “supereroe” - in larga parte ricalcato sulle figure di Robin Hood e di Zorro - aiuta gli umili e castiga i potenti secondo schemi narrativi perfettamente in linea con il populismo fascista. Anzi, in questo film tanto impegnativo (un “kolossal” per l’epoca), si può intuire meglio che in altri il segreto desiderio del regime (di cui si potevano già percepire alcuni primi timidi tentativi) di disfarsi prima o poi dell’ingombrante casa Savoia con la quale Mussolini si ritrova a dover dividere il Potere da quasi vent’anni, in una posizione gerarchicamente secondaria (proprio un anno prima dell’inizio delle riprese, nel maggio 1938, Mussolini aveva dovuto subire lo “smacco” di dovere ricevere Hitler a Roma in una poszione secondaria rispetto a quella del re e imperatore Vittorio Emanuele III, vero capo dello stato). Il ricorrente, mazziniano disprezzo per le classi aristocratiche, assai evidente nell’intero cinema fascista del periodo, oggi appare fatto ignoto alla letteratura critica sul periodo, troppo assorbita dall’inesistente contrapposizione “telefoni bianchi - neorealismo” per potersi permettere uno sguardo veritiero sulla realtà culturale e politica del fascismo. Così perfino lo stesso Blasetti potrà in fondo avvantaggiarsene e dichiarare (in seguito) che il suo Salvator Rosa era “uno sberleffo e una messa in berlina dei potenti e dei privilegiati e un puntello dei diseredati e degli umili” come se la cosa costituisse eccezione per il cinema di quegli anni. Al contrario il suo Salvator Rosa è allineato ai desideri mussoliniani, non meno di Sole e di Vecchia guardia.
La trama - scritta dallo stesso regista con Ugo Scotti Berni, Corrado Pavolini e Renato Castellani - è cosa pressoché irrilevante e a tratti pasticciata e inverosimile come quella di un fumetto popolare, anche se realizzata sempre con elegante gusto figurativo e con l’ausilio di attori tutti in gran forma. La duchessa di Torniano (Rina Morelli) sta per sposare il perfido conte spagnolo Lamberti (Osvaldo Valenti), eminente rappresentante dell’altrettanto spietata corte spagnola napoletana, il quale mira a impossessarsi delle ricchezze del ducato e, di conseguenza, a peggiorare le condizioni di vita dei contadini. Salvator Rosa alias Formica, ospite della duchessa, opera in gran segreto e riesce a sventare il losco piano, seduce la duchessa, sconfigge il conte e infine sposa una focosa popolana (Luisa Ferida).
Le principali coordinate del cinema di regime di questo periodo - populismo e patriottismo - sono perfettamente rispettate, gli umili (tra cui un efficace Paolo Stoppa) trionfano coadiuvati dall’eroe popolare, amico dei potenti ma solo per necessità (insomma una controfigura dell’ex maestro di scuola ed ex leader socialista Mussolini) mentre le casate nobili, profittatrici (quella spagnola) o semplicemente stravaganti e inattendibili (quella della duchessa di Torniano), sopravvivono a patto di negoziare il loro potere con i desideri del popolo in rivolta. Assistiamo pertanto a una sorta di rilettura fantastica della Marcia su Roma (ottobre 1922), altro che film “sberleffo”.
Va ricordato che la pellicola si ispira liberamente alla figura di Salvator Rosa (1615-73), pittore, poeta e musicista dal carattere ribelle che (sembra) partecipò alla rivoluzione di Masaniello, ad alcune azioni violente contro i dominatori spagnoli napoletani e che sia stato poi costretto a lasciare la città per evitare di finire in carcere. Di questa sorta di eroe romantico si ricorderà il Liszt “italiano” dei pianistici Anni di pellegrinaggio (2° libro, 1858) in Canzonetta di Salvator Rosa, semplice trascrizione di un canto italiano attribuito a Bononcini sulla poesia “Vado ben spesso cangiando loco” del pittore-poeta napoletano.
Tra le curiosità bisogna annoverare la presenza di due coppie destinate a sicura celebrità: quella tragica di Osvaldo Valenti e Luisa Ferida (uccisi per strada da un manipolo partigiano a Milano, il 30 aprile 1945) e quella longeva di Gino Cervi e Rina Morelli, destinata ad allietare le serate domestiche degli Italiani negli anni sessanta come famiglia Maigret.
...
 
 


No hay comentarios:

Publicar un comentario