TÍTULO ORIGINAL
Torneranno i prati
AÑO
2014
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
80 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Ermanno Olmi
GUIÓN
Ermanno Olmi
MÚSICA
Paolo Fresu
FOTOGRAFÍA
Fabio Olmi
REPARTO
Claudio Santamaria, Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti, Andrea Di Maria, Camillo Grassi, Niccolò Senni, Domenico Benetti, Andrea Benetti, Carlo Stefani, Niccolò Tredese, Franz Stefani, Andrea Frigo, Igor Pistollato
PRODUCTORA
Cinemaundici, Ipotesi Cinema
GÉNERO
Drama. Bélico | I Guerra Mundial
Sinopsis
Estamos en el frente noreste, tras los recientes enfrentamientos de 1917 en las mesetas. La historia se desarrolla durante una sola noche. Los acontecimientos se suceden de modo impredecible: a veces largas esperas donde el miedo te hace confiar, momento a momento, hasta que te toca a ti. Tanto es así, que la paz de la montaña es un lugar donde morir. (FILMAFFINITY)
2014. Han pasado cien años desde el inicio de la Primera Guerra Mundial.
Cien años de historia que se alejan cada vez más en el pasado mientras que el río del tiempo avanza bajo los puentes del progreso que inexorablemente borra cualquier otra memoria. Sin embargo, hay momentos en los que una fecha en el calendario, un titular de un periódico o una fotografía remueven recuerdos adormecidos que se llaman entre ellos, irrumpen en nuestro presente como protagonistas y con razón pretenden ser reconocidos y resarcidos por el valor que han gastado en nosotros: el primero de todos, la vida. Mi padre tenía 19 años cuando fue llamado a las armas. Con esa edad, la exaltación de la heroicidad inflama las mentes y los corazones, sobre todo los de los más jóvenes. Escogió el Arma de Infantería, batallones de asalto, y se encontró dentro de la masacre del Carso y del Piave, que marcó su juventud y el resto de su vida. Yo era un niño cuando él nos hablaba a mí y a mi hermano mayor del dolor de la guerra, de esos instantes terribles en espera de la orden de asaltar sabiendo que la muerte estaba ahí, esperándote en el borde de la trinchera. Recordaba a sus compañeros y más de una vez le vi llorar. De la 1ª Guerra Mundial ya no queda ninguno de los que la vivieron y nadie más podrá testimoniar con su propia voz todo el dolor de esa masacre.
Quedan los escritos: los de los literatos y los de los más humildes en los que la verdad no tiene contornos de retórica.
Ermanno Olmi
A mi padre,
que cuando yo era un niño me contaba sobre la guerra en la que fue soldado
Invierno de 1917, frente nordeste, últimos enfrentamientos de la Gran Guerra. Una base italiana a 1.800 metros de altura, en el altiplano de Asiago, el de las novelas de Mario Rigoni Stern. La nieve lo cubre todo. La trinchera austriaca está tan cerca que puede oírse la respiración de los soldados enemigos.
A cien años del comienzo de la Primera Guerra Mundial, Ermanno Olmi relata en Torneranno i prati [+] su particular visión de un conflicto que costó la vida de 16 millones de seres humanos. El maestro transalpino restituye en ella, además, la memoria de su padre, llamado a las armas cuando tenía 19 años, para acabar inmerso en la carnicería del Carso y del Piave. Un drama que marcó su juventud y el resto de su vida como hizo con las de tantos otros millones de personas.
Una magnífica y amoratada fotografía con tendencia al pardo (del hijo del director, Fabio) enmarca el angosto espacio de una avanzadilla en el arco de una sola noche, cuando llegan un mayor (Claudio Santamaria) y un joven de la zona (Alessandro Sperduti) con órdenes suicidas provenientes de la jefatura militar.
Olmi ya abordó el tema de la guerra en 2001 con la hermosísima El oficio de las armas, que describe cómo en el s. XVI se pasó al uso de armas de fuego que atravesaban las armaduras y contra las que nada podía hacer el coraje y la habilidad del estratega. “La guerra es una horrible bestia que da la vuelta al mundo y nunca se detiene”, recita la frase que hace las veces de epígrafe de Torneranno i prati: una sentencia que pronuncia Toni Lunardi, el actor-pastor que el director hizo protagonista de I Recuperanti allá por los años 70. Una condena sin apelación que Olmi hace suya.
Sin embargo, en ese regimiento desalentado, aterido de frío, diezmada por los francotiradores y por una fiebre contagiosa, Olmi quiere, ante todo, que se reconozca la Italia que tanto ama, la Italia campesina, la que calzaba zuecos, la de los mil dialectos y otros tantos gestos y pensamientos vitales más sencillos, ahora desesperados y expresados por actores que miran a una cámara.
Torneranno i prati es una producción de Cinemaundici, de Luigi y Olivia Musini (Anime nere [+]) con Ipotesi Cinema y RAI Cinema, que 01 estrena este 6 de noviembre en Italia, precedida por una proyección especial simultánea en 100 países el 4 de noviembre, aniversario del Armisticio, organizada en coordinación con embajadas, consulados e institutos de cultura italiana en el extranjero y con la colaboración del ministerio de defensa y contingentes de paz en lugares como Afganistán, Kosovo y Líbano.
Camillo De Marco
https://cineuropa.org/es/newsdetail/280488/
«Credo che la celebrazione del centenario della Prima Guerra Mondiale non abbia alcun senso se non chiediamo scusa per il tradimento di cui siamo stati colpevoli nei confronti dei giovani e dei milioni di morti in quel conflitto”. Ermanno Olmi, classe 1931, usa parole dure parlando del suo "Torneranno i prati". Un film che non è sulla guerra, ma sul dolore della guerra.
Ermanno Olmi, il grande regista bergamasco, classe 1931, che ha fatto la storia del cinema italiano con film come "Il posto" (1961) e "L'albero degli zoccoli" (1978) ha scelto di raccontare gli orrori della Prima guerra mondiale nella sua ultima pellicola.
Il film è dedicato al padre («che quand'ero bambino mi raccontava della guerra dov'era stato soldato») e si basa proprio sui ricordi di quest'ultimo, come dichiarato dallo stesso Olmi. La vicenda si svolge nell'arco di una sola nottata, sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. I soldati, la cui postazione è sommersa dalle neve, sono spaventati e ormai privi di speranza: il prossimo attimo potrebbe essere il loro mentre i bombardamenti si susseguono senza tregua. Il senso dell'attesa, la paura di quanto potrà accadere da un momento all'altro, rende la pellicola ancor più straziante e drammatica: il nemico non ha volto, ma la minaccia è palpabile e incombente dal primo all'ultimo minuto. In mezzo a spari, feriti e morti, rimane la bellezza del paesaggio montano circostante, la cui pace si pone in evidente contrasto con la guerra che la sta attraversando. Girato sull'Altopiano di Asiago, "Torneranno i prati" è un lungometraggio per non dimenticare coloro che sono caduti durante il conflitto: una pellicola in cui il regista mostra la terribile fine di quei soldati di cui si è persa, colpevolmente, memoria. La fotografia, dalle tonalità seppia, trasmette al meglio la sensazione di un prodotto storicamente credibile, approfondito e curato in ogni dettaglio. Gli stessi suoni sono evocativi: quello dei campanelli sul filo spinato, il rumore assordante delle bombe, lo scandire delle vite attraverso il continuo e inesorabile rimbombo delle esplosioni in lontananza. La Storia, quella vera e sofferta, è fatta anche di ricordi materiali e non solo emotivi (quelli che invadono lo spettatore quando uno e più protagonisti fissano lo schermo in avanti, squarciando l’inquadratura, fissando la sala, come a urlare la loro “ingombrante” presenza nel ricordo di tutta la storia della nazione).
Il maestro Olmi, con questa opera d’arte cinematografica, offre uno strumento di memoria e ricordo perenne dell’orrore della guerra.
Consigliato da Marco Travaglini
https://www.casadellaresistenza.it/node/257#
La via del perdono
Per il centesimo anniversario del Primo Conflitto Mondiale, Ermanno Olmi si è prefissato l’obiettivo di celebrare quei caduti ai quali il più noto Secondo Conflitto ha rubato la scena. L’incipit consiste in un soldato che si avvia alla trincea, per poi uscirne con altri commilitoni, costretti a spalare per tracciare un sentiero nella neve. Alla sera si ode il conducente di mulo intonare Tu ca non chiagne, il quale, in una citazione a Paisà di Rossellini, riceve acclamazioni da ambedue i fronti. L’indomani l’ufficiale territoriale informa il capitano che il quartier generale intende sferrare un attacco congiunto su tutto il fronte del Nord Est, e per garantirne il successo è necessaria la conquista di un avamposto: da qui in poi il nemico sopito e invisibile si risveglierà, prima sventando i tentativi di avanzata, poi bombardando la stessa trincea, che sarà infine abbandonata.
Ci si potrebbe dilungare a descrivere i vari tasselli che compongono questo mosaico sprovvisto di una vera trama, giacché, come intuito dal regista, in guerra non ne esiste una, e un uomo segnato trova conforto soltanto nella contemplazione di ciò che riesce a distrarlo dal suo destino: questo ruolo è assunto dalla Natura – nozione recuperata dagli scritti di Mario Rigoni Stern-, come nel caso del larice protagonista dell’unico momento onirico del film.
Vi è una caratterizzazione minimalista dei personaggi, dei quali non conosciamo nemmeno i nomi, a indicare come la guerra causi la perdita di individualità, concetto cardine de Orizzonti di gloria di Kubrick: tuttavia, quando si viene ai dialoghi, essi risultano artificiosi. Si ricorre a una regia che punta sul primo e primissimo piano e sullo sfoggio di espressività da parte degli attori, i quali in certi momenti si rivolgono direttamente al pubblico guardando in macchina, senza esasperazioni di patetismo.
Il direttore della fotografia Fabio Olmi ha saputo, in esterni, gestire a dovere i riflessi della neve, e, in interni, creare una penombra che conferisce un tono ancora più cupo. La suggestiva location è l’Altopiano di Asiago, immerso nel silenzio, interrotto dalle musiche di Paolo Fresu, il quale, dopo il pezzo alla fisarmonica in apertura, chiude con una variazione del Silenzio. La scenografia di Giuseppe Pirrotta e i costumi di Andrea Cavalletto provvedono rispettivamente a un ambiente spartano e a delle uniformi che non hanno nulla a che fare con lo sfarzoso mondo delle parate. Una menzione d’onore va al trucco, eseguito da Dalia Colli, la quale ci presenta i volti ben curati di coloro che sono appena arrivati contrapposti a quelli emaciati degli uomini che hanno combattuto.
Poco convincente l’interpretazione di Claudio Santamaria – l’ufficiale – e di Francesco Formichetti – il capitano -, che ostentano un tono militaresco da recita scolastica. Alessandro Sperduti – il tenentello- assume un ruolo sempre più rilevante, giungendo al monologo finale in cui la sua voce si incrina fino alla commozione. A parte questi casi isolati, sarebbe impossibile esprimere un parere approfondito sul resto del cast, in quanto agli altri attori è dato uno spazio che non va al di là di un paio di battute. Scelta poco apprezzabile è quella delle immagini di repertorio a fine film, che lo banalizzano alla stregua di un documentario.
Torneranno i prati è dunque un film canonico che ripropone stilemi classici del film di guerra, lasciando però da parte l’azione e l’eroismo, incentrato su uno scenario monotono, che mette in luce come la guerra sia in grado di infettare i meandri dell’animo umano, e che per questo le sue ferite non sono mai rimarginate. Olmi lascia da parte i luoghi comuni, ammettendo che, per quanto doloroso possa rivelarsi, bisogna riaprire queste ferite, per evitare che ne siano inflitte di più gravi: a quanti chiederanno una spiegazione per le tante vite sprecate, secondo la visione cattolica sottesa al film, non resterà che praticare la via del perdono.
Giovanni Stigliano Messuti
https://www.nonsolocinema.com/torneranno-i-prati-di-ermanno-olmi_30757.html
Olmi torna al cinema con un film amaro e ipnotico contro la guerra: torneranno i prati, ovvero il racconto della vanità del tutto e dell’inevitabile svanire di ogni cosa, a partire dall’uomo.
Linea d’ombra
Siamo sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. Nel film il racconto si svolge nel tempo di una sola nottata. Gli accadimenti si susseguono sempre imprevedibili: a volte sono lunghe attese dove la paura ti fa contare, attimo dopo attimo, fino al momento che toccherà anche a te. Tanto che la pace della montagna diventa un luogo dove si muore… [sinossi]
In un sistema cinematografico come quello italiano, omologato e senza orizzonti, il nuovo film di Ermanno Olmi, torneranno i prati, appare come un oggetto alieno e alienante, spiazzante e non organico né integrato. Un film che arriva dal passato e che si lascia attraversare da un futuro post-umano e quasi fantascientifico.
Realizzato su commissione, nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della Prima Guerra Mondiale, torneranno i prati assume una dimensione universale – come spesso accade per i film anti-bellici – ma soprattutto si eleva verso prospettive metafisiche e astratte, sia per via della messa in scena che della scrittura, come pure per una sua essenza per certi aspetti a-storica.
Difatti sembra banale dirlo, ma già l’essere ritornati a fare un film contro la guerra in un paese come il nostro, in cui ormai il pacifismo viene visto come estremismo radicale e pericoloso (per non parlare poi di quel che succede nel resto del mondo), in cui il centenario della Grande Guerra si festeggia con frecce tricolori e parate militari, in cui la Festa della Repubblica del 2 giugno diventa occasione per fare sfoggio di lustrini e parabellum, realizzare un film come torneranno i prati appare dunque come un gesto eccentrico e, a suo modo, tristemente vano. Così come si è certi che cadranno nel vuoto le parole di Olmi – che, ricoverato in ospedale per sospetta broncopolmonite, non è potuto intervenire alla conferenza di presentazione alla stampa, ma ha registrato un video di commento – il quale ha detto che bisognerebbe chiedere scusa per quei soldati mandati a morire, vittime di un grande malinteso: il patriottismo. Ed è quello stesso patriottismo, o meglio il suo ectoplasma, che viene ‘festeggiato’ per l’appunto in questi giorni in occasioni e incontri ufficiali, con l’obiettivo di riaffermare una qualche presunta gloria patria, vale a dire esattamente l’opposto delle intenzioni di Olmi.
Come vuole la tradizione iconografica dei film e dei racconti ambientati durante la Prima Guerra Mondiale (basti pensare a Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick), torneranno i prati si concentra e si rinchiude nella claustrofobia delle trincee, folle e straniante rifugio dei fronti di battaglia, luogo sintomatico di un vivere quotidiano che si andava via via sganciando dall’esperienza reale per farsi incubo oppressivo e opprimente. Il nemico infatti non viene rappresentato nel film di Olmi e la sua presenza è percepita solo dai colpi di fucile e dalle esplosioni delle bombe; mentre l’unica location scelta è per l’appunto la stretta trincea in cui sono rintanati i nostri soldati, circondati dal nulla e dal bianco rappresentato dalle nevi dell’Altopiano di Asiago. Non è un caso allora che anche l’opzione narrativa su cui è concentrata la prima parte del film, vale a dire il raggiungimento di un avamposto a pochi metri dalla trincea, venga evocata a parole ma mai resa visivamente: l’avamposto resterà un luogo altro e irraggiungibile, un Altrove insensato e probabilmente inesistente.
La narrazione, dunque, inizialmente focalizzata verso un obiettivo preciso, va via via sciogliendosi in orizzonti indefiniti, in digressioni stordenti e abbacinanti (come ad esempio il bombardamento messo in atto dal nemico o gli ‘a solo’ di qualche soldato), fino a scompaginarsi definitivamente nell’ultima parte del film in cui tutto procede e si accumula quasi come sotto ipnosi, dove la follia della guerra si tramuta in vera e propria allucinazione collettiva che avviluppa i protagonisti e, insieme, lo spettatore.
La coerenza del discorso di Olmi si ripercuote d’altronde anche sul piano visivo: girato in 35mm torneranno i prati è stato poi trasferito in digitale ed, evidentemente, desaturato in fase di post-produzione. Ne deriva un’immagine quasi piatta, di superficie, volutamente senza profondità, dove il discorso sui soldati destinati a sparire e a ‘sciogliersi’ nella neve, nell’indifferenza della Natura (laddove per l’appunto al posto delle trincee torneranno i prati), viene visualizzato attraverso una fantasmatica patina digitale.
Consapevole della vanità del tutto, a partire dalla memoria stessa degli orrori della guerra, come pure del ricordo della vita di quei soldati ‘evaporati’ (e di cui forse rimane solo l’eco tra i monti di una canzone napoletana, momento che viene visualizzato da Olmi nel corso del film), torneranno i prati sembra perfino voler sottolineare consciamente anche la vanità del suo stesso esistere, almeno nella parte finale quando uno dei protagonisti chiosa così quanto abbiamo visto fino a quel momento: “Torneranno i prati e sembrerà che nulla sia accaduto…”
Alessandro Aniballi
https://quinlan.it/2014/11/05/torneranno-i-prati/
Hola.-
ResponderEliminarGracias por este Olmi.
Pregunta: ¿cómo uno los 3 paquetes?
Gracias por tanto cine italiano.
Con este programa: Winrar
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Hola, Amancord, gracias por tu respuesta.
ResponderEliminarTengo ya el winrar, pero el 1º paquete de la peli está en archivo .mp4, por eso el winrar no lo reconoce.-