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lunes, 23 de diciembre de 2013

Dopo mezzanotte - Davide Ferrario (2004)


TITULO ORIGINAL Dopo mezzanotte
AÑO 2004
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español (Separados)
DURACION 88 min.
DIRECCION Davide Ferrario
GUION Davide Ferrario
MUSICA Banda Ionica, Daniele Sepe, Fabio Barovero
FOTOGRAFIA Dante Cecchin
PREMIOS Premios David di Donatello: Mejores efectos visuales. 9 nominaciones
REPARTO Giorgio Pasotti, Francesca Inaudi, Fabio Troiano, Francesca Picozza, Pietro Eandi, Andrea Romero, Gianpiero Perone, Francesco D'Alessio, Gianni Talia, Andrea Moretti, Silvio Orlando
PRODUCTORA Rossofuoco
GENERO Drama

SINOPSIS Martino es un joven callado y solitario. Trabaja como vigilante nocturno en el Museo del Cine de Turín, donde puede dar rienda suelta a su gran pasión por el cine. Amanda trabaja en un local de comida rápida. Vive en La Falchera, a las afueras de la ciudad, y sueña con una vida mejor. Angelo, su novio, roba coches. Una noche, huyendo de la policía, Amanda entra en el mundo de Martino, en el museo, situado en la espectacular Mole Antonelliana. Allí, la magia de las imágenes y los números se entremezclan para tejer una singular historia de amor a tres bandas. (FILMAFFINITY)

Enlaces de descarga (Cortados con HJ Split)

Subtitulos (Español)


"Guardami mi costa quattro anni di emarginazione. Alla fine, insieme allegro e disperato, decido di fare tutto da solo. Più che raccontare una storia, ho un bisogno quasi fisico di fare un film. Mi guardo intorno e i miei occhi incrociano la Mole e il Museo del cinema. Comincio a immaginarmi chi potrebbe vivere lì: un custode notturno... Così nasce Dopo mezzanotte, un pezzo dopo l’altro, senza sceneggiatura, con pochissimi soldi e con l’esperimento estetico-tecnologico del digitale in alta definizione. Autoprodotto tutto da me, all’inizio viene rifiutato da tutti i distributori; poi, dopo la presentazione a Berlino, diventa un successo internazionale... E’ stato come ricominciare da capo, una specie di seconda “opera prima”. Credo che Dopo mezzanotte sia un piccolo film pieno di grazia."
(Davide Ferrario)


Tre personaggi: il solitario Martino che fa il custode nel museo del cinema di Torino presso la Mole Antonelliana e rivede di notte vecchi film; l'Angelo, ladro d'auto e tombeur de femmes di periferia; Amanda, donna ufficiale dell'Angelo che lavora in un fast food ma, dopo essersi ribellata al capo, per sfuggire alla polizia si rifugia nella Mole. 
I due personaggi maschili cercano di condividere la donna che non sa decidersi per l'uno o per l'altro. Sarà la morte dell'Angelo, causata da un fortuito colpo di pistola di un improbabile metronotte a decidere le sorti del trio.
Il nuovo film di Ferrario parte da questi tre personaggi e vuole essere un omaggio al cinema: in primis il cinema muto di Buster Keaton, di cui è debitrice la figura del maldestro Martino e la sua storia d'amore con Amanda. Il secondo grande debito è con François Truffaut, soprattutto col film "Jules et Jim", citato nella pellicola di Ferrario e esplicitato nel ménage à trois della trama.
Il lavoro di Ferrario ha fatto incetta di premi all'estero ed ora è uscito in Italia. E' un film a basso costo, di quelli che gli americani chiamano low budget, in cui il regista si impegna anche nel ruolo di produttore e sceneggiatore. Le intenzioni dell'autore sono di fare un film sull'amore per il cinema, per quel cinema che oggi non esiste più, come le vecchie pellicole hollywoodiane.
La pellicola parte da una contrapposizione di due luoghi estremi: il quartiere periferico della Falchera e il centro della città costituito dalla Mole Antonelliana e dal museo del cinema in essa contenuto.
Una contrapposizione intrinseca ai personaggi: l'Angelo è il re della Falchera, fa il ladro d'auto e è a capo di una simpatica banda di delinquenti che vive appunto nel malfamato quartiere periferico.
L'attività criminosa della banda viene presentata positivamente, spingendo l'acceleratore sul grottesco. I "banditi" della Falchera sono personaggi divertenti, molto vicini ai ladri d'auto di "Totò contro i quattro" di Steno. L'altro attore di questa commedia è Martino, un Buster Keaton al gusto di "bagna cauda", malato di cinema, che passa le sue giornate a riprendere, con una vecchia telecamera, il film della sua vita. Per lui non esiste una realtà se non mediata dal mezzo cinematografico.
Egli vive nella Mole Antonelliana, nel museo del cinema, luogo virtuale tout court, ha i tempi comici di Buster Keaton, ne riproduce involontariamente le gag e vive una vita completamente estrapolata da ciò che lo circonda. L'unico legame reale di Martino è rappresentato dal personaggio di Amanda.
Il rapporto con Amanda viene mediato dal cinema. Solo quando la ragazza si rifugerà presso di lui potrà entrare nel suo mondo e solo quando le mostrerà il film che ha realizzato potrà dichiararle il suo amore.
Martino si inserisce nel rapporto tra Amanda e l'Angelo ma lo fa alla sua maniera, surreale e comica. Lo stesso Angelo si dimostra una figura positiva anche nel porsi quasi paternalisticamente nei confronti del rivale in amore, che in fondo gli è simpatico nella sua lucida follia.
Assieme ai tre personaggi principali si muovono una serie di macchiette, tra cui l'amica di Amanda, la sgangherata banda di ladri, il metronotte, involontario responsabile della comica morte dell'Angelo.
Il film è ben costruito, inizia e si conclude sulle ceneri dell'Angelo sparse sul pavimento del Museo (le ceneri del cinema?) accompagnato dalla voce narrante di Silvio Orlando che fa da sfondo alle vicende dei tre protagonisti. La chiusura è strutturata come una comica di Buster Keaton: Martino può girare le spalle alla macchina da presa tenendo per mano la sua amata, dirigendosi verso un futuro ignoto.
Molte e dichiarate le citazioni cinematografiche: innanzitutto la scelta del museo del cinema di Torino come location principale; poi Buster Keaton, François Truffaut, il cameo di Alberto Barbera (che tra l'altro è uno studioso di Truffaut), spezzoni di film di Keaton e de "Il fuoco" di Giovanni Pastrone, con il quale è nato il kolossal all'italiana, guarda caso proprio a Torino.
Altri elementi non accessori sono la logica sequenziale della serie dei numeri di Fibonacci, installazione di Mario Merz sulla Mole che serve a Martino per un improbabile calcolo sui sentimenti; la frase di Antoine Lumière (padre dei famosi fratelli) secondo il quale il cinema sarebbe stata un'invenzione senza futuro.
La pellicola è giocata su un timbro grottesco, girata in maniera molto moderna, come accade pressochè in tutto il cinema di Ferrario. L'uso dell'aggettivo moderno in questo caso sottolinea una valenza positiva.
"Dopo mezzanotte" è un film leggero, che vorrebbe far divertire in modo intelligente, secondo le dichiarazioni del regista. In parte coglie nel segno, perché il divertimento è spesso riconducibile all'intelligenza dell'operazione.
Tuttavia alcuni difetti sono evidenti. Innanzitutto la strizzata d'occhio al trash televisivo di estrema attualità (cfr. la canzone "Ricominciamo" di Adriano Pappalardo usata come una sorta inno dalla banda di ladri) non può non far pensare a una certa furberia in fase di sceneggiatura.
Un altro difetto è costituito da una palpabile immaturità di fondo da parte dell'autore. Il film "Tutti giù per terra", ad esempio, era un'operina adolescenziale carina, divertente, moderna, ma che denunciava già un modo di rappresentare la realtà da quindicenne brufoloso.
Lo stesso dicasi per questo "Dopo mezzanotte". Certo operina carina, divertente, ma sempre con un gusto da caporedattore del giornalino del liceo. A questo proposito va citato il passaggio del manifesto con la propaganda gigantografica del premier Silvio Berlusconi con una tirata satirica dell'Angelo morente.
E' giusta la satira politica, condivisibile l'ironia che sprigiona la battuta, tuttavia sarebbe forse giunto il momento di affrontare il discorso in maniera più completa. Va tuttavia riconosciuto il merito a Ferrario di essere un regista coraggioso, se non altro per i temi disparati trattati dalla sua filmografia (cfr. "Guardami" era un film esemplare a questo proposito, intelligentemente spregiudicato).
Un ultimo appunto sulla tecnica utilizzata dal regista. Il film è stato girato in alta definizione, in digitale, un mezzo che senza dubbio mostra ancora notevoli limiti nei confronti della pellicola tradizionale, soprattutto in fase di fotografia.
Anche in questo caso il regista prova a spiazzare lo spettatore con una provocazione; una dichiarazione d'amore al cinema fatta con la tecnica digitale: Antoine Lumière aveva infine ragione?
Livio Marciano
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Martino y Amanda
Éste es el sexto largometraje escrito y dirigido por Davide Ferrario, que a la vez es crítico de cine, ensayista y novelista. 
La película narra la historia de Martino, un joven callado, tímido y solitario, que trabaja en el Museo del Cine, de Milán, como vigilante nocturno y que vive en una dependencia abandonada del mismo edificio, la Mole Antonelliana. Después de medianoche, proyecta películas del archivo del museo para su propio deleite. Sus preferencias se decantan por documentales de época, por "La llegada del tren" de Lumière y por interpretaciones de Buster Keaton. Entre sus objetos destaca una pareja de fotografías de Marilyn, una imagen enorme de Anita Ekberg y muebles de antiguas películas que ha retirado del almacén del museo. Profesa una admiración secreta y oculta por Amanda, la camarera de un establecimeinto de comidas rápidas, que es novia de Angelo, jefe de una pequeña banda juvenil dedicada al robo de coches y otras fechorías. Un incidente con el dueño del estrablecimiento donde trabaja, hace que Amanda huya y pida refugio a Martino, que la acoge en su morada. Cada día, después de medianoche, la hace partícipe de la magia del cine de archivo y de las filmaciones que él mismo ha realizado. Entre ambos se establece una relación amorosa intensa, mientras Angelo por teléfono le comunica que el denunciante ha retirado la demanda. A partir de aquí, la historia deriva en un amor a tres bandas (Martino, Amanda y Angelo), complementado con un amor nuevo entre Angelo y Bárbara, la compañera de piso de Amanda. El relato recuerda intencionadamente la trama de "Jules y Jim", de Truffaut, con algún aditamento de cine negro.
El director vuelca en la película su pasión por el cine, por la magia de las obras primitivas, por Fellini, Rohmer, Vim Wenders, etc. Martino es una imitación esbozada de Keaton y, a la vez, el "alter ego" de Ferrario.
La fotografía es admirable y de una calidad elevada, lo que permite dar gran profundidad a las imágenes nocturnas y de escasa luz. La música, interpretada por la orquesta Ionica, ofrece composiciones con abundante uso de piano solo, metal y percusión, que crean un clima de agradable frescura y alegría juvenil. Destaca una iluminación muy correcta, que contribuye a la belleza visual de las imágenes. La cámara trabaja con frecuencia al hombro del comeraman al servicio de una lección contagiosa de afición al cine.
Miquel 


"Il cinema è un'invenzione senza futuro" [cit.]
Mi reco al cinema in compagnia di “Jeff” Carlo in una calda serata già estiva. Si parcheggia proprio sotto la Mole 

Antonelliana, ancora ignari della sua importanza nel film. All’entrata del Cinema Massimo ci aspettano, con un pizzico d’impazienza, Chinasky e Zenone: fidi compagni di visione dell’ultima opera di Davide Ferrario “Dopo mezzanotte”. Il film inizia con la voce fuori campo di Silvio Orlando: bella metafora delle vite delle persone che s’intrecciano e si dividono come polvere nel vento. Ed un’osservazione: “Forse sono i luoghi che raccontano le storie meglio dei personaggi”. Una frase importante per una lettura dell’intero film. Mi preme difatti sottolineare il contorno in cui si muovono i protagonisti, più che le vicende dei tre personaggi principali, Martino, Amanda e l’Angelo (così detto). “Dopo mezzanotte” si inserisce nell’iniziativa della “Film Commission Piemonte” (www.filmcommtorinopiemonte.it) di valorizzare Torino e la Regione Piemonte attraverso riprese cinematografiche e televisive. Mettendo a disposizione della produzione cinematografica italiana “Torino insieme a tutti gli altri Comuni del Piemonte, architetture cariche di storia, spazi urbani, parchi, paesaggi che si aprono su pianure solcate da fiumi, su colline e laghi, fino all'arco alpino”.
Nella pellicola di Ferrario Torino è sempre presente come personaggio aggiunto, scandisce i tempi e i motivi, le emozioni e i cambiamenti: dai dialoghi silenziosi di Martino e di suo nonno, sul lungo Po freddo e bianco di foschia, al mondo fantastico in cui Martino vive come custode notturno (dopo mezzanotte) del Museo del Cinema. Come in un basso rilievo dove lo sfondo, invece che stiacciato, circonda e contorna i soggetti, Torino prende vita ed anima, coinvolge e intreccia le vicissitudini degli interpreti. A volte il rimando a Torino è così esplicito e insistente da risultare ridondante e fastidioso, la cornice diviene così tanto protagonista da oscurare la trama. Queste sono forse sensazioni personali dettate dalla condizione di vivere a Torino, resta però da considerare che la città è descritta in modo tale da renderle giustizia. Da menzionare sono i vecchi filmati di “Torino ai primi del ‘900” che Martino rielabora in chiave contemporanea riprendendo ciò che vede con la sua cinepresa a manovella da collezione: le “reginette di Porta Palazzo” di gusto liberty divengono volti e sorrisi delle odierne reginette africane.
Amanda (Francesca Inaudi) lavora in un fast food dove ogni sera si reca Martino (Giorgio Pasotti, figura maldestra che cita le movenze di Buster Keaton e di Chaplin) per il solito panino dal nome inglese. Amanda è la ragazza “ufficiale” (“quindi non necessariamente l’unica”, specifica Silvio Orlando) dell’Angelo (Fabio Troiano), piccolo capo di un gruppetto malavitoso ma simpatico del quartiere “Falchera”. L’atmosfera che si respira è quella di Torino a dicembre, con le luci d’artista presenti in molte scene (illuminazioni ed installazioni di creazione artistica del periodo invernale). I numeri sequenziali di Fibonacci, installazione artistica di Mario Merz sulla Mole Antonelliana, consentono a Martino di pensare che la vita, in fondo, abbia qualche senso logico. La Mole Antonelliana con la magia del Museo del Cinema al suo interno è la casa e il lavoro di Martino. Un’isola di incantesimo fatta di sogni e irrealtà incastonata nel cuore di una Torino reale e riflessiva, 
ma quanto mai diversa dalla visione industriale di città arida di sentimenti. Amanda, dopo la lite all’olio bollente col principale del fast food, fugge dalla polizia e si rifugia nella Mole imbattendosi nel mondo più privato e intimo di Martino: diviene l’unica persona reale ad entrare in contatto coi suoi sentimenti più profondi. La danza delle influenze e della scoperta reciproca ha inizio. D’ora in poi Amanda è divisa fra Martino e il suo mondo fantastico e l’Angelo, il ladro di macchine. Un’incertezza d’amore che è anche insicurezza di vita, altra tematica cara al cinema di un tempo, come il citato “Jules et Jim” di Truffaut sull’inconsistenza della coppia. Sarà solamente il destino a scegliere o a porre la scelta definitiva per Amanda.
La conclusione del film si riallaccia all’inizio, così da dare il senso compiuto di una storia, di un’emozione, di uno scorcio di vita sognata e reale. Mentre Martino abbandona la Mole per una scelta, portandosi dietro con sé lo scrigno cinematografico dove realtà e finzione perdono le sembianze e si confondono creando magia.
cla

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