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lunes, 16 de agosto de 2021

L'amore molesto - Mario Martone (1995)

TÍTULO ORIGINAL
L'amore molesto
AÑO
1995
IDIOMA
Italiano (2 bandas sonoras ambas en italiano pero una con traducción al ruso)
SUBTÍTULOS
Italiano, Inglés y Portugués (Separados)
DURACIÓN
104 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Mario Martone
GUIÓN
Mario Martone. Novela: Elena Ferrante
FOTOGRAFÍA
Luca Bigazzi
REPARTO
Anna Bonaiuto, Angela Luce, Gianni Cajafa, Peppe Lanzetta, Licia Maglietta
PRODUCTORA
Lucky Red, Teatri Uniti, RAI 3
GÉNERO
Drama

Sinopsis
Cuando una madre muere en extrañas circunstancias, su hija trata de averiguar cómo sucedieron los hechos y qué hizo su madre en las últimas horas de su vida. Todo ello conduce al análisis de la traumática relación que hubo siempre entre ellas, cuyo origen fue una una mentira infantil que marcó sus vidas. (FILMAFFINITY)


Premios
1995: Cannes: Nominada a la Palma de Oro
1995: Festival de Chicago: Hugo de Plata - Mejor actriz (Anna Bonaiuto)
1994: Premios David di Donatello: 3 premios, incluyendo a mejor director. 8 nom.

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Il diavolo rimosso

Delia vive a Bologna ormai da tanti anni, da quando ha lasciato Napoli e un passato e una famiglia che le hanno dato più dolori che gioie. Accanto a lei, comunque, restano forti il ricordo delle sorelle e soprattutto della madre, vivace all’inverosimile e sempre attiva, cosa che rende la notizia del suo suicidio a dir poco inaspettata.

Delia, incredula, torna nella città della sua infanzia per far luce su una morte per lei impossibile, ma col passare dei giorni, scoprendo sempre maggiori dettagli, si accorge di aver rimosso gran parte del suo passato, che è ora costretta a rivangare. Mario Martone costruisce ne L’amore molesto un film frammentario,mediacritica_l_amore_molesto1a tanto visivamente quanto a livello diegetico. La trama è costellata di flashback, di ricordi improvvisi, di illuminazioni istantanee e di quotidianità vissuta: tutto giustapposto nella durata del film fino a creare un mosaico di immagini più eloquenti di tante parole. I dialoghi, in effetti, sono piuttosto scarsi e reticenti, sono le impressioni a guidare il senso della narrazione e del susseguirsi degli eventi. Il regista costruisce insomma il racconto giustapponendo spezzoni di vita vissuta e dimenticata, senza però finire col creare un puzzle indistricabile, ma anzi raggiungendo una chiarezza cristallina che rispecchia la realtà molto più di quanto non facciano elucubrazioni dialogiche e psicanalisi esplicitate.
Nella storia di ognuno sono presenti degli eventi rimossi, delle dimenticanze più o meno volontarie che tornano alla memoria in modo ineluttabile e con cui siamo costretti a fare i conti. Questa è la sensazione che meglio esprimono le immagini del film, che mescola la realtà e la psiche non a livello onirico e immaginifico, ma semplicemente proponendo il ricordo, o meglio la ricognizione di sé, al centro della scena. La negazione finale che si impone Delia non diventa per forza un non riuscire a scoprire le cose, ma sembra piuttosto un decidere di tornare a rimuovere certe notizie e certi eventi, in modo tale da lasciarsi andare ed accogliere il futuro in maniera più pacifica, magari bevendo una birra con degli sconosciuti sul treno di ritorno. Non va dimenticata la bravura del regista nel comporre un disegno capace di rendere queste impressioni e di mostrare lo scavo nella vita privata e familiare di ognuno, ma anche quella della protagonista, degna del successo riscosso con questo film. L’amore molesto ha infatti girato diversi festival, tra cui il 48° Festival di Cannes, riscuotendo premi e successo.
Teresa Nannucci
https://www.mediacritica.it/2014/10/18/lamore-molesto-1995/


Mario Martone (Nápoles, 1959) Montó su primer espectáculo, "Fausto", en 1976 y dos años más tarde fundó el grupo Falso Movimento. En 1982 se impuso a la atención general con "Tango glaciale", que cerraba un ciclo que empezó con "Dallas 1983", "Rosso Texaco" y "Controllo totale": el escenario metropolitano y los individuos que ahí se mueven son protagonistas, mientras que la música y las imágenes se funden en contaminaciones donde se aprovechan las posibilidades que ofrece el lenguaje de los medios. Estas sugestiones se vuelven a presentar en "Otelo" (1982) y, más aún, en "El deseo atrapado por la cola (Il desiderio preso per la coda)" (1985) de Picasso, "Coltelli nel cuore" (1986) de Brecht, "Ritorno a Alphaville" (1986) de Godard. En 1986 nació un nuevo grupo, Teatri Uniti, para el que dirigió muchas obras, de "Filoctetes" (1987) de Sófocles a "Ricardo II" (1993) de Shakespeare. Mientras tanto, después de utilizar el medio electrónico en 1980 para rodar varios vídeos y experimentar el formato de 16 mm con el corto dedicado al siglo XVII en Nápoles "Nella città barocca" (1984), Martone debutó en el largometraje con "Morte di un matematico napoletano" (1992): la película, centrada en los últimos días de vida del científico napolitano Renato Caccioppoli, que se suicidó, fue alabada por la crítica y consiguió el premio especial del jurado en Venecia. Tras el mediometraje de inspiración teatral "Rasoi" (1993), rodó "L'amore molesto" (1995), un intenso retrato de mujer en una Nápoles barroca y sensual, contando con un extraordinario reparto de actores. En 1998, con "Teatro de guerra (Teatro di guerra)" - inspirada en su propia puesta en escena teatral de "Los siete contra Tebas" de Esquilo - propuso una reflexión en la que encuentran una síntesis acertada los temas más disparatados (las rivalidades entre gente de teatro, los mecanismos del poder, el conflicto bélico que está destrozando Sarajevo). Seis años después, "L'odore del sangue" - adaptación de una novela póstuma de Goffredo Parise - proponía el análisis de la destrucción de una pareja de cultos burgueses, marcada por un erotismo turbio y marchito: el resultado no está muy logrado, por la falta de voluntad de llegar hasta el fondo de la escabrosidad de las situaciones y la apesadumbrada verbosidad de los personajes.
https://iiccordoba.esteri.it/iic_cordoba/es/gli_eventi/calendario/l-amore-molesto-di-mario-martone.html


Martone adatta il primo romanzo di Elena Ferrante, decostruendo la narrazione in una guerra dei ricordi profondamente calata nella città di Napoli.

Con L'amore molesto del 1995 (di recente tornato in sala in versione restaurata) il regista napoletano Mario Martone potè già dirsi promessa ben mantenuta del cinema italiano contemporaneo. L'opera, presentata in concorso al 48° Festival di Cannes,  valse oltre una lunga serie di nomination e premi i David di Donatello al Miglior regista e alle Miglior attrici protagonista e non protagonista, Anna Bonaiuto (nei panni di Delia, personaggio principale) e Angela Luce (interprete dell'anziana madre Amalia).

Martone traspose per il grande schermo il romanzo omonimo, il primo della misteriosa scrittrice Elena Ferrante (con Martone anche co-sceneggiatrice) della cui successiva produzione nel tempo si sarebbe parlato di "Ferrante fever", quanto a fenomeni editoriali, tant'è risulta quasi impossibile, ad oggi, non menzionare la quadrilogia best seller de L'amica geniale, attualmente portata in Tv dall’egregia regia di Saverio Costanzo.
Il riferimento a ritroso diventa imprescindibile e a tratti lampante, se si evidenzia come già ne L'amore molesto ricorrevano topoi comuni, con buona probabilità fondanti l'immaginario narrativo della Ferrante stessa, e che Martone poté restituire più visionariamente che visivamente in senso stretto, per esaltare nelle soluzioni compositive e formali adottate tutta la carica psicologica e enigmatica volutamente in costante implosione e che un tradizionale genere drammatico avrebbe forse sprecato.

Si tratta in prima battuta di Napoli, città brulicante e affollata nelle strade e nei mezzi pubblici, intasata dal traffico delle auto, accalcata sotto la pioggia, in un ostile fuggi fuggi, in cui tutto e tutti paiono dileguarsi, nascondersi, voler scappare e allo stesso tempo inseguire qualcuno, come sé stessi. Attraverso le traversie intime di una donna e le peripezie della sua famiglia, L'amore molesto affonda il coltello nella piaga del maschilismo imperante, nella miseria nera del dopoguerra e nel tempo a venire, quando essere donna ed essere sensuale e solare per natura poteva essere una condanna e sopruso inflitti alla sola posa dello sguardo altrui.

In questo vagare di luogo in luogo, del tempo e dello spazio, domina dunque la violenza domestica perpetrata sotto gli occhi di tutti tra le rampe delle scale condominiali, in una guerriglia di vicinato che si sussegue senza scampo dall'androne in su, salendo di pianerottolo in pianerottolo, tra le mura di casa, le finestre spalancate e poi a strabiombo nei sotterranei ammuffiti e abbandonati, nella semioscurità dell'infanzia abusata,sepolta, taciuta, deformata. Un ciclone che tutto travolge e travalica. Comune anche l'incipit, in cui sonno e sogno si compenetrano e una telefonata notturna squarcia il cuore della notte col frastuono di un fulmine e il baleno di un lampo, per far luce su un presente fittizio, mentite spoglie del baratro del passato.

Martone sceglie di decostruire la narrazione secondo metafore architettoniche di salita e discesa, fasi alternate di catabasi e anabasi, su e giù negli inferi dell'inconscio, così ad ogni discesa (in ascensore fin in seminterrato; sulle scale mobili in metropolitana) corrisponde un flashback, mentre ad ogni risalita (gli spostamenti in funicolare,  i piani a livelli di un negozio di lingerie) segue un’agnizione, quasi sempre un’incertezza, mai una verità definitiva. Che la guerra dei ricordi si giochi tutta nella mente della protagonista Delia, donna riservata e scialba, intenta a ricostruire l'ultima notte di vita della madre Amalia, ritrovata inspiegabilmente nuda e annegata, il regista lo palesa e ostenta attraverso il motivo degli occhiali da vista indossati da Delia sin da bambina, lenti che focalizzano e poi si frantumano, perchè Delia appunto smetta di indagare l'esterno e getti il suo sguardo a capofitto dentro se stessa, nella se stessa rifratta, sè bambina e sè adulta in un gioco di specchi e versioni di fatti, fantasticherie e colpe. Mea culpa è l'espiazione che non può più riparare, ma solo traslare dalle allucinazioni alle illusioni. L'illusione bruciata al fuoco di un falò, una stregoneria che muta la vivacità in morte, che mitizza l'eredità salvifica nel rosso provocante di un abito succinto.
Carmen Albergo
https://www.pointblank.it/recensione-film/mario-martone/lamore-molesto


La napoletana Delia(Anna Bonaiuto) trasferitasi da anni a Bologna, riceve una strana telefonata dall’anziana madre Amalia(Angela Luce) che pronuncia frasi sconnesse e incomprensibili. Subito dopo Delia viene richiamata a  Napoli: Amalia è stata trovata annegata. Delia scopre una città che ormai non riconosce più. Inizia un’indagine personale per ricostruire gli ultimi giorni di vita della madre, alla ricerca di parenti e antiche amicizie da cui, attraverso i suoi ricordi di bambina, emergono figure inquietanti, difficilmente rintracciabili ormai. La giovane Amalia(Licia Maglietta), trascurata dal marito,  aveva accettato la sensuale corte di un dongiovanni, di cui Delia aveva un confuso ricordo. La ricerca sprofonda Delia nelle viscere, umane e fisiche, di una Napoli vitale ma arcana, dove il mistero si alimenta con il detto e non detto, le allusioni gratuite ma perfide, gli incontri con antichi innamorati ormai degli alieni, con l’inquietudine di una presa di coscienza in fondo non desiderata. Lo scioglimento del mistero di Amalia arriverà,  ma forse sarà solo immaginato da una Delia ormai irrimediabilmente cambiata, ma ricca di una nuova e sensuale energia, ormai da tempo sopita.

Attori straordinari, quasi tutti partenopei,  fra cui, spiccano Anna Bonaiuto e Angela Luce, che ci piace ricordare nel ruolo di Peronella nell’episodio più erotico del Decameron pasoliniano (1971).
https://cjlettereditransito.wordpress.com/2017/03/24/lamore-molesto/


 


 

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