ESPACIO DE HOMENAJE Y DIFUSION DEL CINE ITALIANO DE TODOS LOS TIEMPOS



Si alguién piensa o cree que algún material vulnera los derechos de autor y es el propietario o el gestor de esos derechos, póngase en contacto a través del correo electrónico y procederé a su retiro.




viernes, 17 de mayo de 2013

Certi Bambini - Andrea Frazzi e Antonio Frazzi (2004)


TÍTULO ORIGINAL 
Certi bambini
AÑO 
2004
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS 
Español e inglés (Separados)
DURACIÓN 
94 min.
DIRECTOR 
Andrea Frazzi, Antonio Frazzi
GUIÓN 
Diego De Silva, Andrea Frazzi, Antonio Frazzi, Marcello Fois, Ferdinando Vicentini Orgnani (Novela: Diego De Silva)
MÚSICA 
Almamegretta
FOTOGRAFÍA 
Paolo Carnera
REPARTO 
Gianluca Di Gennaro, Carmine Recano, Arturo Paglia, Sergio Solli, Rolando Ravello, Mario Giordano, Nuccia Fumo, Marcello Romolo
PRODUCTORA 
Pequod / Alba Produzioni
GÉNERO 
Drama | Mafia

Sinópsis
Rosario (Gianluca Di Gennaro) es un niño de 11 años que vive en un barrio de la periferia de Nápoles con su anciana abuela, a la que tiene que cuidar. Se dedica a los juegos y diversiones propios de un chaval de su edad, pero también, gracias a su astuto instinto para ganarse la vida, se dedica a cometer pequeños delitos. Poco a poco irá conociendo a un grupo de adultos e irá entrando cada vez más profundamente en el mundo de la camorra. (FILMAFFINITY)

 Premios
2004: Premios David di Donatello: 2 premios. 4 nominaciones 

2 


da La Repubblica (Paolo D'agostini)
Dopo Il cielo cade i registi Andrea e Antonio Frazzi tornano a far proprio un punto di vista infantile ricorrendo al romanzo premio Campiello di Diego De Silva "Certi bambini". La personalità di Rosario, il protagonista di undici anni sepolto nel nulla di una metropoli del sud che è Napoli ma non viene detto e potrebbe essere pure Bogotà o Bangkok, vive una condizione sdoppiata senza ombra di un ordine e di una consapevolezza morali, in modo mostruosamente naturale. Rosario è il bambino che si prende affettuosamente cura della nonna con cui vive in un caseggiato popolare e che frequenta da volontario un centro d'accoglienza per ragazze madri dove Santino gli fa da modello positivo e dove conosce precocemente l'innamoramento per la temperamentosa Caterina. E Rosario è sempre lo stesso bambino che in altre ore bazzica una schifosa sala giochi e un orrendo fast food, beve, fuma, dice le peggiori cose e maneggia armi, che la natura ha messo al comando di una banda di ragazzini come lui alla testa dei quali gioca con la morte attraversando di notte la tangenziale, che passa dai piccoli furti agli ordini di un minuscolo camorrista da strapazzo all'apprendistato della criminalità assassina. Tutto questo "film" scorre davanti a nostri occhi come davanti a quelli di Rosario durante un viaggio in metropolitana che dura per tutta la narrazione, e che lo sta conducendo, innocentemente vestito come per andare a giocare a pallone, alla prova del fuoco. In linea con una visione cattivista senza speranza di riscatto o recupero, in sostanza di condanna senza appello per una Napoli cara ma irrimediabilmente corrotta e condannata - ma per colpa e responsabilità di chi, verrebbe voglia di chiedere, saranno state pure delle singole responsabilità umane a creare questo baratro, non può essere una fatalità - l'occhio di questa storia offre però uno spaccato tutt'altro che banale della doppiezza con la quale ci si può facilmente addestrare a convivere se in tenera età manca ogni cognizione etica, di bene e di male. L'amore (la nonna, Caterina, l'esempio di Santino) porta al bene altrettanto ovviamente e senza conflitto né contraddizione di come la legge della strada, della sopraffazione, del prendersi ciò che si può prendere conduce a fare e farsi del male. I Frazzi mettono in scena tutto questo (grazie a una buona scrittura e a interpreti intonati, e tra i tanti si segnala l'ottimo Rolando Ravello, uno dei ragazzi volontari della comunità) con una sensibilità che forse non sarebbe dispiaciuta al Louis Malle di Lacombe Lucien.

da Il Sole 24 ore (Luigi Paini)
Certi bambini non sono mai davvero bambini. Prendiamo Rosario, il piccolo protagonista del film di Andrea e Antonio Frazzi che si intitola proprio così, Certi bambini. Vive in una città del Sud, una metropoli facilmente identificabile con Napoli (dov'è stata girata la maggior parte delle sequenze) ma che allo stesso tempo può essere una qualsiasi città-metastasi del Mezzogiorno del mondo. Passa la giornata sfidando la morte insieme ai suoi giovanissimi compagni-compari, trascorrendo le ore tra piccoli scippi e sale giochi piene di personaggi equivoci. Non ha nessuno vicino in grado di dargli davvero una mano, aiutarlo a crescere, toglierlo da un destino che pare inesorabilmente segnato. Ma Certi Bambini non é una semplice pellicola di denuncia sociale, un urlo in più contro il degrado e il malessere delle periferie diseredate. É un lento, insinuante scavo nella psicologia di un perdente, la fenomenologica rappresentazione di un dolore di vivere che supera la dimensione puramente sociologica. Rosario e i suoi amici sono soli, svuotati, ansiosi di ricevere tenerezza e amore, mentre in realtà vengono imbottiti, giorno dopo giorno, da modelli negativi, desideri di rivalsa, ideologia "machista" gretta e violenta. L'elemento femminile, che potrebbe forse contrastare il trionfo della Morte, é sì presente, ma solo sullo sfondo, come orizzonte e occasione mancata. La vecchia nonna svampita, tanto dolce quanto dolorosamente già perduta; la giovane ragazza-madre conosciuta in un centro di accoglienza e subito desiderata e amata. A tenere insieme il vortice dei ricordi e delle emozioni è un lungo viaggio in metropolitana, che Rosario compie per tutta la durata del racconto. Verso dove? Lo si scopre solo alla fine, al culmine di un sapiente crescendo emotivo. Perché il cinema vero dà emozioni, e Certi bambini é, semplicemente, cinema vero.

da Il Sole 24 ore (Roberto Escobar)
Ritorna Alle loro spalle ci sono i colori di un mare intatto e silenzioso. Sopra di loro incombe una scogliera grigia, alta come una minaccia. Di sasso in sasso, i quattro ragazzini ci si arrampicano su, verso una meta che ancora non si vede. Poi, sul confine tra il silenzio del mare e un fragore di automobili, la macchina da presa attraversa una linea fitta di canne. Appena al di là c'è l'autostrada. Cosi, con un montaggio incalzante e netto, inizia "Certi bambini" (Italia, 2004, 94'). Ora, dunque, i ragazzini si fermano ai bordi di quell'inferno, e lo osservano con una spavalderia che contrasta con la loro "inadeguatezza". Non sono niente, a confronto del mostro che hanno davanti. Allora, per vincerne la paura, uno di loro lancia la sfida: attraversare di corsa, alla cieca e andare comunque dall'altra parte, nonostante il pericolo mortale. E qui, raccontando per cenni la follia di una paura che si finge coraggio, i fratelli Andrea e Antonio Frazzi ci portano ben dentro il paradosso tragico di questo film doloroso, ben dentro lo spreco di vita che incombe sul futuro di "certi bambini". Uno spreco di futuro e di vita è certo la storia di Rosario (Gianluca Di Gennaro). A 11 anni non ha più diritto d'esserlo, bambino. Non ha più diritto alla tenerezza, né a quella di cui avrebbe bisogno, né a quella con cui si occupa della donna (Nuccia Fumo). Quanto al diritto d'avere un padre, il suo posto é preso da Casaluce, un orrido, infame ometto di mezz'età (Sergio Solli), che vive appunto derubando di vita e di futuro un gruppetto di ragazzini, sfruttandoli e violentandoli nel corpo e ancor più nell'anima. Tratto da un libro di Diego Da Silva (che del film è anche cosceneggiatore), "Certi bambini" indica solo sullo sfondo il contesto sociale e morale che condanna Rosario e gli altri. Si tratta della miseria che cresce dentro una città splendida e sfortunata, ricca d'umanità e però troppo a lungo abbandonata alla prepotenza e alla paura. La si vede, questa Napoli disperata, più nei particolari che nell'insieme: nella povertà dei vicoli, nella desolazione di capannoni industriali ormai cadenti, nello squallore delle macerie e dei rifiuti che la assediano e la intristiscono. Ma l'interesse primo degli autori non é rivolto al dolore che sta attorno a Rosario, al mondo che appunto lo condanna. Ben più importante, ben più doloroso ai loro occhi e ai nostri è quello che gli si muove dentro, nella testa e nell'anima. Per una sua gran parte, il film dei fratelli Frazzi è raccontato seguendo le linee della memoria di Rosario, e anzi proprio il flusso della sua coscienza. Salito in metropolitana con una pistola nascosta nella borsa gialla dove tiene quel che gli serve per giocare a pallone, il ragazzino sta andando verso un luogo e una meta ben più incombenti della scogliera su cui il film si è aperto. In platea noi ne intuiamo la natura, ne sospettiamo il senso definitivo. Fra qualche decina di minuti, al termine di un viaggio che lo porta dalla miseria dei vicoli fino nel cuore finanziario della città, Rosario non avrà più scelta. Il suo futuro sarà deciso per sempre, e sarà violento e irreversibile come un colpo sparato addosso a un essere umano, mentre lo si guarda negli occhi senza più tremare. Del flusso della coscienza, "Certi bambini" riproduce il movimento per linee spezzate e ricurve, il sovrapporsi di presente e passato, l'intrecciarsi di sensazioni dell'attimo e immagini che emergono dalla memoria. Noi conosciamo la storia di Rosario solo così, attraverso la sua esperienza soggettiva del mondo. Cioè: solo attraverso la sensibilità e il mestiere di una sceneggiatura e un montaggio che riescono a darcene l'immediatezza e la verità psicologica. Nel mondo di Rosario, dunque, non ci sono modelli e non c'è ordine che non siano quelli della paura e della risposta immediata e spavalda alla paura. Nella totale assenza di una dimensione pubblica e istituzionale, dominano comportamenti e valori virilistici che finiscono per esaltare la morte. Poco importa che si tratti della morte propria o della morte degli altri. Importa che sia negata la vita, cioè la sua bella complessità, la molteplicità dei suoi casi e dei suoi rapporti. E infatti tutto - amore, denaro, potere - si risolve nell'atto d'imporsi all'altro, negando lui e così negando la complessità del rapporto con lui. Come a Rosario dice il criminale che gli insegna a sparare, tutto si riduce al "coraggio" idiota di guardare l'altro negli occhi, mentre lo si uccide. È così che per "certi bambini", diventa destino la scelta folle raccontata all'inizio del film: attraversare a vita con una spavalderia impaurita che esalta la morte, e che li deruba d'ogni futuro.
http://www.movieconnection.it/schede/certi_bambini.htm


INTRODUZIONE AL FILM
Un viaggio all’indietro
Rosario, dodici anni, indossa la tuta da calcio, saluta la nonna, verifica che nella borsa ci sia tutto l’occorrente e prende la metropolitana. Poche decine di minuti dopo – il tempo di attraversare la città – arriva a destinazione. Ad attenderlo non ci sono gli amici con cui giocare a pallone (come ha ingannevolmente raccontato alla nonna), ma un manager da uccidere. Un paio di colpi di pistola, una breve fuga, un cambio d’abito ed ecco completato, “felicemente”, il suo apprendistato da killer.
Durante il tragitto in metropolitana, gli spettatori hanno la possibilità di conoscere questo “killer” imberbe, ricostruire, grazie ad una serie di flash back ordinati non in senso cronologico ma in base ai ricordi confusi del ragazzo – una sorta di “flusso di memoria” – i momenti salienti della sua avventura: i furti, l’incontro con Caterina, l’innamoramento, il ritrovamento di una pistola, la scoperta della relazione tra la ventenne e l’educatore della comunità, l’escalation di violenza vendicativa, la conoscenza del camorrista Damiano e il suo primo incarico da assassino. Non si tratta, tuttavia, di una teoria di esperienze esclusivamente negative e di azioni soltanto criminali: i flash sul passato di Rosario ci raccontano di un preadolescente insicuro, impaurito, innamorato, capace di gesti di affetto
verso la nonna e la stessa Caterina e di amicizia verso i propri coetanei.
Il film diventa, così, il racconto di un viaggio in metrò che procede lungo due direzioni antitetiche: da una parte conduce – senza possibilità di deviazioni o di inversioni di marcia – verso un futuro “certo”, ossia verso il primo assassinio, l’ingresso nel mondo della camorra, un avvenire di criminalità già segnato; dall’altra ritorna indietro – in un salto temporale e spaziale in qualche modo accostabile a quello portato avanti da Marcel Proust nella sua Recherche – perché vuole capire dove, come e perché il percorso di una vita ha preso determinate direzioni.
In effetti, la bidirezionalità dei tragitti, la commistione di ambiguità e certezza, il cortocircuito narrativo, costituiscono il perno attorno al quale si srotola il filo del racconto. Non siamo davanti a un film che disserta sulle ragioni e le cause della baby criminalità, né che entra nelle pieghe della camorra per raccontarla dall’interno (come Vito e gli altrii di Antonio Capuano), né che descrive la difficoltà, da parte della società civile, di indicare un’alternativa alla delinquenza minorile (come in Alla luce del sole di Roberto Faenza), né che illustra un contesto territoriale senza speranza e quindi completamente inquinato dalla mentalità mafiosa (come Ragazzi fuorii di Marco Risi). Certi bambini è, innanzi tutto e forse a dispetto delle stesse intenzioni dei registi, un film di genere, che si arrocca su un impianto narrativo solido e accattivante (la ricostruzione, passo passo, della vita di Rosario), su una serie di personaggi riconoscibili (il mafioso bello e affascinante, l’infiltrato insicuro e sgraziato, la donna bella e misteriosa, il pedofilo ripugnante), su forme di rappresentazione che oscillano tra classicità e sperimentazione (si veda l’uso espressivo del sonoro, il continuo salto tra più piani temporali, la ripetizione di alcune sequenze), su un contesto scenografico insieme tradizionale (la sala giochi, i quartieri degradati, le case chiuse) e inaspettato (il quartiere ultramoderno pieno di grattacieli alla periferia di Napoli) e, infine, su un impianto ideologico e/o politico allusivo e non diretto. Ciò che conta, in altre parole, non è la “credibilità” della realtà rappresentata, ma la capacità di suggerire immaginari, di tratteggiare atmosfere, di catturare sensazioni, qualità che al cinema sono sinonimo di attenzione formale e non solo contenutistica alla materia trattata.

IL RUOLO DEL MINORE E LA SUA RAPPRESENTAZIONE
Il bene e il male
Ecco, così, che acquista importanza la figura di Rosario e in particolare quel ventaglio di sensazioni, pensieri, sentimenti che guida le sue azioni: lo stordimento che prova di fronte alla fredda e improvvisa esecuzione del cane di Damiano (ben tradotta in immagini da una soggettiva irreale che mostra l’arrivo della metropolitana, a velocità sostenuta, verso l’obiettivo della cinepresa); l’eccitazione frenetica, un misto di coraggio ed elettrica imprudenza, che porta ad attraversare un’autostrada ad occhi chiusi, l’ingenuità con cui abbraccia le idee dei grandi (tanto quelle del boss Damiano, che accosta a quelle di Nonna Lilina, quanto quelle di Santino o Caterina, che prende per buone e che, in realtà, nascondono segreti inconfessabili), la paura di affrontare prove più grandi di lui (si pensi a quando mima davanti allo specchio come si spara un colpo di pistola o quando manifesta tutte le sue ansie dopo aver minacciato con la stessa pistola il medico dell’ospedale), la scoperta dell’amore e dell’attrazione sessuale (ancorata ad immagini ossessive della ragazza che ritornano nel corso di tutto il film, come il dialogo in cucina, il modo sensuale con cui Caterina fuma la sigaretta, il suo sguardo imbronciato e severo), il lucido disincanto con cui accetta di trasformarsi in killer, senza il minimo rimorso di coscienza. Ciò che rende Certi bambini un film interessante e contemporaneamente ambiguo è il mescolamento quasi armonioso di bene e male, di azioni buone e pervicacemente cattive, senza soluzione di continuità, senza peraltro che la macchina da presa prenda posizione, che dia un giudizio morale su quanto accade – o perlomeno ne prenda le distanze – anzi aderendo alle esperienze del protagonista e rendendolo così un personaggio affascinante, nonostante tutto positivo agli occhi dello spettatore. Più che mettere l’accento su una situazione familiare disastrata o su un contesto culturale e sociale che spinge alla criminalità, più che rivolgere un’accusa di assenteismo e disinteresse alle istituzioni, più che descrivere dinamiche amicali e di gruppo votate alla prevaricazione, alla trasgressione, all’egoismo, il film ci racconta soprattutto di un’immensa solitudine (esaltata dal viaggio solitario in metropolitana e dagli “aridi” incontri nel vagone ferroviario), di un disorientamento non tanto nei valori, ma nella direzione da dare agli stessi valori, che è forse la cifra più “realistica” del film. A tal proposito è illuminante una piccola scena poco prima dell’assassinio del manager: Rosario sale su un tapis roulant della stazione e, dopo qualche secondo, incrocia un gruppo di belle e allegre adolescenti che camminano su quello che va in direzione opposta. Rosario vorrebbe seguirle, ma si limita a farlo solo con lo sguardo. Il suo tapis roulant prosegue per altri lidi, non certo altrettanto sereni e gioviali. In quest’incrocio mancato di destini c’è tutta la “morale della favola”: non c’è possibilità di ribellarsi alla sorte che è stata decisa da altri; tanto vale – ma è una risoluzione di coscienza terribile e crudele – portare a termine bene il proprio lavoro e poi riprendere a giocare a pallone, come se nulla fosse.

RIFERIMENTI AD ALTRE PELLICOLE E SPUNTI DIDATTICI
Certi bambini, oltre ad essere un ottimo testo comparativo per analizzare similitudini e differenze tra romanzo (scritto da Diego Da Silva) e sceneggiatura (scritta dallo stesso romanziere e da un pool di sceneggiatori di primo piano), è forse il titolo meno paludato, meno moralista e meno realistico – e perciò forse più accattivante e stimolante per un giovane pubblico – sulla baby criminalità italiana, vero e proprio sottogenere del cinema impegnato. Oltre i film già citati, vanno inseriti in questo filone film come Baby Gang di Stefano Piscicelli, il poetico Mamma Roma di Pier Paolo Pisolini, la prima pellicola italiana a cercare le ragioni della delinquenza minorile nel disagio del sottoproletariato urbano, il tragico Luna Rossa di Antonio Captano e lo scolastico Mery per sempre di Marco Risi.
Per quanto riguarda il film dei fratelli Frazzi, consigliamo un lavoro di analisi del testo filmico, prima ancora che un approfondimento sui messaggi e i contenuti del film. Un’analisi che dovrebbe vertere innanzitutto sulla struttura narrativa, sulle soluzioni formali più accattivanti (uso espressivo della colonna sonora, cambiamenti di illuminazione e grana fotografica in base ai diversi ambienti, angolazione della macchina da presa, scelte di montaggio) sulla caratterizzazione dei personaggi.
Marco Dalla Gassa
http://opac.minori.it/VSRV01_EOS03_Linked_documents/filmografico/schede_critiche/certi_bambini.html

4 comentarios:

  1. Por desgracia todos los enlaces están muertos. Película dificilísima de hallar y más aún con subtítulos correctos. Ojalá puedas resubirla, Amarcord
    Gracias por tu trabajo

    ResponderEliminar