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domingo, 26 de mayo de 2013

Sono stato io - Alberto Lattuada (1973)


TITULO ORIGINAL 
Sono stato io!
AÑO 
1973
IDIOMA 
Italiano
SUBTITULOS 
No
DURACION 
108 min.
DIRECCION 
Alberto Lattuada
GUION 
Alberto Lattuada, Ruggero Maccari
MUSICA 
Armando Trovajoli
FOTOGRAFIA 
Alfio Contini
REPARTO 
Giancarlo Giannini, Silvia Monti, Hiram Keller, Patricia Chiti, Orazio Orlando, Barbara Herrera, Nino Pavese, Giuseppe Maffioli, Georges Wilson, Ely Galleani
PREMIOS 
1973: Festival de San Sebastián: Mejor actor (Giancarlo Giannini)
PRODUCTORA 
Dean Film
GENERO 
Comedia | Sátira

Sinópsis
A Biagio Solise le encanta trabajar en las ventanas de los rascacielos de Milán, pero se siente abrumado en el suelo por el tumulto y la presión de las calles llenas de gente. También se gana un dinero trabajando como extra en la ópera de La Scala. Cuando una diva famosa es asesinada, decide que quiere ser condenado por el delito, con el propósito de hacerse famoso. A pesar de que es inocente, sus improvisaciones frenéticas ponen en la pista a la policía que finalmente lo encarcela. (FILMAFFINITY)
 
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TRAMA:
Milano. Lavavetri di giorno e di sera comparsa alla Scala, il giovane Biagio Scalise agogna ad entrare nel novero dei tanti che, per una ragione o per l'altra fanno parlare di sé. L'occasione per riuscirci gli si presenta quando, durante una serata di gala alla Scala un ignoto uccide, nel suo camerino la primadonna Gloria Strozzi. Intuendo che questo sarà, per la sua risonanza, il "delitto del secolo" Biagio - attento prima a prepararsi un alibi - se ne accusa colpevole. Pur con qualche fatica la polizia lo arresta. Finalmente il nome di Biagio è su tutti i giornali e mentre gli piovono addosso come aveva sperato, contratti pubblicitari richieste di articoli, proposte di film da interpretare si imbastisce il processo. Contando di servirsi del suo alibi all'ultimissimo momento Biagio ascolta sorridendo l'arringa del pubblico ministero che chiede per lui la condanna a trent'anni di carcere. A questo punto, l'imputato ricorre alla sua arma segreta. Il maresciallo dei carabinieri, però, che avrebbe dovuto scagionarlo, muore davanti al giudice prima d'aver potuto testimoniare. Vittima del proprio imbroglio, Biagio finisce in un penitenziario, dove verrà presto dimenticato da tutti.
http://www.comingsoon.it/Film/Scheda/Trama/?key=7603&film=SONO-STATO-IO
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L'inganno più dolce. Il cinema di Alberto Lattuada, a cura di Silvia Tarquini. Riportiamo qui di seguito la prefazione al volume di Sergio Toffetti:

«Lo storico dell'arte Erwin Panowfsky paragona la produzione di un film all'edificazione di una cattedrale medievale, con il vescovo committente nella parte del produttore, il regista in quella dell'architetto capo e gli sceneggiatori come consiglieri scolastici che stabiliscono il programma iconografico. Arte collettiva per eccellenza, il cinema infatti ha sempre causato acerrime discussioni per definire chi ne sia l'autore. Ma in realtà, la critica italiana ha sempre avuto bisogno di "segni forti" per riconoscere gli autori, fondandone la personalità più sulla coerenza tematica che sull'identificazione, all'interno delle opere, di ricorrenti figure espressive [...]. Sfuggono agli schemi preordinati soprattutto i più prolifici, come Alberto Lattuada. Ma se la qualità della sua produzione cede talvolta all'impatto con gli obblighi produttivi, nel complesso - e ciò gli verrà riconosciuto a partire dagli anni '80 - il suo stile raffinato si rivela anche dietro l'apparente casualità delle storie, un po' sulla falsariga dei grandi autori hollywoodiani. In questa prospettiva la linea direttrice del suo cinema riprende continuità, dal "calligrafismo" degli esordi, alla stagione neorealista - i cui film, tuttavia, potrebbero di volta in volta essere classificati altrettanto bene nelle caselle tassonomiche del noir (Il bandito, Senza pietà), o del romanzo storico (Il mulino del Po), ecc. - all'autorialità morbida che sa esprimere a cavallo degli anni '60, sicuramente fiutando nell'aria l'arrivo delle nouvelles vagues, fino all'esemplarità di mestiere dell'ultimo periodo. [...] In una delle sue incursioni nella commedia all'italiana - anche se predilige sempre un territorio di confine dove i generi diventano indefinibili, Lattuada regala ad Alberto Sordi uno dei suoi personaggi più intensi, il "picciotto" siciliano, cui "gli amici" hanno trovato un buon posto nell'industria del nord, e che per disobbligarsi è costretto ad accettare un contratto da killer a New York ne Il mafioso (1962). Lattuada recupera l'eterogeneità dei temi con la coerenza di uno stile estremamente raffinato, nutrito di derivazioni letterarie e attento ai valori plastici nella composizione dell'inquadratura, che a tratti produce un cinema di grande libertà, spesso in singolare sintonia, pur nella diversità di punti di riferimento culturali, con un certo psicologismo esistenziale dei "giovani autori".
Segni di vivacità culturale anticipata dalla formazione di questo giovane intellettuale milanese che, assieme a un gruppo di amici, tra cui Mario Ferrari, Gianni e Luigi Comencini, Luciano Emmer, Luigi Veronesi, fonda nel nostro paese la Cineteca Italiana: a loro si deve il salvataggio di numerose pellicole, destinate al macero, e la leggendaria proiezione a Milano, in pieno fascismo, di La grande illusione di Renoir, che costringe lo stesso Lattuada a un breve periodo di clandestinità.
Lattuada lo ritroviamo anche insieme a Ernesto Treccani nella rivista in odor di fronda Corrente, cui collaboreranno, fra gli altri, Argan, Gadda, Quasimodo, Pratolini, Saba, Vittorini. Sulle pagine di Corrente compaiono per la prima volta le tavole fotografiche realizzate da Lattuada: l'Occhio quadrato che  anticipa lo sguardo del neorealismo sulla realtà, colta al di fuori degli schemi, suscitando, tra l'altro, una sorprendente reazione di Pio Nimeco alias Domenico Purificato sulle pagine di Cinema: "M'insospettisce quell'armamentario rugginoso da rigattiere di Campo de' Fiori, quegli abusati manichini da sarti e da barbieri, quel commovente, commosso, filantropico, ottocentesco sguardo agli uomini dei tuguri e delle catapecchie, ai bambini malaticci, agli scapoli "cucinieri e lavandai" " [...]. Quello sguardo "ottocentesco" diverrà di lì a poco lo sguardo comune di una generazione di cineasti, e una delle caratteristiche della "factory Lattuada": la moglie Carla Del Poggio in primo luogo, che Lattuada dirige in alcuni dei suoi film più belli; il padre Felice, che esordisce nel cinema come compositore con Camerini un po' prima del figlio; ma anche la sorella Bianca segretaria di produzione in tanti dei suoi film, e Aldo Buzzi, il compagno di Bianca, che in parallelo alla straordinaria carriera nell'editoria, gli farà da assistente e da sceneggiatore; e addirittura i suoceri, Ugo e Maria Pia Attanasio che trasforma in attori, e poi il figlio Francesco, oggi affermato production manager. Del resto, è la stessa cosa che, da vero innamorato del cinema, Alberto Lattuada ha finito per fare anche con noi spettatori: ci ha coinvolto nei suoi amori».
***
«Nell'aula del processo a carico del mostro Biagio Solise, accusato di aver strangolato un soprano della Scala durante la Lucia di Lammermoor, c'è anche il regista Lattuga che prende appunti. Lo impersona, un po' alla Hitchcock, lo stesso Alberto Lattuada, che mentre gira i suoi film si diverte a scherzare con gli amici (il presidente del tribunale, per esempio, è lo scrittore Piero Chiara). Anche Lattuada, come Lattuga, ha l'abitudine di annotarsi le cose; e i primi appunti che fece per Sono stato io!risalgono a oltre dieci anni fa, quando voleva far debuttare sullo schermo l'ancora inedito Adriano Celentano in un progetto dal titolo Essere un mostro. Quelle poche paginette, scritte con Luigi Malerba in margine alla realtà della cronaca nera, hanno poi trovato una dimensione di spettacolo nel copione di Ruggero Maccari, uno sceneggiatore che conosce l'arte di divertire; la carta decisiva l'ha giocata Giancarlo Giannini, in gran forma dopo le virtuosistiche esibizioni nei film di Lina Wertmüller. Film girato su un attore, Sono stato io! è il ritratto di un bullo di periferia che aspira alla fama fatua dei rotocalchi e della Tv: tanto che non esita ad accusarsi di un delitto, facendo ricadere su di sé ogni sorta di indizi, perché crede di avere in tasca un'assoluzione a sorpresa con relativi titoli in prima pagina» (Kezich).
http://www.fondazionecsc.it/events_detail.jsp?IDAREA=16&ID_EVENT=222&GTEMPLATE=ct_home.jsp

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