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martes, 14 de mayo de 2013

Oltre la porta - Liliana Cavani (1982)


TITULO ORIGINAL Oltre la porta
AÑO 1982
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español e italiano (Separados)
DURACION 110 min.
DIRECCION Liliana Cavani
GUION Liliana Cavani & Enrico Medioli
MUSICA Pino Donaggio
FOTOGRAFIA Luciano Tovoli
REPARTO Marcello Mastroianni, Eleonora Giorgi, Tom Berenger, Michel Piccoli, Paolo Bonetti
GENERO Drama

SINOPSIS Nina (Giorgi), italiana, vive in Marocco; il suo patrigno Enrico (Matroianni) è in carcere accusato di aver ucciso la moglie; Matthew (Berenger) sposerà Nina, ma sarà piantato dalla moglie per l'ormai vecchio e spento Enrico. (Film Scoop)




Estamos ante una estupenda película de Liliana Cavani, bien dirigida, bien interpretada, con un buen guión, con una música aceptable de Pino Donaggio, y con un buen reparto (Mastroianni, Berenger, Piccoli).La historia de amor entre Eleonora Giorgi y Marcello Mastroianni es tan retorcida como la de la más famosa, y previa, película de Cavani "Portero de noche" (Il portiere di notte, 1973). Es una historia en la que las pasiones, los deseos, atan a los personajes en una red de la que pueden salir, pero no quieren salir. Mastroianni está muy atractivo en esta película, será por la barba; más atractivo incluso que Tom Berenger.
Una película que todos los amantes de las historias de amor retorcidas y malsanas deben ver, si no la han visto ya. No es fácil encontrar o ver películas de Liliana Cavani, ni en DVD ni en la tele, ni en los cines. Este largometraje lo he podido ver en una edición en DVD que al menos respeta la versión original (que se puede ver subtitulada); una versión original en italiano en la que, supongo, Tom Berenger está doblado.
Pedro Triguero_Lizana
http://www.filmaffinity.com/es/reviews/1/103818.html
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Marcello Mastroianni, mal rasato e ingrassato, infagottato in un pastrano oscuro e con gli occhiali neri da killer, insegue e perseguita per le vie di Roma Eleonora Giorgi, viso pulito acqua e sapone, sposina (così appare allo spettatore) di fresco.
Per il tramite di un flash-back tremendo si torna a Marrakech: l'accostamento di montaggio è grossolano, ma dalle vesti dei passanti e dal colore delle bouganvillee ci accorgiamo di essere ormai nella Medina, e non più ai Parioli. E a Marrakech, della quale ritroviamo tutte le vedute dei prospetti charter, seguiamo la faccenda con gli occhi chiari del solito giovane americano di belle speranze Tom Beranger, jeans attillati, ingegnere del petrolio ed elicottero a disposizione per partire in week-end con la bella al di là dell'Atlantico, visita alle rovine e pic-nic completo di thermos e plaid scozzese. La bella è Eleonora Giorgi, e spiegarvi cosa faceva a Marrakech diventa meno semplice. Il nostro giovane l'incontra al bar, ovviamente del Mamounia, l'equivalente del Palace di St. Moritz per l'Africa del Nord. Fa la guida per turisti: ed il nostro, colpo di fulmine, la segue nelle sue peregrinazioni per la casbah.
Arabi molli e corrotti, mance che spalancano le porte, orgette e guardoni come a Pigalle, sodomizzazioni a turiste estatiche, previa lacerazione di jeans con forbice ad effetto spettatori che pensano di andare a vedere un film più o meno porno. E qui si sbagliano: la Cavani non vuol tanto turpitudini, quanto melodrammi: Eleonora non lo fa per piacere, ma per dovere. Guadagnare quattro soldi, conservarsi pura e attendere l'uscita dal carcere dal proprio patrigno (Mastroianni, naturalmente), al quale è attaccata da spirali erotiche (l'amplesso con lo slip di cui alla locandina del film) più che sentimentali.
Il tiranno incestuoso che imprigiona la colomba immacolata, l'avreste pensato pure voi. Immaginate l'americano dagli occhi chiari che in più è anche innamorato. E, come se non bastasse, c'è anche il padre (quello vero, Michel Piccoli) che gli dice portala via, portala via da questo inferno se vuoi salvarla da quel sàtiro e da quest'Africa che ti fa perdere i sensi.
Saltando un mucchio di dettagli e di personaggi per non infierire sulla vostra pazienza, giungiamo alla conclusione. Anche perché è la cosa che deve aver indotto la regista ad interessarsi della faccenda: l'aguzzino non è lui. Non lui, volontariamente in carcere per conservare (pietà, attrazione morbosa per l'oggetto condizionato) la proprietà di una compagna più giovane e disponibile. Posseduto e non possessore (il che spiega anche perché l'interprete di Fellini abbia accettato un ruolo altrimenti odioso, oltre che sconclusionato): è lei, la colomba, che lo teneva in carcere per usarlo come e quando gli piaceva. Abbandonerà il (presunto) amore per il giovane in jeans per il vecchio e odioso oggetto di possessione.
Insomma: il tema del possesso reciproco, delle prigioni mentali che creiamo per noi e per gli altri e che prevaricano le leggi antiche, le morali precostituite, i sentimenti di comodo che ci hanno tramandato per conservare condizionamenti di comodo.
Liliana Cavani non era nuova a questi temi, che aveva sviluppato con intuizioni felici (accanto ad altre tentazioni non sempre giustificabili) nei suoi momenti più noti (tipo Portiere di notte) e anche in opere non totalmente riuscite (come quel La pelle che avevamo difeso un anno fa a Cannes) ma che dimostravano una sua volontà di uscire dai sentieri battuti non tanto morali quanto espressivi. Qui, lo avrete compreso, è un macello. A parte il tema, che come sempre in questi casi si considera non interessante, la trama è clamorosa nella sua mancanza di logica e di semplicità. Ma, come sempre, è nello scadimento di qualità, per non dire nell'inesistenza dello sguardo che tutto precipita. Non una sola immagine dell'Africa suggerisce qualche sentimento che potrebbe giustificare le psicologie dei personaggi o i risvolti dell'aneddoto, non una luce viene a illuminar queste faccende oscure che ci lasciano completamente indifferenti.
Abbandonati a se stessi gli interpreti sono pessimi, primo fra tutti un Mastroianni in preda a furori erotici troppo espliciti per il proprio fisico e a contraddizioni psichiche troppo improbabili per la propria mimica. Eleonora Giorgi parla d'incesto e di suicidio con la medesima intonazione con la quale annuncia l'orario del jet per Casablanca, e Piccoli deambula in abito lungo per sottolineare il proprio africanismo. Liliana Cavani ha molti nemici (fra i quali non ci siamo mai schierati) pronti a fischiarla ad ogni suo non impossibile eccesso: non è certo con imprese turistico-psicopatologiche come quella di Oltre la porta che riuscirà a far girare il vento.
http://www.rsi.ch/filmselezione/scheda.cfm?tipo=alfa&iniz=o&start=18


LIBRI DI CINEMA - "Liliana Cavani - Ogni possibile viaggio"

La monografia, dedicata ad una delle registe italiane più anticonformiste, offre un'attenta ed approfondita analisi del linguaggio filmico di Liliana Cavani. Il libro di Francesca Brignoli, edito da Le mani, è la storia parallela di due lunghe storie di fedeltà, quella di Liliana Cavani verso sé stessa e quella dell'autrice verso la regista ed il suo cinema. Un viaggio che vale la pena di intraprendere e che rapirà il cuore del lettore meno sprovveduto.

Francesca Brignoli realizza una preziosa monografia sul cinema di Liliana Cavani, offrendo “ogni possibile viaggio” al lettore attraverso i lavori della regista carpigiana. Si tratta di un testo piacevolmente magmatico, che prende il via dall'incompiuto, il film più urgente da fare, un progetto arenato di cui è stata pubblicata la sola sceneggiatura, ricordato nello scritto di Liliana Cavani e Italo Moscati “Lettere dall'interno. Racconto per un film su Simone Weil”. Da un incompiuto, e dunque da una tensione perpetua verso l'infinito, inizia l'itinere attraverso il linguaggio filmico ontologico del cinema della Cavani, centrato sull'analisi di anime inquiete, di “animali sociali che amano e soffrono senza mai sottrarsi ad alcuna prova”. Muovendosi tra le pieghe della sua cinematografia, l’Autrice approfondisce la storia e gli interessi personali della regista, soffermandosi su una moltitudine di argomenti e prospettive, sempre esposti con uno stile curato e di agile lettura.
È un’opera epidermica, da cui trapela una forte ed autentica passione, frutto di una lunga gestazione, partita dalla tesi di laurea della Brignoli, dedicata alla comparazione tra il primo “Francesco” (esordio alla regia della Cavani, nel 1966) e quello più recente, interpretato da Rourke. Il fil rouge di questo “Ogni possibile viaggio” è la disamina cronologica dell’attività artistica della regista, un'indagine accurata da cui emerge la personalità di una donna appassionata, scandagliata nelle varie sezioni del testo. Brignoli individua i germi dell’opera della Cavani nel suo ambiente famigliare, raccontando dell’amore per l'arte trasmesso dal padre, architetto ed uomo di grande cultura, dell'intenso rapporto con la zia, del laicismo imperante in famiglia e dell'amore per il cinema sbocciato da bambina, grazie anche ad una madre cinefila. Dopo la laurea in Lettere classiche a Bologna, frequenta, insieme a Marco Bellocchio e Silvano Agosti, il corso di regia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, come unica donna e migliore allievo. La Cavani si dedica alla scrittura, prima della regia, iniziando nel 1960 un'attività di pubblicista saggista su temi di cultura, ed attualità che continua ancora oggi, e molti dei suoi film sono tratti da romanzi, come “Il gioco di Ripley”, basato sull'omonimo testo di Patricia Highsmith, o “La Pelle”, ispirato al libro di Curzio Malaparte, in cui si affronta il tema della guerra e delle sue tragedie umane. La Brignoli riconduce il linguaggio cinematografico della Cavani all'interno di un gruppo, non esclusivamente generazionale, di cui fanno parte anche Marco Bellocchio e Bernardo Bertolucci; il loro è un cinema che ha assimilato definitivamente la lezione neorealista e che inventa nuove forme di lettura del reale, ricorrendo a punti di vista intensamente soggettivi e ad una costante operazione di (s)mascheramento, sofferta e libera, del mondo e della storia. La Cavani elegge a mitologia la storia di esseri umani comuni ed insieme archetipici, e descrive al contempo l’umanità di figure storiche sublimi, muovendosi dentro e fuori le mura della storia e del tempo, percorrendo pensieri, sentimenti, accadimenti storici e psichici assoluti, che il suo cinema traduce in immagine esplorativa e territori emotivi. Le sue opere hanno spesso generato scandalo, amplificato dal fatto di essere donna, ma “Liliana Cavani è il puer aeternus che affronta con <> il mondo, aggiungendo alla generosità della passione il rigore dell'umanista”.
La Cavani è un'artista che non ha mai temuto di osare, e lo si nota anche nelle scelte dei suoi interpreti. Le fattezze del suo primo “Francesco” furono quelle dello splendido e giovane Lou Castel, che aveva appena girato con Bellocchio “I pugni in tasca”, incarnando il ruolo del giovane ribelle pre-sessantottino; nel suo secondo film su Francesco d'Assisi, alla fine degli anni '80, la regista sceglie invece Mickey Rourke, reduce da film come “L'anno del Dragone” di Cimino, ma anche (e soprattutto) “Nove settimane e mezzo”, uno yuppie molto fisico e seducente, una scelta ardita che destò scalpore, ma ancora una volta caduta su una perfetta effige dell’Uomo contemporaneo. Nel testo edito da Le Mani, Francesca Brignoli ci conduce, pagina dopo pagina, in un viaggio alla scoperta delle sfumature della cinematografia di una regista spesso contestata e di una donna naturalmente anticonformista, che è riuscita a dare vita ad un cinema libero da dogmatismi, controverso ed autentico. “Liliana Cavani - Ogni possibile viaggio” è un'opera di grande spessore analitico, un saggio storico-critico in cui l'autrice porta avanti un'analisi puntuale di tutti i suoi film, per mettere a fuoco temi, luoghi e ispirazioni dell'opera di questa regista italiana.
La Brignoli procede ora in maniera cronologica, ora affrontando in maniera dettagliata i temi delle architetture cinematografiche delle opere della Cavani, compiendo una ricerca accurata e approfondita sulle fonti, che permette al lettore di comprendere al meglio l'importanza della regista nel contesto del cinema italiano ed internazionale. Si ripercorrono così le storie di uomini e donne indomabili, dal “Francesco” del 1966 a “Galileo”, da “I cannibali” a “Al di là del bene e del male” a “La pelle”, da “Interno berlinese” al secondo film sull'Assisiate, fino a “Ripley's Game” ed ai recenti “De Gasperi” e “Einstein”. La Brignoli confeziona un saggio appassionato, un testo denso e stratificato, supportato da apparati meticolosi e completi di filmografia e teatrologia, arricchito da una preziosissima raccolta di fotografie a colori, efficacemente stampate su carta patinata, molte delle quali scattate direttamente sui set. Uno scritto gioioso e competente che rapisce il lettore e lo conduce in “ogni possibile viaggio” insieme ad un’artista cardine del cinema mondiale.
http://www.sentieriselvaggi.it/15/46588/LIBRI_DI_CINEMA_-_Liliana_Cavani_-_Ogni_possibile_viaggio.htm 

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