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lunes, 20 de mayo de 2013

Il caso dell'infedele Klara - Roberto Faenza (2009)


TITULO ORIGINAL Il caso dell'infedele Klara
AÑO 2009
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Italiano (Separados)
DURACION 90 min.
DIRECTOR Roberto Faenza
GUION Roberto Faenza, Maite Bulgari Carpio, Marzio Casa, Valentina Leotta, Hugh Fleetwood (Novela: Michal Viewegh)
MUSICA Giovanni Venosta
FOTOGRAFIA Maurizio Calvesi
REPARTO Claudio Santamaria, Iain Glen, Laura Chiatti, Kierston Wareing, Paulina Nemcova, Anna Geislerová, Miroslav Simunek, Yemi Akinyemi, Dorota Nvotová, Adriano Wajskol, Zuzana Fialová, Sabina Began
PRODUCTORA Coproducción Italia-República Checa; Jean Vigo Italia / Medusa Film / In Film Praha
GENERO Drama. Romance | Celos

SINOPSIS El amor de un un joven músico de Praga por su hermosa novia provoca en él unos celos enfermizos que lo llevan a contratar a un detective privado para que la siga. Esta situación da lugar a una serie incontrolable de accidentes, malentendidos y trampas que lo conducen a una insólita Venecia. (FILMAFFINITY)




L’intento è Kiaro
Si parli allora di gelosia, se ne stenda il teorema dimostrandolo attraverso una vicenda che presenti la questione sotto varie prospettive: la gelosia come festival intimo in cui la pura idea del tradimento è regina che tormenta più della certezza della sua effettiva consumazione, come chiodo fisso al quale si appende il quadro della propria realtà interiore devastata, come virus che deforma la percezione delle cose, che rende falsamente indicativi elementi altrimenti insignificanti. Faenza, posto il tema, lo svolge nella maniera più schematica e semplicistica: abborraccia un unico personaggio, quello del detective che abdica al suo ruolo per trasformarsi in discutibile supporto psicologico che ora media ora alimenta le paranoie del cliente, con un minimo di tic riconoscibili (il leit-motiv delle scarpe, la psicoanalisi spicciola); cerca di cucirgli addosso una storia parallela che possa supportare quella principale (a dir poco stentata) vissuta da due caratteri che più banali e anonimi non si può; vi aggiunge lo strano caso di dipendenza freudiana tra i due uomini che imbastiscono un rapporto a doppia faccia in cui ciascuno rispecchia le proprie piccole ipocrisie o incertezze amorose. Si discuta a quel punto di gelosia immotivata come malattia distruttiva, di masochismo interiore come frutto paradossale dell’inaccettabile idea della fedeltà del partner, si citino a supporto Dante come Shakespeare (l’immancabile Otello), Jim Morrison come Kafka, si consideri la gelosia come un processo chimico rimediabile proprio in virtù di tale natura, il traditore come vera vittima del suo atto fedifrago che scaturisce da una disperata ricerca di felicità.
Faenza, che sul piano prettamente visivo-compositivo non è mai stato uno sprovveduto, sembra, sempre più, giocare coscientemente con l’indifendibilità del suo prodotto; pare, per questa, quasi volerne rivendicare l’originalità, consegnando questo orrendo film al suo tipico intellettualismo, quello cosciente della sua volgarità; in forza di ciò il film evita con pervicacia qualsiasi profondità di risvolto, preferendo entrare e uscire dal trash, poggiando su ciò le sue ambizioni di oggetto di analisi: scene di sesso in cui luci e ombre giocano a far patina; l’agenzia di investigazione dotata di tecniche sofisticatissime di pedinamento e controllo a distanza che neanche la C.I.A.; Luca e Denis ubriachi a vomitare banalità e prendersi a pugni; Santamaria in ospedale dopo l’incidente; la rozza dialogistica (brani a scelta); la musica che rallenta il ritmo e si interrompe al momento della defaillance sessuale oramai conclamata; Luca che pone domande sulla gelosia a un bambino, genio problematico (il cui ruolo all’interno dell’architettura del film rimane imperscrutabile, ma ha l’indiscutibile pregio di parlare poco o niente). Ci sarebbe da interrogarsi sulla natura di questo vacuo girare e analizzarlo a fondo sul serio se non fosse che pochi film, come questo, sono così spudorati (di quella spudoratezza che coglie, però, chi è fuori dai giochi) nel denunciarsi come costruiti allo scopo di istigare il basso istinto al greve dibattito che alimenta se stesso e l’attenzione nei confronti dell’opera che lo genera. Pochi film, come questo, risultano sintomatici della facilità con la quale il meccanismo commerciale si mette in moto e funziona quando è congegnato allo scopo di toccare le corde giuste di un pubblico facile a farsi solleticare, una platea debole che (non si mettessero a repentaglio gli incassi, irrinunciabili per la sopravvivenza di questo raccapricciante cinema italiano) per questo andrebbe protetta, stimolata alla visione di altro, ad altro discorrere e discettare, risollevata dall'oscenità del merdoso chiacchiericcio mediatico e non calata con energia nel suo melmoso fondo, giù, giù, fino a farla soffocare.
Luca Pacilio
http://www.spietati.it/z_scheda_dett_film.asp?idFilm=2093
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Non credo sia possibile affrontare un discorso sulla gelosia, senza citare un film in cui e’ proprio questo sentimento ad essere protagonista. Sto parlando de “Il caso dell’infedele Klara”, del regista Roberto Faenza, per il quale, quando mi e’ capitato sotto gli occhi, vuoi per il titolo, vuoi per l’argomento trattato, non ho potuto far a meno di provare un certo interesse.
La pellicola, una produzione italo-ceca tratta dal romanzo “Prípad neverné Klary” di Michal Viewegh, ha come protagonista, appunto, la gelosia nelle sue due sfaccettature piu’ estreme: quella ossessiva e patologica che pur scatenando la passione riempie la vita di sofferenza, e la sua completa assenza che mette al riparo il cuore dal soffrire, ma che smorza anche il desiderio. Due facce della stessa medaglia che vengono ben rappresentate dai due protagonisti maschili, Luca e Denis, e dalle tre donne che fanno loro da comprimarie in questa tragicommedia dal vago sapore noir.
Al di la’ dei giudizi che si possono dare sulla qualita’ del film, che possono essere discordi in base ai gusti personali, la storia e’ in ogni caso trattata in modo da suscitare non poche riflessioni, e le domande alle quali ci troviamo a dare una risposta alla fine del film sono diverse ed interessanti. E’ meglio un rapporto d’amore che sia intriso di gelosia, uno che non lo sia affatto oppure la formula magica risiede in fondo in una giusta dose, equilibrata, di un sentimento che, anche se crea apprensione ed ansia, non diventa mai desiderio di possesso, di controllo o di prevaricazione nei confronti della persona amata?
Ma procediamo con ordine. “Il caso dell’infedele Klara” racconta, in un crescendo di tensione e sospetti, una doppia storia: quella di Luca, un musicista italiano che insegna musica in una scuola di Praga, tormentato da una maniacale forma di gelosia nei confronti della sua fidanzata Klara, studentessa universitaria vicina alla laurea, e quella di Denis, un investigatore-psicologo ingaggiato da Luca per trovare le prove dell’infedelta’ di Klara, uomo freddo e calcolatore che pare immune alla gelosia e che vive un rapporto di coppia estremamente aperto con la moglie Ruth, essendo innamorato anche della sua assistente Nina.
Luca dubita, immagina, e fa spiare Klara, insospettito soprattutto dal rapporto che la ragazza ha con Pavel, suo tutor all’universita’ dove sta per laurearsi in storia dell’arte e si lascia talmente accecare dalla gelosia al punto di cancellare tutto il resto, compresi i sentimenti di lei. Grazie alla collaborazione di Denis, pero’, che ad un certo punto decidera’ di occultare alcune prove che ritiene secondarie, quasi a voler proteggere il suo cliente tormentato dai sospetti, Luca, che non riesce piu’ a credere a cio’ che Klara gli dice e rischia di rompere definitivamente il rapporto con lei, con la mente adombrata da questa gelosia irrazionale ed imprevedibile, arrivera’ a costringere Denis a seguire Klara sino a Venezia, dove il fascino della giovane studentessa non lascera’ indifferente neanche l’esperto investigatore, e dove si consumera’ l’inevitabile epilogo. Un epilogo con il quale, in un gioco delle parti che mutuera’ l’uno verso l’altro sentimenti sconosciuti, Luca riuscira’ a conquistare la tranquillita’ conseguenza della certezza del tradimento, mentre Denis ricevera’ in cambio la capacita’ di vedere il suo matrimonio sotto una luce diversa, costringendolo ad assumersi la responsabilita’ di una scelta, forse non tanto decisa da lui quanto forzata dalla decisione di Ruth di svincolarlo dal loro rapporto divenuto ormai sterile.
L’eccessiva gelosia e’ dunque il fulcro attorno alla quale ruota tutta la storia, ma il film non e’ solo incentrato sulla gelosia perche’ non trascura altri aspetti come l’amore e le passioni, in una girandola di eventi che condurranno lo spettatore a riflettere sul rapporto con il proprio partner e con il resto del mondo, in un confronto diretto fra chi pensa che la gelosia sia indispensabile in un rapporto d’amore e chi crede che invece si possa annullare la sofferenza causata da questo sentimento grazie ad un’apertura mentale in grado di “pacificare”.
Se il comportamento di Luca fa riflettere su cio’ che e’ banale e scontato, riconosciuto unanimemente, vale a dire sulla potenza distruttiva dell’ossessione, e’ Denis che pero’ suscita le domande piu’ insidiose. Costui, infatti, complice delle relazioni extraconiugali della moglie, incapace di costruire un rapporto fatto di passione e di gelosia, ha fatto suo il motto “se sei felice, io sono felice”, ma non si rende conto di avere solamente silenziato uno strumento che, se lasciato libero di suonare, avrebbe prodotto delle note per lui sgradevoli.
Luca e Denis sono in fondo diversi perche’ stereotipi, anche culturalmente, di un diverso modo di vivere la passione, ma allo stesso tempo sono uguali : uomini deboli perche’ incapaci di accettarsi e di lavorare su di se’. Ed e’ il loro incontro, che diventa interscambio, che alla fine di tutto, come nei vasi comunicanti, riesce a livellare le due personalita’ smussandone gli angoli e rendendole entrambe “risolte” e davvero pacificate.
Di contorno le tre donne, Klara, Ruth e Nina, anche loro cosi’ uguali e cosi’ diverse, dotate di sensibilita’, di pazienza e di una comprensione a tratti materna, esprimono e simboleggiano l’intero universo femminile che con la sua variegata sensualita’ ed il suo marcato erotismo scatena pulsioni e sentimenti travolgenti, inarrestabili ed incontenibili ai quali gli uomini, tutti, non riescono a sottrarsi. E senza volerlo, manipolando con ingenua naturalezza le emozioni, stabiliscono i tempi ed il succedersi degli gli eventi, divenendo esse stesse le autentiche artefici e registe di una vicenda che difficilmente piacera’ agli uomini, poiche’ dopo secoli di prevaricazioni sul mondo femminile, l’uomo, che sia passionale oppure freddo, fa comunque fatica a confrontarsi con una donna matura ed indipendente.
http://chiaradinotte2.wordpress.com/2010/10/19/il-caso-dellinfedele-klara/


Roberto Faenza è uno dei pochi registi italiani dai quali non ti aspetti un film come Il caso dell’infedele Klara. Liberamente tratto dall’omonimo testo del ceco Michal Viewegh, Il caso dell’infedele Klara è un film superficiale con una sceneggiatura banale e un’ambientazione esclusivamente scenografica, da soap-opera. Faenza affronta il tema complesso della gelosia con l’accetta della banalità, del luogo comune, con un volo basso e incerto che ne sfiora le sfaccettature senza approfondirne nessuna.
Luca (Claudio Santamaria) è un musicista italiano che vive a Praga, fidanzato con la studentessa universitaria Klara (Laura Chiatti), della quale è follemente geloso, al punto da rivolgersi ad un’agenzia investigativa, per seguirla. Denis, l’investigatore che si occupa del caso, capisce che la gelosia di Luca è una malattia priva di vero fondamento e cerca perciò di risparmiargli particolari insignificanti della vita di lei che potrebbero alimentare la sua paranoica ossessione. Klara è infatti fedele ma nonostante questo Luca finisce per rovinare il rapporto con lei sottoponendola a continui interrogatori e discussioni. Sullo sfondo di queste vicende prende lentamente corpo il privato di Denis che vive un ménage coniugale aperto e apparentemente felice: sua moglie ha infatti altri amanti, dei quali condivide con lui l’esistenza. La vicenda si fa più intricata nel momento in cui Denis si invaghisce di Nina, una sua collega di lavoro, e seguendo Klara in un viaggio a Venezia sempre per conto di Luca, finisce per cedere anche lui alla confusione irrazionale della passione, che però lentamente porta verso un lieto fine stridente.
L’intreccio sarebbe stato interessante se invece di raccontare i personaggi con  superficialità da romanzetto rosa, Faenza si fosse realmente addentrato nella psicologia di ognuno di loro, delineando con maggiore profondità i tratti della sofferenza di Luca – che invece sembra un attore comico alle prese con gag ridicole – la complessità della vita privata di Denis – che all’inizio sembra un filosofo approdato alla libertà per trasformarsi poi in un confuso sentimentale – e le dinamiche interiori dell’intera vicenda, completamente scollegate anche dall’ambientazione. Praga, come Venezia, è infatti solo una cartolina piatta che fa da sfondo a vicende bidimensionali, incapaci di prendere vita dalla mano del regista. Laura Chiatti si aggira nuda per le scene senza lasciare segno, Claudio Santamaria si impegna nell’interpretazione di un personaggio in bilico fra dramma e barzelletta e forse l’unica che fa piacere ritrovare è Kierston Wareing -  lanciata da Ken Loach in In questo mondo libero – capace di dare al personaggio di Nina quell’autenticità che manca agli altri.
Arianna Biagi
http://www.schermaglie.it/italiana/1081/il-caso-dellinfedele-klara

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