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martes, 21 de mayo de 2013

SOS laribiancos (I dimenticati) - Piero Livi (2001)


TITULO ORIGINAL Sos Laribiancos (I Dimenticati)
AÑO 1999 
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 102 min.
DIRECCION Piero Livi
ARGUMENTO Piero  Livi (Novela "Quelli dalle labbra bianche" de Francesco Masala)
GUION Piero  Livi 
REPARTO Lucio Salis, Sandro Ghiani, Vanni Fois, Alessandro Partexano, Anna Maria Petrova, Elvira Giannini, Giuliano Oppes, Sergio Aru, Giorgio Spano, Giovanni Barrottu, Eleonora Pariante, Giomaria Angius, Duccio Bonacossa, Terry Ogno, Prete Fele, Vittorio De Rosas, Serafino Spiggia
FOTOGRAFIA Gianfranco  Transunto 
MUSICA Claudio  Tallino 
MONTAJE Franco  Malvestito 
ESCENOGRAFIA Luigi  Calosso 
VESTUARIO Luciano  Calosso
PRODUCCION Arcipelago Cinematografica 
GENERO Guerra

SINOPSIS Un gruppo di poveri soldati sardi si trova a combattere in Russia una guerra di cui non sanno nulla. Tali sono le difficoltà che nel ricordo perfino la fame e la miseria patite al loro paese diventano un dolce ricordo in confronto alla follia del "fronte bianco". (Comingsoon.it)


Il titolo si riferisce alle labbra dei poveri, dei deportati di guerra, di tutti coloro che soffrono la fame, il freddo e le miserie della vita, che rendono, appunto, le labbra bianche.

Sinossi: Nel 1942, gli uomini di un piccolo paesino della Sardegna - quelli dalle "labbra bianche" - vengono chiamati alle armi per raggiungere il fronte russo: una guerra durissima, contro un nemico invisibile, ma soprattutto contro il freddo e la fame. Nelle lunghe giornate, nell'attesa dei combattimenti, emergono via via i caratteri dei personaggi, i ricordi dei cari lasciati nella propria terra e la vita spensierata che forse solo ora iniziano ad apprezzare. Ma le condizioni disperate nelle quali i soldati sono costretti a combattere, nonostante l'amicizia e la solidarietà, portano a compiere azioni estreme, fino a giungere al cannibalismo per non morire di fame. Soltanto pochi di loro riescono a fare ritorno all'amato paese, e raccontare questa tragica storia.

Ambientazione: Sardegna / Belgrado (Serbia)

Libro sul film "Sos Laribiancos (I Dimenticati)": "Quelli dalle Labbra Bianche"
di Francesco Masala, 144 pp, Il Maestrale, collana Tascabili. Narrativa, 2010

Pubblicato per la prima volta nel 1962, "Quelli dalle labbra bianche" rappresenta un capitolo fondamentale nella scoperta poetica e narrativa di una Sardegna senza compiacimenti etnici. Ma il romanzo di Masala è soprattutto l'invenzione letteraria del villaggio-universo di Arasolè. Ad Arasolè la storia mondiale è passata col suo luttuoso lascito di guerra. Ad Arasolè, un giorno, il campanaro Daniele Mele, suonando "a doppio", chiama a raccolta i compaesani per rendere omaggio, dopo vent'anni, ai caduti in guerra. Daniele Mele, unico superstite fra i compaesani spediti nella disastrosa avventura, è la voce recitante della memoria di una sottostoria che riporta alla trincea, al caposaldo tre della linea K sul fronte russo. Fra gli orrori del fronte e i ritorni al villaggio e alle sue storie nasce in queste pagine la poesia della solidarietà contro la retorica e la logica dell'eroismo.
http://www.cinemaitaliano.info/soslaribiancos
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La parola al regista: conversazione con Piero Livi
Attraverso la trasposizione del romanzo di Masala ho voluto riscattare la memoria di un passato dimenticato. Non sono sufficienti sessant’anni per dimenticare un momento storico tanto importante. Questo film intende ricordare una vicenda umana che ha coinvolto migliaia di italiani, un’intera generazione con una guerra assurda.
Dimenticare significa indifferenza o mancanza di sensibilità, ma significa anche non conoscere, soprattutto per i giovani cha hanno perso il senso delle loro radici. Infatti uno dei motivi per cui mi sono avventurato in questa impresa è stato il desiderio di riproporre ai giovani un momento storico a cui in definitiva hanno partecipato se non i loro padri, i loro nonni.
Naturalmente la dimenticanza non riguarda solo i sardi, ma tutti i combattenti italiani che parteciparono a quel tragico evento che fu la Campagna di Russia.
Con Sos laribiancos – I dimenticati sono riuscito a tornare al mio cinema libero del primo periodo, stilizzando mezzi e modalità organizzative e mantenendo rapporti paritetici e collaborativi con la troupe e soprattutto con gli attori. Con questi ho voluto prima delle riprese, discutere a fondo ogni scena, chiedendo loro opinioni e idee. Per rispettare l’elemento genotipico e linguistico, necessario quest’ultimo nei dialoghi in lingua sarda, alcuni personaggi sono interpretati da attori sardi non professionisti, bravissimi sino alla commozione.
Il film non è un vero e proprio film storico, ma la vicenda romanzata di un gruppo di uomini, ciascuno con una propria storia; il tutto raccontato tra riso e pianto con venature umoristiche e una punta di grottesco, perché la vita, come sostiene anche l’autore del romanzo <<non è mai tanto tragica da non poter essere un po’ comica>>.
Mi ritengo un narratore, uno scrittore con le immagini e nel mio film c’è una storia, una bella storia con un impianto solido e la volontà di squarciare moduli stilistici del “cinema dei tinelli” o dei nostalgici di tanto così detto “nuovo cinema italiano”.
Il mio cinema, ispirato quasi sempre alla Sardegna, è un cinema puro, semplice, senza ricerca di nuovi linguaggi, ma con uno studio preciso dell’immagine. Un cinema etnologico e analitico, oltre che antropologico.
Mi capitò di leggere il romanzo di Masala negli anni Sessanta e ne rimasi affascinato. Doveva essere il mio primo film professionale, ma da allora passarono tanti anni e ben sei sceneggiature, l’ultima delle quali è stata curata da me personalmente e revisionata da Roberto Natale.
A causa della mancanza di finanziamenti ho dovuto rinunciare alla ricostruzione del paese e ridurre all’essenziale la sequenza più spettacolare della guerra, cambiando alcuni ambienti. Per esempio, nel libro i soldati italiani vengono catturati e rinchiusi in un campo di concentramento russo dove si svolgono le vicende più drammatiche. Ricostruire un lager era una cosa impensabile, così abbiamo deciso per la casa isolata e l’espediente dei soldati tagliati fuori che ci sembrò più efficace e meno inflazionato.
Riguardo a Masala, acquisimmo i diritti, ma forse lui non fu soddisfatto di quello che aveva ottenuto, si aspettava di più, forse anche dei diritti speciali.
Lo invitai diverse volte alla presentazione del film, ma non volle mai venire. Credo non gli sia piaciuto, forse lui si aspettava che lo realizzassi come il romanzo, ma il cinema è un’altra cosa e i limiti produttivi impongono scelte precise. Io mi sono ispirato liberamente al testo, che per essere reso per come è scritto avrebbe richiesto la realizzazione di due Via col vento, talmente è concentrato e carico di avvenimenti!
Chiara Sulis
http://www.cinemecum.it/newsite/index.php?option=com_content&task=view&id=522&Itemid=222


TRAMA
Sardegna, 1942. Nel piccolo borgo di Arasole la tranquilla sonnolenza della vita quotidiana viene scossa dall'arrivo delle cartoline di richiamo alle armi. Gli uomini in breve tempo partono, destinati a raggiungere il fronte russo. Ciascuno di loro lascia nel paese situazioni differenti: molta povertà familiare, storie sentimentali appena rivelate, qualche tradimento coniugale, le piccole invidie tra i 'notabili' locali. Ma giunti a destinazione tutti si ritrovano in uno scenario cento volte peggiore: fango, sporcizia, paura e pericolo di morte incombente dominano le giornate in una pianura sterminata con la neve che copra il paesaggio a perdita d'occhio. Appostati in un caposaldo isolato, gli uomini aspettano gli eventi. Passano i giorni e non succede niente. La sensazione di essere stati abbandonati diventa a poco a poco certezza. Quando il cibo scarseggia e le malattie si fanno strada, la sopravvivenza diventa l'unico traguardo possibile. E mette l'uno contro l'altro. Uno scampato, ora anziano, racconta ad una giovane giornalista quel terribile e spaventoso periodo.

CRITICA
"Più debole nella cornice narrativa, il film prende quota nelle scene della vita di paese e culmina in una sequenza bellica realizzata con efficacia". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica, 28 gennaio 2001)

"Livi ha affrontato la terribile episodica di una guerra non sentita e anzi detestata, fitta di privazioni tali da toccare, appunto, con il cannibalismo, i margini dell'orrore. Seguendo, però, sul filo delle fantasticherie e dei ricordi dei singoli, anche i loro momenti più quieti nel borgo, quando ancora la guerra non li aveva coinvolti (...) Certo, un'impresa non facile da condurre in porto e del tutto priva di quei ritmi narrativi e di quegli elementi spettacolari di cui pure si valgono anche i film più crudeli di guerra. Merita comunque attenzione. Anche per la spontaneità con cui la sostengono degli interpreti, alcuni non professionisti, altri usciti dalle fila dei teatri sardi, votati tutti alla verità. E alla concretezza". (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 29 gennaio 2001)
http://www.cinematografo.it/pls/cinematografo/V3_S2EW_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=12096&url_target=http%3A//www.cinematografo.it/bancadati/consultazione/schedafilm_2009.jsp%3Fcodice%3D37548%26completa%3Dsi
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Film verità, ma non un documentario, anzi al contrario: con "SOS Laribiancos - I dimenticati" Piero Livi racconta con attenta partecipazione la vita di un gruppo di soldati sardi chiamati al fronte russo.
Liberamente tratto da un romanzo dello scrittore sardo "Quelli dalle labbra bianche", il film parla di un gruppo di povera gente, che da un piccolo e dimenticato paesino della Sardegna, si ritrovano fra le nevi della Russia a combattere una guerra di cui non sanno nulla e non conoscono nulla.
Stretti nelle cuccette, mangiati dai pidocchi, affamati e inebetiti dal freddo e dalla paura, riescono attraverso il ricordo, a vedere la loro vita al paese, pur fatta solo di miseria e fame, come un sogno al quale agognare di tornare.
Dimenticati nella neve, in un freddo che li attanaglia, gli uomini di Arasolè, passano il tempo a difendersi da un nemico che è "nemico del continente" e non il loro, e dalla follia che raggela la mente come il freddo fa con il corpo. Appostati nel Caposaldo 3 della Linea K, vicino ad un boschetto, aspettano immobili seguendo gli ordini di Capitani e Maggiori che li disprezzano. E mentre aspettano, raccontano, a se stessi e allo spettatore, le loro vite al paese: Culobianco che suona le campane in chiesa, saggio e filosofo; Tric Trac che vende angurie e recita versi; Sciarlò che adora raccontare le immagini dei film dell'attore che ammira e; Mammuttone che si innamora perdutamente della prostituta del paese, riuscendo persino a convincerla a sposarlo. C'è anche Don Orvenza, il ricco del paese con la bella moglie che lo fa cornuto con lo stalliere.
Eppure questi uomini induriti dagli stenti non perdono l'ironia che li fa sopravvivere, alleggerendo il dolore e la disperazione che li conduce alla fine a disseppellire e mangiare i compagni morti.
La sceneggiatura si disvela su due piani: il paese di Arasolè, assolato e dai colori brillanti, e il fronte, gelido e freddo. Nessuna inquadratura d'effetto, nessun impiego di grandi mezzi ma solo i personaggi, tutti straordinari - tutti attori sardi - con le loro storie e le loro parole mescolate ad un dialetto a volte incomprensibile, ma sempre musicale e ritmato.
Valeria Chiari
http://filmup.leonardo.it/idimenticati.htm

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