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lunes, 27 de mayo de 2013

Pater Familias - Francesco Patierno (2003)


TITULO ORIGINAL Pater familias
AÑO 2003
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS No
DURACION 88 min.
DIRECCION Francesco Patierno
GUION Francesco Patierno (Novela: Massimo Cacciapuoti)
MUSICA Angelo Talocci
FOTOGRAFIA Mauro Marchetti
REPARTO Domenico Balsamo, Luigi Jacuzio, Federica Bonavolontà, Francesco Pirozzi, Sergio Solli, Marina Suma, Ernesto Mahieux, Maria Pia Calzone, Francesco Di Leva, Federico Torre
PREMIOS 2003: Premios David di Donatello: Nominada Mejor ópera prima
PRODUCTORA Kubla Khan
GENERO Drama

SINOPSIS Mateo regresa a su pueblo natal. En este lugar se prepara todo para la gran fiesta de "Santa María de la Paz". Aparentemente Mateo viene para ver a su padre enfermo, pero son otras las razones verdaderas. (FILMAFFINITY)



Matteo torna nel suo paese, una piccola cittadina alle porte di Napoli, dopo dieci anni di assenza, per riscattare il suo passato e le vite degli amici che non ci sono più. Apparentemente il suo ritorno è dettato dall’imminente morte del padre, in realtà lo scopo del suo arrivo in paese è un altro…

E’ la storia di Matteo (Luigi Iacuzio), un trentenne che, dopo una lunga assenza, ritorna nel paesino in cui è nato e cresciuto in occasione dell’aggravarsi delle condizioni di salute di un padre con il quale non ha mai avuto alcun rapporto e verso il quale prova ora solo una grande tristezza. Quella di Matteo è una passeggiata sconsolata e malinconica tra i vicoli del suo quartiere, un viaggio avanti e indietro con la memoria sino ai tempi della sua adolescenza e delle piccole grandi storie vissute insieme al suo gruppo di amici ormai perduti per sempre. Rievocare ricordi così dolorosi farà riflettere Matteo su quello che è diventata ora la sua vita e se non sia stato un bene per lui essere stato dieci anni in prigione per aver vendicato un affronto troppo grande da mandar giù. Lui sa che tutto quello che gli è accaduto è servito a farlo maturare, ma questo non gli basta; sente che il distacco repentino da quella realtà lo ha allontanato da una vita forse peggiore di quella vissuta nel carcere e per questo cercherà di salvare da quello squallore anche l’unica persona a cui sente di aver voluto veramente bene e lo farà nell’unico giorno di libertà che gli è stato concesso in 10 anni.
Liberamente tratto dall’omonimo libro di Massimo Cacciapuoti (edito da Castelvecchi), Pater Familias non vuol essere un film sulla delinquenza minorile ma sulla “famiglia”, un valore morale che non ha alcun significato nella società decadente in cui si trovano alcuni piccoli sobborghi della provincia di Napoli, in cui regna la criminalità ed i ragazzi crescono spesso abbandonati a loro stessi e al proprio destino. Se dunque l’intento di Francesco Patierno era quello di far parlare di sé e del suo film bisogna dire che la cosa è più che riuscita; se invece lo scopo del giovane regista napoletano, abituato a dirigere spot televisivi, era quello di creare un prodotto che potesse arrivare al grande pubblico, forse il suo è da considerarsi un mezzo fallimento. Un film del genere non è stato infatti per niente facile né da distribuire, pensate che esce in copia unica in tre o quattro città al massimo per qualche settimana, ed ancor meno è stato facile da realizzare. Per i suoi contenuti scabrosi e violenti “Pater Familias” non ha trovato alcun finanziamento pubblico e se non fosse stato per il coraggio e la volontà degli attori e dei realizzatori, che non hanno percepito neanche un centesimo, e del regista che ci ha rimesso di tasca sua molti soldi prima di trovare l’appoggio della Kubla Khan che poi lo ha prodotto, questo film non sarebbe mai stato realizzato. Di certo non sarebbe arrivato al Festival di Berlino senza anche l’aiuto dell’Istituto Luce, distributore del film, che in questa stagione ha deciso di far leva quasi esclusivamente su opere prime e seconde.
Le inquadrature sono rubate e volutamente imperfette, l’immagine sempre in movimento comunica allo spettatore lo smarrimento dei personaggi ed in primis di Matteo. Molto efficaci le scene girate in esterno da attori, sia professionisti che non e tutti di origine napoletana, che hanno recitato egregiamente forse proprio perché a loro agio in un ambiente a loro familiare. Quello che ha sconcertato tutti è stato però il totale disinteresse della gente del luogo a quel che accadeva sotto i loro occhi; un’indifferenza terrificante se consideriamo che i passanti erano ignari del fatto che le rapine, gli inseguimenti e gli accoltellamenti a cui stavano assistendo erano in realtà scene di un film.
Le sembianze sono dunque quelle di un documentario, e come tutti i documentari vengono mostrate cose vere in tutta la loro crudezza. La voglia di coprirsi gli occhi e tapparsi le orecchie è stata davvero irrefrenabile in alcuni momenti; la violenza è decisamente troppo marcata specialmente sulle donne, che siano sorelle, madri, figlie, mogli o fidanzate ingabbiate nella loro quotidiana incapacità di reagire ad una vita fatta di sottomissione e silenzio, fungendo spesso da “oggetti” su cui uomini falliti e insoddisfatti sfogano le loro frustrazioni. Se pur ci si rende conto che la realtà si avvicina molto a quel che si vede nelle immagini, almeno a detta di chi vive o è vissuto in quel posto, il risultato è sconvolgente soprattutto se ci si sofferma a pensare che chi è imprigionato in quell’ambiente non riesce quasi mai ad uscirne, e spesso non vuole neanche provarci. Evitatelo se siete particolarmente sensibili.
Luciana Morelli
http://www.cinefile.biz/pater-familias-di-francesco-patierno
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Dopo dieci anni di assenza , Matteo, un ragazzo di 30 anni, torna nel suo paese vicino Napoli, dove ci sono, frattanto, i preparativi per la festa della Vergine Maria. Il pretesto del suo ritorno sembrerebbe essere la morte del padre e una pratica notarile da firmare. Vaga per le strade del paese, rievocando i suoi amici più cari, che ora fanno parte solo di un capitolo del passato. Attraverso vari flashback si svela, lentamente, il vero motivo del suo ritorno a Giugliano: riscattarsi per l' aver ucciso Alessandro, fratello della sua fidanzata Anna, che geloso della loro relazione la violentò. Sfruttando il suo unico giorno di permesso, Matteo aiuta Rosa a fuggire dal suo matrimonio infelice con Giovanni e, liberatosi dal silenzio della sua anima, ritorna in carcere, aprendo però uno spiraglio di speranza.
Liberamente tratto dall' omonimo romanzo "Pater familias" di Massimo Cacciapuoti ( edito da Castelvecchi ), basato su fatti realmente accaduti, il film del regista napoletano, Francesco Patierno, non è incentrato, esclusivamente, sulla delinquenza minorile, ma sulla famiglia, o meglio, sulla figura del padre, incapace di dare ai figli attenzione ed amore, che manca e che si impone ancora nel Sud, soprattutto, tramite la violenza.
Passato dal mondo della pubblicità al cinema, Patierno, dopo due documentari per la serie "C'era una volta" su RAI3, gira un film aspro, duro ma che sa essere anche dolce e struggente. La storia non ha un andamento lineare: le immagini del passato si alternano, come nel film Lo specchio ( Zerkalo, 1974 ) di A. Tarkovskij, a quelle del presente. Cercando di far emergere sempre la verità, riprende gli attori, professionisti e non, direttamente dalla vita e in strada, senza che la gente intorno si rendesse conto che si stava facendo cinema. Il film è in dialetto napoletano con sottotitoli, ciò nonostante non ha una matrice regionale, partenopea, ma precisa il regista stesso: "è una storia universale, realistica in cui la donna si rassegna, facilmente, e si lascia sottometere dall' uomo" . Pater familias è un film particolare, un andare oltre con la mdp, un mostrare una realtà inimmaginabile a lungo taciuta, il cui personaggio principale, alter- ego del regista compie un viaggio spirituale dentro se stesso.
Patierno è già impegnato in un altro film , tratto anch' esso da un romanzo, edito da Feltrinelli: "Pericle il nero" di Ferrandino, e la sua speranza è: "continuare ancora a crescere". Il nuovo film sarà più grottesco, fatto di più immagini, di poche parole con l'intento di rendere la voce fuori campo voce-pensiero e di azzeccare soprattutto il protagonista che dovrà impersonare un essere fragile e forte nello stesso tempo.
Grazia Monteleone
http://www.cinemainvisibile.it/Speciali/bellariafilmfestival.htm


Scrittura barocca e derive di una generazione: "Pater familias", di Francesco Patierno

"Pater Familias" è sorprendente, ma per il suo sguardo sulle cose. L'uso dei fuori fuoco, la centralità dei corpi e la loro dialettica con gli ambienti, il montaggio, la musica come elemento che irrompe nel "rumore" dei luoghi, fanno la modernità di questo film.

Vuole, Pater Familias di Francesco Patierno, rievocare negli intenti il cinema di "impegno"? Forse. D'altrocanto una storia che racconta di famiglie polverizzate nel sud urbano degradato e degradante non può sfuggire a implicazioni di carattere sociale. L'approccio puramente ideologico, però, rischia di distrarre dal cuore del film, che è espressivo e non narrativo. Da un punto di vista sociologico è interessante notare come Patierno, sulla scorta dell'omonimo romanzo di riferimento (scritto da Massimo Cacciapuoti), ritagli sullo schermo la deriva di una generazione non definita dall'anagrafe ma dalla geografia metropolitana: avere diciott'anni in una periferia devastata che non offre alcuno sbocco se non delinquenziale. Questo il territorio su cui articolare le diverse situazioni, da rileggere secondo due chiavi di lettura. La prima è psicanalitica: l'assenza della funzione paterna da parte di padri-mostri è sotterranea concausa della disintegrazione dei valori umani e sociali. La seconda di carattere umanistico-cattolico. Il prete di trincea, la suora come unica voce "morale" del contesto... Si può discutere sul parallelismo senza padre-senza Dio e su ciò che ne consegue, ma è con una cultura di stampo cattolico che ci tocca fare i conti, che lo si voglia o meno. D'altronde, l'idea di un Mean Streets made in Casoria non è così estranea al film e non ci sembra affatto da buttare.
Tuttavia non è per questi motivi che Pater Familias è sorprendente, ma per il suo sguardo sulle cose. Patierno ha uno stile di scrittura barocco (ed è per questo coraggioso, considerati i gusti piatti del nostro pubblico), e alterna così scelte marcatissime, al limite dell'enfasi (come nell'uso massiccio del ralenti) ad altre più sottintese (la macchina da presa, come è ormai noto, ha spesso "spiato" gli attori e le comparse senza che se ne accorgessero). È un iperrealismo linguistico che non vorrei fosse scambiato per furbizia modaiola. Il fatto che il regista sia autore di spot potrebbe far pensare male, altresì il suo passato di documentarista evidenzia come possano convivere, in una sola ispirazione, matrici espressive diverse e opposte. L'uso dei fuori fuoco, la centralità dei corpi e la loro dialettica con gli ambienti, il montaggio, la musica come elemento che irrompe nel "rumore" dei luoghi, fanno la modernità di questo film.
Mauro Gervasini
http://www.sentieriselvaggi.it/306/4377/Scrittura_barocca_e_derive_di_una_generazione_Pater_familias,_di_Francesco_Patierno.htm
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Presentato nella sezione panorama, al cinquantatreesimo festival internazionale di Berlino, Pater Familias di Francesco Patierno, è un film che racconta le storie di giovani napoletani. La pellicola utilizzata è un super16mm che, unita alle riprese molto mosse in stile Dogma, dona al film un dinamismo ed un aspetto sporco che bene si adatta alle tematiche trattate. Il protagonista è Matteo, interpretato dal giovane Luigi Iacuzio. Un film decisamente realistico su di una realtà di sottocultura proletaria che spesso viene dimenticata ingiustamente. Tutti gli attori recitano in napoletano stretto ma i sottotitoli in italiano aiutano a seguire una serie di storie che siamo abituati a leggere in brevi trafiletti sulla cronaca nera. Le storie sono tutte vere e dobbiamo la possibilità di conoscerle all’autore del libro omonimo, Massimo Cacciapuoti il quale ha collaborato alla sceneggiatura. Al fine di rispettare il principio verista alla base di questa esperienza cinematografica, il regista ha deciso di “rubare” alcune scene come quella della rapina al supermercato che ha rivolto contro la troupe l’ostilità della folla esposta a questo singolare scherzo. Nessun tipo di controfigura per gli attori che si sono esposti a schiaffi, calci e sputi. Passato e presente vengono sottolineati dall’autore con l’utilizzo di una temperatura di colore più fredda per il presente e più calda per il passato. Non solo. Patierno sottolinea questa differenza affidando alla m.d.p. movimenti lineari e composti nelle riprese che riguardano il presente, mentre per il passato si affida a movimenti come già accennato, molto mossi. L’effetto è stato ottenuto montando una borsa per l’acqua calda piena di sabbia sulla testata del cavalletto. Che Patierno conosca il suo mestiere è ribadito continuamente dalle riprese di cuccioli abbandonati a sé stessi all’interno di scenari desolanti e dall’utilizzo continuo all’interno dell’inquadratura di strutture geometriche che ricordano le sbarre di una prigione. La lezione del migliore cinema è più che palese nella sua scelta di sintetizzare il messaggio, l’emozione, il senso del suo racconto in immagini di indubbia forza. Ottime le interpretazioni di tutto il cast. A Patierno va il merito di aver dato voce ad un popolo che soccombe alla violenza, all’ignoranza ed alle ingiustizie. Un film coraggioso ed indipendente che nonostante contenga alcune approssimazioni tecniche, resta nel cuore dello spettatore grazie ad un forte realismo.
Fabio Sajeva
La questione "cinema italiano" (è agonizzante? morto? vivo? in definitiva: esiste?) non mi interessa, soprattutto quando si è costretti a vedere un trailer tra i più pacchiani (PIAZZA DELLE CINQUE LUNE di Martinelli - risate in sala: che imbarazzo i registini italiani che vogliono fare le cose all'americana, anche le pulci hanno la tosse -: pare che sia un film sul caso Moro, "il thriller"). Quello che mi sento di sottolineare è che gli ultimi film nostrani che mi sono piaciuti (neanche pochi) sono tutti di autori del Sud: Garrone (L'IMBALSAMATORE è davvero un film italiano?), Winspeare, Corsicato (CHIMERA è una spanna sopra tutto quello che si produce dalle nostre parti), Martone, la Torre di ANGELA, Crialese (RESPIRO è un gioiello e un campione di incassi in Francia), il Capuano di LUNA ROSSA sono autori che sottolineano la vitalità di una produzione, quella meridionale, che attualmente è, senza esagerare, tra le migliori in Europa. La grossa distribuzione è talmente concentrata su certi prodotti anodini che sacrifica la parte migliore della nostra cinematografia, costringendo il pubblico talvolta a fare i salti mortali per acchiapparla (ho mancato Marra e Sorrentino, non per colpa mia, giuro). E' un cinema che trovo convincente perché non si perde in tirate universalistiche o pippe intellettualoidi, non azzarda filosofismi, non cede al drammone del dolorino d'accatto, aderisce alle piccole o grandi realtà (quelle che si conoscono, che si vivono, senza paure delle barriere culturali, sociologiche o linguistiche) e le ritrae con un occhio mai convenzionale, senza semplificazioni e furberie; un cinema che ha stile, non teme di connotarsi, non cerca di piacere ad ogni costo, non guarda al grosso pubblico e pensa a se stesso, facendo parlare la cinepresa con estrema libertà. Cinema imperfetto ma sanguigno e con una carta d'identità, che sa dire e mostrare, vitalissimo, con tanto orgoglio dentro e che, soprattutto, mette spudoratamente in gioco corpi e anime, quello che il resto del cinema italiano proprio non riesce a fare, limitandosi a giocare con le figurine. PATER FAMILIAS rientra in questo filone e come altri compagni di cordata è già fuori dalla maggior parte dei cinema dopo pochi giorni di programmazione. Una narrazione frammentata ma sempre coerente, con tutti i pezzi che alla fine combaciano a meraviglia, uno sguardo al dramma dei quartieri popolari napoletani, personaggi dietro sbarre, inferriate o grate, la delinquenza come una tara e un destino da scontare (cfr. LUNA ROSSA) ché le dannate colpe sono dei padri; basta usare un video per dare una patina onirica a una sequenza (in sottofondo la voce di Louise Rhodes dei Lamb) che fa da fil rouge, basta un briciolo di coraggio per bandire ogni pudore nel ritratto dello squallore, di una violenza pubblica e privata, di una spirale di vendette, di gioventù bruciate, grani di un rosario tragico. PATER FAMILIAS, pur negli eccessi (che a volte ne intaccano l'equilibrio e a volte rigirano coltelli con paurosa efficacia) ha tutto quello che fa un buon film: struttura, immagine, simbolo, contenuto. Se avesse anche una sala che lo proiettasse potremmo anche aggiungere che è da vedere.
Luca Pacilio
http://www.spietati.it/z_scheda_dett_film.asp?idFilm=1728

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